T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 20-09-2011, n. 1662 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso notificato il 06/12/2000 e depositato il successivo 29/12/2000 il ricorrente Calò Giuseppe ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento n.949/1763ER del 27/9/2000 con il quale il Comune di Palermo ha rigetato la domanda di "sanatoria" edilizia ex art.13 L.47/1985 per le opere realizzate sull’immobile in proprietà sito in Via Fondo De Caro n.29 dello stesso comune, ed identificato al N.C.E.U. al fg.58, part.82 sub.2.

Il ricorso è affidato alle seguenti censure:

1)violazione e falsa applicazione dell’art.6 L.R.37/1985, violazione e falsa applicaizone dell’art.20 L.R.71/1978, eccesso di potere:

gli interventi realizzati sono riconducibili alla manutenzione ordinaria ex art.20 lett.a) L.R.71/1978, non necessitando nemmeno di autorizzazione;

2)violazione dell’art.5 L.R.38/1985 e dell’art.20 L.R.71/1978, eccesso di potere per sviamento e difetto assoluto di motivazione:

in ogni caso, l’autorizzazione in sanatoria richiesta con la domanda ex art.13 costituisce per l’Amministrazione "atto dovuto" siccome gli interventi sono conformi agli strumenti urbanistici;

3)violazione e falsa applicazione della L.R.37/1985 e delle N.D.A. allegate al P.R.G. del Comune di Palermo del 1962 adottate con delibera di C.C. n.45/97, eccesso di potere:

il provvedimento impugnato e motivato sommariamente in ragione della presunta violazione degli artt. 19 e 20 delle N.d.A. allegate al P.R.G., ma la motivazione per relationem risulta in specie del tutto insufficiente;

4)violazione e falsa applicazione della L.R.37/1985 e della n.t.a allegate al P.R.G: del Comune di Palermo, eccesso di potere:

anche il riferimento all’art.25 delle n.t.a. del P.R.G. appare incomprensibile considerato che il c.d. "Castello dell’Uscibene" ricade in zona vincolata e non già in zona destinata a verde pubblico.

Resiste il Comune di Palermo articolando difese e chiedendo il rigetto del ricorso.

Con atto di costituzione del 20/10/2009 è intervenuta in prosecuzione del giudizio C.M., erede mortis causa dell’originario ricorrente Calò Giuseppe.

Ciò posto, il ricorso è da respingere per le considerazioni che seguono.

Dagli atti di causa emerge come l’abuso posto in essere dal (già originario) ricorrente consiste nella realizzazione di una veranda, chiusa su tutti i lati e provvista di copertura stabile, su uno spazio di pertinenza antistante l’immobile in proprietà.

Come correttamente evidenziato dal Comune resistente, si osserva che la domanda ex art.13 avanzata dal Sig. Calò aveva ad oggetto non già l’autorizzazione o concessione per lavori di manutenzione, ordinaria o straordinaria, dell’edificio, bensì per il rilascio di una "concessione in sanatoria" ad esclusivo oggetto della "struttura precaria in ferro, alluminio e vetro (veranda)" già realizzata.

Quanto precede rende palese l’inconsistenza della prima censura articolata nel ricorso, che quindi va disattesa. Ed invero, la domanda avanzata dal ricorrente era finalizzata alla "sanatoria" ex art.13 di un corpo di fabbrica aggiuntivo rispetto a quello preesistente, il quale ultimo può essere qualificato come "netto storico".

Né la struttura realizzata, oggetto della domanda di sanatoria, può ascriversi -per tipologia e durata della destinazione- come struttura precaria. Sul punto, il Collegio richiama il condivisibile orientamento del giudice di seconde cure, di cui alla decisione del C.G.A., sez. Giurisdizionale, n.923/2009.

La predetta "veranda" costituisce invero costruzione stabilmente ancorata al suolo, con propria volumetria, in una zona territoriale omogenea "F4" nella quale possono essere realizzati solo ed unicamente interventi edilizi destinati ad attrezzature ed impianti di interesse generale, ovvero -in presenza di immobili costituenti "netto storico"- solo interventi di riqualificazione e consolidamento delle parti storiche.

Correttamente quindi il Comune ha rigettato la domanda di "sanatoria" ex art.13, siccome il manufatto realizzato si pone in contrasto con le prescrizioni del P.R.G., con specifico riferimento agli artt.19 e 20 delle n.t.a..

Privo di pregio appare altresì il richiamo al D.A. n.2160 del 22/7/1991, impositivo di un vincolo che preclude ai proprietari di modificare l’assetto del territorio del Castello Uscibene. Invero il vincolo non può che riguardare incidere sul "netto storico", impedendo la realizzazione di corpi accessori ulteriori come quello in specie (veranda), rispetto alla quale -siccome realizzata in assenza di titolo concessorio- non è precluso affatto l’abbattimento.

Anche la seconda censura va quindi respinta in quanto infondata.

Analoga valutazione non può che riguardare alche la terza doglianza, siccome per costante giurisprudenza amministrativa la motivazione per relationem appare congrua laddove l’Amministrazione indica e mette a disposizione degli interessati la normativa richiamata, fermo restando che questa disponibilità dell’atto va intesa nel senso che all’interessato deve essere consentito di prenderne visione, di richiederne ed ottenere copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio, sicché non sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto l’obbligo di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione a richiesta dell’interessato (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 11 febbraio 2011, n. 896).

Del pari priva di pregio è la quarta ed ultima censura, siccome il riferimento all’art.25 della n.t.a. al P.R.G. non revoca in dubbio la contrarietà del realizzato manufatto alle altre norme già richiamate (artt.19 e 20 n.t.a.), considerato altresì che sulla stessa porzione di territorio possono nel tempo essere intervenute diverse prescrizioni. Ed invero lo stesso ricorrente richiama il D.A. n.2160 del 22/7/1991 (successivo alla n.t.a. cit.) impositivo di un vincolo che concorre alla esatta disciplina del territorio di che trattasi.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è infondato e va quindi respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge in quanto infondato.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Palermo resistente, che liquida in Euro.1.500,00 (Euro millecinquecento e zero centesimi), oltre accessori così come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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