Cass. civ., sez. Unite 06-10-2006, n. 21624 SANZIONI AMMINISTRATIVE – APPLICAZIONE – OPPOSIZIONE – PROCEDIMENTO – LEGITTIMAZIONE- Passiva – Opposizione a verbale redatto dalla Polizia Municipale – Legittimazione passiva del Comune

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ai giudice di pace di Gardone Val Trompia la V. s.n.c. proponeva opposizione, nei confronti del Prefetto della Provincia di Brescia, avverso il processo verbale – redatto dalla polizia municipale del Comune di – con cui le era stata contestata la violazione dell’art. 20, commi 1 e 4, del d.l.vo 30 aprile 1992, n. 285, per avere occupato abusivamente la sede stradale con un’autopompa senza previamente chiedere ed ottenere autorizzazione ad occupare il suolo pubblico. A sostegno dell’opposizione deduceva la nullità del verbale, dal quale non risultavano né tipo né targa del veicolo, e l’insussistenza dell’occupazione.

Con ordinanza del 17 marzo 2001 il giudice di pace dichiarava inammissibile l’opposizione, rilevando che, alla data di presentazione del ricorso, il verbale di contestazione non aveva forza di titolo esecutivo.

Avverso tale ordinanza la società proponeva ricorso per cassazione, denunciando violazione o falsa applicazione degli articoli 203 e seguenti del d.l.vo n. 285 del 1992.

Deduceva la ricorrente:

a) il ricorso giurisdizionale contro l’atto in contestazione non implica necessariamente che lo stesso abbia forma di titolo esecutivo. Venivano, in proposito, richiamate le sentenze della Corte Costituzionale n. 255 e 366 del 1994, a seguito delle quali il previo esperimento del ricorso amministrativo non deve considerarsi condizione necessaria per proporre l’opposizione ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, espressamente richiamati dall’art. 205 del codice della strada, anche in mancanza di un’ordinanza-ingiunzione;

b) in ogni caso, essendo stata nella specie applicata la sanzione accessorie di cui all’art. 20, comma 5, del d.l.vo n. 285 del 1992, trovava applicazione l’art. 211 dello stesso decreto, il quale, richiamando soltanto il 1° e il 2° comma dell’art. 203, e non anche il 3° comma, attribuisce efficacia di titolo esecutivo al verbale di accertamento.

L’autorità intimata non si costituiva.

L’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite

Con ordinanza 27 luglio 2005, n. 15717, la prima Sezione civile della Corte rilevava che – secondo una consolidata giurisprudenza – il giudizio di opposizione avverso un verbale di accertamento per violazione di norme del codice della strada colpite da sanzione amministrativa dev’essere proposto nei confronti dell’amministrazione da cui dipende l’ufficio accertatore; nella specie, il Comune, e non il prefetto. Prendeva atto, altresì, di un contrasto nella giurisprudenza della stessa Sezione circa le conseguenze dell’errata individuazione del legittimato passivo: secondo la sentenza 27 agosto 2004, n. 17140, l’individuazione dell’autorità cui dev’essere notificato l’atto di opposizione non deve essere fatta dal cancelliere, a norma dell’art. 23, comma 2°, della legge 24 novembre 1981, n. 689 spettando alla parte indicare tale autorità, con conseguente inesistenza della notificazione e inammissibilità del ricorso in opposizione mal diretto. Secondo Cass. 29 settembre 2004, n. 19541, almeno nell’ipotesi in cui il ricorrente si sia limitato a indicare l’autorità che ha elevato il verbale, l’errore d’identificazione è attribuibile all’ufficio del giudice, cui spetta la notifica dell’opposizione a norma del citato art. 23.

La Sezione osservava che la ragione del contrasto derivava soprattutto dalla concezione del ruolo assegnato al ricorrente circa la corretta individuazione del legittimato passivo, ruolo che il primo indirizzo ha ritenuto determinante, per cui non competerebbe all’ufficio del giudice alcuna autonoma valutazione al riguardo.

