Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-06-2011) 19-08-2011, n. 32536

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 10 gennaio 2011 la Corte di appello di Milano riformava la sentenza emessa il 28 aprile 2010 dal Tribunale di Milano con la quale E.A.J. e E.A. Y.L., all’esito del giudizio abbreviato, erano state dichiarate colpevoli dei reati di concorso in rapina impropria e in due furti aggravati dalla violenza sulle cose, reati commessi in negozi siti all’interno di un centro commerciale di (OMISSIS), ed erano state condannate, ritenuta la continuazione e con la diminuente per il rito, alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa ciascuna. La Corte territoriale, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, riduceva la pena per ciascuna imputata ad anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

Avverso la predetta sentenza le imputate hanno proposto, tramite il difensore, separati ricorsi per cassazione.

Con il ricorso presentato nell’interesse di E.A.Y. L. si deduce:

1) la violazione di legge e il vizio della motivazione ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e), con riferimento all’art. 110 c.p., art. 625 c.p., n. 2, e art. 628 c.p., comma 2, in ordine alla ritenuta responsabilità concorsuale dell’imputata nei reati commessi dalla sorella J.; quanto alla rapina impropria non si sarebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese in sede di denuncia dalla persona offesa L.G. circa il ruolo passivo delle altre due donne presenti, tra cui l’imputata; anche in relazione ai furti, come risultava dalle dichiarazioni delle denunzianti F. A. e B.S., l’imputata si sarebbe limitata ad entrare nei negozi insieme alla sorella, la quale aveva personalmente sottratto i capi di abbigliamento ed era stata sorpresa in possesso della refurtiva;

2) la violazione di legge e il vizio della motivazione ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e), in relazione agli art. 625 c.p., n. 2, e art. 337 c.p.p., comma 3, poichè riguardo al furto contestato al capo C (a differenza dell’altro furto contestato al capo B) non vi sarebbe alcun elemento di prova che il capo di abbigliamento sottratto avesse un dispositivo antitaccheggio; non sussistendo l’aggravante contestata ( art. 625 c.p., n. 2), il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto semplice, perseguibile a querela; nel caso concreto dal verbale di querela orale, presentata peraltro da persona non legittimata a manifestare la volontà di proporre querela per conto della Nubis s.r.l. ( B.S., qualificatasi titolare del negozio Intimissimi), non risulterebbe l’inequivoca volontà di perseguire penalmente l’autore del reato;

3) la violazione di legge in relazione all’art. 628 c.p., comma 2, dovendosi ravvisare nel fatto contestato al capo A un tentativo di furto, peraltro non aggravato, in concorso con i reati di minacce e lesioni personali ai danni di L.G. nonchè di percosse ai danni di D.M.M.; dalla denunzia della persona offesa e dal verbale di arresto risulterebbe infatti che la sorella dell’imputata, J., aveva gettato a terra la merce sottratta dai banchi di esposizione dopo essere stata sorpresa dalla commessa L., che aveva sorvegliato tutte le fasi della sua condotta, senza quindi realizzare l’impossessamento e agendo comunque sotto la diretta sorveglianza dell’avente diritto che avrebbe potuto interrompere in ogni momento l’azione furtiva; nel ricorso si osserva che, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 5^ 6 maggio 2010 n. 21937, ric.P.G. in proc. L.; sez. 4^ 16 gennaio 2004 n. 7235, Coniglio; sez. 5^ 21 gennaio 1999 n. 3642, Imbrogno;

contraria sez. 5^ 8 giugno 2010 n. 27631), la sorveglianza dell’avente diritto o di suoi incaricati, con possibilità di interruzione in ogni momento dell’azione furtiva, renderebbe configurabile solo l’ipotesi del tentativo; quindi avrebbe dovuto essere ravvisato il reato di tentato furto non aggravato in concorso materiale con i reati di lesioni personali, minaccia e percosse, reati che sarebbero nel caso concreto improcedibili per difetto di querela; in alternativa si sarebbe potuto configurare solo il tentativo di rapina impropria;

4) la violazione di legge, con riferimento all’art. 62 c.p., n. 4, per carenza di motivazione sulla mancata applicazione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, pur essendosi dato atto nella motivazione della sentenza impugnata della richiesta espressamente formulata con i motivi nuovi di appello;

5) la violazione di legge e il vizio della motivazione ( art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e), con riferimento all’art. 163 c.p., essendo stato negato il beneficio della sospensione condizionale della pena per essere stata l’incensuratezza già valutata ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e per essere stati valorizzati i precedenti dattiloscopici, documenti inutilizzabili ex artt. 183 e 191 c.p.p., in relazione alla L. n. 121 del 1981, art. 10.

Con il ricorso presentato nell’interesse di E.A.J. si deducono motivi sostanzialmente coincidenti con il secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso presentato nell’interesse della coimputata.

Con memoria, pervenuta mediante fax il 6 giugno 2011 e per posta l’8 giugno 2011, si chiede la trasmissione degli atti alle Sezioni Unite, ex art. 618 c.p.p., per risolvere il contrasto giurisprudenziale sulla qualificazione giuridica come furto tentato o consumato del fatto avvenuto sotto la sorveglianza dell’avente diritto o di un suo incaricato, anche nel caso in cui sia superata la linea delle casse del supermercato o del negozio.

Il ricorso presentato nell’interesse di E.A.J. è inammissibile per avere la ricorrente in data 28 febbraio 2011, mediante dichiarazione resa nella forma prevista dall’art. 123 c.p.p., chiesto di "poter rinunciare alla Cassazione per poter avere la notifica della mìa condanna definitiva ed usufruire dei benefici di tale condizione". L’intervenuta rinuncia al ricorso, ritualmente presentata, determina una causa di inammissibilità dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d).

Quanto al ricorso presentato nell’interesse di E.A. Y.L., la Corte osserva quanto segue.

Il primo motivo è manifestamente infondato poichè nella motivazione della sentenza impugnata viene messa in evidenza, relativamente al reato contestato al capo A, la costante presenza di E.A. Y.L., unitamente ad un’altra donna che nell’ultima fase dell’azione criminosa era riuscita a dileguarsi, insieme con la sorella J. sia all’interno del magazzino (in cui J. si era impossessata di merce direttamente prelevata dai banchi di vendita e nascosta in un sacchetto), sia all’uscita dal centro commerciale ove congiuntamente le ragazze si erano dirette dopo aver superato le casse, sia nella fuga dopo che la commessa L. aveva scoperto e inseguito J. che l’aveva minacciata e le aveva procurato lesioni al braccio destro, sia infine nel parcheggio sottostante il supermercato ove le due sorelle avevano colpito con calci e pugni il vigilante D.M.M. intervenuto per bloccarle (mentre la terza donna, che aveva ricevuto da una delle due compagne una borsa, riusciva a fuggire). Nella ricostruzione dell’azione delittuosa compiuta dal giudice di merito risulta che il comportamento della ricorrente, che era ruggita insieme alla sorella J. e l’aveva spalleggiata nella reazione violenta diretta contro il vigilante nel tentativo di assicurarsi l’impunità, non era stato, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, meramente passivo, anche perchè, come posto in rilievo nella motivazione della sentenza impugnata, E.A.Y.L. era stata vista entrare ed uscire insieme alla sorella e all’altra donna anche dagli altri negozi ove era stata sottratta della merce rinvenuta in una borsa occultata sulla persona di E.A.J.. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (ex plurimis, Cass. sez. 1^ 14 febbraio 2006 n. 15023, Piras; sez. 4^ 22 maggio 2007 n.24895, Di Chiara) il concorso di persone nel reato può manifestarsi in forme che agevolino la condotta illecita, anche solo assicurando all’altro concorrente nel reato lo stimolo all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza nella propria condotta, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa. E’ pertanto sufficiente che la condotta di partecipazione si manifesti in un comportamento esteriore idoneo ad arrecare un contributo apprezzabile alla commissione del reato, mediante il rafforzamento del proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti, e che il partecipe, per effetto della sua condotta, idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità di realizzare il reato. Appare pertanto immune da vizi logici e giuridici la conclusione del giudice di appello il quale, sulla base di una scrupolosa e attenta ricostruzione della vicenda, ha ritenuto che la ricorrente avesse svolto la funzione di rafforzare il proposito delittuoso della sorella, distogliendo nel corso dell’azione delittuosa l’eventuale attenzione dei sorveglianti e comunque collaborando attivamente nella fase della fuga alla reazione violenta nei confronti del vigilante, così dimostrando il comune proposito criminoso.

Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato.

La denunciarne F.A. risulta dal "verbale di ricezione di querela orale" allegato al ricorso aver spontaneamente precisato che la merce sottratta nel negozio in cui lavorava come commessa, ritrovata in possesso di E.A.J. (che unitamente alle altre due donne era entrata nel negozio, senza acquistare nulla, dopo aver provato delle maglie), era priva della placchetta antitaccheggio. Analoga spontanea dichiarazione non ha fatto B. S., titolare del negozio Intimissimi, in relazione ad un altro capo di abbigliamento ritrovato in possesso di E.A. J. e asportato dal suo negozio, ma – come risulta dalla parte espositiva della sentenza impugnata e si desume dal verbale di arresto allegato al ricorso – nella borsa sequestrata erano stati rinvenuti "vari capi di abbigliamento che presentavano ancora attaccate le varie etichette dei negozi che si presentavano danneggiati in seguito alla rimozione delle placchette antitaccheggio". Nel verbale di arresto (f.2) viene inoltre specificamente indicato che dal capo di abbigliamento sottratto nel negozio Intimissimi ("top da donna per un valore di Euro 19,90"), come dalle sei magliette oggetto di furto nel negozio Levìs, risultavano strappate le placchette antitaccheggio. Correttamente è stata pertanto ritenuta sussistente anche in relazione al reato di furto contestato al capo C l’aggravante prevista dall’art. 625 c.p., n. 2 (Cass. sez. 4^ 16 gennaio 2004 n.7235, Coniglio; sez. 4^ 14 febbraio 2006 n. 14780, Navarrete Yacelga), che rende il reato stesso perseguibile di ufficio.

Il terzo motivo è del pari manifestamente infondato.

Va rilevato infatti che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez. 2^ 9 giugno 2010 n. 35006, Pistola; sez. 2^ 11 febbraio 2010 n. 8073, Pallotta; sez. 4^ 6 febbraio 2003 n.20031, Fusi), il reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione, e pur se, subito dopo il breve impossessamento, il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l’intervento dell’avente diritto o della forza pubblica.

Inoltre, come questa Corte ha più volte affermato anche recentemente (Cass. sez. 2^ 10 febbraio 2011 n. 4826; sez. 5^ 19 gennaio 2011 n. 7086, P.G. in proc. Marin; sez. 5^ 13 luglio 2010 n.37242, Nasi; sez. 5^ 8 giugno 2010 n. 27631, Piccolo; sez. 5^ 9 maggio 2008 n. 7086, Rissotto), costituisce furto consumato (e, quindi, il fatto va qualificato rapina impropria consumata e non tentata, ove la violenza si verifichi successivamente), quello che si commette all’atto del superamento della barriera delle casse di un supermercato o negozio con della merce prelevata dai banchi e sottratta al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del negozio incaricato della sorveglianza.

