T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 22-09-2011, n. 1320

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Associazione dialogo e convivenza è stata costituita (cfr. l’atto costitutivo prodotto come doc. n. 2 del ric. n.957/09 R.G.R.) fra cittadini marocchini regolarmente residenti in Italia per perseguire finalità culturali e di solidarietà sociale (p. 3.2) fra i quali quello (3.3.2) di "approfondire la conoscenza dei valori religiosi e della cultura di fede islamica".

In data 24.3.2009 l’Associazione ha acquistato (cfr. il relativo rogito notarile, prodotto come doc. n. 3 della documentazione depositata dalla ricorrente il 24.2..2011) due uffici al piano interrato del complesso edilizio denominato exE., sito in Cologne, via Antonelli n. 38.

Con un primo ricorso – notificato il 6.10.2009 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 9 (ivi rubricato al n. 957/2009 R.G.R.) – l’Associazione Dialogo e Convivenza impugna l’ordinanza n. 44/2009 del 18 settembre 2009 del Responsabile dell’Area tecnica del Comune, con la quale le è stato ordinato di procedere: – alla "realizzazione della parete divisoria tra i due locali come precedentemente autorizzata entro 90 giorni…"; – alla "demolizione del locale con pareti in alluminio e vetro entro 90 giorni…"; – all’ immediato ripristino della destinazione a uffici del locale seminterrato del condominio E., sito a Cologne, via Antonelli n. 38 censito al catasto al foglio 14 mappale 1 sub 99 e 100…".

La ricorrente deduce:

1) (riguardo all’ordine di realizzare una parete divisoria prevista dall’originario titolo abilitativo) "Eccesso di potere per carenza dei presupposti richiesti per l’irrogazione di sanzione. Violazione e falsa applicazione in riferimento all’art. 31 TU n. 380/2001"; perché mancano i presupposti per applicare l’art. 31 (la totale difformità e la variazione essenziale), posto che la mancata realizzazione di un divisorio non dà luogo a totale difformità.

2) (in relazione all’ordine di demolizione del locale con pareti in alluminio e vetro) "Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Eccesso di potere per sviamento. Violazione e falsa applicazione di legge"; contestando che la realizzazione di una bussola costituisca una modificazione, trattandosi della mera separazione della porta d’ingresso dal locale interno, finalizzato ad impedire la dispersione termica. da considerarsi come intervento di mera manutenzione ordinaria.

3) (riguardo all’ordine di immediato ripristino della destinazione d’uso ad uffici del locale seminterrato del Condominio E.) "Eccesso di potere per travisamento dei fatti presupposti, nonché per carenza di istruttoria. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 31 TU n. 380/2001. Violazione di norme costituzionali"; escluso che sia stata creata una moschea, si afferma che non era applicabile l’art. 52, c. 3 bis della L.R. n. 12/2005. circa la modificazione della destinazione d’uso per edifici religiosi, sostenendo che la circostanza che nell’immobile venga svolta anche attività di preghiera non assume alcuna rilevanza sotto il profilo edilizio, trattandosi di mera attività di fatto (cfr. Cons. St. 14.5.2003 n. 2586) e che diversamente opinando risulterebbe violato l’art. 8 della Costituzione.

Con il gravame è stata altresì formulata richiesta di "risarcire i danni, nella misura che verrà provata in corso di causa, causati alla ricorrente" (cfr. le conclusione rassegnate a pag. 11 dell’atto di ricorso).

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Cologne, chiedendo il rigetto del gravame.

Alla Camera di consiglio del 28.10.2009 (ord. N. 651/09) la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato.

In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato documenti, memorie e note di replica.

Con memoria depositata il 4.3.2011- in vista della pubblica udienza del 6.4.2011 – l’Associazione dialogo e convivenza ha formulato le seguenti "conclusioni":

" 1. Dichiararsi illegittima ed annullarsi l’ordinanza 18 settembre 2009 n. 44/2009 rep. ord. del Comune di Cologne sia nella sua totalità sia nelle singole ingiunzioni.

2. Dichiararsi legittimamente variata la destinazione d’uso del seminterrato di proprietà della Associazione Dialogo e Convivenza da uffici a sede propria per lo svolgimento delle attività statutarie, ivi compresa la preghiera, essendo tale destinazione d’uso consentita dall’allora vigente normativa urbanistica comunale.

3. Condannarsi il Comune di Cologne a risarcire, nella misura che questo TAR vorrà determinare, tutti i danni causati all’Associazione Dialogo e Convivenza, anche per il danno biologico subito dagli associati (Cons. St. sentenza n. 1271 in data 28 febbraio 2011)

4. Spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi."

Alla pubblica udienza del 6.4.2011 – alla quale erano chiamati tutti e cinque i ricorsi promossi dall’Associazione dialogo e convivenza nei confronti del Comune di Cologne in relazione ai provvedimenti ediliziurbanistici inerenti la sede dell’Associazione – è stata rappresentata ex art. 73, c. 2 c.p.a. la possibile sussistenza di profili di parziale inammissibilità in relazione a domande e profili di illegittimità introdotti solo in sede di memoria finale.

A fronte di tale rilievo, la parti hanno concordemente chiesto rinvio all’udienza del 13.7.2011.

Con un secondo ricorso – notificato il 16.11.2009 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 24 (ivi rubricato al n. 1170/2009 R.G.R.), l’Associazione Dialogo e Convivenza si grava avverso le delibere del Consiglio Comunale di Cologne n. 32 del 6.8.2009, recante approvazione della variante al piano delle regole e dei servizi, e n. 33 del 28.8.2009 di rettifica della delibera n. 32.

La ricorrente articola le seguenti doglianze:

1) "Violazione di legge con riferimento all’art. 13, comma 13 e comma 2 della L.R. n.12/2005 e falsa applicazione dell’art. 14 bis stessa legge. Eccesso di potere per perplessità e contraddittorietà"; contestando che nella fattispecie fosse possibile fare ricorso alla procedura di correzione di errori materiali di cui all’art. 13 c. 14 bis L.R. 12/2005.

