Cass. civ., sez. III 27-09-2006, n. 20948 LOCAZIONE – DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI DI IMMOBILI URBANI – IMMOBILI ADIBITI AD USO DIVERSO DA QUELLO DI ABITAZIONE – Diritto di riscatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione innanzi al tribunale di Cuneo del 25 luglio 1996 la società PA.GEL. di C. Renato & C. snc, che conduceva in locazione ad uso diverso dall’abitazione un immobile che i proprietari avevano alienato a B.G. ed C.A. M., conveniva gli acquirenti in giudizio per esercitare nei loro confronti, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 39, il diritto di riscatto dell’immobile, che assumeva essere stato loro trasferito contra ius praelationis.

A seguito della disposta rinnovazione della citazione, i convenuti si costituivano, resistevano alla domanda e chiamavano in causa R.M. (in proprio e nella qualità di erede di M.S.) e G.M., alienanti dell’immobile, al fine di essere garantiti.

Il tribunale dichiarava la nullità della citazione della quale era stata disposta la rinnovazione.

La sentenza era impugnata dalla società soccombente ed il gravame era deciso dalla Corte d’appello di Torino con la sentenza pubblicata il 25 marzo 2002, che, dichiarata valida ed efficace l’avvenuta rinnovazione della citazione in primo grado e decidendo la controversia nel merito, rigettava la domanda di riscatto nella considerazione che la procura ad litem rilasciata dalla società PA.GEL. di C. Renato & C. snc al difensore non abilitava costui all’esercizio del personale diritto potestativo di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 39; nè poteva valere come atto idoneo a manifestare la volontà di riscattare l’immobile da parte della società istante, in quanto il mandato era precedente e non contestuale o successivo alla redazione dell’atto introduttivo del giudizio in primo grado.

I giudici dell’appello rilevavano, altresì, che il recepimento del contenuto sostanziale dell’atto di citazione da parte della società non poteva derivare neppure dalla pretesa ratifica che "la parte", non altrimenti precisata, ne avrebbe fatto con dichiarazione a verbale di causa, anch’esso non sottoscritto dal titolare del diritto di riscatto.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società PA.GEL. di C. Renato & C. snc, che ha affidato l’impugnazione a tre motivi.

Hanno resistito con due distinti controricorsi B.G. ed C.A.M. nonchè R.M. e G. M., i quali hanno anche proposto impugnazione incidentale condizionata sulla scorta di tre motivi.

La società ricorrente ha presentato memoria.

Motivi della decisione

I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 cod. proc. civ.).

Preliminarmente rileva questa Corte che non è fondata l’eccezione dei resistenti B.G. ed C.A.M. di inammissibilità del ricorso principale per inesistenza della notificazione per il fatto che essa è avvenuta presso i difensori domiciliatari per il primo grado del giudizio e non invece presso l’avvocato C? P?, designato per il giudizio di appello in sostituzione dei precedenti.

Il ricorso per Cassazione è stato notificato presso gli avvocati V? G? ed A? M? nel domicilio eletto, per il giudizio di primo grado, in Fossano alla via Roma 150.

Nel giudizio d’appello B.G. ed C.A.M. erano rappresentati e difesi dagli avvocati V? G? del foro di Cuneo e C? P? del foro di Torino ed avevano eletto domicilio presso quest’ultimo in Torino alla via Montecuccoli 9.

Orbene, in tale situazione non si versa nell’ipotesi dell’inesistenza giuridica della notificazione (che ricorre quando essa manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dalla normativa, tale, cioè, da impedire che possa essere assunta nel modello legale della figura), ma al più, dato che la medesima è stata eseguita in luogo diverso, ma non a soggetto diverso da quello abilitato per legge a riceverla, è ipotizzabile una mera nullità- La notificazione, infatti, ha avuto pur sempre un ben preciso riferimento con i destinatari per il fatto che l’avvocato V? G? li aveva rappresentati anche in secondo grado (e continua a difenderli in questo giudizio di legittimità) e la sua elezione di domicilio in Torino per il giudizio d’appello si era resa necessaria in osservanza della norma di cui al R.D. n. 37 del 1934, art. 82, secondo cui l’avvocato, che si trovi ad esercitare il proprio ufficio in giudizio istituito dinanzi ad un’autorità giudiziaria avente la sede fuori dalla circoscrizione del tribunale al quale è assegnato, deve, al momento della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede detta autorità e mantenervelo per tutto il corso del processo.

Detta nullità – sanabile ex tunc per effetto della rinnovazione della notificazione (disposta ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. o eseguita spontaneamente dalla parte) ovvero per effetto della costituzione in giudizio del destinatario, anche se avvenuta al solo scopo di eccepire il vizio de quo – nella specie risulta, comunque, sanata per raggiungimento dello scopo a seguito dell’avvenuta notificazione del controricorso, contenente, peraltro, anche l’impugnazione incidentale.

Con il primo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 9 (rectius: 39) nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – la società ricorrente principale critica l’impugnata sentenza nella parte in cui il giudice di secondo grado ha escluso che il diritto potestativo di riscatto dell’immobile urbano fosse stato validamente esercitato con l’atto di citazione, poichè questo non era stato sottoscritto personalmente anche dal retraente e non poteva nemmeno essere a lui sicuramente riferibile nel suo contenuto sostanziale, in quanto la generica procura al difensore era stata rilasciata in data anteriore alla redazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado.

Il motivo non può essere accolto.

Come per il riscatto nella materia agraria, anche il riscatto urbano, previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 39, integrando un diritto potestativo, si esercita per il tramite di una dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale, attraverso la quale si determina autoritativamente ex lege l’acquisto dell’immobile a favore del retraente, e tale dichiarazione può essere effettuata anche con l’atto di citazione diretto a far valere il diritto al riscatto.

In tale seconda ipotesi, la risalente giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass., n. 10218/2001; Cass., n. 6465/96; Cass., n. 4173/95; Cass., n. 4963/87; Cass., n. 633/86; Cass., n. 211/78; Cass., n. 1782/75), è del tutto conforme nel ritenere che la procura speciale ad litem, conferita al difensore per promuovere il relativo giudizio, non gli conferisce anche la legittimazione sostanziale per effettuare, in rappresentanza del titolare del diritto, la dichiarazione unilaterale recettizia di retratto, salvo che la detta procura sia redatta in calce od a margine dell’atto di citazione, nel cui testo sia contenuta la dichiarazione di riscattare l’immobile, in quanto la parte con la sottoscrizione della procura fa proprio tale contenuto.

Diversamente, qualora sia stata conferita al difensore la procura generale alle liti, la dichiarazione di retratto, contenuta nell’atto di citazione redatto e sottoscritto dal solo difensore, non è idonea a produrre l’effetto sostanziale traslativo, che di essa è proprio, per la mancanza della legittimazione sostanziale nel difensore medesimo.

Per quel che concerne, tuttavia, la procura speciale – eccettuati i casi di contestualità tra mandato ad litem e redazione della citazione medesima, sia che trattasi di mandato a margine che di mandato in calce, per i quali deve sempre presumersi che la procura sia stata rilasciata per l’atto già predisposto, per cui la domanda giudiziale, direttamente riferibile alla parte, deve ritenersi espressione anche della volontà del conferente di avvalersi del diritto alla prelazione – occorre distinguere le altre due diverse ipotesi del conferimento dell’incarico al difensore avvenuto in data successiva alla redazione ed alla notificazione della citazione, ai sensi dell’art. 125 cod. proc. civ., comma 2 e del conferimento effettuato in data anteriore alla redazione della citazione medesima e senza che nel testo della procura risulti anche la manifestazione di volontà della parte di riscatto dell’immobile determinato.

Nel primo caso di procura rilasciata in data successiva alla notificazione della citazione (art. 125 c.p.c., comma 2), la situazione, dal punto di vista sostanziale, viene ad essere analoga alla ratifica dell’atto compiuto dal rappresentante senza potere, sicchè, venendo il mandato a confermare e fare proprio, da parte del titolare del diritto, il manifestato intento di riscattare l’immobile, l’esercizio di detto diritto deve intendersi idoneamente esercitato dal soggetto legittimato.

Nell’ipotesi, invece, in cui il rilascio della procura a margine abbia preceduto la redazione della citazione, non potendo in tal caso valere la presunzione riferibile alla diversa situazione della contestualità, a decidere se la citazione costituisca atto personale scritto del conduttore, idoneo all’esercizio del diritto di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 39, non potrà che venire all’evidenza il tenore proprio del mandato, nel senso che se da esso si evince anche la volontà dell’esercizio del diritto, questo è da ritenere validamente fatto valere; mentre se la procura contiene l’espressione della sola volontà di conferire al difensore la rappresentanza in giudizio, senza altra indicazione dell’oggetto e dei limiti del giudizio da introdurre, ciò non è sufficiente a fare ritenere in concreto sussistente la manifestazione per iscritto della volontà di riscatto.

Del resto, poichè è pacifico che il rilascio della procura a margine dell’atto di citazione non richiede formule solenni ed espresse in termini tassativi, essendo sufficiente che sia deducibile la volontà di conferire al difensore i relativi poteri e facoltà ed essendo, perciò, possibile che la procura ad litem non integri anche una procura ad negotia, in caso di anteriorità del mandato speciale rispetto alla redazione della citazione è indispensabile l’indagine diretta a verificare se con la procura la parte abbia attribuito al suo difensore anche poteri sostanziali.

La suddetta indagine, avendo ad oggetto l’interpretazione di un negozio unilaterale secondo le norme sulla ermeneusi contrattuale, costituisco una tipica quaestio voluntatis, sottratta al sindacato del giudice di legittimità se sorretta da logica ed adeguata motivazione.

Orbene, il giudice del merito, escludendo che il personale diritto potestativo di riscatto sia stato nella specie esercitato con manifestazione scritta di volontà del riscattante, ha fatto buon governo della legge e della logica, avendo accertato che il mandato alle liti era stato conferito in data 18 luglio 1996; che la citazione era stata redatta in data 23 luglio 1996 e la società, che aveva conferito il mandato al difensore, di essa non conosceva il contenuto; che la procura anteriormente conferita non conteneva "il minimo accenno alla volontà di riscatto"; che la sottoscrizione della procura non era valida a recepire per relationem il contenuto della citazione.

Con il secondo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all’art. 1399 cod. civ. nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia – la società ricorrente principale critica l’impugnata sentenza nella parte in cui il giudice del merito ha escluso che con la dichiarazione a verbale di causa dell’udienza del 4 novembre 1998 il suo rappresentante legale, ratificando tutti gli atti posti in essere a difesa di essa società, abbia anche ratificato la sussistenza della sua dichiarazione di volontà di esercizio del diritto potestativo di riscatto dell’immobile.

Il motivo non può essere accolto.

Il giudice del merito ha chiarito che la pretesa ratifica ad opera della società dell’attività non poteva trarsi dalla dichiarazione resa a verbale di causa, sia perchè il verbale non risultava sottoscritto dal soggetto interessato al retratto; sia perchè la ratifica avrebbe riguardato soltanto il mandato ad litem, nel quale non si faceva menzione del riscatto.

Anche detta motivazione è adeguata e conforme a diritto, per cui non occorre aggiungere che, quando anche si volesse ritenere operante una sorta di ratifica del tipo di quella dedotta dalla società ricorrente, da essa, comunque, non sarebbe potuta derivare l’efficacia di valido e tempestivo esercizio del diritto potestativo di riscatto, in quanto la relativa volontà del riscattante sarebbe stata manifestata soltanto alla suddetta data del 4 novembre 1998 e, quindi, ben oltre il termine di decadenza di sei mesi dalla trascrizione del contratto di alienazione dell’immobile locato, che la sentenza impugnata indica come avvenuta il 26 febbraio 1996.

Devesi, infatti, al riguardo ribadire, secondo principio pure affermato da questo giudice di legittimità in tema di interpretazione della norma di cui all’art. 1399 cod. civ. (Cass., n. 3800/88), che, poichè l’effetto retroattivo della ratifica conferitadall’interessato al rappresentante senza poteri non pregiudica i diritti dei terzi acquisiti prima della ratifica, in caso di riscatto dell’immobile locato, esercitato, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 39, dal rappresentante senza poteri del conduttore (quale deve considerarsi il difensore in giudizio), la ratifica medesima non può retroagire, e, quindi, la dichiarazione di riscatto non acquista efficacia, qualora, essendo essa intervenuta dopo il decorso del termine per l’esercizio del riscatto, si sia verificata la decadenza dal relativo diritto, la quale comporta per l’acquirente dell’immobile il diritto di impedire la realizzazione del retratto.

Con il terzo motivo d’impugnazione – deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all’art. 91 cod. proc. civ. – la società ricorrente principale, lamentando di essere stata condannata alle spese a favore dei chiamati in causa nonostante che nei loro confronti essa istante non avesse avanzato alcuna pretesa, assume che avrebbe dovuto ravvisare la situazione di soccombenza.

Il motivo non è fondato.

Costituisce indirizzo del tutto pacifico nella giurisprudenza di legittimità (ex plurimis: Cass., n. 20335/2004; Cass., n. 5977/2001; Cass., n. 7182/2000) che la parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che esse hanno sostenuto a cagione del processo è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi, il che si verifica quando la partecipazione al giudizio trova comunque causa nella vocatio in ius operata dall’attore, cui viene legittimamente riferita la situazione di soccombenza.

In applicazione del suddetto principio di causalità, di cui la soccombenza è solo un elemento rivelatore, il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia (propria od impropria) deve essere posto a carico dell’attore soccombente, ove la chiamata in causa del terzo si sia resa necessaria in relazione alla tesi sostenuta dall’attore e risultata infondata.

Tale necessità (che deve essere intesa in senso non assoluto, quale imprescindibile esigenza di difesa, ma relativo) va riconosciuta anche nel caso in cui, con la chiamata del terzo in garanzia, il convenuto, per l’eventualità di accoglimento della domanda proposta dall’attore nei suoi confronti, intenda, sulla base di un affermato titolo giuridico (anche se diverso da quello dedotto in causa dall’attore), proporre domanda di cosiddetta manleva contro il terzo garante, riversando su questo gli effetti per lui negativi dell’eventuale accoglimento della domanda.

Il ricorso principale, pertanto, è rigettato e in tale pronuncia resta assorbito l’esame dei ricorsi incidentali condizionati.

Sussistono i giusti motivi (art. 92 cod. proc. civ.) per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, data la particolarità della questione decisa circa la inidoneità della citazione all’esercizio del diritto di riscatto.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbiti i ricorsi incidentali condizionati; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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