T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 19-09-2011, n. 712

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il provvedimento impugnato il comune di Ponza ha respinto un’istanza che la società ricorrente aveva presentato in data 22 maggio 2007 con cui era richiesto il rilascio di una concessione demaniale per l’occupazione di uno specchio acqueo di circa 600 mq. (20 m. * 30 m) in località "Spiaggia di Giancos".

2. Con il ricorso all’esame, notificato il 21 dicembre 2010 e depositato in segreteria il successivo 13 gennaio 2011, la società ricorrente espone che: a) sull’istanza erano stati acquisiti i pareri occorrenti (dell’ufficio locale marittimo, guardia costiera di Ponza, dell’agenzia delle dogane di Gaeta, del provveditorato interregionale delle opere pubbliche e della sede di Roma dell’agenzia del demanio) ed era svolta favorevolmente la valutazione di incidenza ambientale; b) la medesima era stata oggetto di pubblicazione ex articolo 18 reg. nav. mar.; c) il comune di Ponza in data 8 maggio 2009 pretendeva il pagamento del canone relativo al 2009, dell’imposta di registro per il rinnovo sessennale e della tassa regionale e la prestazione di polizza assicurativa o fideiussoria a garanzia degli obblighi del concessionario; d) ciononostante, il comune non definiva il procedimento sicchè la ricorrente inoltrava in data 23 giugno 2010 una diffida a provvedere; in data 12 agosto 2010 il comune inviava quindi alla ricorrente un preavviso di rigetto ex articolo 10bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, facendo presente di voler utilizzare, in conformità alle previsioni del regolamento per l’utilizzazione del demanio marittimo, lo specchio acqueo oggetto dell’istanza per "attività pubblica ludicosportiva"; e) seguiva in data 10 novembre 2010 il provvedimento di diniego impugnato, motivato dalla circostanza che lo specchio acqueo oggetto della richiesta (o meglio una porzione di esso) sarebbe destinato ad attività pubblica ludicosportiva dall’allegato n. 2 al regolamento per l’utilizzazione del demanio marittimo (d’ora innanzi RUDM) approvato con delibera C.C. n. 13 del 31 marzo 2010.

Sostiene la ricorrente che il provvedimento di diniego è illegittimo in quanto: a) sulla sua istanza si era formato il silenzio assenso ex articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per cui l’amministrazione, ove avesse voluto porre nel nulla gli effetti del titolo concessorio già tacitamente assentito, avrebbe dovuto porre in essere un procedimento di riesame; b) la destinazione impressa allo specchio acqueo in questione dal RUDM non avrebbe potuto esser ritenuta vincolante in quanto la potestà pianificatoria in materia appartiene non al comune ma alla regione; c) la disposizione del piano, d’altra parte, tenuto anche conto del faticoso iter procedurale da lungo tempo in corso alla data della sua adozione, pare costituire soltanto un espediente per impedire il perfezionamento della concessione; in questa prospettiva il provvedimento viene censurato altresì per difetto di motivazione ed eccesso di potere; d) nonostante la ricorrente avesse presentato, a seguito della ricezione del preavviso di rigetto, una articolata memoria, di essa l’amministrazione non ha tenuto alcun conto così vanificando la funzione del preavviso.

3. Il comune di Ponza resiste al ricorso.

4. Con ordinanza n. 90 del 10 febbraio 2011 la sezione accoglieva l’istanza di tutela cautelare ordinando al comune un riesame e fissando la trattazione del merito del ricorso all’udienza pubblica del 14 luglio 2011.

5. In data 11 maggio 2011 – e solo dopo che la ricorrente aveva notificato una istanza di esecuzione – il comune provvedeva al riesame adottando un atto con il quale anullava l’atto impugnato, nel presupposto che, eseguito un più approfondito esame, era risultato che, a seguito della pubblicazione dell’istanza della ricorrente, erano state presentate due istanze in concorrenza con conseguente necessità di procedere alla loro "comparazione".

6. In prossimità dell’udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie: il comune di Ponza ha chiesto che sia dichiarata l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse; la ricorrente da parte sua ha convenuto sulla carenza d’interesse in ordine all’annullamento del diniego, stante l’avvenuto ritiro di quest’ultimo, ma ha comunque chiesto, essendosi riservata di proporre una domanda di risarcimento dei danni, l’accertamento della sua illegittimità ex articolo 34, comma 3, cod. proc. amm.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente occorre verificare se vi siano i presupposti per la declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione del diniego del 10 novembre 2010.

Il problema nasce dal rilievo che, se in generale il ritiro dell’atto impugnato produce la conseguenza dell’improcedibilità dell’impugnazione (essendone venuto meno l’oggetto), questa conclusione non è corretta allorché il ritiro sia il frutto di un atto di riesame imposto da un’ordinanza che abbia accolto l’istanza di tutela cautelare; la doverosa esecuzione dell’ordine del giudice, infatti, non produce né può produrre l’effetto di rendere improcedibile l’impugnazione dato che l’atto con cui è stata data esecuzione all’ordinanza cautelare è un atto avente effetti provvisori e interinali, i cui effetti si producono e si esauriscono nell’ambito del giudizio cautelare e sono condizionati dalla successiva pronuncia sul merito del ricorso, nel senso che, se il ricorso viene accolto, gli effetti dell’atto di riesame favorevole al ricorrente si consolidano, mentre se il ricorso viene respinto si consolidano gli effetti dell’atto impugnato e vengono meno quelli dell’atto di riesame.

