Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-06-2011) 19-08-2011, n. 32566 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.G., indagato ex art. 416 bis c.p., per avere partecipato in qualità di capo ed organizzatore del "locale" di (OMISSIS), all’associazione di stampo ‘ndranghetistico attiva nella regione Lombardia con stretti legami con la ‘ndrangheta calabrese e finalizzata alla commissione di una serie di delitti contro l’incolumità personale, delitti concernenti armi, traffico di stupefacenti, estorsione, usura, riciclaggio ed altro, nonchè del reato di cui al capo 49 (L. n. 49 del 1974, artt. 10, 12 e 14, – detenzione e porto di pistola) ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Milano in data 12 agosto 2010 con la quale è stato confermata l’ordinanza del Gip di Milano in data 5 luglio 2010 che ha imposto la custodia cautelare in carcere.

Deduce violazione di legge e carenza della motivazione in ordine alla ritenuta gravità indiziaria della partecipazione all’associazione mafiosa rilevando che l’adesione al clan non ha "in alcun modo conferito un qualsivoglia apporto causale alla struttura associativa", non essendo state individuate "specifiche condotte finalizzate ad agevolare il sodalizio". Ciò in quanto non è stato presente "in loco", essendo stata la sua adesione meramente formale senza avere parte attiva alle attività del sodalizio. Contesta gli accertamenti indiziar provenienti da voci di altri adepti che si lamentano della posizione assunta dall’indagato all’interno dell’associazione.

Deduce gli stessi vizi di legge con riferimento al delitto di detenzione e porto di armi che non può essere desunto da conversazioni di terze persone non ancorate a dati obiettivi.

I motivi di gravame sono manifestamente infondati risolvendosi in una assertiva e negativa valutazione di insufficienza indiziaria a fronte di un non illogico giudizio di gravità degli indizi accertasti dal giudice di merito. Nel giudizio di cassazione deve essere accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito nel rispetto delle norme processuali e sostanziali. Ai sensi del disposto di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti operata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass. SU. 19.6.96, De Francesco). Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv.

207944, Dessimone). Va poi ribadito che l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni telefoniche costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Cass. 5^ 3.12.97 n. 5487, ud. 28.1.98, rv. 209566; Cass. 6^ 12.12.95 n. 5301, ud. 4.6.96, rv. 205651). In conclusione il controllo di legittimità sui punti devoluti rimane circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. 6^ 25.5.95 n. 2146, depositata 16.6.95, rv. 201840).

Nel caso concreto il tribunale ha accertato sussistere gravi indizi di responsabilità a carico dell’indagato, il cui ruolo all’interno della struttura criminosa è emerso dal grado assunto dall’indagato all’interno della associazione (ha la dote di crociata); dai rapporti concreti con Novella (capo per la Lombardia fino al suo omicidio), con L. (mastro generale per la (OMISSIS)), con P. (capo in (OMISSIS)), con M. (capo di (OMISSIS) che lo indica specificatamente fare parte della famiglia), con Ma. (capo del locale di (OMISSIS)), con S.G. (uomo di fiducia di B.C. capo del locale di (OMISSIS)); dalla frequentazione dei vari summit elencati nell’ordinanza impugnata. Sono elementi fattuali che lungi dal delineare una mera adesione senza apporti causali, dimostrano l’adesione al progetto criminale e l’effettiva partecipazione alle finalità criminali del clan. Anche il secondo motivo di ricorso si sostanzia in assertive censure di fatto dal momento che il giudice di merito ha accertato 70 episodi intimidatori con armi posti in essere da adepti della struttura criminale.

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.

Inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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