Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-06-2011) 19-08-2011, n. 32537

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 20 ottobre 2010 la Corte di appello di Catania riformava la sentenza emessa l’11 febbraio 2010 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania con la quale G. S., all’esito del giudizio abbreviato, era stato dichiarato colpevole del reato di concorso in estorsione continuata, aggravato dall’aver agito in più persone riunite e ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, conv. nella L. n. 203 del 1991, commesso in (OMISSIS), ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche e con la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque. La Corte territoriale, esclusa l’aggravante prevista dall’art. 7 D.L. cit., rideterminava la pena in anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 600,00 di multa, confermando le restanti statuizioni.

Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce:

1) la violazione dell’art. 270 c.p.p., per la mancata trasmissione all’Autorità procedente delle registrazioni inerenti il proc. n. 12099/09R. G. not. reato – 838/09R.I.T.; si sostiene che il fondamentale elemento probatorio a carico dell’imputato sarebbe costituito da "una conversazione video – ambientale" disposta nell’ambito di un diverso procedimento di cui si conosceva tuttavia solo il numero e un estratto di trascrizione della conversazione intercettata, mentre l’art. 270 c.p.p., impone il deposito dei verbali e delle registrazioni (Cass. Sez. Un. 17 novembre 2004 n. 45189); nel caso di specie, trattandosi di una conversazione in dialetto, il deposito della registrazione sarebbe stato essenziale;

2) la violazione dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10, per la mancata trasmissione al Tribunale del riesame, e poi al giudice di merito, dei decreti autorizzativi relativi al proc. 12099/09 R.G.-838 R.I.T., con riferimento all’intercettazione ambientale del 6 ottobre 2009 che la Corte territoriale ha ritenuto ininfluente ma che, trattandosi di giudizio abbreviato, avrebbe "prepotentemente influito sulla formazione del giudizio finale"; nè al riguardo la difesa sarebbe venuta meno all’onere di allegazione degli atti del diverso procedimento (Cass. Sez. Un. 17 novembre 2004 n.45189), nonostante le obiettive difficoltà incontrate nell’ottenere copia dei decreti autorizzativi dell’intercettazione nell’ambito di un procedimento ancora pendente nella fase delle indagini preliminari;

3) la violazione di legge e il vizio della motivazione, in relazione all’art. 629 c.p., in quanto la difesa del G. non sarebbe stata "posta nella condizione di comprendere quali siano gli elementi che, escludendo l’intercettazione telefonica, abbiano condotto ad affermare la responsabilità penale dell’imputato".

Il ricorso è inammissibile.

Quanto ai primi due motivi di ricorso, la Corte osserva che nella motivazione della sentenza impugnata è chiaramente affermato che "il primo giudice ha ritenuto la responsabilità dell’imputato, a prescindere dalle intercettazioni telefoniche (di cui viene eccepita l’inutilizzabilità), sulla base delle relazioni di servizio con cui si riferisce sull’esito degli appostamenti e delle dichiarazioni della persona offesa, la quale, dopo un’iniziale reticenza, ha ammesso di aver consegnato la somma di Euro 150,00 al G. e che lo stesso altre volte era venuto a trovarlo nel suo ufficio".

Dalla motivazione della sentenza di primo grado si evince, infatti, che a seguito dell’attività di appostamento disposta dopo il rinvenimento, il 1 settembre 2009, di una bottiglia di liquido infiammabile lasciata dinanzi all’esercizio commerciale di S. B. che si era mostrato al riguardo reticente, poco dopo le ore 12,00 del (OMISSIS) il G. era stato notato sostare per qualche minuto dinanzi al locale e, allontanatosi a bordo di un ciclomotore, ritornare sul posto ed essere ricevuto dallo S..

All’uscita il G. era stato trovato in possesso della somma di 150,00 Euro che lo S., dopo qualche esitazione, aveva ammesso di aver consegnato a seguito di esplicita richiesta estorsiva al giovane, riconosciuto anche in fotografia, che altre volte si era recato nel suo esercizio commerciale, la prima volta accompagnato da un altro individuo. Il giudice di primo grado aveva specificato che il contenuto delle intercettazioni telefoniche costituiva un elemento ad abundatiam rispetto al quadro probatorio descritto, fondato su prove testimoniali e relazioni di servizio, di per sè sufficiente ad affermare la responsabilità dell’imputato. Anche l’intercettazione video ambientale non veniva ritenuta, nel contesto della motivazione del Tribunale, indispensabile anche perchè i movimenti dell’imputato dinanzi al locale della persona offesa erano caduti sotto la diretta percezione degli agenti operanti che ne avevano dato conto nella relazione di servizio. Non essendo stato il materiale oggetto di intercettazione preso in considerazione ai fini dell’affermazione di responsabilità, le deduzioni difensive sul punto appaiono del tutto astratte e prive di riferimenti al caso concreto. E’ infatti onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di determinate prove indicare quali sarebbero gli elementi probatori ricavati dalle stesse effettivamente utilizzati per adottare la sentenza impugnata (Cass. Sez. 6^ 11 maggio 2010 n.35149, Trapani; Sez.Un. 23 aprile 2009 n.23868, Fruci). Va peraltro aggiunto che in tema di intercettazioni disposte in altro procedimento, l’omesso deposito degli atti relativi, ivi compresi i nastri di registrazione, presso l’autorità competente per il diverso procedimento, non ne determina l’inutilizzabilità, in quanto detta sanzione non è prevista dall’art. 270 c.p.p., e non rientra nel novero di quelle di cui all’art. 271 c.p.p., aventi carattere tassativo. Detto principio conserva la sua validità anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 336 del 2008 che – dichiarando l’illegittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 2, art. 111 Cost., dell’art. 268 c.p.p., nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l’esecuzione dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate – amplia i diritti della difesa, incidendo sulle forme e sulle modalità di deposito delle bobine, ma senza incidere sul regime delle sanzioni processuali in materia di inutilizzabilità delle intercettazioni di cui all’art. 271 c.p.p. (Cass. sez. 5^ 13 marzo 2009 n. 14783, Badescu; sez. 6^ 24 novembre 2009 n.48968, Scafidi;

sez. 1^ 21 ottobre 2010 n.38626, Romeo).

Il terzo motivo è del tutto generico e, comunque, manifestamente infondato poichè nella motivazione della sentenza impugnata risultano indicati chiaramente gli elementi di responsabilità posti a fondamento del giudizio di responsabilità (relazioni di servizio e dichiarazioni della persona offesa). Le censure difensive sono formulate in modo stereotipato, senza riferimenti alla fattispecie concreta e senza alcun collegamento con i passaggi della motivazione della sentenza impugnata, risolvendosi in una serie di doglianze prive di contenuto specifico che non consentono il controllo di legittimità.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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