T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 21-09-2011, n. 7503 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il sig. E.M., proprietario di un terreno di mq.3.122, sito nel Comune di Frascati, via Grotte Maria s.n.c., in Catasto al Foglio 24, part.lle n.68, 69 e 164, riferisce che detta area risulta classificata dal vigente PRG, anche a seguito della modifica della Variante stralcio approvata con Del.di G.R. n. 515/2005, in parte in zona C (residenziale extraurbana) e in parte in zona B, sottozona B2 (residenziale).

In data 15.11.2005 il ricorrente ha presentato al Comune una domanda di permesso di costruire per la realizzazione su detta area in zona C di un fabbricato ad uso residenziale bifamiliare.

Il Comune in data 2.12.2005, prot. n. 37590 ha invitato l’istante ad integrare la documentazione tra cui quella per ottenere l’autorizzazione di cui all’art.146 del D.Lgs. n. 42 del 2004.

In data 2930 settembre 2009 il sig. M. ha ottenuto dalla Regione Lazio l’autorizzazione ex art. 146 del D.Lgs. n. 42 del 2004, inviata anche al Comune di Frascati.

Tuttavia, lamenta il ricorrente che cinque anni dopo la presentazione dell’istanza, il Comune con provvedimento 13.9.2010 ha comunicato, ai sensi dell’art. 10 bis della L.n. 241 del 1990, i motivi ostativi all’ammissibilità della richiesta, "in quanto la superficie del lotto a disposizione…. è inferiore a quella del lotto minimo prescritto dalle…..normative ed intesa come lotto misto e perché…. in contrasto con quanto formulato dalla Direttiva dirigenziale n. 198/04". In seguito a ciò il ricorrente ha presentato osservazioni chiedendo l’accoglimento delle stesse e il rilascio del permesso di costruire.

Con provvedimento in data 5 novembre 2010, prot. n. 34975 il Comune ha respinto l’istanza di permesso di costruire, in quanto la superficie del lotto ricade in parte in zona C (art. 35 del PRG) e in parte in zona B2 (art. 9 della Variante stralcio al PRG) ed è inferiore a quella del lotto minimo prescritto dalla normativa in materia.

Avverso detto provvedimento il sig. M. ha proposto ricorso deducendo articolati motivi:

1)Illegittimità per violazione e/o falsa applicazione di legge: art.35 del PRG e art.9 variante stralcio (DGR Lazio 515/05). Eccesso di potere per illogicità della motivazione: la motivazione del provvedimento sarebbe contraddittoria e illegittima in quanto da un lato sono indicate le ragioni di fatto ossia l’esistenza di un lotto misto dall’altro si richiama la normativa del lotto minimo.

2) Eccesso di potere per travisamento dei fatti – lotto intercluso:il Comune sarebbe privo dello strumento urbanistico per la edificazione nei lotti misti ossia con destinazione urbanistica diversa o omogenea; nella specie il lotto misto con destinazione omogenea e totalmente intercluso avrebbe dovuto ottenere il rilascio del permesso di costruire.

3) Illegittimità della Direttiva dirigenziale n. 198/04. Violazione di legge, art. 41, comma 2, lett. b) TUEL n. 267 del 2000. Incompetenza. Eccesso di potere: illogicità della direttiva per contraddittorietà delle diverse disposizioni in essa contenute. Violazione del principio di uguaglianza. Illegittima compressione dello ius aedificandi: il Comune avrebbe dichiarato la non conformità dell’intervento edilizio non sulla base di una norma di Piano, ma in base ad una disposizione del Dirigente – Resp. dell’Ufficio tecnico, ossia la Direttiva n. 198 del 2004. Tale Direttiva sarebbe illegittima in quanto spetterebbe al Consiglio comunale la funzione pianificatoria e non al Dirigente.

4) Violazione di legge. Illegittimità derivata del provvedimento impugnato per illegittimità della Direttiva dirigenziale n. 198/2004: l’illegittimità dell’atto presupposto, ossia della direttiva dirigenziale n.198/2004, renderebbe illegittimo anche l’atto di diniego su di esso formatosi.

5) Violazione di legge. Violazione del principio di buona fede o del legittimo affidamento: l’Amministrazione, con la richiesta di integrazione della documentazione senza alcuna menzione della Direttiva dirigenziale n. 198/2004, avrebbe ingenerato nel ricorrente un legittimo affidamento in ordine al rilascio del permesso di costruire e una ragionevole aspettativa ad ottenere il provvedimento richiesto.

Si è costituito in giudizio il Comune di Frascati per resistere al ricorso chiedendone la reiezione attesa la infondatezza.

Con ordinanza n. 833 del 2011 è stata fissata la data per l’udienza pubblica di decisione del merito.

Il Comune con successiva memoria ha controdedotto alle censure attoree ed ha evidenziato che il terreno in questione non raggiungendo relativamente a ciascuna zona di PRG il lotto minimo previsto dalle NTA non risulterebbe edificabile e ciò prescindendo da quanto formulato dalla Direttiva n. 198/2004.

In data 26 maggio 2011 parte ricorrente ha depositato documentazione e ha di seguito presentato memoria conclusionale con la quale ha ulteriormente argomentato la propria posizione difensiva.

Alla Pubblica udienza del 7 luglio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Nel merito, il ricorso presenta profili di infondatezza per le seguenti ragioni.

