Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 09-08-2011) 24-08-2011, n. 32824

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 09.03.2011 la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, rimetteva le parti davanti al giudice civile per la liquidazione del danno in favore della parte civile Z.A.C., cui assegnava provvisionale di 25.000,00 Euro, per il resto confermando la condanna di M. L. alla pena di anni 5 di reclusione per i reati, ritenuti in continuazione, di violenza privata, minacce, atti persecutori e danneggiamento seguito da incendio, plurimi episodi commessi ai danni della Z. e del nuovo compagno della donna, tale G. A.- Entrambi i giudici del merito ritenevano invero provato che il M. avesse commesso una serie continua di atti vessatori ai danni della sua ex compagna con la pretesa che costei desistesse dal nuovo rapporto con l’anzidetto G.A., tra cui l’incendio delle autovetture della Z. e del G. stesso, fatti quest’ultimi materialmente commessi da tale P.P., sodale dell’imputato, giudicato a parte.- In tal senso militavano la deposizione della Z., ritenuta particolarmente credibile, le certificazioni mediche in ordine alle aggressioni subite, le convergenti deposizioni del G. e di altri testi a conoscenza dei fatti.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato che motivava l’impugnazione deducendo: a) errata affermazione di colpevolezza quanto ai reati di incendio, quale mandante, in mancanza di prove in ordine all’affidamento di un tale incarico al P. ed in mancanza anche della conoscenza dell’esito del processo a carico di quest’ultimo; b) mancata valutazione di ragionevoli ipotesi alternative, sempre in merito agli incendi delle auto, posto che anche quelle dell’imputato e del P. vennero bruciate; c) errata affermazione del reato c.d. di stalking, posto che la parte lesa non aveva cambiato abitudini di vita; d) errata mancata qualificazione degli incendi delle auto come meri danneggiamenti, in relazione alla scarsa entità del fuoco; e) diniego delle generiche con frasi di stile; o errata liquidazione di una provvisionale.

3. Il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato con tutte le dovute conseguenze di legge.

Sono infondati i vari motivi del ricorso che attengono, sotto diversi aspetti, ai reati di cui all’art. 424 c.p., comma 2. Dal punto di vista oggettivo, dapprima, occorre rilevare come sia del tutto corretta la qualificazione giuridica dei fatti data dai giudici del merito e posta in discussione dal ricorrente con il motivo sopra indicato sub 2.d.- Ed invero proprio il reato in parola si è realizzato per il propagarsi delle fiamme alle auto parcheggiate nelle vicinanze, il che conferma la sussistenza di un fuoco incontrollato e diffusivo, nel che consiste il concetto penalistico di incendio, ed esclude la ricorrenza di ipotesi minori. Trattasi di valutazione in fatto, correttamente condotta sulla base dei dati oggettivi e conforme ai parametri normativi e giurisprudenziali in materia, e dunque incensurabile in questa sede di legittimità.- Dal punto di vista probatorio, è del tutto improponibile la prospettazione di ipotesi alternative del tutto virtuali v. sopra il motivo di ricorso sub 2.b che -al di là della loro discutibile plausibilità- porterebbero semmai a pensare, eventualmente, ad una circoscritta reciprocità, ovvero a simulazione (e dunque a confermare indirettamente l’accusa) piuttosto che ad un’improbabile ed indistinta mano estranea.- Così, dunque, è a dire in ordine alla riconducibilità dei fatti incendiari all’odierno ricorrente, aspetto su cui il ricorso v. sopra sub 2.a risulta parimenti infondato. Ed invero anche sul punto l’impugnata sentenza risulta avere correttamente valutato il materiale probatorio con un logico e coerente coagulo del compendio indiziario che si concretizza in eloquenti elementi testimoniali sia precedenti che successivi ai fatti in parola ed in modo precipuo nel rinvenimento di materiale esplodente a carico del M. nel corso di perquisizione domiciliare a brevissima distanza dai fatti.- In definitiva tutti t motivi di ricorso in ordine ai fatti incendiari sono destituiti di fondamento.

E’ del pari infondato il motivo di ricorso v. sopra sub 2.c che intende censurare raffermata responsabilità in ordine al reato ex art. 612 bis c.p. – La tesi difensiva è, invero, contraria alla ricostruzione in fatto come consegnata dai giudici del merito, atteso che la Z. fu proprio costretta, a seguito degli atti persecutori posti in essere dall’imputato, a cambiare abitudini di vita per cercare di evitare le ossessive e vessatorie condotte del M..

Quanto al diniego delle generìche, l’impugnata sentenza esplica più che adeguata motivazione, con pertinente riferimento a molteplicità e gravità dei delitti perpetrati, nonchè all’intensità dell’elemento soggettivo, non dimenticando da un lato la negativa personalità dell’imputato (contrassegnata da un precedente per omicidio), dall’altro la mancata considerazione della pur contestata recidiva.- Si tratta di motivazione corretta e coerente, esplicazione concreta della discrezionalità che la legge riserva in materia al giudice del merito, non censurabile in questa sede ove – come nella presente vicenda processuale – l’uso di tale discrezionalità sia stato adeguatamente giustificato. – La provvisionale in favore della parte civile che ne aveva fatta richiesta, è stata ben assegnata, ex art. 539 c.p.p., avendo la Corte ritenuto di rimettere le parti davanti al giudice civile per la liquidazione definitiva dei danni (per la loro complessità non esperibile in sede penale).

Il ricorso, infondato in ogni sua prospettazione, deve essere dunque rigettato. Alla completa reiezione dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Alla costituita parte civile devono essere liquidate spese ed onorari nei termini – ritenuti congrui – di cui al seguente dispositivo con pagamento dell’imputato in favore dello Stato, essendo la stessa parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, ferme le competenze del giudice di merito D.P.R. n. 115 del 1982, ex art. 82.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente M.L. al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione, in favore dello Stato, delle spese della parte civile che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (duemila), per onorari ed Euro 105,11 (centocinque/11) per spese vive, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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