Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il presente procedimento nasce da uno stralcio, per omesso avviso dell’udienza nei confronti di D.P., del procedimento n. 22603/2009 R.G. Corte Cassazione a carico di B.S. + altri, conclusosi con sentenza n. 1546/09.
Con sentenza in data 31.10.2008 il GUP presso il Tribunale di Perugia, all’esito dell’udienza preliminare, dichiarava non doversi procedere nei confronti di D.P., B.S. e altri in ordine ai reati di falso ideologico ( art. 483 c.p.) e truffa aggravata a lui ascritti perchè il fatto non sussiste. Il giudice rilevava che i reati riguardavano l’immatricolazione in Italia e quindi la nazionalizzazione delle autovetture provenienti da acquisti intracomunitari e che la contestazione si basava sulla falsa attestazione contenuta nelle dichiarazioni sostitutive di atto notorio presentate presso gli uffici della motorizzazione di avere assolto gli obblighi IVA sull’acquisto intracomunitario dei veicoli in oggetto quando in realtà detti obblighi non erano stati assolti dal momento che dette auto erano state indebitamente assoggettate al regime del "margine" ovverossia ad un regime tariffario più favorevole rispetto a quello ordinario ( art. 483 c.p.), nonchè sulla qualificazione di detta falsificazione in termini di artifici e raggiri utilizzati per indurre in errore l’ufficio provinciale della motorizzazione al fine di conseguire l’ingiusto profitto rappresentato dall’immatricolazione/nazionalizzazione delle autovetture e dalla possibilità quindi di commercializzare tali veicoli avendo ottenuto il relativo libretto di circolazione e le targhe con conseguente danno per la P.A. e per l’Erario che rilasciava tale autorizzazione amministrativa senza incassare l’imposta connessa all’acquisto intracomunitario ( art. 640 c.p., comma 2).
Osservava quindi che dalle conclusioni peritali, alle quali aderiva integralmente, risultava che non vi era alcun obbligo di presentare la dichiarazione riguardante l’assolvimento degli obblighi IVA per le nazionalizzazioni delle auto usate acquistate sia in regime del margine, sia tramite l’IVA intracomunitaria e che tale obbligo, preteso dagli Uffici dei Trasporti, non trovava origine da una disposizione normativa ma da una lettura errata e/o estensiva della normativa IVA avente ad oggetto esclusivamente i mezzi nuovi, la cui ratto era quella di rispondere alla necessità di effettuare al momento dell’immatricolazione degli stessi il controllo degli adempimenti dell’IVA anche nei confronti dei soggetti privati in quanto questi ultimi non hanno una contabilità.
Rilevato che, ai fini della sussistenza del reato di falso in argomento, doveva esserci una norma giuridica che assegni rilevanza ai fatti attestati al pubblico ufficiale e faccia rilevare la falsa dichiarazione resa, riteneva non integrare il delitto in argomento la condotta del privato che attesti falsamente con dichiarazione diretta al P.U. una circostanza quando detta dichiarazione non è destinata, in base a disposizioni normative, a confluire nell’atto pubblico e quindi a provare la verità dei fatti attestanti, riteneva insussistente il reato di falso contestato difettando l’elemento materiale, in termini di condotta punibile.
Osservava che tale condotta in astratto poteva integrare i raggiri previsti dall’art. 640 c.p., ma rilevava che l’induzione in errore dell’ufficio provinciale della motorizzazione, anche se intervenuta, non riguardava un elemento essenziale della condotta poi posta in essere dall’ufficio. Sottolineava che gli artifici e i raggiri devono essere diretti allo stesso soggetto passivo che attraverso l’induzione in errore subisce un danno, mentre nella fattispecie in esame la condotta ingannatrice era stata posta in essere nei riguardi di una differente amministrazione ed era diretta non all’evasione fiscale bensì all’immatricolazione/nazionalizzazione delle auto.
Riteneva insussistente il reato di truffa così come contestato mancando un danno patrimoniale per lo Stato che con l’immatricolazione delle auto non ha compiuto alcun atto di disposizione patrimoniale, nè ha subito alcun danno di contenuto economico.
Ricorre per Cassazione il P.M. deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge. Evidenzia che la circostanza che la richiesta di attestazione rivolta dalla P.A. al privato non trovasse giustificazione in una precisa norma, ma solo in circolari, non facoltizza il privato a fornire una falsa dichiarazione. A tal fine richiama il disposto del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 47 e 76, in materia di documentazione amministrativa così come interpretato dalla Suprema Corte (sentenza n. 20570/06). Sottolinea che l’integrazione del reato di truffa non implica la necessaria identità fra la persona indotta in errore e la persona offesa e che, comunque nel caso in esame i soggetti in questione sono sempre P.A. Il ricorso è fondato. Come già affermato da questa Corte nel procedimento principale per quanto riguarda l’imputazione di falso ideologico del privato in atto pubblico, l’insegnamento consolidato di questa Corte è nel senso che la falsa dichiarazione sostitutiva di certificazione resa ai sensi del D.Lgs. n. 445 del 2000, integra il delitto di cui all’art. 483 c.p. (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 15485 Ud. del 24/03/2009 Ud. Rv. 243521 in proc. Ferraglie; Sez. 5, sent.
20570 del 10.5 – 15.6.2006 in proc. Esposito; Sez. 5, sent. 5122 del 19.12.2005 – 9.2.2006 in proc. Grossi). Il fatto che, nel caso di specie, la dichiarazione sostitutiva non fosse specificamente prevista dalla legge, ai fini della validità del procedimento di immatricolazione delle autovetture usate, essendo la relativa richiesta frutto di una mera prassi amministrativa, è irrilevante dal punto di vista della condotta punibile, trattandosi di circostanza di fatto che esula dalla fattispecie penale tipica.
Ugualmente errate sono le conclusioni a cui è giunto il Gup con riferimento al reato di truffa aggravata in danno dello Stato per evasione dell’IVA. Al riguardo è stato osservato da questa Sezione che: "il reato di truffa non esige necessariamente l’identità fra la persona indotta in errore e la persona offesa, ben potendo la condotta fraudolenta essere indirizzata verso un soggetto diverso dal titolare del patrimonio, purchè, comunque, anche in assenza di una diretta relazione fra truffato e truffatore, sussista un rapporto causale tra l’induzione in errore, il profitto ed il danno" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10085 del 21/02/2008 Ud. (dep. 05/03/2008) Rv.
239508).
Non v’è dubbio, pertanto, che nella fattispecie il Gup abbia esorbitato dai propri poteri in quanto: "Il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutatone di innocenza dell’imputato, bensì in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43483 del 06/10/2009 Cc. (dep. 13/11/2009) Rv. 245464).
Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Perugia per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente a D.P. e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Perugia per il corso ulteriore.
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