2) "Violazione di legge con riferimento all’art. 13, comma 13 e comma 2 della L.R. n.12/2005 ed art. 7 L. 241/1990"; evidenziando che la possibilità di modifica dei PRG, di cui all’ art. 25 c. 8 nonies L.R. 12/05, non è estensibile ai PGT già approvati, e che è mancata la comunicazione di avvio del procedimento richiesta dall’art. 13, comma 13 e comma 2 della L.R. n.12/2005.

3) "Violazione di legge e eccesso di potere per carenza di motivazione, per illogicità, per difetto di istruttoria ed insussistenza dei fatti presupposti"; in quanto non vi sarebbe alcun situazione di disagio e neppure si sarebbe in presenza, contrariamente a quanto affermato nei provvedimenti, di un luogo di culto.

4) "Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di potere"; essendosi utilizzato lo strumento urbanistico per ragioni di altra natura: impedire l’attivazione di un luogo di culto sgradito.

Il ricorso non conteneva richiesta di risarcimento danni.

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Cologne, chiedendo il rigetto del gravame.

Alla Camera di consiglio del 16.12.2009 (ord. N. 7921/09) la Sezione ha dato atto della rinuncia all’istanza di sospensiva.

In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato documenti, memorie e note di replica.

Il Comune di Cologne, con la memoria depositata il 4.3.2011, pone in luce che le deliberazioni qui impugnate non sono più in vigore, in quanto poi confluite nella variante generale adottata il 2.12.09 (con la delibera di c.c. n. 52) e approvata l’ 8.4.2010 con la delibera n. 11, che è stata impugnata dalla ricorrente associazione con il successivo ric. n. 705/2010, sicché il ricorso risulta improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse. Viene, inoltre, evidenziato che, al momento in cui è stato proposto il ricorso n. 1170/10, era già in corso di adozione la variante generale all’interno della quale sono confluite le modifiche qui contestate.

Con memoria depositata il 4.3.2011- in vista della pubblica udienza del 6.4.2011 – l’Associazione dialogo e convivenza ha formulato le seguenti "conclusioni":

" 1. Dichiararsi illegittima ed annullarsi le deliberazioni n. 32/2009 e n. 33/2009 del Consiglio Comunale di Cologne.

2. Condannarsi il Comune di Cologne a risarcire, nella liquidando misura d’ufficio, tutti i danni che con il suo illegittimo comportamento ha causato all’Associazione Dialogo e Convivenza ed ai suoi associati.

3. Spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi."

Alla pubblica udienza del 6.4.2011 – alla quale erano chiamati tutti e cinque i ricorsi promossi dall’Associazione dialogo e convivenza nei confronti del Comune di Cologne in relazione ai provvedimenti ediliziurbanistici inerenti la sede dell’Associazione – è stata rappresentata ex art. 73, c. 2 c.p.a. la sussistenza di possibili profili di parziale inammissibilità in relazione alle richieste di risarcimento dei danni avanzate solamente in sede di memoria finale (non notificata) ed in relazione a taluni profili di illegittimità introdotti solo in sede di memoria finale.

Su richiesta concorde dei legali della ricorrente e della resistente Amministrazione, tutti i gravami sono rinviati all’udienza del 13 luglio 2011.

Con atto notificato il 10.6.2011 e depositato il 22.62011, l’Associazione dialogo e convivenza ha proposto ex art. 30, c. 5 c.p.a. la seguente domanda: "Condannarsi il Comune di Cologne a rifondere alla ricorrente tutti i danni che le ha causato, in misura determinata anche d’ufficio ed in via equitativa, esercitando illegittimamente nei suoi confronti l’attività amministrativa"..

In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato documenti, memorie e note di replica.

Con un terzo ricorso – notificato il 12.2.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 22 (ivi rubricato al n. 158/2010 RGR) – l’Associazione Dialogo e Convivenza si grava avverso il provvedimento 29.12.2009 del Responsabile dell’area tecnica del Comune di Cologne, di "sospensione determinazioni" sulla richiesta di permesso per costruire in sanatoria (PDC 34/09) per cambio di destinazione d’uso da uffici a sede dell’associazione Dialogo e Convivenza, presentata al Comune in data 20.11.2009 (doc. 9).

Il provvedimento è così motivato:

"…si comunica che con deliberazione del Consiglio comunale n. 52 del 2.12.2009, esecutiva ai sensi di legge, è stata adottata una variante al Piano del Governo del territorio. La vostra richiesta è in contrasto con l’articolo 22 "Zone B 1 – destinazioni d’uso delle Norme tecniche d’attuazione del Piano delle regole del PGT che prevede che nelle zone B (il vostro intervento ricade in zona B1) siano vietate le destinazioni previste all’articolo 8 punto 8.a) associazioni culturali, punto 8.i)culto religioso, punto 8 l) centri sociali. Tali destinazioni legate unicamente alle necessità comunali possono essere ammesse esclusivamente nelle zone per servizi pubblici."

"Visto l’articolo 1 della legge 3.11.1952 n. 1902 e l’articolo 13 comma 12 della legge regionale 11.3.2005 n. 12 che prevede che nel periodo intercorrente tra l’adozione e la definitiva approvazione degli atti di PGT si applichino le misure di salvaguardia in relazione a interventi in contrasto con le previsioni dei medesimi, con la presente viene sospesa ogni determinazione sulla vostra richiesta in oggetto".

La ricorrente ha articolato la seguente doglianza:

"Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 36 DPR n. 380/2001 all’art. 13 comma 12 della L.R. 11.3.2005 n. 12."

Viene evidenziato che è stata chiesta la sanatoria ai sensi dell’art. 36 TU, di cui sussistevano i requisiti (la doppia conformità), posto che l’intervento era conforme sia al PGR (vigente all’epoca del mutamento di destinazione) sia al PGT (vigente al momento di presentazione della domanda, sottolineando che la variante al PGT che rende l’intervento non conforme è stata adottata 12 giorni dopo la presentazione della domanda di sanatoria.

Viene altresì formulata richiesta di risarcimento danni (cfr. ric. pag. 7 "dichiarare l’obbligo del Comune… a risarcire i danni provocati alla ricorrente, con riserva di procedere in separato giudizio per la loro quantificazione").

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Cologne, chiedendo il rigetto del gravame, sostenendo che non si poteva sanare una destinazione in precedenza non esistente (distinguendo fra moschea e associazione culturale).

