Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-04-2011) 17-08-2011, n. 32125 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza resa in esito all’udienza del 30/6/2010 la Corte di Appello di Genova ha confermato, pronunziando su appello del Procuratore della Repubblica per le statuizioni relative a M. D. e N.G., nonchè su appello degli imputati M.D., N.G., T.D., To.Do. e Ma.Ni., per le statuizioni che hanno riguardato costoro, la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Genova che aveva ritenuto gli imputati responsabili dei reati relativi alla detenzione a fini di cessione a terzi e ad atti di cessione di stupefacenti nonchè a reati in materia di armi partitamente indicati quanto alle specifiche condotte e ai responsabili di ciascuna, nel dispositivo di quella prima sentenza.

Gli imputati poco sopra menzionati hanno proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza della Corte di Appello di Genova.

Ma.Ni. rammenta col suo ricorso di essere stato chiamato a rispondere di detenzione di una pistola 9 x 21 e di una altra pistola calibro 9, e sottolinea che l’addebito a lui mosso è fondato esclusivamente sulla valutazione del contenuto di una intercettazione ambientale effettuata il 29/8/2006 sull’autovettura del coimputato M..

Il Ma. denunzia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 2, nonchè contraddittorietà, mancanza e illogicità manifesta della motivazione della sentenza impugnata.

Il ricorrente valorizza il mancato ritrovamento delle armi in questione per rimarcare che in nessun modo è acquista la prova della loro idoneità all’uso come armi da fuoco e per stigmatizzare il carattere solo apparente della motivazione resa in appello .

N.G. denunzia:

1) nullità della sentenza impugnata in relazione al capo d) violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, omessa motivazione e comunque violazione del principio di offensività di cui all’art. 49 c.p., e per violazione del principio del favor rei in relazione alla applicabilità dell’indulto nel caso concreto senza alcuna risposta motivazionale in ordine alla genericità della contestazione, al tempo del commesso delitto particolarmente rilevante per l’eventuale applicazione di L. n. 241 del 2006, c.d. indulto;

2) Nullità della sentenza in relazione ai capi g) ed H) – illegale detenzione e porto abusivo di armi in luogo pubblico – della imputazione per omessa motivazione nonchè per violazione della L. n. 895 del 1967, art. 5, per negata ipotesi lieve proposta con l’atto di appello e dunque mai trattata dal primo giudice.

M.D. oltre a fare propri gli argomenti di censura sviluppati nel ricorso N., denunzia:

1) nullità della sentenza impugnata rilevando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 2, correlata alla inadeguata risposta motivazionale di appello circa la possibile preesistenza (alternativa plausibile) della collocazione del pacchetto di sigarette con gr 4,96 di cocaina rispetto alla osservazione di PS (agente S.);

2) nullità della sentenza in relazione al capo D) della rubrica con 2) violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, omessa motivazione e comunque violazione del principio di offensività di cui all’art. 49 c.p., e per violazione del principio del favor rei in relazione alla applicabilità dell’indulto nel caso concreto senza alcuna risposta motivazionale in ordine alla genericità della contestazione, al tempo del commesso delitto particolarmente rilevante per l’eventuale applicazione di L. n. 241 del 2006 c.d indulto;

3) nullità della sentenza quanto al capo e) della rubrica relativo all’episodio del sequestro fuori casa del M. di gr 7,78 di cocaina a tal G. (peraltro condannato in separato processo per detenzione a fini di spaccio di quella stessa cocaina) che era andato a trovare l’imputato per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 192 c.p.p., comma 2, correlata alla inadeguata risposta motivazionale di appello circa la possibile preesistenza (alternativa plausibile) della detenzione per fatto dello stesso visitatore e senza alcuna responsabilità del M..

4) Nullità della sentenza in relazione al capo F per omessa motivazione su una questione decisiva proposta con l’appello circa la pessima qualità e dunque circa la efficacia drogante della sostanza evocata nella conversazione a quattro intercettata il 4/9/2006.

Nonchè nullità in ordine al diniego della attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 comma 5, con particolare riguardo alla individuazione della quantità esigua trattata alla luce delle somme erogate per costo di acquisto e costo di trasporto e con particolare riguardo alla mancata applicazione del favor rei per questo capo F) di imputazione viceversa applicato per i capi c) e d).

