Cass. civ., sez. I 14-09-2006, n. 19781 SANZIONI AMMINISTRATIVE – APPLICAZIONE – ATTI DI ACCERTAMENTO – Illecito permanente – Data di cessazione della permanenza – Coincidenza con la data dell’accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depo­sitato il 12 gennaio 2002 M. Z. I. e L. C. proponevano opposizione davanti al Giu­dice di pace di Rovereto all’ordinanza 4 dicembre 2001 del Commissario di Governo di Trento che aveva ingiunto ad entrambi, in via solidale, il pagamento di complessive lire 520.160, quale sanzione amministra­tiva della violazione del precetto di cui all’art. 18, comma 4, Nuovo Codice della strada, accertata da un funzionario della Provincia autonoma di Trento e loro contestata (per avere mantenuto nella propria proprietà e nella fascia di rispetto della strada provinciale Rove­reto-Folgaria, in corrispondenza di una curva, una siepe di altezza tale da ostacolare il campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circola­zione), essendo stato respinto il ricorso da essi propo­sto a norma dell’art. 203 dello stesso Codice. A dire degli opponenti non era nella specie applicabile il disposto di cui all’ art. 18 del Nuovo Codice della strada, giacché il loro comportamento era stato realiz­zato in tempo precedente all’entrata in vigore dello stesso Codice, mentre la normativa previgente non prescriveva per la messa a dimora delle siepi alcun limite di distanza dal ciglio della strada. Essi, peraltro, avevano tenuto la siepe alla distanza di un metro dal ciglio della strada, così come aveva prescritto l’auto­rità comunale in sede di provvedimento abilitativo edilizio. Infine essi avevano provveduto il 19 agosto 1998 al pagamento della sanzione in misura ridotta per violazione identica a quella per la quale era stata emessa l’ordinanza-ingiunzione. A conclusione del giudizio, svolto a norma dell’art. 23 della legge n. 689 del 1981, nel quale non si era costituito il Commissa­rio di Governo, il Giudice di pace rigettava l’opposi­zione, ritenendo infondato così il motivo con il quale si era inteso far valere il principio della irretroattività della norma sanzionatrice (giacché «la disposizione sopraggiunta a miglior tutela della sicurezza del traf­fico» deve trovare applicazione pure «per situazioni pregresse che ad essa devono adeguarsi se difformi dalla nuova prescrizione»), come quello secondo cui per identica violazione già era stato eseguito il paga­mento della sanzione in misura ridotta (per la ragione che si tratta di violazione non istantanea ma perma­nente e alla precedente contestazione non era seguito l’adeguamento della siepe alla prescrizione dell’art. 18 più volte citato).

Contro questa sentenza M. Z. I. e L. C. hanno proposto ricorso per cassazione, ar­ticolando in due distinti profili l’unico motivo di im­pugnazione. Non ha svolto difese il Commissario di Governo di Trento.

Motivi della decisione

Con il primo profilo dell’unico motivo di impugnazione i ricorrenti denun­ciano violazione dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, e insieme vizio di motivazione, cen­surando l’affermazione in linea generale di diritto, contenuta nella sentenza, secondo cui la tassatività del principio di irretroattività della legge non varrebbe «per le leggi speciali e i regolamenti, specie quando introducono nuove forme riguardanti la sicurezza col­lettiva o la pubblica utilità», affermazione che ha con­dotto il Giudice di pace ad applicare l’articolo 18 del Nuovo Codice della strada a un comportamento («l’installazione della siepe») attuato in tempo prece­dente alla sua entrata in vigore e per altro conforme al provvedimento abilitativo edilizio dell’autorità comu­nale, come fu accertato in sede di rilascio del certifi­cato di abitabilità. I ricorrenti criticano in particolare l’argomento sviluppato nella sentenza secondo cui il presente giudizio non verte sulla «regolarità dell’impianto di quella siepe sotto il profilo delle regole urbanistiche, ambientali o di estetica paesaggi­stica» e quindi le eccezioni sollevate al riguardo non sarebbero pertinenti in questa sede dove la condotta deve essere valutata rispetto ad una diversa disposi­zione normativa di cui si assume la vigenza.

Con il secondo profilo del motivo i ricorrenti cen­surano l’affermazione circa la natura non istantanea ma permanente della stessa violazione, dalla quale il Giudice di pace ha fatto discendere la conseguenza che il pagamento in misura ridotta già attuato in rap­porto ad una precedente contestazione non ha com­portato la illegittimità della nuova pretesa sanzionato­ria.