2.1. Il Collegio osserva che il thema decidendum è circoscritto dalle censure di cui ai primi tre mezzi di impugnazione che, in quanto connesse sul piano logico e giuridico, possono essere esaminate congiuntamente. In particolare, il ricorrente denuncia: – la contraddittorietà e illegittimità dell’atto impugnato in quanto da un lato sono indicate le ragioni di fatto ossia l’esistenza di un lotto misto dall’altro richiama la normativa del lotto minimo (primo motivo); – l’assenza di indicazioni nello strumento strumento urbanistico riguardo la edificazione nei lotti misti, ossia con destinazione urbanistica diversa o omogenea, posto che nella specie il lotto misto, totalmente intercluso, avrebbe dovuto, invece, ottenere il rilascio del permesso di costruire (secondo motivo); – infine, la dichiarata non conformità dell’intervento edilizio da parte del Comune non sulla base di una norma di Piano, ma in base alla Direttiva n.198 del 2004, adottata dal Dirigente – Resp. dell’Ufficio tecnico, non competente alla funzione pianificatoria del territorio.

2.2.Al riguardo, sulla base della disciplina generale dei presupposti per il rilascio del permesso di costruire nel rispetto della definita materia di governo del territorio comunale – occorre richiamare l’art. 12 del T.U. Ed. che prevede il rilascio del permesso di costruire in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico edilizia vigente.

Nella specie, come risulta sia dalla certificazione comunale sia, da ultimo, anche dalla stessa perizia giurata di parte, depositata in data 26 maggio 2011, il terreno in questione di complessivi mq. 3.122, ricade in due diverse zone di PRG disciplinate espressamente dal Comune nello strumento urbanistico: – la parte ricadente in zona residenziale extraurbana C che misura mq 1.110, per la quale l’art. 35 delle NTA del PRG prescrive come lotto minimo mq.3.000; – la parte ricadente in zona residenziale di tipo B2 che misura mq. 2.012, per la quale l’art.9 delle NTA della vigente variante stralcio al PRG prescrive come lotto minimo mq.10.000.

Il provvedimento in data 5 novembre 2010, prot. n. 34975 impugnato ha respinto l’istanza volta ad ottenere il permesso di costruire un edificio residenziale formulata dal sig. M., in quanto "la superficie del lotto a disposizione che ricade in parte in zona di tipo "C" di cui all’art. 35 del P.R.G. e in parte in zona tipo "B2" di cui all’art.9 della vigente variante stralcio al P.R.G., è inferiore a quella del lotto minimo prescritto dalle suddette normative ed intesa come lotto "mistò ".

Pertanto, l’intervento richiesto è stato negato in quanto il terreno di proprietà del ricorrente non raggiunge relativamente a ciascuna zona di P.R.G. nella quale ricade lo stesso, il lotto minimo previsto dalla N.T.A. per la edificazione.

Ne deriva che risulta evidente la non conformità dell’intervento ai parametri urbanistici applicabili a ciascuna zona interessata disciplinata dal vigente P.R.G.: infatti, le esplicite previsioni dello strumento urbanistico impongono per ciascuna delle due diverse zone in cui è ricompreso il terreno una diversa prescrizione.

Né varrebbe obiettare, come sostenuto da parte ricorrente, l’esistenza di un "lotto misto" con destinazione omogenea, per il quale il Comune non avrebbe disposto una specifica disciplina urbanistica e, tra l’altro, ritenuto intercluso, con conseguente asserita edificabilità.

Al riguardo, sulla base anche di quanto risultante in atti, il terreno in questione non può essere qualificato "lotto intercluso", a fronte dei principi e corollari e della prassi giurisprudenziale che ha previsto una deroga eccezionale in presenza della situazione di fatto costituita dal "lotto intercluso" (cfr. da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3699; Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 18 ottobre 2010, n. 32861). Infatti, sulla base di una impostazione rigorosa, tale fattispecie si realizza quando l’area edificabile di proprietà del richiedente sia valorizzata da un progetto conforme agli strumenti urbanistici, si trovi in una zona interessata da costruzioni e sia dotata di opere di urbanizzazione primaria e secondaria: elementi questi che consentono l’intervento costruttivo diretto, attesa la sussistenza di tale situazione di fatto del fondo non potendo la inedificabilità dell’area essere considerata sine die per l’assenza di una destinazione urbanistica anche di dettaglio, la cui attuazione risulta necessaria in presenza di zone parzialmente urbanizzate nelle quali detto strumento urbanistico può conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Cass. pen, sez. III, 19 settembre 2008, n. 35880).

Nella fattispecie in esame, non appaiono sussistere tra l’altro i presupposti per poter qualificare in termini urbanisticoedilizi detto lotto come "intercluso" (qualificazione riconosciuta al lotto in assenza di destinazione): il P.R.G. vigente disciplina in modo specifico la destinazione edificatoria prescrivendone i parametri urbanistici applicabili al terreno e l’intervento proposto non è conforme alla disciplina dettata dal P.R.G..

Per di più non va sottaciuto che la incontestata non conformità dell’intervento edilizio proposto dal ricorrente con le vigenti norme di P.R.G. del Comune appare pregiudiziale e rende inconferenti le ulteriori censure proposte (terzo, quarto e quinto motivo) avverso la Direttiva del Dirigente del IV Settore n. 198/2004, posto che, tra l’altro, un eventuale annullamento della stessa non comporterebbe alcun risultato utile per il ricorrente, con profili di carenza di interesse all’impugnazione di detta direttiva, comunque non applicabile all’ipotesi in questione.

In definitiva, facendo applicazione dei suesposti principi e prescrizioni urbanistiche al caso di specie e tenuto conto della situazione di fatto risultante in atti, appare legittimo il gravato diniego comunale e infondati i motivi di ricorso esaminati, con conseguente rigetto del ricorso.

Si ravvisano ragioni di equità per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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