5) Nullità della sentenza in relazione ai capi g) ed H) – illegale detenzione e porto abusivo di armi in luogo pubblico – della imputazione per omessa motivazione nonchè per violazione della L. n. 895 del 1967, art. 5, per negata ipotesi lieve proposta con l’atto di appello e dunque mai trattata dal primo giudice.

T.D..

Denunzia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonchè mancanza di motivazione anche in relazione alla produzione di copia di un assegno per risarcimento correlato alla attività di carrozziere del T.D. del quale il M. è cliente nonchè in relazione alla condizione di lavoratore attivo e senza precedenti penali di sorta del medesimo imputato. Il ricorso spende vari e sintetici argomenti di confutazione della correttezza di diversi strumenti argomentativi adoperati dalla sentenza di appello, tra essi compreso l’impreciso richiamo per relationem e i non definiti riferimenti temporali.

TO.DO..

Denunzia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonchè mancanza di motivazione anche in relazione alla produzione di copia di un assegno per risarcimento correlato alla attività di carrozziere del T.D. del quale il M. è cliente.

Il ricorso spende vari e sintetici argomenti di confutazione della correttezza di diversi strumenti argomentativi adoperati dalla sentenza di appello, tra essi compreso l’impreciso richiamo per relationem, e i non definiti riferimenti temporali All’udienza pubblica del 14/4/2011 i ricorsi sono stati decisi con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Motivi della decisione

La sentenza di appello esplicita le ragioni che, esclusa ogni contraddizione di argomentazione, impongono il rigetto della impugnazione del PM in ordine alla negata responsabilità di M. D. e N.G. anche per i reati dai quali il primo giudice li aveva assolti (capi B) K) ed J) della rubrica.

La stessa sentenza evidenzia come i motivi di appello degli imputati non introducano questione alcuna che già non sia stata proposta al giudice di primo grado e da questi non sia stata ragionatamente risolta con motivazione che la decisione di appello condivide e assume a proprio fondamento. La individuazione della responsabilità degli imputati in forza di intercettazioni telefoniche è avvenuta, a giudizio della sentenza di appello, solo laddove i contenuti delle comunicazioni intercettate avevano un significato chiaro con coincidenza di risultati della lettura testuale e del riscontro di contesto, in esso compresi i chiariti esiti di un appostamento del 3/4/2006 con sequestro di gr. 4,96 di cocaina o dell’appostamento in data 21/7/2006 con sequestro di gr 7,78 lordi di cocaina e il dichiarato valore di una sola operazione di acquisto pari ad Euro 4.500,00. Anche per la detenzione o codetenzione di armi addebitate al M., al Ma. e al N., la sentenza impugnata sviluppa argomenti relativi alla chiarezza senza equivoci della conversazioni intercettate e ai riscontri individuati nella deposizione di un teste che aveva una volta provveduto alle pulizie della casa del M., nelle dichiarazioni del Ma. che parlava di occultamento delle armi in un tombino, nelle dichiarazioni dell’agente B. che aveva individuato il possesso di una arma nel corso della perquisizione in casa del M. il giorno in cui fu eseguita la misura cautelare. La sentenza di primo grado, per questa parte costituente compendio motivazionale unitario con la motivazione di appello, spende specifica motivazione sulla diversità dell’arma oggetto di conversazione dalle armi giocattolo collezionate dal M., sulla capacità di sparo di quell’arma, e dunque sulla offensività, delle armi in questione. Anche sul porto la interpretazione della conversazione intercettata in proposito è adeguatamente diffusa e ragionata. La stessa metodica vale a confermare la esclusione del riconoscimento della attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, in applicazione dei principi costantemente affermati da questa Corte in ordine alle condizioni di riconoscimento della detta attenuante speciale (Cass. Sez. U. 24/6/2010 N 35737; Cassazione Penale Sez. U., sent. n. 17 del 21 settembre 2000 e, in particolare Cassazione Penale Sez. 4^, sent. n. 20556 del 01 giugno 2005 secondo la quale l’attenuante speciale prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, per i reati di produzione e traffico di stupefacenti, trova applicazione quando la fattispecie concreta risulti di trascurabile offensività, sia per l’oggetto materiale del reato, in relazione alle caratteristiche qualitative e quantitative della sostanza, sia per la condotta, riferibile ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della stessa, per cui il vaglio in senso negativo anche di uno solo dei parametri di riferimento individuati dalla legge deve condurre ad escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità). E’ esente da vizi logici e da omissioni la motivazione in punto di addebitabilità al M. della collocazione e disponibilità del pacchetto di sigarette contenente gr. 4,96 di cocaina, valutato alla luce delle osservazioni di PS., alla sottolineata presenza del pacchetto sotto una ruota della vettura del M. solo dopo un suo gesto di chinarsi verso quella ruota, ma anche in relazione all’intero contesto ricostruito in sentenza e alla conseguente correttezza della attribuzione di significati senza alternative plausibili alle singole condotte dettagliatamente esaminate anche in sentenza di primo grado.