Nella fattispecie, tuttavia, ritiene il Collegio che questa impostazione non trovi applicazione in quanto il ritiro dell’atto impugnato è avvenuto per ragioni del tutto estranee al giudizio e alle ragioni per cui la sezione aveva disposto il riesame, per cui può ritenersi che il ritiro sia il frutto di una scelta sostanzialmente autonoma e libera del comune di Ponza rispetto alla quale il riesame ordinato dalla sezione ha costituito una mera occasione.

2. Ciò premesso il Collegio ritiene che il ritiro del diniego impugnato determini la improcedibilità della relativa impugnativa.

Poiché tuttavia la ricorrente ha chiesto la verifica della legittimità dell’atto in funzione della eventuale proposizione di una domanda risarcitoria, deve comunque procedersi alla verifica richiesta ex articolo 34, comma 3, cod. proc. amm..

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia che sulla sua istanza si era formato il silenzio assenso cosicchè illegittimamente il comune di Ponza ha ritenuto di poter ancora determinarsi in merito alla medesima; al contrario il comune, essendosi il titolo già formato per silentium, avrebbe al più potuto esercitare il potere di riesame.

Questo motivo è infondato.

L’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, invocato dalla ricorrente, infatti non è direttamente applicabile ai comuni come disposto dai primi due commi dell’articolo 29. Occorre poi aggiungere che l’articolo 20 comunque non è applicabile a procedimenti riguardanti il patrimonio paesaggistico e l’area in contestazione è classificata come sito di importanza comunitaria (e infatti sulla istanza è stata compiuta, come accennato, la cd. valutazione di incidenza ambientale).

4. Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che il riferimento alla disciplina recata dal RUDM approvato dal comune il 31 marzo 2010 non costituisce motivazione idonea e sufficiente per il diniego.

Il motivo è fondato.

Occorre premettere che la stessa relazione tecnicoesplicativa al piano approvato dal comune reca un esplicito riferimento all’articolo 46 della legge regionale 6 agosto 2007, n. 13 – che assegna alla competenza della regione l’approvazione del piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo, sentiti, tra l’altro, i Sindaci dei comuni interessati – spiegando che "il presente lavoro è stato concepito per essere recepito e inglobato nella più ampia programmazione regionale".

Se si tiene presente questa premessa non può non riconoscersi che la ricorrente coglie nel segno allorchè afferma, da un lato, che il semplice riferimento alle destinazioni recate dal PUDM comunale non può supportare il diniego, perché quelle destinazioni non avevano (ancora) carattere vincolante, e, dall’altro, che il diniego avrebbe dovuto essere supportato da una puntuale valutazione della situazione che tenesse nel debito conto il suo affidamento nella conclusione dell’iter che essa aveva avviato in epoca ben precedente all’approvazione del piano e che si era praticamente concluso già nel maggio del 2009. In effetti la ricorrente sin da quell’epoca (che precede di quasi un anno l’approvazione del PUDM) aveva in pratica pressoché completato l’iter del procedimento concessorio, avendo ottenuto i pareri (favorevoli) occorrenti ed essendo avvenuta la pubblicazione dell’istanza.

Il Collegio condivide queste argomentazioni. Non può seriamente dubitarsi che almeno sino a tutta la prima metà del 2009 il comportamento del comune pareva chiaramente ispirato alla volontà di assentire quanto richiestogli dalla ricorrente; l’affidamento in ordine al prossimo rilascio del titolo concessorio è stato chiaramente creato dall’amministrazione che – appunto nel maggio del 2009 – ha chiesto (e ottenuto) il pagamento dell’imposta di registro, della tassa regionale e del canone relativo al 2009, richiesta questa che non poteva che essere interpretata come preludio al formale rilascio del titolo concessorio facendo presumere una volontà del comune di accogliere l’istanza presentatagli sin dal 2007.

In questa situazione è chiaro che, anche senza ipotizzare che la disposizione del PUDM sia un "pretesto" del comune per frustrare le aspettative della ricorrente (fatto di cui non v’è prova), la decisione di denegare l’istanza a seguito dell’intervenuta approvazione del PUDM (ancora non recepito nel piano regionale) pregiudicava un (ormai relativamente) consolidato affidamento della ricorrente e ciò effettivamente avrebbe richiesto un ben diverso apparato motivazionale che desse conto puntualmente della comparazione degli opposti interessi. In questa prospettiva sussiste effettivamente il difetto di motivazione denunciato dalla ricorrente.

5. Conclusivamente l’impugnazione del diniego del 10 novembre 2010 va dichiarata improcedibile con declaratoria, tuttavia, dell’illegittimità di tale atto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, dichiara improcedibile l’impugnazione del diniego del 10 novembre 2010 e accerta l’illegittimità di quest’ultimo ai sensi dell’articolo 34, comma 2, cod. proc. amm.

Condanna il comune di Ponza al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro tremila.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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