Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 13-07-2011) 25-08-2011, n. 32873 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 25 maggio 2009 ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado nei confronti di A.S., C.G., M.G., R.D., per i delitti di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti loro rispettivamente ascritti.

1.1. La difesa di A.S. e M.G. eccepisce con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), osservando che l’apparato argomentativo della Corte in merito in ordine all’individuazione del ruolo di fornitore della droga rivestito dai due ricorrenti in favore del P. fosse privo di riscontro individualizzante e non permette di superare la soglia del ragionevole dubbio, posto che le stesse espressioni usate denotano la formulazione di mere ipotesi. La contestazione individua nei due odierni ricorrenti il gruppo di baresi che forniva la cocaina al P. ed, a fronte della dimostrazione dell’infondatezza di tale assunto fornita dalla difesa, la Corte ha ritenuto possibile che, almeno un’occasione, fosse stato P. a cedere cocaina ai due ricorrenti, sulla base di un diverso significato attribuito alle intercettazioni telefoniche, così cadendo in insanabile contraddizione rispetto all’ipotesi d’accusa.

1.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge processuale in quanto la ricostruzione appena descritta comporta una differente qualificazione del fatto, che è sfuggita alla specifica contestazione agli imputati, con conseguente violazione del diritto della difesa.

1.3. Col terzo motivo si eccepisce violazione di norma penale, poichè l’attività illecita è stata individuata nella formulazione di una promessa di vendita, rispetto alla quale è mancata la ricerca dei requisiti di attualità e serietà, unici che ne consentono la qualificazione come illecita di tale fase della trattativa.

Analoga violazione si rileva riguardo al mancato riconoscimento della diminuente della lieve entità, esclusa sulla base di elementi che attestano pregressi rapporti tra le parti, attinenti alla cessione illecita, omettendo la valutazione della quantità e qualità della sostanza stupefacente oggetto delle singole cessioni, nonchè di considerare l’eventuale presenza degli altri parametri previsti dal comma quinto della norma incriminatrice, la cui valutazione è essenziale al fine di operare l’accertamento sollecitato.

2.1. La difesa di C.G. eccepisce violazione del principio di adeguatezza di motivazione, per avere la Corte escluso che l’acquisto operato dal ricorrente possa riguardare sostanza stupefacente necessaria per il suo uso personale sulla base del solo presupposto dell’omesso pagamento, che, secondo la sentenza, richiama cessioni finalizzate a rivendita. Si contesta la logicità di tale ricostruzione, richiamando l’assoluta plausibilità di un acquisto a credito realizzato da chi costantemente si rifornisce dal medesimo fornitore per la soddisfazione del suo bisogno.

2.2. Con il secondo motivo si eccepisce analogo vizio riguardo al mancato riconoscimento del comma quinto della norma incriminatrice, la cui applicazione è giustificata dalla circostanza che da nessun atto processuale si può ricavare il quantitativo di sostanza movimentata del ricorrente. La Corte ha escluso tale applicazione, sottolineando che la sostanza stupefacente era stata fornita per tre giorni e non in maniera occasionale, mentre nel ricorso si osserva che, al fine di accertare la gravità della cessione, quello richiamato non è l’unico indice sulla base del quale operare la valutazione, essendo rilevante anche la valutazione del quantitativo, circostanza di fatto su cui non emerge dagli atti alcun elemento concreto.

3.1. Ha proposto inoltre ricorso personalmente R.D..

Motivi della decisione

1. Preliminarmente deve darsi atto che, in conseguenza dell’irregolarità della notifica dell’avviso di fissazione dell’odierna udienza nei confronti del ricorrente R. è stata disposto lo stralcio degli atti relativi all’impugnazione da questi proposta. Gli ulteriori ricorsi sono invece inammissibili.

1.1. In particolare il primo motivo formulato da A. e M., e fondato su una pretesa assenza di riscontri circa la natura dei rapporti economici intercorsi tra i due imputati ed il P., prescindono dall’analisi del contenuto delle conversazioni operata in sentenza, confortate dalla lettura degli appunti rinvenuti nel possesso degli interessati, oltre che dalla mancata allegazione di giustificazioni diverse alle indicazioni desumibili dalle intercettazioni, che non risultano offerte neppure dai diretti interessati, e sono prospettate in chiave ipotetica solo dalla difesa.

Neppure sussistente nel concreto è l’ipotesi che sia stata ritenuta la responsabilità per fatto diverso, relativo alla cessione di P. in favore dei due ricorrenti, tratteggiata nel ricorso;

l’esame del provvedimento oggetto di impugnazione chiarisce infatti i molteplici elementi sulla base dei quali si trae la prova che fosse P. in debito con gli altri due, debito che non riusciva ad estinguere, e che, alla luce degli ulteriori elementi tratteggiati nel provvedimento, doveva collegarsi alla fornitura di stupefacente, operata in suo favore. Il riferimento contenuto in sentenza, e relativo ad una occasione in cui era stato P. a cedere agli altri la sostanza, per come in chiave ipotetica riferito da uno dei dichiaranti, costituisce solo un passaggio argomentativo, volto a neutralizzare un’osservazione della difesa, condotto al fine di concludere che, anche nell’ipotesi di conferma di tale elemento, la circostanza non smentirebbe l’assunto accusatolo; è evidente quindi che, rispetto all’ipotesi di accusa, non sussista nella pronuncia impugnata alcuna contraddizione, e che nella specie si solleciti, con le deduzioni contenute in ricorso, esclusivamente una diversa valutazione di merito.

1.2. Sulla base delle considerazioni espresse, e dell’indicata effettiva valenza del riferimento operato in sentenza alla cessione curata da P. in favore dei ricorrenti,che non ha mutato la specificità delle diverse contestazioni, di cui è stata accertata la rispondenza al reale, non può che concludersi per l’inammissibilità, per manifesta infondatezza, del rilievo di violazione della legge processuale.

1.3. Analoga manifesta infondatezza attiene le rilevate violazioni della legge sostanziale; la presenza di debiti di P. nei confronti di A. e M. attesta che le cessioni furono effettivamente realizzate, e che non sia fondata in fatto la tesi secondo cui sarebbe stata accertata solo la verificazione di una promessa di vendita, non attualizzata e come tale non rientrante nell’imputazione, mentre anche l’evocazione dell’applicazione della disciplina sanzionatoria attenuata di cui al comma 5 della norma incriminatrice, prescinde del tutto dalla compiuta motivazione svolta a riguardo dal giudice d’appello, che proprio sulla base dell’entità dei rapporti di debito di P. nei confronti dei due ricorrenti, risultanti dall’agenda sequestrata, ha potuto concludere per la continuità delle forniture e per la determinazione della loro entità in misura superiore alla minima entità.

Quanto alla contestata assenza di analisi di sussistenza degli ulteriori elementi indicatori di tale gravità attenuata, richiamata dalla difesa nel ricorso, se ne rileva da un canto l’assoluta genericità, non essendo stati tali ipotetici indicatori neppure valorizzati in ricorso, oltre che l’inconsistenza giuridica, risultando del tutto pacifico (e per una recentissima riaffermazione del principio Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, dep. 05/10/2010, imp, Rico Rv. 247911) che, a fronte dell’elencazione normativa degli elementi idonei a consentire tale individuazione di minore gravità, nel caso, quale quello in esame, in cui uno solo di tali indicatori sia contrario a tale individuazione sia indubbia la possibilità di escludere tale riconoscimento.

2.1. La difesa di C., nell’eccepire difetto di motivazione riguardo l’accertamento dell’esecuzione di acquisti per cessione, e non per uso personale, isola una parte della motivazione della sentenza, sulla base della quale si argomenta, alla luce del tenore del conversazioni, che le cessioni di P. in favore di C. venivano effettuate a credito e che ciò stesso escludeva che potessero riferisci ad acquisti del ricorrente, operati per uso personale. A prescindere dal rilievo logico secondo cui tale affermazione risulta priva del contraddizioni che si pretendono di individuare – costituendo al contrario dato di comune esperienza che una tale eventualità si verifica solo occasionalmente, per evidenti ragioni di scarsa affidabilità dell’acquirente – l’esame della sentenza consente di individuare ulteriori elementi di conferma della corretta chiave di lettura, costituita, da un canto dalle difficoltà economiche nelle quali versava P., il fornitore, che ulteriormente escludono che possa essersi verificata una simile eccezionale situazione, e dal richiamo alla specifica situazione nella quale C. venne coinvolto nella cessione in favore di un famoso gruppo musicale, circostanza che definitivamente de conto della sua funzione di fornitore in favore di terzi, e che esclude in maniera manifesta la fondatezza del rilievo operato dal difesa circa la mancanza di adeguata motivazione nella sentenza di secondo grado sul punto di fatto valorizzato.

2.2. Sul motivo di ricorso attinente il vizio di motivazione relativo alla esclusione della diminuente speciale di cui all’art. 73, comma 5, cit. e basato sull’insufficienza del dato ponderale ad escluderlo non può che richiamarsi quanto già esposto sub 1.3., analogamente dovendo concludersi per la manifesta infondatezza del motivo.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dispone lo stralcio degli atti relativi a R.D. per difetto di notifica dell’avviso.

Dichiara inammissibili gli altri ricorsi e condanna i ricorrenti interessati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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