Nel caso di specie la scelta tra i due orientamenti era ineludibile, giacché nell’atto di opposizione era stata fatta richiesta al giudice di pace di notificare l’atto «al Prefetto o a quei destinatari o enti che riterrà opportuno», e la notifica del ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, era avvenuta, a cura del cancelliere, nei confronti del prefetto, come già detto privo di legittimazione passiva.

Il ricorso veniva, quindi, rimesso al Primo Presidente, che lo assegnava alle Sezioni Unite.

Motivi della decisione

Successivamente all’ordinanza della prima Sezione civile è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite 14 febbraio 2006, n. 3117, con la quale è stato composto il contrasto di giurisprudenza relativo alle conseguenze derivanti dalla notifica del ricorso in opposizione avverso il processo verbale di violazione di norme del codice della strada, redatto da agenti della polizia stradale, al prefetto, anziché al Ministro dell’Interno, organo da cui dipendono gli agenti accertatori.

In tale decisione la Corte ha affermato che da tale erronea individuazione non può conseguire l’inammissibilità del ricorso in opposizione, ma una mera irregolarità, sanabile attraverso il comportamento processuale dell’organo evocato in giudizio (mancata costituzione o mancata deduzione di specifica censura), in forza di una interpretazione non strettamente letterale dell’art. 4 della legge 25 marzo 1958, n. 260 il quale considera come irregolarità sanabile l’errore «nella persona che deve ricevere la notificazione. Nella causa predetta le Sezioni Unite non erano state investite della questione relativa al ruolo dell’ufficio del giudice nell’individuazione del soggetto legittimato, né la questione era stata rilevata d’ufficio, proprio nella prospettiva dell’impossibilità di dichiarare inammissibile, anche d’ufficio e per la prima volta in cassazione, l’erronea individuazione, per cui il dibattito si era limitato alla verifica delle conseguenze dell’erronea individuazione effettuata dal ricorrente.

Inoltre, come è stato esattamente rilevato dalla citata ordinanza della prima sezione, nel caso di specie la scelta non cade tra due organi dello Stato, bensì tra un organo dello stesso ed un altro soggetto (il Comune). La controversia non è, pertanto, disciplinata dalla legge n. 260 del 1958.

Per risolvere la questione è opportuno esaminare in dettaglio le ragioni poste a fondamento delle contrastanti risposte date dalla giurisprudenza della prima Sezione.

Nella sentenza n. 17140/04 si osserva che l’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 non introduce alcuna deroga al principio, contenuto nell’art. 125 cod. proc. civ, il quale, nel determinare il contenuto degli atti di parte, stabilisce che in essi devono essere indicate le parti; principio che trova conferma nella disciplina di particolari atti introduttivi (per esempio, art. 163 cod. proc. civ.). Inoltre, il principio della vocatio in ius non può non trovare applicazione anche nei giudizi a carattere impugnatorio, quali quelli aventi ad oggetto atti amministrativi, nei quali il ricorso deve in ogni caso indicare l’amministrazione resistente, che ha emanato l’atto impugnato. La conseguente attività del cancelliere, che provvede, secondo il citato art. 23, alla notifica dell’atto dopo la fissazione dell’udienza, resta dunque vincolata alla designazione del soggetto destinatario da parte del ricorrente. Né induce a diversa conclusione il fatto che l’art. 23 preveda che il ricorso e il decreto che fissa l’udienza «sono notificati a cura della cancelleria? all’autorità che ha emesso l’ordinanza», in quanto tale norma, ben lungi dall’attribuire al cancelliere il potere di individuare la predetta autorità, non fa che ribadire il principio che il ricorso per l’annullamento di una sanzione amministrativa deve essere proposto nei confronti dell’autorità che l’ha emanata. Dalle dette premesse consegue che l’opposizione a verbale di violazione al codice della strada redatto da agenti della polizia municipale, proposta, anziché nei confronti del Comune, nei confronti del prefetto e a quest’ultimo notificata, deve essere considerata inesistente.