Alla Camera di consiglio del 10.3.2010 (ord. N. 136/10) la Sezione ha accolto l’istanza di sospensiva.

Il Comune si è rideterminato con atto prot. 5802 dell’8.4.2010, di diniego della richiesta di permesso di costruire in sanatoria per cambio di destinazione d’uso, così motivando:

"…con la presente si conferma definitivamente il contenuto del provvedimento di preavviso di rigetto del 24.3.2010 prot. N. 4963, ovvero che la domanda non è accoglibile in quanto la medesima non può essere considerata in sanatoria, poiché la destinazione precedentemente accertata è quella di luogo di culto, mentre quella di cui si chiede la sanatoria è "sede di associazione culturale" e alla medesima vanno applicate le misure di salvaguardia ai seni dell’art. 13 comma 12 della legge regionale 11.3.2005 n. 12 in relazione alla variante al PGT di cui alla deliberazione di consiglio comunale n. 52 del 2 dicembre 2009."

La ricorrente Associazione – con atto notificato il 3.6.2010 e depositato il 14.6.2010 – ha proposto motivi aggiunti per impugnare tale nuovo provvedimento, deducendo le seguenti doglianze:

1) "Violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di istruttoria e conseguente travisamento dei fatti presupposti, per carenza ed erroneità della motivazione"; contestando l’affermazione comunale secondo cui non sarebbe mai sussistita la destinazione a sede dell’associazione culturale, in quanto la precedente destinazione era a moschea/luogo di culto.

2) "Violazione di legge con riferimento all’art. 36 DPR n. 380/01"; per avere disatteso l’ordinanza di sospensiva del TAR.

Con memoria depositata il 4.3.2011- in vista della pubblica udienza del 6.4.2011 – l’associazione dialogo e convivenza ha formulato le seguenti "conclusioni":

" 1. Dichiararsi l’illegittimità ed annullarsi gli impugnati provvedimenti di diniego del richiesto Pdc in sanatoria e, conseguentemente, dichiarare l’obbligo del comune di Cologne di rilasciarlo.

2. Condannarsi il Comune di Cologne a risarcire tutti i danni provocati, con il suo illegittimo comportamento, all’Associazione Dialogo e Convivenza ed ai suoi associati. In ogni caso in misura non inferiore allle spese, sostenute per Euro 5.000, per la presentazione della domanda di Pdc in sanatoria.

3. Spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi."

Alla pubblica udienza del 6.4.2011 – alla quale erano chiamati tutti e cinque i ricorsi promossi dall’Associazione dialogo e convivenza nei confronti del Comune di Cologne in relazione ai provvedimenti ediliziurbanistici inerenti la sede dell’Associazione – è stata rappresentata ex art. 73, c. 2 c.p.a. la sussistenza di possibili profili di parziale inammissibilità in relazione alle richieste di risarcimento dei danni avanzate solamente in sede di memoria finale (non notificata) ed in relazione a taluni profili di illegittimità introdotti solo in sede di memoria finale.

Su richiesta concorde dei legali della ricorrente e della resistente Amministrazione, tutti i gravami sono rinviati all’udienza del 13 luglio 2011.

In vista di tale udienza le parti hanno depositato memorie e repliche.

Con un quarto ricorso – notificato il 12.2.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 22 (ivi rubricato al n. 159/2010 RGR) – l’Associazione Dialogo e Convivenza si grava avverso il provvedimento prot. 18255 cat. 06 cl. 03 del 15.12.2009, recante diniego definitivo della DIA in sanatoria presentata in data 20.11.2009, relativa all’intervento di realizzazione di una bussola interna all’ingresso così motivato:

"…evidenziato che non possono ritenersi superati i motivi che ostavano all’accoglimento della domanda, stante il fatto che la realizzazione delle opere (realizzazione locale in alluminio, l’eliminazione del muro divisorio, lo spostamento delle porte, ecc.) devono essere valutate nel risultato complessivo a cui mediante di esse si perviene…"

"rilevato inoltre che con deliberazione di consiglio comunale n. 52 del 2.12.2009 è stata adottata una variante che prevede anche la modifica delle NTA del Piano delle Regole che vieta in zona "B1 residenziale consolidata e di completamento estensiva" le destinazioni d’uso individuate ai punti 8 a) associazioni culturali, 8 i) culto religioso, 8 l) centro sociale dell’art. 8 del DPR."

La ricorrente ha articolato le seguenti doglianze:

"Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 36 DPR n. 380/2001 Eccesso di potere per erroneità della violazione".

Viene contestata la sussistenza delle ragioni ostative opposte, in quanto l’Amministrazione comunale doveva solo verificare la sussistenza della doppia conformità, soggiungendosi che la DIA in sanatoria è stata presentata solo in via prudenziale, ma non ve ne era bisogno, trattandosi di opera manutenzione ordinaria.

Il ricorso non conteneva richiesta di risarcimento danni.

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Cologne chiedendo il rigetto del gravame, sostenendo che la ricorrente opera una non ammissibile "parcellizzazione degli interventi" posti in essere, mentre deve farsi riferimento al risultato complessivo conseguito attraverso gli stessi.

Alla Camera di consiglio del 10.3.2010 (ord. N. 137/10) la Sezione ha accolto l’istanza di sospensiva, invitando il comune a rideterminarsi.

Il Comune si è rideterminato con atto prot. 5805 dell’8.4.2010 – di diniego della richiesta di DIA in sanatoria per la realizzazione di una bussola interna all’ingresso – così motivando:

" premesso che con nota dell’8.4.2010 prot. 5802 è stata definitivamente dichiarata non accoglibile la domanda di sanatoria (PDC 34/09); con la presente si conferma definitivamente il contenuto del provvedimento di preavviso di diniego del 24.3.2010 prot. N. 4971, ovvero di sottoporre anche la DIA 78/09 di cui al presente atto, alle misure di salvaguardia applicate alla domanda di Permesso di costruire in sanatoria (PDC 34/09), confermando pertanto il relativo ordine di ripristino."

Il preavviso di diniego così motivava:

"Vista la DIA in sanatoria presentata in data 20.11.2009 prot. 17072 relativo all’intervento di realizzazione bussola interna d’ingresso;

Dato atto che con nota del 15.12 2009 prot. 18255 è stata negata definitivamente la suddetta DIA 78/09;

Dato atto che, in seguito a impugnativa del provvedimento suddetto, il TAR con ordinanza n. 137 dell’11.3.2010 ha disposto che il Comune si determinasse riguardo, fissando peraltro il principio di diritto secondo cui "in sede di disamina di una specifica istanza di sanatoria ex articolo 36 del D.P.R. 380/01, l’Amministrazione è chiamata esclusivamente a valutare la sussistenza del requisito della doppia conformità (al momento della realizzazione e a quello della presentazione della domanda)".

Dato atto che l’opera fa parte del cambio di destinazione d’uso con opere da uffici a luogo di culto.

Atteso che, in relazione ai suddetti locali, è stata presentata domanda di permesso di costruire in sanatoria (PdC 34/09) "per cambio destinazione d’uso sede di associazione culturale".

Premesso che con nota del 24.3.2010 prot. 4963 tale domanda di sanatoria (PdC 34/09), ai sensi dell’articolo 10 bis, è stata considerata nuova e come tale suscettibile di applicazione delle misure di salvaguardia, di cui all’articolo 13 comma 12 della legge regionale 11.3.2005 n. 12, in relazione alla variante al PGT di cui alla deliberazione di C.C. n. 52 del 2.12.2009.

Ai sensi dell’articolo 10 bis della legge 241/1990, si preannunzia di sottoporre anche la domanda di quel presente atto, alle misure di salvaguardia applicate la domanda di permesso di costruire in sanatoria (PdC 34/09) e, pertanto, con la presente si invitano gli interessati a fornire entro 7 giorni dal ricevimento della presente, memorie scritte e documenti per le valutazioni del caso."

Con atto notificato il 3.6.2010 e depositato il 14.6.2010 l’Associazione Dialogo e convivenza ha proposto motivi aggiunti per impugnare il provvedimento prot. 5805 dell’8.4.2010 nonché tutti i provvedimenti a questo antecedenti e connessi ed in particolare il provvedimento prot. N. 4971 cat. 06 cl. 03 del 24.3.10 di "preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/90 e di sospensione determinazioni", articolando le seguenti censure:

1) (sul preavviso diniego) "Violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità"; con cui si rileva che il preavviso è solo di sospensione delle determinazioni e non di diniego.

2) (sulla determinazione definitiva) "Violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità, perplessità, contraddittorietà, incoerenza con precedenti provvedimenti dello stesso procedimento"; per non essersi l’Amministrazione limitata a prendere in esame la sola bussola, estendendo invece l’esame ad altri interventi, che non sono stati oggetto della richiesta di sanatoria.

3) "Eccesso di potere ed erroneità per travisamento dei fatti presupposti. Eccesso di potere per arbitrarietà della qualificazione della domanda di DIA. Carenza ed erroneità della motivazione"; contestando che l’Associazione abbia effettuato altre opere (in particolare la demolizione della demolizione parete divisoria frai due uffici).

4) "Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà"; evidenziando che l’Amministrazione non può trasformare una DIA in sanatoria in DIA per opera nuova.

5) "Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 DPR n. 380/01 nonché dell’art. 23, c. 3, DPR n. 380/01"; quand’anche si fosse trattato di un" opera nuova la stessa risulterebbe ormai consolidata posto che il diniego è intervenuto ben oltre i 30 giorni previsti ex art. 23, 3 c. DPR 380/01.

6) "Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà"; perché è incompatibile la sospensione delle determinazioni con l’ordine di demolizione.

Ha contro dedotto il Comune con memoria depositata il 9.7.2010.

Con ord. n. 386/10 del 15.6.2010 è stato dato atto della rinuncia all’istanza di sospensione degli effetti dell’atto impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.

Con memoria depositata il 4.3.2011- in vista della pubblica udienza del 6.4.2011 – l’associazione dialogo e convivenza ha formulato le seguenti "conclusioni":

" 1. Dichiararsi l’illegittimità ed annullarsi gli impugnati provvedimenti di diniego del richiesto Pdc in sanatoria e, conseguentemente, dichiarare l’obbligo del Comune di Cologne di assentirla.

2. Condannarsi il Comune di Cologne a risarcire tutti i danni provocati, con il suo illegittimo comportamento, all’Associazione Dialogo e Convivenza ed ai suoi associati. In ogni caso in misura non inferiore alle spese sostenute, per la presentazione della domanda in Euro 3.000.

3. Spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi."

Alla pubblica udienza del 6.4.2011 – alla quale erano chiamati tutti e cinque i ricorsi promossi dall’Associazione dialogo e convivenza nei confronti del Comune di Cologne in relazione ai provvedimenti ediliziurbanistici inerenti la sede dell’Associazione – è stata rappresentata ex art. 73, c. 2 c.p.a. la sussistenza di possibili profili di parziale inammissibilità in relazione alle richieste di risarcimento dei danni avanzate solamente in sede di memoria finale (non notificata) ed in relazione a taluni profili di illegittimità introdotti solo in sede di memoria finale.

Su richiesta concorde dei legali della ricorrente e della resistente Amministrazione, tutti i gravami sono rinviati all’udienza del 13 luglio 2011.

Con atto notificato il 10.6.2011 e depositato il 22.62011 l’Associazione dialogo e convivenza ha proposto ex art. 30, c. 5 c.p.a. la seguente domanda "Condannarsi il Comune di Cologne a rifondere alla ricorrente tutti i danni che le ha causato, in misura determinata anche d’ufficio ed in via equitativa, esercitando illegittimamente nei suoi confronti l’attività amministrativa".

In vista della pubblica udienza del 13.7.2011 le parti hanno depositato memorie e repliche.

Con un quinto ricorso – notificato il 5.7.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 7 (ivi rubricato al n. 705/2010 RGR), l’Associazione Dialogo e Convivenza si grava avverso il provvedimento di approvazione definitiva di variante al piano delle regole del PGT – limitatamente alla modifica n. 1 art. 8 destinazione d’uso – modifica n. 3, art. 22 zona B, destinazione d’uso – nonché al piano dei servizi, norme tecniche di attuazione art. 14 bis.

La ricorrente ha articolato le seguenti doglianze:

1) "Violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento"; con tale motivo si rileva che l’art. 22 zona B delle NTA del PGT approvato il 25.2.2009, al c. 1 destinazioni d’uso per zone B, prevedeva al punto 8 le "Attività private di servizio sociale specificandole (al p.8a associazioni culturali, politiche, sportive, ricreative, religiose"): previsioni che consentivano alla ricorrente di destinare il seminterrato a sede di culto religioso e delle proprie attività associative, mentre con la variante impugnata si è perseguito esclusivamente il fine di impedire all’Associazione l’utilizzo dello stabile come propria sede.

2) "Violazione di legge ed eccesso di potere per carenza ed illogicità di motivazione. Eccesso di potere per disparità di trattamento e carenza di istruttoria. eccesso di potere per sviamento"; lamentando il differente trattamento riservato rispetto alle associazioni politiche, sportive e ricreative.

3) "Violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento nonché per carenza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Violazione dell’art. 19 della Costituzione; contestando la previsione – posta dall’art. 14 bis del Piano dei servizi – che impone che i luoghi di culto siano localizzati esclusivamente su aree pubbliche.

Il ricorso non conteneva richiesta di risarcimento danni.

Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Cologne, chiedendo il rigetto del gravame.

Con atto depositato il 23.7.2010 i difensori della ricorrente hanno dichiarato di rinunciare alla richiesta di sospensiva formulata nel ricorso.

Con memoria depositata il 4.3.2011- in vista della pubblica udienza del 6.4.2011 – l’Associazione dialogo e convivenza ha formulato le seguenti "conclusioni":

" 1. Annullarsi la delibera n. 11/2010 del Consiglio Comunale di Cologne limitatamente alle variazioni, censurate con questo ricorso, apportate al piano delle regole ed al Piano dei servizi del PGT vigente.

2. Condannarsi il Comune di Cologne a risarcire, nella liquidando misura d’ufficio, tutti i danni causati all’Associazione Dialogo e Convivenza e ai suoi associati.

3. Spese, diritti ed onorari di causa oltre accessori di legge interamente rifusi."

Alla pubblica udienza del 6.4.2011 – alla quale erano chiamati tutti e cinque i ricorsi promossi dall’Associazione dialogo e convivenza nei confronti del Comune di Cologne in relazione ai provvedimenti ediliziurbanistici inerenti la sede dell’Associazione – è stata rappresentata ex art. 73, c. 2 c.p.a. la sussistenza di possibili profili di parziale inammissibilità in relazione alle richieste di risarcimento dei danni avanzate solamente in sede di memoria finale (non notificata) ed in relazione a taluni profili di illegittimità introdotti solo in sede di memoria finale.

Su richiesta concorde dei legali della ricorrente e della resistente Amministrazione, tutti i gravami sono rinviati all’udienza del 13 luglio 2011.

Con atto notificato il 10.6.2011 e depositato il 22.62011 l’Associazione dialogo e convivenza ha proposto ex art. 30, c. 5 c.p.a. la seguente domanda "Condannarsi il Comune di Cologne a rifondere alla ricorrente tutti i danni che le ha causato, in misura determinata anche d’ufficio ed in via equitativa, esercitando illegittimamente nei suoi confronti l’attività amministrativa".

In vista della pubblica udienza del 13.7.2011 le parti hanno depositato ulteriori memorie e repliche.

All’esito della discussione i cinque ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente il Collegio procede alla riunione dei ricorsi all’esame i quali, attesa la stretta connessione oggettiva e soggettiva esistente, possono essere decisi con un’unica sentenza.

2. Sempre in via preliminare va rilevato che il Collegio procederà alla disamina delle doglianze così come risultano cristallizzate negli atti introduttivi dei giudizio, risultando inammissibile l’estensione dell’oggetto del giudizio, attraverso l’introduzione di nuovi profili, posto in essere con le memorie non notificate.

3.La ricorrente Associazione Dialogo e Convivenza è stata costituita (cfr. l’atto costitutivo prodotto come doc. n. 2 del ric. n.957/09 R.R.) fra cittadini marocchini regolarmente residenti in Italia per perseguire finalità culturali e di solidarietà sociale (p. 3.2) fra i quali quello (3.3.2) di" approfondire la conoscenza dei valori religiosi e della cultura di fede islamica", proprietaria del piano interrato del complesso edilizio denominato exE., sito in Cologne, via Antonelli n. 38.

4. Con un primo ricorso (n. 957/2009 RGR), l’Associazione impugna l’ordinanza in data 18 settembre 2009 del Responsabile dell’Area tecnica del Comune di Cologne, con la quale le è stato ordinato di procedere:

– alla "realizzazione della parete divisoria tra i due locali come precedentemente autorizzata entro 90 giorni…";

– alla "demolizione del locale con pareti in alluminio e vetro entro 90 giorni…";

– all’ immediato ripristino della destinazione a uffici del locale seminterrato del condominio E., sito a Cologne, via Antonelli n. 38 censito al catasto al foglio 14 mappale 1 sub 99 e 100…".

Il provvedimento impugnato:

a) richiama la relazione del 9.72009 prot. 10746 con la quale, in esito al sopralluogo effettuato in pari data, si rileva l’avvenuta realizzazione "delle opere in difformità dai titoli abilitativi rilasciati:

– è stata eliminata la parete che divideva in due il locale;

– due porte sono state realizzate in posizione diversa;

– è stato realizzato un locale con pareti in alluminio e vetro;

– l’altezza interna è di mt. 2,94 anziché mt. 3,00.

b) ritiene

– di applicare per la realizzazione del locale con pareti in alluminio e vetro e l’eliminazione della parete divisoria tra i due locali, la sanzione di ripristino prevista dall’articolo 31 del DPR 380/01;

– di non applicare alcuna sanzione per lo spostamento delle porte stante il fatto che l’intervento rientra nella definizione di manutenzione ordinaria;

– di non applicare alcuna sanzione per la ridotta altezza stante il fatto che presumibilmente la stessa è dovuta ad un intervento di manutenzione ordinaria;

– di applicare per il mutamento di destinazione a luogo di culto, realizzata in assenza di permesso di costruire come previsto dall’articolo 52 comma 3 bis della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 e s.m.i. la sanzione dell’immediato ripristino della destinazione d’uso.

