T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 20-09-2011, n. 7459

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Espone la società ricorrente di essere titolare di concessione demaniale su tratto di arenile sito in Fiumicino, sul quale è esercitata attività di somministrazione di alimenti e bevande con un chiosco – bar, in forza di concessione demaniale n.165/2002. Lo stabilimento balneare in questione esiste sin dal 1966, e la relativa azienda ha subito negli anni una serie di passaggi di mano fino a pervenire all’odierna ricorrente.

Con ordinanza n.262/R/05 del 1° dicembre 2005 n. 77556 del Dirigente dell’Area Edilizia e Mobilità del Comune di Fiumicino è stata ordinata la demolizione d’ufficio delle seguenti opere insistenti sull’area demaniale in questione:

realizzazione di un manufatto in muratura adibito a ristorante – bar di mq 156,00 circa; tettoia – zona d’ombra di mq. 120,00 circa annessa al manufatto adibito a ristorante – bar;

ampliamento del ristorante di mq. 60,00 circa; realizzazione e successiva ristrutturazione di un magazzino adibito a ricovero attrezzi di mq. 60,00 circa;

ampliamento del magazzino di mq. 14,30 circa; realizzazione di locali adibiti a WC di mq. 6,00 circa;

realizzazione di servizi doccia di mq. 10,00 circa.

Detta ordinanza è stata impugnata innanzi al T.A.R. Lazio con ricorso 2049/06. Questo Tribunale con sentenza 1779 del 28 febbraio 2011 ha annullato – "pur essendo indiscutibile il carattere abusivo di tali opere" – l’ordinanza di demolizione per essere stata questa adottata in pendenza di domanda di condono edilizio.

In data 1° giugno 2010 la società ricorrente ha ricevuto dal Comune di Fiumicino una intimazione di pagamento ai sensi dell’art. 1, comma 257 della legge 296/06 (Finanziaria 2007), concernente indennizzi pregressi per occupazioni ed edificazioni abusive, con la quale si intima il pagamento a titolo di indennizzo dall’1 gennaio 2006 fino al 30 maggio 2010 della somma di euro 239.000,61 maggiorata degli interessi pari ad euro 16.181,68 per un totale di 255.482,29 euro.

Avverso detta intimazione è proposto il presente ricorso a supporto del quale si deduce:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 257 della legge 296/2006 (Finanziaria 2007). Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, manifesta illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà palese, sviamento. Violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 per carenza e mera apparenza della motivazione. In via subordinata, illegittimità in parte qua della circolare dell’Agenzia del Demanio Direzione Area Operativa prot. 2007/7162/ Dao del 21 febbraio 2007.

eccesso di potere per violazione della circolare dell’Agenzia del Demanio Direzione Area Operativa prot. 2007/7162/ Dao del 21 febbraio 2007(mancato rispetto della prassi amministrativa). Difetto di motivazione;

violazione degli articoli 1219, 1224 c.c. eccesso di potere, erroneità dei presupposti travisamento dei fatti manifesta illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà palese, sviamento;

violazione dell’articolo 8 del d.l. n.400/1993 – risarcimento del danno ex articolo 2 bis legge 241/1990. Eccezione di compensazione.

Violazione dell’articolo 36 del d.P.R. 380/2001, eccesso di potere per falsità di presupposti;

Violazione di legge, difetto di istruttoria, carenza di motivazione.

Con successivo atto di motivi aggiunti è quindi avversata ulteriore intimazione di pagamento del 15 novembre 2010 per l’importo di euro 5.375,99 relativamente al periodo dal 5 luglio al 5 dicembre 2010 e concernente ulteriori interventi difformi dal titolo edilizio realizzati dalla ricorrente.

Si sono costituite in giudizio l’Agenzia del Demanio e la Regione Lazio affermando la infondatezza del proposto ricorso e concludendo perché lo stesso venga respinto.

Con ordinanza n. 5367 del 2010 questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare "limitatamente alla quota parte di indennizzo richiesta per il periodo 1° gennaio 2006 – 31 dicembre 2006, rimanendo invece esecutiva quella relativa al periodo 1 gennaio 2007 – 30 maggio 2010".

Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è fondato in parte e va, pertanto, accolto nel limiti di seguito meglio esplicitati.

Devesi tuttavia in via preliminare ricordare come la società ricorrente abbia essa stessa dubitato della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, innanzi al quale ha comunque proposto ricorso sulla scorta della relativa indicazione recata in calce alla avversata intimazione.

Il dubbio di parte ricorrente si fonda sul richiamato orientamento interpretativo a mente del quale appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione delle controversie concernenti la determinazione dell’indennizzo dovuto dal privato per l’abusiva occupazione di suolo pubblico.

Ritiene il Collegio che l’esposto dubbio non abbia fondamento, dovendosi affermare con riguardo alla presente controversia la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.

Deve infatti innanzitutto rilevarsi che, in materia di concessione d’uso di aree demaniali, le norme assegnano al predetto Giudice la giurisdizione esclusiva in materia di concessione di beni pubblici, facendo però salva – per quanto qui interessa – la "giurisdizione dell’autorità giudiziaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi…. ". Su tale base, un’ampia e consolidata giurisprudenza ha chiarito che la cognizione del giudice ordinario è riferibile alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti quantificazione e pagamento dei corrispettivi in questione; quanto sopra purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio, con esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio 2010, n. 3348; Cass. Civ. SS.UU. 11.3.1992, n. 2958, 20.11.2007, n. 24012, 31.7.2008, n. 20749 e 16.7.2009, n. 16568; Cons. St., sez. IV, 15.5.2000, n. 2708; sez. VI, 17.2.2004, n. 657, 27.6.2006, n. 4090, 24.10.2008, n. 5294 e 21.5.2009, n. 3122; TAR Lazio, Roma, sez. II, 4.3.2009, n. 2233).

Devesi poi soggiungere che la disposizione di cui il Comune di Fiumicino ha fatto applicazione, e cioè il comma 257 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, stabilisce che qualora l’occupazione di beni demaniali marittimi "consista nella realizzazione sui beni demaniali marittimi di opere inamovibili in difetto assoluto di titolo abilitativo o in presenza di titolo abilitativo che per il suo contenuto è incompatibile con la destinazione e disciplina del bene demaniale, l’indennizzo dovuto è commisurato ai valori di mercato, ferma restando l’applicazione delle misure sanzionatorie vigenti, ivi compreso il ripristino dello stato dei luoghi". Si tratta di indennizzo che ha sostanza di sanzione pecuniaria che accompagna la sanzione amministrativa che colpisce tipicamente la realizzazione di un abuso edilizio, e cioè quella demolitorio/ripristinatoria (nella specie, infatti, è stata a suo tempo adottata anche ordinanza di demolizione delle opere abusivamente realizzate sull’area demaniale marittima de qua). Si vuole cioè intendere che non si è in presenza di una questione di canone o corrispettivo dovuti dal privato per il godimento e l’uso di un’area demaniale, nel qual caso la questione esulerebbe dall’ambito cognitorio di questo giudice così come nell’ipotesi in cui si facesse questione di assenza del titolo concessorio, ma di una ingiunzione di pagamento per intervenuta realizzazione su area demaniale – con riguardo alla quale non vi è questione di sussistenza del titolo concessorio – di opere edilizie inamovibili in difetto del relativo titolo abilitativo (per questo intendendosi il titolo alla edificazione). La stessa scelta del legislatore di commisurare l’indennizzo (dovuto all’amministrazione nella detta evenienza) al valore di mercato delle opere realizzate comprova che trattasi di vicenda che nulla ha a che vedere con il sinallagma concessione area demaniale – canone corrisposto dal concessionario, trattandosi di un indennizzo con valenza sanzionatoria ed afflittiva.