Secondo l’opposto indirizzo, condivisa dalla citata sentenza n. 19541 del 2004, l’errore di individuazione dell’autorità passivamente legittimata, che comunque produce la nullità della sentenza resa nei confronti della stessa, deve essere attribuito, non già alla scelta effettuata dall’opponente, bensì all’ufficio del giudice dell’opposizione «allorché, ai sensi dell’art. 23, secondo comma, della legge n. 689/81 ha individuato l’autorità alla quale andavano comunicati – sempre a cura della cancelleria – l’opposizione e l’ordine di depositare in cancelleria il rapporto con gli atti relativi all’accertamento». Nel caso di specie l’opponente si era limitato alla formulazione dell’opposizione ed alla indicazione dell’autorità che aveva emesso l’atto impugnato.

Le Sezioni Unite ritengono che debba essere condiviso il secondo indirizzo e che, pertanto, l’individuazione dell’ente o organo legittimato passivamente sia affidata in via autonoma all’ufficio giudiziario dinanzi al quale è proposta l’opposizione.

Devono, innanzitutto, essere svolte alcune considerazioni sulla struttura del giudizio di opposizione avverso i processi verbali relativi a violazioni al codice della strada costituenti illecito amministrativo.

Si deve rilevare, in proposito, che l’estensione del rimedio, originariamente introdotto per i provvedimenti irrogativi di sanzioni amministrative e dante luogo ad una giurisdizione di annullamento del giudice ordinario in deroga agli ordinari criteri di riparto della giurisdizione all’epoca vigenti, presenta problemi di adattamento, essendo innegabile che l’atto in questione non ha un carattere provvedimentale nel senso tradizionale, in quanto, a parte la sua collocazione all’interno di una sequenza procedimentale, non ha – a differenza di quelli applicativi di sanzione pecuniaria – natura dispositiva e costitutiva, rea meramente dichiarativa, anche per quanto attiene alla determinazione della sanzione pecuniaria, che è fissata dalla legge (art. 202 del d.l.vo 30 aprile 1992, n. 285) nella misura minima prevista per le singole norme violate. Ci si trova, però, in presenza di un atto che, nonostante il proprio contenuto dichiarativo e privo di qualunque valutazione discrezionale, è suscettibile – secondo una consolidata giurisprudenza di legittimità: si veda, fra le altre, la sentenza 13872/02 – di fissare il rapporto obbligatorio, stante la sua suscettibilità ad acquisire efficacia definitiva in difetto di esperimento del ricorso amministrativo (art. 203) o, alternativamente, dello speciale rimedio dell’opposizione, regolato dall’art. 22 della legge n. 689/71 (richiamato dall’art. 204 bis dello stesso d.l.vo), essendo escluso – come la Corte ha costantemente affermato – l’esperimento delle ordinarie forme di tutela giurisdizionale.

Ciò premesso è, del resto, evidente che la soluzione del caso concreto, nel quale l’autorità passivamente legittimata è stata erroneamente individuata nell’organo di un soggetto (lo Stato), diverso dal titolare del potere di emanazione dell’atto (il Comune di Lumezzane), non può trovare applicazione la regola enunciata dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 3117/06. In tal caso, infatti, la natura di mera irregolarità della notifica, eseguita nei confronti del prefetto, anziché del Ministro dell’Interno, deriva, come si è ricordato, da un’interpretazione estensiva dell’art. 4 della legge 25 marzo 1958, n. 260 disciplina applicabile soltanto in materia di notificazioni alle amministrazioni dello Stato. Nel caso di specie, invece, si tratta di soggetto legittimato del tutto estraneo all’amministrazione statale, per cui è da ritenersi che il rapporto processuale non si sia costituito nei confronti dello stesso, stante l’inesistenza della notificazione, vizio della sentenza rilevabile d’ufficio, salva la formazione di giudicato sul punto, anche in sede di legittimità.

ÿ quindi necessario – come esattamente rilevato nell’ordinanza di rimessione – risolvere la questione oggetto di contrasto. A tal fine sembra opportuno prendere le mosse dalle considerazioni sistematiche svolte dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 3117 del 2006.

Come si è detto, la tutela giurisdizionale prevista dagli articoli 203, 204 e 204 bis del d.l.vo n. 285/92, pur anticipata nei confronti di un atto il cui tipo, secondo i principi generali, viene considerato puramente endoprocedimentale, risulta indubbiamente – anche se compatibilmente coi principi costituzionali – diminuita, essendo manifesto che un processo di tipo impugnatorio, soggetto a brevi termini di decadenza e a forme rigorose degli atti introduttivi, presenta notevoli restrizioni rispetto al modello del processo civile classico, che sarebbe stato indubbiamente esperibile ove – in assenza della specifica disciplina – si fosse considerato il processo verbale – quale atto dichiarativo – atto non idoneo a dar luogo a preclusioni, ove non tempestivamente impugnato, circa il diritto ad esigere la sanzione. Nel quadro di tale constatazione le Sezioni Unite ribadiscono che il principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 189 del 13 giugno 2000, secondo cui le ipotesi d’inammissibilità dei rimedi giurisdizionali debbano essere limitate ai casi indispensabili, svolge un vero e proprio effetto d’irraggiamento dell’intero sistema, comportando una rigorosa interpretazione conforme a Costituzione, se necessario adeguatrice, della disciplina normativa degli atti processuali e, in particolare, dei requisiti degli atti con cui si introduce il giudizio.

Del resto, il principio dell’assoluto monopolio (e conseguente responsabilità) della parte nell’indicazione degli elementi che compongono l’atto introduttivo del giudizio e nella sua notificazione ha ricevuto una recente e significativa limitazione da parte della giurisprudenza costituzionale e di una consolidata giurisprudenza di questa Corte, là dove si afferma che la responsabilità della parte per l’esito del procedimento notificatorio cessa nel momento in cui l’atto da notificare è stato consegnato all’ufficiale giudiziario o all’ufficiale postale, non potendosi addebitare alla parte – che abbia osservato il termine prescritto – ritardi imputabili esclusivamente agli organi della notificazione.

Le Sezioni Unite non condividono le ragioni svolte nella sentenza della prima Sezione civile n. 17140 del 2004. Proprio l’espressione usata dal legislatore («sono notificati, a cura della cancelleria? all’autorità che ha emesso l’ordinanza») indica in modo inequivocabile che, nel procedimento de quo, si è derogato al principio secondo cui l’individuazione del legittimato passivo ai fini della proposizione e notificazione dell’atto introduttivo è esclusivo compito della parte, senza che possa assumere alcuna iniziativa o responsabilità in proposito l’ufficio giudiziario. La norma, infatti, non si limita a stabilire, puramente e semplicemente, che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano notificati a cura del cancelliere, ma pone a diretto carico di quest’ultimo la notificazione all’autorità che ha emesso l’atto impugnato, e cioè al soggetto passivamente legittimato. Tale specificazione acquista particolare significato nel quadro dell’affidamento della notificazione all’ufficio giudiziario, e non può essere ridotta ad una mera riproduzione del principio generale in materia di formazione e notificazione degli atti introduttivi. Ne deriva che l’ufficio giudiziario assume la definitiva responsabilità di tale individuazione è non è affatto vincolato all’indicazione del ricorrente; che quest’ultima, se errata e condivisa dall’ufficio notificante, può comportare soltanto un vizio della sentenza e non certamente l’inammissibilità dell’atto introduttivo.

Il vizio della sentenza, come sopra rilevato, comportando una mancata costituzione del contraddittorio, impedisce l’esame delle censure svolte nel ricorso.

La sentenza deve, pertanto, essere cassata con rinvio ad altro magistrato dell’ufficio del giudice conciliatore di Gardone Val Trompia, il quale dovrà procedere nuovamente agli incombenti di cui all’art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e, in particolare, disporre la notificazione del ricorso in opposizione al Comune di Lumezzane. Al giudice di rinvio è rimessa anche la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite; decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, al giudice di pace di Gardone Val Trompia, in persona di magistrato diverso da quello che ha pronunciato la sentenza cassata.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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