5. La ricorrente, con il primo motivo contesta – con riguardo all’ordine di realizzare una parete divisoria prevista dall’originario titolo abilitativo – che, nella fattispecie, sussistano i presupposti per farsi luogo all’ applicazione dell’art. 31 TU n. 380/2001 (la totale difformità ovvero la variazione essenziale rispetto al titolo edilizio, rilevando che la mancata realizzazione di un divisorio non dà luogo a totale difformità.

6. La doglianza va disattesa.

La soc. E., realizzatrice del condominio omonimo, con la concessione edilizia in variante n. 72/00 in data 19.2.2000 (prodotta in giudizio come doc. n. 2 del fascicolo del Comune di Cologne), era stata autorizzata dal Comune a modificare quanto previsto dalla concessione originaria.

In particolare, per quanto qui interessa, era stata assentito il mutamento della destinazione d’uso del piano seminterrato da palestra ad uffici, con realizzazione di una differente distribuzione interna dei locali, comportante la suddivisione dell’originario unico ambiente, in due distinti ed autonomi uffici.

Va rilevato che i due uffici venivano quindi separatamente accatastati con attribuzione di distinte identificazioni catastali: f.14 n. 1 sub 99 e f. 14, n.1 sub 100 (cfr. le rispettive schede, prodotte come doc. n. 3 dal Comune di Cologne).

Lo stesso atto di compravendita (cfr. il doc. n. 3 dep. il 24.2.2011 della ricorrente) indica come oggetto di acquisto da parte dell’Associazione Dialogo e Convivenza:

"a) ufficio di piano interrato composto da due locali, cavedio, antibagno e due bagni… identificato in catasto fabbricati come foglio 13 particella 1, sub. 99…";

b) ufficio di piano interrato composto da un locale, cavedio, antibagno e due bagni… identificato in catasto fabbricati come foglio 13 particella 1, sub. 100…".

In tale contesto, non ha alcuna rilevanza la tesi di parte ricorrente, secondo cui (cfr. la memoria depositata il 4.3.2011) sarebbe avvenuto che la soc. E., pur avendo ottenuto il titolo concessorio in variante del 2000, non avrebbe poi eseguito il muro divisorio necessario per realizzare i due distinti ufficio, sicché il locale seminterrato sarebbe rimasto nello stato originario (di indivisione)

Invero, quand’anche così fosse, va ricordato che l’acquirente di un immobile succede nel diritto reale e nelle posizioni attive e passive che facevano capo al precedente proprietario e che sono inerenti alla cosa, ivi compresa l’abusiva trasformazione (cfr. ex multis; Cons. St. Sez. V, 10 gennaio 2007 n. 40, TAR Umbria, 23 luglio 2009, n. 441).

Neppure può condividersi la tesi secondo cui l’art. 31 TU n. 380/2001 prevederebbe solo la sanzione demolitoria e non già la possibilità di ordinare la realizzazione di un’opera (nella specie la realizzazione di un muro divisorio). Invero la norma ha funzione ripristinatoria, prevedendo la rimessione nel pristino stato della res, pertanto al fine di conseguire tale risultato è ben possibile anche imporre la realizzazione di un muro divisorio, restando del tutto irrilevante che lo stesso sia stato demolito ovvero non sia stato realizzato.

Infine, circa la sussistenza della difformità totale, va rilevato che occorre guardare non alla mera opera materiale, bensì al complessivo risultato ottenuto mediante la stessa, che nella specie è costituito dalla realizzazione di un’unica vasta unità immobiliare nel piano interrato (un vasto salone di circa 700 mq. in luogo de due unità immobiliari destinate ad uffici previste dal titolo abilitativo).

Infatti, interventi edilizi interni che provochino una diversa utilizzazione dell’area interessata, come nel caso dell’aumento (da una a due) delle unità abitative, determinano una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico (cfr. Cons. St. Sez. V 23.5.1997 n. 529 e Sez. IV 29.4.2004 n. 2611; T.A.R. Trentino Alto Adige Trento, 12 maggio 2006 n. 160).

Tale è la situazione che evidentemente si determina nella fattispecie, con la trasformazione di due distinte unità di media dimensione con destinazione a uffici, in un’unica unità di rilevanti dimensioni (circa 700 mq.) destinata ad accogliere un rilevante numero di associati e potenzialmente idonea a determinare l’afflusso, per scopi cultuali, di un numero ancora più rilevanti di persone anche da aree extracomunali.

7. Con il secondo motivo, l’Associazione ricorrente – in relazione all’ordine di demolizione del locale con pareti in alluminio e vetro – evidenzia che la mera realizzazione di una bussola non costituisce modificazione sanzionabile, essendo l’intervento limitato ad ottenere la separazione della porta d’ingresso dal locale, per impedire la dispersione termica, sicché si tratterebbe di un intervento di manutenzione ordinaria.

Va premesso che, per generale principio, le opere realizzate non debbono essere prese in esame atomisticamente (la realizzazione del locale in alluminio, l’eliminazione del muro divisorio, lo spostamento di porte, ecc.), ma devono essere valutate nel risultato complessivo a cui mediante di esse si perviene. Con riguardo alla fattispecie all’esame, va ribadito che,,attraverso l’insieme degli interventi, si è pervenuti alla realizzazione, in luogo di due uffici, di un’unica vasta sala nella quale l’Associazione esercita le sue attività istituzionali, ivi comprese quelle (cfr. il p. 3.3.2 dell’atto costituitivo) di "approfondire la conoscenza dei valori religiosi e della cultura di fede Islamica".

8.Con il terzo motivo la ricorrente contesta che sia stata creata una moschea sicché non potrebbe trovare applicazione l’art. 52, c. 3 bis della L.R. n. 12/2005. circa la modificazione della destinazione d’uso, sostenendo che l’attività che di fatto viene svolta nell’immobile (la preghiera) non ha nulla a che fare con la normativa edilizia (all’uopo richiamando Cons. St. 14.5.2003 n. 2586).