Entrambi i profili di censura argomentati nell’uni­tario motivo sono infondati.

ÿ appena il caso di rilevare che l’affermazione in linea generale di diritto, introdotta nella sentenza im­pugnata, secondo cui disposizioni normative speciali in materia diversa dalla previsione di nuove figure di reato ben possono esplicitamente derogare (in ragione di obiettive esigenze funzionali) al principio della non retroattività della legge, non costituisce a ben vedere la premessa logica della decisione nel merito, che anzi è correttamente fondata, non già sulla efficacia retroat­tiva della norma sanzionatrice di cui all’art. 18, comma 4, del Nuovo Codice della strada (che per altro riprende quasi alla lettera la formulazione della dispo­sizione previgente di cui all’art. l, comma 7, del testo unico per la tutela della strada approvato con D.P.R. 8 dicembre 1933, n. 1740, rimasto allora in vigore a norma dell’art. 145, comma 2, del D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393), ma sul rilievo che la stessa norma ha at­tribuito all’ente proprietario della strada il potere-do­vere di verificare le situazioni di fatto esistenti all’atto della sua entrata in vigore al fine di renderle conformi alle apprezzate esigenze di sicurezza della circola­zione, dettando le prescrizioni necessarie ad eliminare ogni pericolo attuale. Come appunto era avvenuto nel caso di specie, non avendo i proprietari opponenti in­teso adeguarsi a quelle prescrizioni per la addotta ra­gione che essi avevano ottenuto dalla autorità comu­nale un esplicito provvedimento edilizio abilitativo che li autorizzava anche a realizzare la siepe quale in concreto posta poi a dimora, come era stato accertato in sede di verifica in funzione del rilascio del certifi­cato di abitabilità. E ancora a ragione il Giudice di pace ha rilevato che l’autorizzazione data in sede di provvedimento abilitativo edilizio non poteva valere a legittimare una situazione di pericolo (apprezzata in diversa sede istituzionale) per la circolazione, giacché con quel provvedimento era stata valutata la corri­spondenza dell’opera a disposizioni normative di di­versa natura (edilizie, urbanistiche, paesaggistiche, etc.) e, per altro, deve qui aggiungersi, l’ente proprie­tario della strada nel caso di specie (la Provincia Au­tonoma di Trento, che dettò le prescrizioni e ne accertò l’inosservanza) neppure si identifica con il Comune che aveva approvato il progetto edilizio.

E, già si è osservato, al tempo in cui la siepe era stata piantata vigeva il precetto dettato dall’art. l, comma 7, del testo unico del 1933, con lo specifico di­vieto di eseguire « ? piantagioni in corrispondenza delle curve stradali di raggio inferiore a cento metri» (come per certo nella specie, «in corrispondenza di una curva-tornante» della strada provinciale Rove­reto-Folgaria: pagina 3 della sentenza impugnata) e dunque la condotta degli attuali opponenti, allora attuata in violazione di quel divieto, era originariamente illecita.

Non può condividersi neppure il secondo profilo di censura, dovendo per certo riconoscersi natura perma­nente alla contestata violazione come è fatto palese dalla testuale formulazione del precetto introdotto con la norma qui in esame (che prescrive le necessarie ca­ratteristiche di recinzioni e alberature in prossimità delle strade che «non dovranno comunque ostacolare o ridurre, a giudizio dell’ente proprietario della strada, il campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione»), sicché l’atteggiamento antidove­roso di chi viola quel precetto si protrae nel tempo fino al compimento dell’azione che pone fine alla situa­zione antigiuridica di pericolo con l’adeguamento alle vincolanti prescrizioni dell’ ente proprietario della strada; mentre con la contestazione della violazione e l’applicazione della relativa sanzione la permanenza si interrompe e nella ulteriore persistenza dell’inadempi­mento si realizza una nuova violazione del medesimo precetto, autonomamente sanzionabile. Con la conse­guenza – nel caso di specie – che il «pagamento in mi­sura ridotta» attuato dagli stessi opponenti a norma dell’ art. 202 del Nuovo Codice della strada in rapporto ad una precedente contestazione («nel 1988», come precisa la sentenza impugnata) della medesima viola­zione non ha precluso il nuovo esercizio della potestà sanzionatoria (perciò legittimamente fatta valere), es­sendo rimasto da allora inadempiuto il precetto di con­formare la siepe al disposto di cui all’art. 18 dello stesso Codice. Il ricorso deve dunque essere rigettato. Non v’è luogo a provvedere in ordine alle spese di questo giu­dizio, non avendo svolto difese il Commissario di Governo intimato. ?.

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