T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 19-09-2011, n. 7373 Esclusioni dal concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sussistono i presupposti per la definizione immeditata del ricorso e di ciò è stato dato avviso alle parti.

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il provvedimento datato 10 marzo 2011, prot. 310107305, con il quale l’intimata amministrazione lo ha escluso dalla procedura di reclutamento per il 2011 di 11520 Volontari di truppa in ferma prefissata di un anno nell’Esercito per la seguente motivazione: "avendo la S.V. reso dichiarazione non veritiera, risulta non essere in possesso del requisito di moralità e condotta previsto dall’art. 35, c. 6 del D.Lvo 30/3/2001, n. 165… richiamato dall’art. 2, c. 1, lett. f) del bando. La S.V. è esclusa dalla procedura di reclutamento…".

A motivo di ricorso, il ricorrente deduce quanto segue:

a)ha compilato "la domanda di fretta e mentre si trovava in fila; b)nella compilazione di detta domanda… per mero errore dovuto a dimenticanza, trattandosi di fatti risalenti nel tempo… erroneamente indicava nella domanda il voto "buono" anziché "sufficiente";

c)non si è trattato, quindi, di "una dichiarazione mendace, come supposto dall’amministrazione, che, senza alcuna istruttoria ed accertamento dei fatti in ordine al comportamento del ricorrente, ha de plano disposto l’esclusione dalla procedura di reclutamento";

d)sono stati violati l’art. 35, c. 6, D.Lvo n. 165/2001, l’art. 26, L. n. 5371989 nonché l’art. 124, u.c., r.d. n. 12/1941 non potendosi ricondurre l’erronea dichiarazione (proprio perché non mendace) alla sfera di applicazione delle norme richiamate;

e)è mancata la partecipazione procedimentale;

f)nel caso di specie, in assenza dell’elemento psicologico del dolo, non si è in presenza di una dichiarazione mendace, ossia falsa, ma solo di una dichiarazione erronea;

g)difetto di motivazione.

Il ricorso è infondato.

In punto di fatto, è pacifica la circostanza assunta a base delle negativa valutazione circa l’insussistenza del requisito morale e di condotta, avendo il ricorrente indicato un elemento (votazione riportata in esito all’esame di scuola media) non corrispondente alla realtà in sede di compilazione della domanda di ammissione.

Altrettanto incontroverso è che il requisito del possesso delle qualità morali e di condotta incensurabili, richiesto per l’accesso a posti nelle Pubbliche Amministrazioni che esercitano – come nel caso in esame – competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, va inteso avuto riguardo a comportamenti riferibili all’aspirante che facciano dubitare che il medesimo possa mantenere un comportamento consono alle funzioni da espletare.

Alla stregua di quanto sopra argomentato, il Collegio – come già chiarito in altri precedenti simili – ritiene che, in disparte la rilevanza penale che lo stesso fatto può assumere, legittimamente l’Amministrazione ne ha fatto discendere le negative conseguenze in questa sede contestate, essendo alla medesima riservato un rigoroso apprezzamento del requisito in esame, in relazione ai particolari compiti di difesa cui il personale delle Forze Armate con rapporto di lavoro a tempo determinato è destinato, ed anche in considerazione della circostanza che detto personale costituisce la quasi totalità del bacino di selezione ai fini del reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare.

Il provvedimento impugnato adeguatamente dà conto delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione della Difesa ad escludere il ricorrente dalla procedura selettiva de qua, in vincolata applicazione della normativa di settore (art. 35 del D.Lgs. 165/2001) e della clausola di bando, alle quali, in presenza dell’accertamento della mancanza anche di uno solo dei prescritti requisiti, accede l’esclusione dalla selezione, senza cha al riguardo residuino margini di discrezionalità.

In ragione delle esposte considerazioni, si dimostra legittima l’esclusione dalla procedura concorsuale in impugnativa, in quanto fondata su un presupposto di fatto – la cui sussistenza non è oggetto di contestazione – con riferimento al quale la resistente Amministrazione ha fondato la negativa valutazione, sotto il profilo dell’assenza dei prescritti requisiti di ordine morale e di condotta, a base dell’avversato provvedimento.

La circostanza che il ricorrente si possa essere sbagliato nella fretta di redigere la domanda è imputabile, se del caso, alla responsabilità esclusiva del ricorrente candidato e non revoca in dubbio l’attendibilità della valutazione che del fatto in sé ha compiuto l’amministrazione sotto il profilo relazionale fattopoterenorma, irrilevante risultando ogni rilievo penale della condotta censurata.

D’altronde, per la presentazione delle domande di ammissione al concorso il bando concedeva agli interessati un ampio lasso di tempo, sufficiente per evitare di rendere una dichiarazione non rispondente alla realtà.

In conclusione, non appare affatto illogico né ingiusto, ad avviso del Collegio, il fatto che la dichiarazione resa dal ricorrente sia stata assunta come eloquente indice di insufficiente moralità e/o condotta giacché anche la distrazione o la fretta con cui si è giustificato il ricorrente possono disvelare – nel particolare ambito militare, a cagione dei delicati compiti e funzioni assolti dall’Istituzione – una carenza di lealtà.

Qualità, quest’ultima, che non irragionevolmente viene contestata a di chi abbia reso false dichiarazioni su proprie qualità personali.

Neppure scriminante appare la circostanza che l’episodio risalisse a tanti anni prima. Ed invero, si trattava di un requisito attestato in un documento in disponibilità al ricorrente il cui contenuto, secondo il regime delle presunzioni semplici, non poteva essere disconosciuto.

Quanto alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, il Collegio osserva che non incombeva sull’amministrazione siffatto obbligo essendo stato avviato, il procedimento de quo, su istanza di ammissione al concorso presentata spontaneamente e volontariamente dallo stesso ricorrente, sicché l’esclusione altro non ha rappresentato che una modalità di conclusione del procedimento medesimo nei confronti del candidato.

Se poi la censura è stata articolata sotto il profilo della violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, la sua infondatezza rileva in ragione del fatto che è la stessa disposizione in commento ad escludere dal proprio campo oggettivo di applicazione i procedimenti concorsuali.

Per quanto sopra esposto, il ricorso in esame è infondato e va, perciò, respinto.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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