9. La censura va disattesa.

La L.R. 11.3.2005 n. 12, al comma 3 bis dell’art. 52 (recante la rubrica "Mutamenti di destinazione d’uso con e senza opere edilizie") espressamente dispone che: "I mutamenti di destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire";

La Sezione (cfr. la sentenza 14.9.2010 n. 3522) ha già avuto modo di rilevare che tale disposizione vuole evitare che – attraverso la liberalizzazione dei cambi di destinazione d’uso stabilita dall’art. 51 della LR 12/2005 – siano realizzate innovazioni di grande impatto sul tessuto urbano senza un preventivo esame da parte dell’amministrazione.

Va rilevato che quand’anche dovesse accedersi alla tesi di parte ricorrente, – secondo cui nella fattispecie non si sarebbe in presenza di un luogo espressamente destinato all’esercizio del culto islamico, ma solo di un luogo di raduno di immigrati di religione islamica con finalità meramente culturali e non cultuali – ciò non di meno comunque trova applicazione (configurandosi alternativamente l’ipotesi del "centro sociale", inteso come luogo di aggregazione di una cospicua entità di soggetti aventi interessi comuni) la suddetta norma regionale che richiede il rilascio di specifico titolo edilizio, nella specie non richiesto.

10. Conclusivamente il ricorso va rigettato anche nella domanda di risarcimento dei danni, essendo risultata legittimamente applicata la sanzione ripristinatoria.

11. Con un secondo ricorso (n. 1170/2009 RGR), l’Associazione Dialogo e Convivenza si grava avverso due delibere del Consiglio Comunale di Cologne (la n. 32 del 6.8.2009, recante approvazione della variante al piano delle regole e dei servizi, e la n. 33 del 28.8.2009 di rettifica della delibera n. 32), mediante le quali si provvedeva a mutare le destinazioni d’uso consentite nella zona ove ricade il fabbricato di proprietà della ricorrente, escludendo espressamente le attività di culto religioso e le associazioni culturali, politiche, sportive ricreative e religiose.

12. Il Comune di Cologne, con la memoria depositata il 4.3.2011, pone in luce che le deliberazioni qui impugnate non sono più in vigore, in quanto le modificazione in esse previste sono poi confluite nella variante generale adottata il 2.12.2009 (con la delibera di c.c. n. 52) e approvata l’ 8.4.2010 (con la delibera n. 11), che è stata impugnata dalla ricorrente Associazione con il successivo ric. n. 705/2010, sicché chiede che il gravame venga dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, soggiungendo che, al momento in cui è stato proposto il ricorso n. 1170/10, era già in corso di adozione la variante generale all’interno della quale sono confluite le modifiche qui contestate.

13. Con atto notificato il 10.6.2011 e depositato il 22.62011, l’Associazione dialogo e convivenza ha proposto ex art. 30, c. 5 c.p.a. la seguente domanda: "Condannarsi il Comune di Cologne a rifondere alla ricorrente tutti i danni che le ha causato, in misura determinata anche d’ufficio ed in via equitativa, esercitando illegittimamente nei suoi confronti l’attività amministrativa"..

14. Il ricorso va dichiarato improcedibile.

L’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame, che al momento della decisione.

La circostanza che successivamente sia stata proposta anche la domanda risarcitoria (v. p. 13) non può condurre a diversa conclusione, posto che la suddetta domanda è del tutto generica e priva di qualsiasi prova circa la sussistenza di qualsiasi danno effettivamente subito per effetto delle suddette deliberazioni.

15. Con un terzo ricorso (n. 158/2010 RGR), l’Associazione Dialogo e Convivenza – che aveva presentata al Comune in data 20.11.2009 (cfr. il doc. 9) richiesta di permesso per costruire in sanatoria (PDC 34/09) per cambio di destinazione d’uso da uffici a sede dell’associazione Dialogo e Convivenza – impugna il provvedimento in data 29.12.2009 del Responsabile dell’area tecnica del Comune di Cologne, denominato "sospensione determinazioni", con il quale si è provveduto sulla stessa..

Il provvedimento è così motivato:

"…si comunica che con deliberazione del Consiglio comunale n. 52 del 2.12.2009, esecutiva ai sensi di legge, è stata adottata una variante al Piano del Governo del territorio. La vostra richiesta è in contrasto con l’articolo 22 "Zone B 1 – destinazioni d’uso delle Norme tecniche d’attuazione del Piano delle regole del PGT che prevede che nelle zone B (il vostro intervento ricade in zona B1) siano vietate le destinazioni previste all’articolo 8 punto 8.a) associazioni culturali, punto 8.i)culto religioso, punto 8 l) centri sociali. Tali destinazioni legate unicamente alle necessità comunali possono essere ammesse esclusivamente nelle zone per servizi pubblici."

"Visto l’articolo 1 della legge 3.11.1952 n. 1902 e l’articolo 13 comma 12 della legge regionale 11.3.2005 n. 12 che prevede che nel periodo intercorrente tra l’adozione e la definitiva approvazione degli atti di PGT si applichino le misure di salvaguardia in relazione a interventi in contrasto con le previsioni dei medesimi, con la presente viene sospesa ogni determinazione sulla vostra richiesta in oggetto".

16. La ricorrente – con unica doglianza – ha lamentato la violazione dell’ art. 36 TU edil., posto che nella specie sussistevano i requisiti della doppia conformità dalla norma richiesti.

La resistente amministrazione sostiene che non si poteva sanare una destinazione in precedenza non esistente, distinguendo fra moschea e associazione culturale.

17. In sede cautelare ord. n. 136/10 del 10.3.2010 è stata accolta l’istanza di sospensiva, rilevando "che, in sede di disamina di una specifica istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01, l’Amministrazione è chiamata esclusivamente a valutare la sussistenza del requisito della doppia conformità (al momento della realizzazione e a quello della presentazione della domanda) in relazione allo specifico intervento per cui è richiesto l’accertamento di conformità;" con invito all’Amministrazione "a rideterminarsi al riguardo".

