Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-07-2011) 25-08-2011, n. 32891 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con ordinanza del 29 marzo 2011 il Tribunale di Napoli, nella funzione di giudice d’appello, sul rinvio della cassazione, confermava il provvedimento del Tribunale penale che aveva respinto la richiesta di B.C., imputato del reato di truffa aggravata D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, diretta a ottenere la revoca della misura cautelare della custodia in carcere per essere venuta meno la gravità degli indizi e per cessate esigenze cautelari.

Il Tribunale, premesso che la società "Oleodinamica Isa" gestita da B. provvedeva alla manutenzione degli automezzi appartenenti alla spa "ECO 4" amministrata dai fratelli O., i quali accusavano l’imputato di avere ottenuto, negli anni 2001-2002, la corresponsione di somme non dovute con l’artifizio dell’emissione di fatture recanti prezzi gonfiati, osservava: che la consulenza contabile, prodotta dalla difesa per dimostrare che i prezzi indicati in fattura erano reali, appariva inattendibile sia perchè desumeva i prezzi di riferimento da elenchi anonimi sia perchè recepiva acriticamente i costi della manodopera; che il credito vantato dalla società gestita dall’imputato verso la "ECO 4" era maturato a partire dall’anno 2004, ossia in epoca successiva a quella di commissione del reato, per cui non era ipotiz-zabile interferenza alcuna dell’anzidetto debito con la vicenda in esame.

Contro la decisione l’imputato ricorre per cassazione e denuncia mancanza di motivazione:

1. sui gravi indizi di colpevolezza, censurando che il Tribunale non avrebbe tenuto conto della documentazione contabile che dimostra l’esistenza di un credito della Oleodinamica verso la ECO 4, che è venuto lievitando fino a raggiungere l’importo di 600.000 Euro, sostanzialmente coincidente con quello della supposta tangente estorsiva, dal che si dovrebbe dedurre che la tangente non sarebbe stata versata oppure che il relativo onere sarebbe stato sostenuto dalla società del ricorrente;

2. sulle esigenze cautelari, censura che sarebbe stato ignorato l’orientamento giurisprudenziale espresso da Cass., Sez. 6^, 2.7.2010 n. 25167, Gargiulo, secondo cui la presunzione di adeguatezza della custodia carceraria, prevista dall’art. 275 c.p.p., comma 3, per i delitti aggravati dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7, vale soltanto al momento dell’adozione della misura cautelare, ma non per le vicende successive. p.2. In ordine al primo motivo di ricorso si rammenta che nella sentenza di annullamento con rinvio la Corte di cassazione ha censurato il vizio di mancanza di motivazione derivante dall’omesso esame degli elementi addotti dalla difesa per contestare la credibilità delle dichiarazioni accusatone dei fratelli O. e, segnatamente, la relazione concernente i crediti vantati dalla "Oleodinamica Isa" nei confronti della fallita "ECO 4" e la consulenza contabile diretta a dimostrare l’infondatezza dell’accusa di sovrafatturazione dei servizi prestati dalla "Oleodinamica".

Orbene il giudice del rinvio, nell’ordinanza impugnata, ha adempiuto al dovere di motivazione, perchè ha criticamente valutato tutti gli elementi sottoposti al suo esame, giungendo alla logica e coerente conclusione che l’accusa, fondata sulle dichiarazioni dei fratelli O., doveva ritenersi veritiera: da un lato, perchè avvalorata dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia D.C.E. e, dall’altro, perchè non scalfita – per le ragioni sopra sinteticamente riportate – dai pretesi nuovi elementi.

In ordine al secondo motivo di ricorso, si osserva che non sussiste la pretesa contraddizione tra il principio di diritto affermato dalla sentenza Gargiulo e la decisione impugnata, perchè l’adeguatezza della misura cautelare in corso è stata affermata in base alla valutazione dell’attuale pericolosità sociale, desunta dalla persistenza di legami con l’associazione camorristica a vantaggio della quale fu commesso il reato.

Il ricorso, dunque, essendo manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *