T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 21-09-2011, n. 932Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 25 marzo 2004 il ricorrente presentava ai competenti uffici del Comune di Cagliari domanda di condono edilizio relativamente alle opere abusive realizzate nel fabbricato di sua proprietà, sito in Cagliari, via Giardini n. 64.

Tali opere consistevano nella demolizione di una coperture a falde su parte di una terrazza a livello al secondo piano, nella realizzazione di una scala a chiocciola per l’accesso ad essa, nella realizzazione di una tettoia a falde inclinate con solaio in latero cemento di 17 mq e nella realizzazione di un locale di sgombero della superficie di mq 11,10.

Trattandosi di opere realizzate su area sottoposta a vincolo ex art. 136 del D.Lgvo n. 42/2004, l’Amministrazione comunale provvedeva, in data 20 aprile 2005, a chiedere alla Regione Sarda l’autorizzazione di cui al D.Lgvo n. 42/2004, e procedeva all’istruzione della pratica.

Nelle more del procedimento di sanatoria, il ricorrente veniva condannato dal Tribunale di Cagliari con sentenza n. 1736 del 15 settembre 2005, per gli abusi edilizi realizzati, con ordine di demolizione dell’opera abusiva.

Tale decisione veniva parzialmente riformata con sentenza della Corte d’Appello di Cagliari n. 402 del 12 maggio 2006, che peraltro confermava l’ordine di demolizione impartito.

Successivamente alla conclusione del procedimento penale, la Regione Sarda adottava, in data 23 luglio 2007, il provvedimento del Servizio Tutela del Paesaggio col quale esprimeva parere favorevole al rilascio del condono, ritenendo di non pregiudizio per l’interesse pubblico tutelato le opere abusivamente realizzate.

Sennonchè, malgrado l’anzidetto parere favorevole, il Comune di Cagliari, dopo aver acquisito un parere dell’avvocatura comunale, adottava il provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria, impugnato con l’atto introduttivo del giudizio per i seguenti motivi:

1) Violazione di legge (art 3 legge n. 241/1990): per l’omessa indicazione delle ragioni poste a fondamento del diniego;

2) Violazione e falsa applicazione di legge: in quanto l’amministrazione comunale non avrebbe correttamente applicato la normativa regionale in luogo di quella statale richiamata dal giudice penale;

3) Eccesso di potere per contraddittorietà di provvedimenti: in relazione al contrasto esistente tra il provvedimento impugnato e il parere favorevole reso dalla Regione Sardegna;

4) Eccesso di potere per errore sul presupposto: in quanto non sarebbero state indicate le ragioni del dichiarato contrasto tra le opere realizzate e gli strumenti urbanistici vigenti.

Concludeva quindi il ricorrente chiedendo l’annullamento dell’atto impugnato.

Nelle more del giudizio il Comune di Cagliari adottava l’ordine di demolizione delle opere oggetto della domanda di condono sopra ricordata, e di ripristino della situazione di fatto.

Tale atto è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, depositato il 10 novembre 2009, col quale sono stati sostanzialmente riproposti i motivi già indicati nell’atto introduttivo del giudizio, con richiesta, previa sospensione, di annullamento anche di tale atto.

Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Cagliari che, con memorie scritte, ne ha chiesto

il rigetto, vinte le spese.

Con ordinanza n. 487 del 10 dicembre 2009 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati.

In data 22 aprile 2011 sono intervenuti in giudizio ad opponendum i signori Alberto Atzori e Antonella Deidda, che con articolata memoria, previa richiesta di inammissibilità dell’impugnazione, hanno chiesto il rigetto del ricorso, con ristoro delle spese processuali.

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2011, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Occorre anzitutto esaminare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dagli intervenienti ad opponendum, i quali lamentano la violazione della normativa in materia di notifica del ricorso al giudice amministrativo, oggi enunciata dall’art. 41, comma 2°, del C.p.a., secondo la quale il ricorso dev’essere notificato, a pena di decadenza, entro il termine previsto dalla legge, oltre che alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato, ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso.

Assumono, infatti, di essere gli autori dell’esposto all’amministrazione comunale dal quale è derivato l’accertamento dell’abuso commesso dal sig. B. e l’adozione delle menzionate sentenze di condanna da parte del giudice penale, sicché, risultando tale circostanza dal contenuto del provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria (nonché dalle sentenze penali da questo richiamate), essi rivestirebbero, nel presente giudizio, la qualità di controinteressati. Con la conseguenza che la mancata notifica nei loro confronti dell’atto introduttivo del giudizio comporterebbe, insanabilmente, la declaratoria dell’inammissibilità dell’impugnazione.

A questo proposito gli stessi intervenienti dichiarano espressamente di non attribuire effetto sanante all’atto di intervento spiegato.

L’eccezione è infondata.

Rispetto ad un ricorso avente ad oggetto l’impugnativa di un diniego di concessione edilizia in sanatoria (o di un permesso di costruire tout court) non sono configurabili soggetti controinteressati. In sede di rilascio dei predetti titoli edilizi, infatti, la verifica circa l’esistenza di un valido titolo legittimante non viene svolta nell’interesse dei privati, bensì al fine di assicurare un ordinato svolgimento dell’attività edilizia, con la conseguenza che i confinanti, o comunque i titolari di interessi o diritti antagonisti rispetto a colui che richiede il titolo edilizio, ancorché abbiano provocato interventi repressivi o in via di autotutela, ricevono dall’eventuale diniego solo un vantaggio riflesso, non potendo, quindi, riconoscersi agli stessi la veste di controinteressati nel giudizio in cui il diniego è stato impugnato.

Nel merito il ricorso è fondato nei sensi già evidenziati nella fase cautelare del giudizio.

Il diniego di sanatoria che ha originato il ricorso principale è motivato esclusivamente col richiamo alla sentenza n. 402 dell’8 maggio 2006 della Corte d’Appello di Cagliari, nella parte in cui afferma che le opere in questione non sono sanabili in quanto l’art. 32 del D.L. n. 269/2003 circoscrive, per le zone sottoposte a vincoli paesaggistici, la suscettibilità di sanatoria unicamente agli interventi conformi agli strumenti urbanistici e solo agli interventi edilizi di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai numeri 4,5 e 6; e che pertanto l’opera in esame, rientrante nella tipologia 1, non sarebbe conforme allo strumento urbanistico.

Va anzitutto premesso, come recentemente precisato dal Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 1200 del 2 marzo 2010), che il condono di cui al d.l. n. 269/2003 si ricollega sotto molteplici aspetti ai precedenti condoni edilizi che si sono succeduti dall’inizio degli anni ottanta, come reso palese dai molteplici rinvii alle norme concernenti i precedenti condoni, ma soprattutto dal rinvio alla legge 28 febbraio 1985, n. 47.

Attraverso questa tecnica normativa, consistente nel rinvio alle disposizioni dell’istituto del condono edilizio come configurato in precedenza, si ha infatti una saldatura fra il nuovo condono ed il testo risultante dai due precedenti condoni edilizi di tipo straordinario, cui si apportano peraltro solo alcune innovazioni.

Del resto lo stesso art. 32 citato, al 4° comma, fa salve le competenze delle regioni a statuto speciale (e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

Orbene, l’art. 28, lettera d) della legge regionale 11.10.1985 n. 23, ai sensi del quale:

"Non possono conseguire il rilascio della concessione o dell’autorizzazione in sanatoria le opere abusive, realizzate dopo l’apposizione del vincolo che si trovino:

d) in zone soggette a vincoli posti a tutela di preminenti interessi pubblici ovvero su aree di proprietà dello Stato o di enti pubblici, a meno che l’Amministrazione competente dichiari il non pregiudizio degli interessi tutelati, ovvero conceda l’uso del suolo".

Né diversa disciplina è desumibile dalla legge regionale 26 febbraio 2004 n. 4 recante "Normativa regionale in materia di abusivismo edilizio – Recepimento in Sardegna del decretolegge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni della legge 24 novembre 2003, n. 326", il cui art. 2, in materia di divieti, si limita a stabilire, alla lettera e), che non sono, comunque, suscettibili di sanatoria:

"…le opere abusive che siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere dei beni ambientali e paesistici, qualora non venga acquisito il nullaosta da parte del soggetto che ha imposto il vincolo".

Come si ricava dal tenore letterale delle richiamate disposizioni, pertanto, la disciplina regionale non prevede, per le opere abusivamente realizzate su aree vincolate come quella in esame, un regime di assoluta inedificabilità, ma richiede soltanto che il mantenimento dell’intervento abusivamente realizzato sia autorizzato dall’Autorità preposta alla tutela dei valori protetti dall’apposizione del vincolo, previa valutazione della sua compatibilità con questi ultimi.

Ebbene, nel caso di specie, in data 24 luglio 2007, prot. n. 73127/17210 del 27 luglio 2007, è stata adottata la determinazione dirigenziale del Direttore del Servizio Tutela del Paesaggio di Cagliari n. 30 del 23 luglio 2007, che ha espresso parere favorevole al rilascio del condono, ritenendo le opere realizzate non pregiudizievoli per l’interesse pubblico tutelato.

Ne segue che l’Autorità comunale, normativamente preposta alla definizione delle pratiche di condono edilizio, tenuto conto che l’accertamento compiuto dal giudice penale è vincolante in ordine ai meri fatti materiali della vicenda e non all’interpretazione di norme giuridiche extrapenali, anziché limitarsi ad un mero richiamo alle argomentazioni di cui alla sentenza della Corte d’Appello ed al fatto di ritenersi da essa vincolata, avrebbe dovuto procedere ad un’autonoma valutazione della fattispecie ed alla definizione del procedimento di condono avviato dal sig. B. alla luce della disciplina regionale vigente, con adozione di argomentate motivazioni circa le ragioni dell’insanabilità delle opere abusivamente realizzate pur in presenza di un parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

L’assenza di ogni valutazione in ordine alle ragioni della determinazione negativa assunta rende dunque fondato, con valore assorbente, il lamentato difetto di motivazione del provvedimento impugnato, con conseguente annullamento dello stesso e caducazione, in via derivata, dell’ordine di demolizione impugnato con motivi aggiunti.

Restano naturalmente salvi i poteri dell’amministrazione comunale quanto all’adozione delle successive determinazioni.

Sussistono peraltro giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie con annullamento, per l’effetto, dei provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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