Non è ravvisarle alcuna violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 2, in ordine alla ritenuta responsabilità per il capo e) della rubrica.

L’episodio esaminato in sentenza è correttamente valutato in forza della obbiettività del sequestro di sostanza di stupefacente e della uscita di tale G. (trovato in possesso della sostanza sequestrata) dalla casa del M. raffrontati al contesto della intera vicenda esaminata e ai ruoli svolti da ciascun imputato. Le ipotesi alternative in fatto proposte ancora in sede di giudizio di cassazione non hanno viceversa ingresso a fronte di una motivazione compiuta e non contraddittoria.

La collocazione temporale dei fatti di cui ai capi c) e d) della rubrica è dichiarata conseguenza della data nella quale fu effettuata la intercettazione (19/7/2006) alla quale il giudice di merito affida la conferma della attività di spaccio, sicchè la sentenza impugnata non pronunzia in ordine ad una contestazione generica e ad una data incerta, ma logicamente connette fattori che non consentono neppure l’ipotesi della applicabilità della L. 31 luglio 2006, n. 241, a fatti accertatamente commessi in data successiva al 2/5/2006. Il principio del favor rei non può essere invocato per trasformare fatti e tempi certi in oggetto di valutazione selettiva a favore dell’imputato.

La motivazione elaborata in punto di efficacia stupefacente della sostanza di cui alla intercettazione del 19/6/2006 è sintetica ma esente da vizi perchè interpreta il significato delle frasi intercettate con una valutazione (di accertamento efficacia stupefacente della sostanza menzionata durante la conversazione intercettata) tutta appartenente al giudice di merito, non irragionevole e niente affatto arbitraria per essere invece congruente con gli altri dati raccolti.

La responsabilità dei fratelli T. è affidata sì ai contenuti di una intercettazione ma anche ai rilevati incontri presso una rolulotte parcheggiata in un terreno recintato di cui T. D. aveva la disponibilità. E i contenuti della conversazione relativi al trattamento di una partita di stupefacente e al cattivo esito dell’affare gestito dal M. e dai T. sono oggetto di completa e ineccepibile interpretazione del giudice di merito che le censure dei ricorrenti, oltretutto generiche, non possono scalfire.

Esplicita e diffusa è la motivazione circa la rilevanza della contestata recidiva del Ma. e la misura della pena per T.D. e Do., pena definita dal giudice di appello particolarmente tenue e non suscettibile di riduzione. La motivazione evidenzia che la misura della pena è stata motivatamente confermata in appello secondo ragioni che non risultano arbitrarie e perciò non eccedono l’ambito di discrezionalità incensurabile del giudice di merito.

La motivazione della sentenza di appello è tutt’altro che apparente, porta a sintesi critica le acquisizioni dell’intero materiale probatorio ritualmente acquisito, e non è viziata da contraddizioni, discontinuità, aporie, apoddissi peraltro neppure specificamente individuate nei motivi di censura. In conclusione l’esame delle questioni proposte con gli atti di appello è compiuto con corretta applicazione delle regole logiche e giuridiche necessarie nel caso concreto.

I ricorsi devono essere rigettati per la loro infondatezza e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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