Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-03-2011) 18-08-2011, n. 32343

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di sorveglianza di Cagliari, con ordinanza deliberata il 22 luglio 2010 e depositata il successivo 27 luglio, ha respinto la domanda di S.A., in espiazione di pene unificate per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, omicidio volontario ed altro, in forza di provvedimento del Procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari in data 23 aprile 2010, con fine previsto al 3 gennaio 2039, diretta ad ottenere il rinvio dell’esecuzione della pena per motivi di salute ovvero la concessione della detenzione domiciliare speciale di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter, comma 1 ter, (d’ora in avanti indicata come Ord. Pen.), osservando, all’esito di istruttoria in cui, oltre all’acquisizione dei certificati di rito e della relazione aggiornata della direzione sanitaria del carcere, era stata disposta d’ufficio perizia medico-legale, quanto segue:

a) lo S., affetto da "insufficienza renale cronica in trattamento farmacologico, da paraparesì spastica agli arti inferiori, incontinenza urinaria da urgenza, cataratta bilaterale con xerosi congiuntivale, esiti di tubercolosi polmonare, ipertensione arteriosa, cardiopatia ipertensiva, epatopatia HBV correlata, nonchè da broncopneumopatia cronica ostruttiva, ipertrofia prostatica e sindrome da tunnel carpale bilaterale", presentava, secondo la valutazione della direzione sanitaria della casa circondariale di Cagliari, condizioni di marcata inabilità, che richiedevano cure continue e supponevano un allettamento del paziente per più del 50% del giorno;

b) ad avviso del perito nominato dal Tribunale, invece, la broncopneumopatia cronica ostruttiva e l’ipertensione arteriosa erano, allo stato, in una situazione di adeguato compenso, e l’insufficienza renale cronica si era attestata su livelli del tutto tranquillanti, tali da non richiedere trattamenti particolari oltre al consueto protocollo farmacologico; solo i valori della dislipidemia erano marcatamente fuori parametro a causa della mancata adozione di adeguate misure alimentari e, perciò, arginabili con la predisposizione di una dieta appropriata, diversa da quella riservata agli altri detenuti; l’accertata paraparesi, infine, implicando l’impossibilità di autonoma deambulazione da parte dello S., rendeva necessario un costante sostegno dello stesso nelle attività ordinarie della vita quotidiana, e, tuttavia, l’allocazione del detenuto in un contesto penitenziario debitamente attrezzato per la gestione di pazienti con analoghe disabilità avrebbe consentito al condannato di far fronte in maniera adeguata alle proprie esigenze e, in particolare, a quelle di cura personale.

Il Tribunale, privilegiando le valutazioni del perito sia per la correttezza del metodo applicato, sia per la coerenza logica dei vari passaggi argomentativi, ha ritenuto che le condizioni di salute dello S., pur degradate, non fossero così gravi da imporre il rinvio dell’esecuzione della pena e, neppure, quello facoltativo, poichè, anche se qualificabili in termini di significativa inabilità (specialmente per l’impossibilità di autonoma deambulazione), non integravano, tuttavia la ""grave infermità fisica" postulata dall’art. 147 c.p., comma 1, n. 2, ravvisabile quando l’oggetti va gravità della malattia postuli interventi terapeutici non approntagli in regime intramurario, neppure mediante il ricovero in luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen., ovvero quando il trattamento penitenziario si profili contrario al senso di umanità in violazione del principio costituzionale di cui all’art. 27 Cost., comma 3.

Il Tribunale ha, anche, sottolineato la necessaria cautela imposta dai gravissimi reati per cui lo S. era stato condannato e dall’assenza di un percorso adeguatamente autocritico, secondo le non positive valutazioni contenute nella relazione di sintesi, in funzione dell’ineludibile giudizio sulla personalità del detenuto, che, ad avviso del giudicante, non consentiva di escludere il pericolo di recidiva ai sensi dell’art. 147 c.p., u.c..

Infine, la ritenuta insussistenza delle condizioni di legge per disporre il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena, a norma dell’art. 147 c.p., comma 1, n. 2, è stata ritenuta ostativa all’applicazione della detenzione domiciliare cosiddetta speciale, ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1 ter, Ord. Pen., fondandosi quest’ultimo istituto sui medesimi presupposti del primo.

