Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
B.T. espone di esssere proprietario di un fabbricato ultimato nel rustico e nella copertura nel mese di luglio 1983.
A seguito di un verbale di contravvenzione elevato in data 12.4.1985 dai carabinieri di Villapiana, la Pretura di Trebisacce ordinava, in data 20.4.1985, il sequestro del manufatto ed il Comune di Villapiana ne ordinava la demolizione in data 25.2.1986.
Il ricorrente avviava la procedura di condono (n. 0201599709 del 3.4.1986), producendo tutta la necessaria documentazione. La Pretura di Trebisacce, con ordinanza di data 8.7.1986, rilevato che potevano ottenere la concessione in sanatoria quelle costruzioni ultimate entro la data dell’1.10.1983, intendendosi ultimati gli edifici nei quali fosse stato eseguito il rustico e completata la copertura, disponeva il dissequestro del fabbricato limitatamente a quella parte per la quale era stato eseguito il rustico ed ultimata la copertura entro la data dell’1.10.1983.
La stessa Pretura, ai fini della dichiarazione di estinzione del reato, richiedeva al ricorrente, con nota di data 15.5.1987, dapprima la concessione edilizia in sanatoria e, successivamente, con nota del 2.8.1988, un’attestazione relativa al versamento dell’intera oblazione dovuta.
In seguito, la Pretura di Trebisacce, con sentenza del 28.11.1988, dichiarava non doversi procedere per estinzione dei reati, per aver il ricorrente presentato domanda di sanatoria.
Con provvedimento n. 53 di data 12.12.2002 il Comune di Villapiana
rilasciava la concessione in sanatoria.
A seguito di una querela sporta da un vicino di casa in data 15.5.2005, relativamente ad un presunto abuso edilizio per la costruzione di una scala e di un box in muratura, erano instaurati a carico dell’odierno ricorrente due procedimenti penali, successivamente riuniti, e con riferimento ai quali il GIP del Tribunale di Castrovillari disponeva l’archiviazione su conforme richiesta del P.M., archiviazione depositata in cancelleria in data 24.6.2008. In tale provvedimento di archiviazione, il GIP incidentalmente rilevava che "dalle indagini effettuate di iniziativa della P.G. emergeva, anche, che l’indagato in data 03.04.1986 aveva reso un a falsa dichiarazione per ottenere il condono relativamente all’organismo edilizio principale, affermando che l’opera abusiva era stata completata nell’anno 1983, mentre, le indagini dimostravano che la realizzazione era stata successiva".
Nel frattempo, con ordinanza n. 29 del 22.8.2006, il Comune di Villapiana, sulla base della comunicazione di notizia di reato a carico del ricorrente, in relazione ad un manufatto di dimensioni diverse da quello condonato con provvedimento n. 53 di data 12.12.2002, nonché in relazione all’ipotesi che il detto manufatto fosse stato realizzato successivamente all’1.10.1983, disponeva la sospensione della citata concessione edilizia in sanatoria n. 53, fino alle determinazione dell’Autorità Giudiziaria, provvedimento quest’ultimo non oggetto del presente giudizio, in quanto autonomamente impugnato con ricorso avanti al capo dello Stato.
Successivamente, con ordinanza n., 5 del 4.2.2009, il Comune di Villapiana, previa revoca della ordinanza di sospensione n. 29/2006, disponeva la revoca della concessione edilizia in sanatoria n. 53/2002, perché "dolosamente infedele, in quanto rilasciata su falsa dichiarazione dell’epoca di realizzazione dell’abuso: infatti per come si rileva dal dispositivo del 24.6.2008 – procedimento n. 1465/2005 R.G.N.R. – 1397 R.G.I.P. del Giudice del Tribunale di Castrovillari è emerso, sulla base delle indagini svolte e delle sommarie informazioni testimoniali, che l’opera sia stata realizzata tra l’anno 1985 e 1986 per cui successivamente al 01.10.1983" ed ordinava al proprietario B.T. la demolizione entro il termine di 90 giorni.