Ciò premesso e dunque ritenuta la giurisdizione, deve il Collegio rilevare la fondatezza e condivisibilità dell’argomento di parte ricorrente a mente del quale la citata legge finanziaria per il 2007, avendo natura innovativa del regime sanzionatorio già vigente in materia, non può avere efficacia retroattiva. In altri termini, l’amministrazione comunale non poteva con l’impugnata intimazione gravare la ricorrente di sanzioni maggiori rispetto al precedente regime, ragion per cui non sono dovuti gli importi relativi ad epoca precedente il 2007.

Ritiene, infatti, il Collegio che illegittimamente l’Amministrazione abbia considerato anche l’anno 2006 per il calcolo degli importi dovuti a titolo di indennizzo ex art. 1 comma 257 citato, non potendo detta ultima disposizione coprire anche il periodo precedente la sua entrata in vigore.

Nel rispetto del generale principio di certezza giuridica e di affidamento legislativo, desumibile dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, non può infatti ritenersi che rapporti già esauriti al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione siano da quest’ultima regolati atteso che, in caso contrario, si introdurrebbe un’ipotesi di retroattività in modo surrettizio, in mancanza di quell’espressa previsione che l’eccezionalità dell’ipotesi stessa rende indispensabile (cfr. Consiglio Stato a. plen., 07 marzo 2011, n. 1).

E’ del pari fondato il ricorso quanto al periodo decorrente dal 6 giugno 2009, data di rilascio in favore della odierna ricorrente di permesso di costruire ex art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001 che rende legittima l’insistenza sull’area demaniale in questione di manufatti per mq. 147,05, di cui mq. 90,95 per il chiosco bar e mq. 57 di veranda. E’ evidente, infatti, che il richiamato titolo rende legittimi nei termini spaziali e temporali richiamati l’intervento innanzi abusivo.

Le società ricorrenti lamentano che, avendo pagato in occasione del rilascio del permesso di costruire di cui sopra il contributo di costruzione in misura doppia a titolo di oblazione trattandosi di permesso in sanatoria, non sarebbe dovuto il pagamento degli importi di cui all’ordinanza avversata altrimenti realizzandosi un indebito cumulo di sanzioni.

L’argomento non convince. Le stesse ricorrenti richiamano giurisprudenza secondo cui il pagamento del contributo di costruzione in misura doppia assorbe quello per la concessione edilizia ordinaria che non è nella specie, a ben considerare, pertinente. Infatti, ciò che il ricorrente vorrebbe assorbito nella misura del contributo pagato ex comma 2 dell’art. 36 citato non è l’ordinario contributo di costruzione per il rilascio di titolo edilizio, ma un "indennizzo" la cui "ragione" non viene meno per il successivo intervenire di concessione edilizia in sanatoria.

Devesi dunque, per il resto, ritenere legittima l’avversata ordinanza ingiunzione impugnata con il ricorso originario così come quella avversata con motivi aggiunti relativa ad interventi anch’essi realizzati senza titolo. Invero, è in atti del presente giudizio ordinanza di demolizione n. 6 del 30 luglio 2010, che non risulta avversata neppure in occasione della proposizione di motivi aggiunti, relativa ad interventi sull’area verde, portico in legno, pavimentazione e camminamenti che sono gli interventi "sanzionati" con l’intimazione di pagamento del 15 novembre 2010. Non può in questa sede la ricorrente dedurre (con i motivi aggiunti) censure in sostanza intese ad affermare che gli interventi in questione sono tutti interventi che non necessitano del titolo edilizio, atteso che la qualificazione della loro abusività per difetto di titolo abilitativo è recata dalla citata ordinanza di demolizione degli interventi stessi che risale al luglio del 2010 e che, appunto, non risulta gravata dalla ricorrente.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va accolto limitatamente alla declaratoria di illegittimità dell’ingiunzione di pagamento del 26 maggio 2010 per quanto concerne l’anno 2006 ed il periodo a decorrere dal 6 giugno 2009 con riferimento alle opere assentite con permesso di costruire di pari data, per il resto dovendosene affermare la infondatezza.

Sussistono tuttavia giuste ragioni, attesa la parziale soccombenza, per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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