2. Avvero la predetta ordinanza lo S. ha proposto ricorso per cassazione tramite il suo difensore di fiducia, avvocato Stefano Piras del foro di Cagliari, deducendo due motivi.

2.1. Con il primo motivo lamenta la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione per avere il Tribunale aderito alle conclusioni della perizia medico-legale, nonostante la loro palese contraddittorietà.

L’esperta (d.ssa C.) officiata dal giudice avrebbe riconosciuto la necessità del detenuto di essere assistito per lo svolgimento delle attività quotidiane, domestiche e di cura personale, suggerendo il rientro dello S. nella casa circondariale di Cagliari, senza considerare che lo stesso era stato trasferito al carcere di (OMISSIS) proprio per la rilevata impossibilità di ricevere l’assistenza adeguata nell’istituto di provenienza; del tutto illogica, inoltre, sarebbe la valutazione peritale dello S. come "paziente che svolge attività normale con fatica", nonostante la riconosciuta impossibilità di autonoma deambulazione e la necessità di un continuo aiuto al detenuto per attendere alle ordinarie attività della vita quotidiana.

2.2. Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 147 c.p., e dell’art. 47 ter, comma 1 ter, Ord. Pen., per la qualificazione delle condizioni di salute dello S. in termini di "significativa inabilità", anzichè di "grave infermità psichica" (da intendersi come "grave infermità fisica", essendo evidente il lapsus calami in cui è incorso il ricorrente).

Siffatta valutazione sarebbe errata perchè ancorata alle contraddittorie valutazioni del perito in contrasto con quelle coerentemente esposte nella relazione dei sanitari della casa circondariale di Cagliari, in data 29 ottobre 2009, che attestano, invece, le condizioni di grave infermità in cui versa il ricorrente, il quale avrebbe bisogno di cure e trattamenti non apprestabili neppure in regime di ricovero esterno ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen., senza tacere la contrarietà al senso di umanità delle peregrinazioni da un carcere all’altro (ultimo trasferimento quello da Cagliari a Torino) subite dal detenuto, le cui gravi patologie escluderebbero, in radice, il concreto pericolo di commissione di delitti, erroneamente ritenuto sussistente dal Tribunale.

Motivi della decisione

3. Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.

Essi si risolvono, al di là della loro titolazione da parte del ricorrente, nella denuncia della contraddittorieta della motivazione dell’ordinanza impugnata per non aver riconosciuto le condizioni di grave infermità fisica da cui sarebbe affetto lo S., nonostante esse fossero state accertate come tali dalla direzione sanitaria del carcere di Cagliari, al punto di indurre l’Amministrazione penitenziaria al trasferimento del detenuto alla casa circondariale di Torino per l’impossibilità, nel primo istituto, di assicurare allo S. le cure e i supporti necessari.

La pretesa contraddittorietà si fonda su una pregiudiziale opzione a favore della qualificazione delle infermità sofferte dal condannato come gravi, attribuita alla relazione della direzione sanitaria del carcere, e costruisce l’asserita illogicità della diversa valutazione peritale, avallata nel provvedimento impugnato, non all’Interno di essa con la specifica contestazione del metodo utilizzato e dei risultati raggiunti, bensì al suo esterno comparandola ai diversi esiti della valutazione dei medici penitenziari, apoditticamente ritenuti più attendibili di quelli peritali sulla base delle difficoltà deambulatone dello S., pure esaminate nel provvedimento impugnato unitamente alle altre patologie sofferte dal ricorrente, apprezzate come adeguatamente compensate e non allarmanti.

Si tratta, dunque, di censure che non trovano alcun riscontro nella motivazione dell’ordinanza del Tribunale, come sopra esposta, la quale è puntuale, coerente e logica, avendo il decidente analiticamente considerato tutti i parametri rilevanti ai fini delle misure richieste (rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena o detenzione domiciliare in luogo del differimento dell’esecuzione), insieme alla ritenuta non contrarietà del trattamento penitenziario al senso di umanità per il solo handicap deambulatorio sofferto dal condannato, affrontarle in istituti penitenziari architettonicamente adeguati, mentre le condizioni generali di salute dello S. richiedono soltanto l’adozione degli ordinari protocolli farmacologici e di una dieta appropriata.

Segue, ai sensi dell’art. 615 c.p.p., comma 2, e art. 616 c.p.p., il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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