Avverso il detto provvedimento insorge il B., il quale ne chiede l’annullamento, previa sospensione cautelare, denunciando, con un complesso ed articolato motivo di ricorso, "Eccesso di potere relativamente alle seguenti figure sintomatiche: per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, sviamento di potere".
Non si è costituito in giudizio il Comune di Villapiana.
Si è costituito in giudizio, invece, C.G., vicino di casa del ricorrente, al quale è stato notificato il ricorso, che contesta le argomentazioni svolte in ricorso e conclude chiedendo il rigetto dello stesso.
Con ordinanza n. 351, assunta alla Camera di Consiglio del 23 aprile 2009 è stata respinta la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.
Con successiva ordinanza collegiale n. 77, assunta alla Pubblica Udienza dell’11 dicembre 2009, è stata disposta l’assunzione di informazioni presso il Comune di Villapiana in ordine alla presentazione da parte del ricorrente di istanza ex art 36 d.P.R. n. 380/2001 e in ordine all’esito di tale istanza, potendo la stessa determinare l’improcedibilità del ricorso.
Con nota prot. n. 3366 di data 12.4.2010, il Comune di Villapiana ha adempiuto all’incombente istruttorio disposto con la citata ordinanza n., 77/2009, precisando che la domanda presentata dal ricorrente B. non può essere accolta difettando la c.d. doppia conformità.
Il Comune intimato inoltre, con nota prot. N. 3343 del 12.4.2010, ha comunicato al ricorrente il rigetto della richiesta di sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 mancando il requisito della doppia conformità, nonché il rigetto della richiesta di nuova concessione postuma, non risultando il PSC ancora in vigore, mancando gli adempimenti previsti dall’art. 27 della legge regionale n. 19/2002.
Tale ultimo provvedimento è stato impugnato dal ricorrente con motivi aggiunti, con contestuale istanza di sospensione cautelare, depositati in data 10.5.2010.
Con ordinanza n. 496, assunta alla Camera di Consiglio del 17 giugno 2010 è stata respinta la richiesta di sospensione cautelare relativamente ai motivi aggiunti.
Alla Pubblica Udienza del 21 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Con l’unico e complesso motivo di ricorso, il B. censura il provvedimento di revoca impugnato in quanto il Comune intimato avrebbe agito non in base ad una autonoma ed approfondita istruttoria, compiuta sulla base della documentazione in suo possesso da molti anni, ma unicamente sulla base di informazioni rese da alcuni testimoni nel corso di un’indagine peraltro archiviata, testimoni che, inoltre, sarebbero vicini di casa del ricorrente in cattivi rapporti con il medesimo a causa di precedenti contenziosi. Non sarebbe possibile, quindi, adottare un atto tanto estremo quale una demolizione solo sulla base di informazioni "orali" prive di obiettivo riscontro.
In realtà, la data della realizzazione del fabbricato emergerebbe in modo chiaro da una serie di elementi: ordinanza di dissequestro del luglio 1986; fatture e bolle di parte del materiale necessario per il completamento dell’immobile tutte datate maggio e giugno 1983; dichiarazioni di tre vicini di casa che indicano nell’estate del 1983 la data di completamento della struttura; copia del contratto di appalto dell’immobile in questione datato 21.4.1983; perizia di parte finalizzata all’accertamento della data di realizzazione.
Il provvedimento, inoltre, sarebbe carente sotto il profilo motivazionale, per mancata considerazione di tutte le pronunce penali favorevoli al ricorrente e mancherebbe, infine, l’interesse pubblico ad agire da parte del Comune.
La tesi prospettata dal ricorrente non è convincente.
Il provvedimento comunale impugnato, nel disporre la revoca della concessione in sanatoria, "dolosamente infedele, in quanto rilasciata su falsa dichiarazione dell’epoca di realizzazione dell’abuso", si fonda esclusivamente sul provvedimento di archiviazione -inerente ad altra fattispecie di ipotizzato abuso edilizio – del GIP del Tribunale di Castrovillari, relativamente al procedimento penale sub n. 1465/2005.
Come già ricordato nella parte in fatto, in detto provvedimento di archiviazione, incidentalmente, il GIP rileva che dalle indagini effettuate dalla Polizia Giudiziaria era emerso che l’indagato -odierno ricorrente – aveva reso una falsa dichiarazione per ottenere il condono relativamente all’organismo edilizio principale, affermando che l’opera abusiva era stata completata nell’anno 1983, mentre, le indagini avevano dimostrato che la realizzazione era successiva. Il GIP precisava, altresì, che tale fattispecie era da considerarsi estinta per decorso del termine di prescrizione già al momento dell’accertamento della stessa.
La mancanza di elementi dubitativi nei rilievi mossi dal GIP del Tribunale di Castrovillari nel provvedimento di archiviazione in ordine alla data di realizzazione del fabbricato trova una giustificazione nei verbali delle indagini svolte dalla Polizia Giudiziaria, depositati agli atti di causa da C.G..
Invero, da detti verbali emerge che le conclusioni cui giungevano gli agenti di PG, poi fatte proprie dal GIP del Tribunale di Castrovillari (e trasfuse nel provvedimento impugnato) si fondano non solo ed esclusivamente sulla testimonianze di alcuni vicini di casa del B., che, peraltro, concordemente riferiscono che l’abitazione del B. non era stata ancora realizzata nell’anno 1984, ma anche e soprattutto su elementi connotati da caratteri di obiettività, raccolti a seguito di approfondite indagini e di completa attività istruttoria. Invero gli agenti di P.G. provvedevano ad acquisire presso l’Istituto Geografico Militare di Firenze copia autentica della ripresa aereofotografica effettuata il 19.10.1984 (depositata agli atti) in Villapiana, contrada Pantano, località casello, dalla quale era possibile evincere che nella proprietà dell’odierno ricorrente non era stato realizzato nessun tipo di manufatto edile e che il terreno era circondato dalla pineta e completamente ricoperto dalla vegetazione.
Inoltre, dai predetti verbali si apprende che in sede di escussione di tale Orefice Michele, era acquisito dagli agenti di P.G. parte di un filmino dal medesimo Orefice girato nell’anno 1984 in Villapiana loc. Pantano -casello 112, dal quale emergeva che in data 12.08.1984 il B. non aveva ancora realizzato la propria abitazione.
Ancora, sempre dai predetti verbali, si apprende che in data 12.4.1985, militari della Stazione di Villapiana Scalo, all’esito di un sopralluogo effettuato in Villapiana, loc. 112, segnalavano alla competente Autorità Giudiziaria l’odierno ricorrente "per aver realizzato un manufatto edile composto da n. 12 pilastri in c.a. e solaio, di forma rettangolare di mt. 9X11 in assenza delle prescritte autorizzazioni", circostanza confermata anche dall’ordinanza n. 7 del 25.2.1986 di sospensione lavori emessa dal Sindaco del Comune di Villapiana. Tale circostanza assume rilievo in quanto, se al momento del sopralluogo, effettuato nel 1985, era stata realizzata unicamente una struttura di 12 pilastri con solaio, non si sarebbe potuto ritenere ultimato, ai fini del condono, l’edificio in questione. Infatti, ai sensi dell’art. 31, comma 2, legge n. 47 del 1985, sul condono edilizio – secondo cui "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura" – la definizione di "rustico" non può prescindere, secondo la costante giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, dall’intervenuto completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali anche le "tamponature esterne".
In altre parole, la nozione di rustico, valida per verificare l’effettiva ultimazione dell’opera da sanare, non va confusa con quella di scheletro, posto che non possono di certo considerarsi quali mere rifiniture le pareti esterne che completano l’opera (Consiglio di Stato, sez. IV 12 marzo 2009, n. 1474).
Alla luce di tali obiettivi riscontri, perdono consistenza le argomentazioni svolte in ricorso.
Infatti, a parere del Collegio, per quanto suggestivi, gli elementi di prova allegati da parte ricorrente non consentono di raggiungere lo stesso grado di verosimiglianza degli elementi emersi a seguito delle indagini svolte dalla P.G., che hanno costituito il presupposto del provvedimento di revoca qui impugnato.
D’altra parte, le ampie argomentazioni svolte in ricorso e tese a privare di valore gli elementi di prova addotti in ordine alla data di realizzazione dell’immobile, non riescono a cogliere nel segno.
Infatti, il dato obiettivo che emerge dalla ripresa fotografica sopra ricordata del 19.10.1984 non è scalfito dalla perizia di parte depositata dal ricorrente, che non è convincente nell’affermare che l’edificio -già realizzato – non sarebbe stato visibile in quanto coperto dalla folta vegetazione, considerato che un edificio, per quanto immerso nel verde, non può risultare del tutto e completamente occultato alla visione aerea.
In considerazione delle esposte argomentazioni, destituita di fondamento risulta, altresì, la censura relativa al difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
L’ ordinanza n. 5/2009, infatti, risulta sufficientemente motivata, anche sotto il profilo del pubblico interesse, laddove richiama quanto emerso, in ordine alla esatta data di realizzazione del fabbricato, da un provvedimento di archiviazione emesso dal Tribunale di Castrovillari.
In conclusione il ricorso principale è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
Quanto ai motivi aggiunti, si rileva quanto segue.
Il ricorrente ha affermato di aver presentato al Comune di Villapiana due istanze volte, la prima, all’accertamento della conformità del proprio immobile ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, la seconda, ad ottenere una nuova concessione "postuma" sulla base del nuovo PSC, adottato con deliberazione del Consiglio Comunale del 6.5.2009, n. 28.
Il Comune -con la nota impugnata – ha rigettato entrambe le richieste, la prima per mancanza del requisito della c.d. doppia conformità, la seconda in quanto "il PSC ad oggi non risulta in vigore mancando degli adempimenti previsti dall’art. 27 comma 8 e 9 della L.R. n. 19/2002".
Il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 e dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, oltre l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, violazione del principio di economicità e proporzionalità, sviamento di potere.
In particolare, il ricorrente sostiene che la contestata conformità del fabbricato è stata erroneamente effettuata dal Comune con riferimento al PRG in vigore dal 1996 e non invece -come si sarebbe dovuto – prendendo a riferimento il nuovo Piano Strutturale Comunale, adottato con deliberazione del C.C. n. 28/2009 e subito dopo approvato con deliberazione del C.C. n. 15/2010. Il ricorrente precisa che se è pur vero che il detto PSC è in attesa di pubblicazione sul Bollettino della Regione Calabria, è altrettanto vero che il nuovo strumento urbanistico legittima pienamente l’immobile per cui è causa, con conseguente sua conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia.
Le censure non possono essere accolte.
Deve, infatti, evidenziarsi che, con riferimento al Piano Strutturale Comunale, l’art. 27 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 prevede espressamente, al comma 9, che "Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell’avviso dell’approvazione e dell’avvenuto deposito".
Non può dubitarsi, pertanto, che alla data di presentazione delle istanze da parte del ricorrente il PSC non fosse ancora entrato in vigore, con conseguente mancanza della conformità urbanistica, atteso che l’area su cui sorge il fabbricato in discussione ricade -secondo il PRG in vigore dal 1996 – in zona S3 satura Lido nella quale non sono permessi interventi di nuova costruzione.
Di tale situazione, del resto, è perfettamente consapevole lo stesso ricorrente, il quale afferma che se la stessa nota qui impugnata fosse stata redatta 20 giorni dopo, in modo da permettere la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione dell’avviso dell’approvazione e dell’avvenuto deposito del PSC, l’esito sarebbe stato diametralmente opposto.
In considerazione della esposta situazione, non assume forza invalidante la denunciata violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, atteso che il Comune non avrebbe potuto assumere una diversa (e più favorevole) decisione in ordine alle istanze presentate dal B..
Anche il ricorso per motivi aggiunti, pertanto, è infondato.
In conclusione, il ricorso è destituito di fondamento e deve essere respinto.
Considerata la peculiarità delle questioni trattate, sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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