Il momento consumativo del reato, in tal caso, è ravvisabile infatti all’atto dell’apprensione della merce, che si realizza certamente quando l’agente abbia superato la barriera delle casse senza pagare il prezzo, ma anche prima, nell’eventualità in cui la mercè venga dall’agente nascosta in tasca o nella borsa, in modo da predisporre le condizioni per passare dalla cassa senza pagare (Cass. sez. 4^ 16 gennaio 2004 n. 7235, Coniglio). In tal caso il superamento delle casse rende semplicemente manifesta la volontà dell’agente di non pagare le cose che, operando nel sistema c.d. a selfservice, ha prelevato dagli scaffali. Quanto all’aver agito sotto la diretta sorveglianza del personale incaricato dalla sorveglianza, si è puntualmente osservato (Cass. sez. 5^ 9 maggio 2008 n.23020, Rissotto), con un’argomentazione che questo collegio condivide, che "la sorveglianza culmina nel passaggio obbligato dalla cassa del cliente, che è autorizzato a portar seco l’oggetto prelevato sino a quel punto. Se, perciò, il controllo costante esclude la circostanza dell’esposizione alla pubblica fede, non incide sul fatto costitutivo di reato. Invero il fatto che, prelevando la merce, il cliente non la lasci in vista… sino alla cassa, non consente per sè la configurazione della condotta criminosa. Ma la condotta di sottrazione si attua sicuramente al momento in cui il cliente non mostra alla cassa l’oggetto per il pagamento del prezzo. E se la supera senza pagarlo, ne consegue istantaneamente il possesso illegittimo, sorvegliato altrimenti o non che sia". Peraltro nel caso di specie, come si desume dalla motivazione della sentenza impugnata e dal "verbale di ricezione di denuncia orale" di L.G., la commessa si era insospettita unicamente per le modalità di prelevamento dei capi di abbigliamento dagli scaffali in esposizione e, ritenendo equivoca la condotta delle tre donne, si era limitata a tenerle d’occhio, "credendo che prima di uscire dal negozio avrebbero provveduto a pagare" e intervenendo quindi solo dopo aver visto le "clienti" dirigersi direttamente verso l’uscita e aver avuto la certezza dell’azione furtiva. Non ricorrono le condizioni per la remissione della questione alle Sezioni unite, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., poichè nel caso di specie, a parere della Corte, non sussiste assoluta inconciliabilità, emergente ictu oculi, fra le diverse affermazioni di principio circa la rilevanza, ai fini della qualificazione giuridica come furto tentato o consumato, del fatto che l’azione si sia svolta sotto il diretto controllo del personale incaricato della sorveglianza, dovendosi comunque tener conto delle circostanze che nel caso concreto rendano inequivoco lo scopo dell’agente di impossessarsi della merce senza pagarla (occultamento, asportazione dei dispositivi antifurto) e consentano al sorvegliante di intervenire.

La Corte osserva, per quanto sopra detto, che correttamente è stata ritenuta la configurabilità del delitto di rapina impropria nella forma consumata. Il concorso del reato di furto, sia nella forma che tentata che consumata, con i reati di lesioni personali, minacce e percosse non sarebbe stato comunque ravvisabile in quanto la violenza e le minacce nei confronti della commessa L. e la violenza nei confronti del vigilante D.M. sono seguite, senza alcun intervallo temporale, all’impossessamento della merce, in una contestualità dell’azione nel suo insieme.

Il quinto motivo è manifestamente infondato poichè il giudice di appello ha motivato la prognosi negativa ai fini dell’art. 163 c.p., con riferimento ai precedenti dattiloscopici per analoghi reati e all’incertezza sull’identità di entrambe le imputate. La Corte territoriale ha quindi inteso attribuire rilevanza alla personalità della ricorrente desunta dai c.d. precedenti dattiloscopici repertati sotto diverse generalità, circostanza che ben può essere valutata a tali fini in quanto sintomatica dell’abitudine di mentire sulle proprie generalità e comunque della volontà di sottrarsi ai dovuti accertamenti di polizia e giudiziali (Cass. sez. 2^ 19 maggio 2010 n. 22661, Tushe). Peraltro l’incertezza sull’identità dell’imputato non rende possibile accertare se egli sia o meno meritevole di fiducia in relazione al suo futuro comportamento (Cass. sez. 115 dicembre 2009 n. 49725, Yang; sez. 1^ 31 marzo 2005 n. 17447, Draganovici; sez. 5^ 4 novembre 2004 n. 4903, Savalkovijc; sez. 1^ 17 novembre 2004 n.46965, Haquiriri). Non vi è, infine, contraddittorietà fra la concessione delle attenuanti generiche e la motivazione del diniego della sospensione condizionale della pena.

Il quarto motivo è invece fondato in quanto effettivamente nella sentenza impugnata non risulta essere stata esaminata la richiesta contenuta nei motivi nuovi di appello (contenuti nella memoria depositata in data 30 novembre 2010 nell’interesse di E. A.Y.L. dall’avv. Nicola Brigida) di riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 c.p., n. 4. Si impone pertanto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente alla posizione della ricorrente E.A.Y.L. limitatamente all’omessa statuizione sull’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, con conseguente trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio sul punto.

Alla inammissibilità del ricorso di E.A.J. consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 500,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso di E.A.J. e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 alla Cassa delle ammende.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata relativamente a E. A.Y.L. limitatamente all’omessa statuizione sulla chiesta attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d appello di Milano per nuovo giudizio sul punto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *