Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-04-2011) 17-08-2011, n. 32126

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 15 aprile 2010 la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del locale tribunale che, il 25 febbraio 2009, aveva condannato alla pena di UN mese di reclusione C.D., ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. 590 e 583 c.p., perchè, quale amministratore e direttore tecnico della CO.GE.PRE s.r.l.: società subappaltatrice incaricata della manutenzione e sorveglianza delle strade ricadenti nel territorio del Municipio (OMISSIS) per gli anni 2003 – 2004, per colpa consistita in negligenza ed in violazione di legge, per avere omesso di effettuare tempestivamente il controllo delle condizioni del manto stradale della via (OMISSIS) (sconnesso a causa dei sampietrini che risultavano rialzati, tra loro non aderenti a causa del rigonfiamento della sottostante sede stradale ed in parte assenti); di segnalare le irregolarità di esso con i segnali prescritti dalla legge e di procedere sollecitamente alle necessarie riparazioni, cagionava a S.F. lesioni personali giudicate guaribili in un tempo superiore ai quaranta giorni, riportate a seguito della caduta dal motociclo condotto dal S., ostacolato nella sua corsa dalla predetta area dissestata, il 7 luglio 2003.

La Corte territoriale ha ricordato che l’imputato, in secondo grado, ha lamentato che non era stato valutato il comportamento omissivo dei tecnici comunali i quali, pur sollecitati dalla polizia municipale, non avevano segnalato alla CO.GE.PRE. la presenza di una buca in via (OMISSIS), essendo il sinistro avvenuto di lunedì e per contratto la ditta, di cui era amministratore, non doveva svolgere attività di sorveglianza il sabato e la domenica. Sul tema la Corte romana ha, però, precisato che l’incidente è avvenuto alle ore 21 di lunedì (OMISSIS) e che non gioverebbe al C. invocare omissioni altrui perchè queste ultime si aggiungerebbero a quelle addebitate all’imputato stesso.

Il difensore di C. ricorre deducendo due motivi.

Con il primo assume il carattere repentino della malformazione stradale, intervenuta poco prima dell’incidente in questione.

Aggiunge che i giudici territoriali hanno ritenuto la carenza organizzativa della società facente capo all’imputato senza valutare le testimonianze di alcuni addetti che hanno dichiarato: il modus operandi dei "responsabili"; gli impedimenti occorsi nei giorni antecedenti il sinistro; l’esistenza di una sorveglianza continua e diretta della strada nonchè di rapporti giornalieri; l’utilizzazione di personale qualificato; la presenza di un direttore dei lavori e l’adempimento di ogni prescrizione del’appalto.

Assume che l’amministratore non può esser ritenuto responsabile solo per la carica e che nella specie l’intervento di due direttori dei lavori (comunale e dell’impresa) determinava l’esistenza di una delega che esonerava il C. da ogni responsabilità.

Consegue che la Corte d’appello avrebbe dovuto individuare la colpa ascrivibile a lui quale rappresentante legale della società incaricata della manutenzione stradale, senza assimilare quest’ultimo alla società stessa. Conseguirebbe, secondo il ricorrente, che, se ai fini della responsabilità amministrativa della L. n. 231 del 2001, occorre accertare le carenze organizzative dell’ente, a maggior ragione deve esser tenuto presente che la responsabilità del soggetto singolo è personale e non può derivare dalla mera carica rivestita.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè i motivi evidenziati sono in parte svolti con argomentazioni di fatto o manifestamente infondati ovvero non consentite in quanto non dedotte in appello e finanche prive di specificità. In quella sede il C. ha rappresentato solo un profilo e cioè quello attinente alla responsabilità da ascrivere a suo avviso – esclusivamente ai tecnici del Comune di Roma i quali, informati dalla Polizia Municipale della esistenza della menzionata insidia stradale,non avevano comunicato tale situazione alla società di cui egli era in posizione di vertice.

Tale tesi è già stata confutata puntualmente dalla corte territoriale, la quale ha constatato che lo stesso imputato ha riconosciuto che a lui competeva la manutenzione e la sorveglianza della strada (OMISSIS), giustificando il suo mancato tempestivo intervento al fine di eseguire la dovuta sorveglianza e le opportune, conseguenti riparazioni, perchè i giorni di sabato e domenica non sarebbero lavorativi e la responsabilità della vigilanza ricadrebbe sugli uffici del comune.

In tali aspetti – tra l’altro di fatto – la Corte romana ha ricordato che l’incidente è avvenuto nella giornata di lunedì alle ore ventuno e che pertanto vi era stato tutto il tempo per controllare ed adottare ogni rimedio opportuno. L’imputato, in questa sede, ha aggiunto che i giudici di merito non avrebbero tenuto in considerazione le dichiarazioni dei testi, i quali hanno ricordato che gli addetti della Co.Ge.Pre provvedevano con costanza ai compiti, contrattualmente previsti. Tale osservazione è manifestamente infondata poichè dalla complessiva motivazione emerge con evidenza che questo aspetto non può sollevare il ricorrente dalla sua responsabilità, che non può essere esclusa per la osservanza del precetto in tutti gli altri giorni, in quanto questo aspetto può – al limite – incidere soltanto sulla determinazione della pena.

Non dedotto nei precedenti gradi di giudizio e, quindi, non consentito in Cassazione è il motivo attinente la pretesa esistenza di una delega al direttore dei lavori comunale e della società di cui il C. è titolare. La mancata prospettazione nella sede di merito non ha consentito l’esame di tutte le questioni collegate, anche il punto di fatto, all’assunto, privo di riferimento a qualsiasi concreto profilo.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente:cfr. Corte Costituzionale sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 500, 00 ed alla rifusione, in favore della parte civile, attesa la soccombenza dell’imputato, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.200,00 oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma si Euro 500.00 in favore della cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese in favore della parte civile e liquida le stesse in complessivi Euro 2.200,00 oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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