18. Il Comune si è rideterminato con atto dell’8.4.2010, di diniego della richiesta di permesso di costruire in sanatoria per cambio di destinazione d’uso, così motivando:

"…con la presente si conferma definitivamente il contenuto del provvedimento di preavviso di rigetto del 24.3.2010 prot. N. 4963, ovvero che la domanda non è accoglibile in quanto la medesima non può essere considerata in sanatoria, poiché la destinazione precedentemente accertata è quella di luogo di culto, mentre quella di cui si chiede la sanatoria è "sede di associazione culturale" e alla medesima vanno applicate le misure di salvaguardia ai sensi dell’art. 13 comma 12 della legge regionale 11.3.2005 n. 12 in relazione alla variante al PGT di cui alla deliberazione di consiglio comunale n. 52 del 2 dicembre 2009."

19. La ricorrente Associazione ha proposto motivi aggiunti per impugnare tale nuovo provvedimento, contestando: a) l’affermazione comunale che non sussistesse la destinazione a sede dell’associazione culturale, essendo la precedente destinazione quella a moschea/luogo di culto; b) la violazione dell’art. 36 DPR n. 380/01.

20.Il ricorso originario è divenuto improcedibile per effetto della nuova determinazione del Comune di Cologne impugnata con motivi aggiunti.

21. I motivi aggiunti sono fondati.

L’art. 36 TU edil. 380/2001 – accertamento di conformità – prevede che:

"1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda".

Come evidenziato dalla parte ricorrente, l’intervento – il mutamento di destinazione d’uso – risultava conforme sia al PGR – che era vigente all’epoca del mutamento di destinazione – sia al PGT – che vigeva al momento di presentazione della domanda, avvenuta il 20.11.2009 -, mentre che la variante al PGT che rende l’intervento non conforme è stata adottata 12 giorni dopo la presentazione della domanda di sanatoria (con la delibera n. 52 del 2.12.2009).

La differenziazione introdotta dal Comune fra sede dell’associazione moschea risulta speciosa.

È pur vero che la domanda dell’associazione (doc. n. 9 della ric.) reca l’indicazione sede dell’Associazione, ma gli scopi della medesima – come risulta dall’atto costitutivo più volte richiamato – sono anche religiosi e cultuali: "approfondire la conoscenza dei valori religiosi e della cultura di fede Islamica" (cfr. doc. n. 2 – p. 3.3..2).

Inoltre, la stessa Amministrazione comunale, in sede di sopralluogo, ha accertato che il locale in questione era stato addobbato per il culto islamico, ma anche che vi erano sedie. Può dunque rilevarsi che le due destinazioni non sono affatto alternative ma complementari. In ogni caso sia quella a luogo di culto sia quella a sede di associazione erano consentite antecedentemente alla variante approvata il 2.12.2009.

22. La domanda risarcitoria va rigettata.

Invero, per effetto dell’accoglimento della domanda annullatoria, il Comune è tenuto al rilascio del permesso in sanatoria richiesto, sicché non sussistono danni ulteriori da risarcire, posto che le spese sostenute per presentare la domanda di sanatoria (cfr. la memoria depositata il 4.3.2011"in misura non inferiore alle spese, sostenute per Euro 5.000, per la presentazione della domanda di Pdc in sanatoria") non discende da un comportamento illegittimo del Comune,ma della ricorrente che aveva mutato la destinazione d’uso dello stabile senza previamente chiedere il necessario titolo edilizio (v. p. 9).

23. Con un quarto ricorso (n. 159/2010 RGR) – l’Associazione Dialogo e Convivenza impugna il provvedimento in data 15.12.2009, recante diniego definitivo della DIA in sanatoria presentata in data 20.11.2009, relativa all’intervento di realizzazione di una bussola interna all’ingresso.

L’atto è così motivato:

"…evidenziato che non possono ritenersi superati i motivi che ostavano all’accoglimento della domanda, stante il fatto che la realizzazione delle opere (realizzazione locale in alluminio, l’eliminazione del muro divisorio, lo spostamento delle porte, ecc.) devono essere valutate nel risultato complessivo a cui mediante di esse si perviene…"

"rilevato inoltre che con deliberazione di consiglio comunale n. 52 del 2.12.2009 è stata adottata una variante che prevede anche la modifica delle NTA del Piano delle Regole che vieta in zona "B1 residenziale consolidata e di completamento estensiva" le destinazioni d’uso individuate ai punti 8 a) associazioni culturali, 8 i) culto religioso, 8 l) centro sociale dell’art. 8 del DPR."

La ricorrente contesta la sussistenza delle ragioni ostative opposte, in quanto l’Amministrazione comunale doveva solo verificare la sussistenza della doppia conformità, soggiungendosi che la DIA in sanatoria è stata presentata solo in via prudenziale, ma non ve ne era bisogno, trattandosi di opera di manutenzione ordinaria.

Il Comune sostiene che la ricorrente opera una parcellizzazione degli interventi

24. Alla Camera di consiglio del 10.3.2010 (ord. N. 137/10) la Sezione ha accolto l’istanza di sospensiva, rilevando "che, in sede di disamina di una specifica istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/01, l’Amministrazione è chiamata esclusivamente a valutare la sussistenza del requisito della doppia conformità (al momento della realizzazione e a quello della presentazione della domanda) in relazione allo specifico intervento per cui è richiesto l’accertamento di conformità;",

invitando l’Amministrazione a rideterminarsi al riguardo.

25. Il Comune si è rideterminato con atto prot. 5805 dell’8.4.2010 – di diniego – così motivando:

"premesso che con nota dell’8.4.2010 prot. 5802 è stata definitivamente dichiarata non accoglibile la domanda di sanatoria (PDC 34/09); con la presente si conferma definitivamente il contenuto del provvedimento di preavviso di diniego del 24.3.2010 prot. N. 4971, ovvero di sottoporre anche la DIA 78/09 di cui al presente atto, alle misure di salvaguardia applicate alla domanda di Permesso di costruire in sanatoria (PDC 34/09), confermando pertanto il relativo ordine di ripristino."

Il preavviso di diniego così motivava:

"Vista la DIA in sanatoria presentata in data 20.11.2009 prot. 17072 relativo all’intervento di realizzazione bussola interna d’ingresso;

Dato atto che con nota del 15.12 2009 prot. 18255 è stata negata definitivamente la suddetta DIA 78/09;

Dato atto che, in seguito a impugnativa del provvedimento suddetto, il TAR con ordinanza n. 137 dell’11.3.2010 ha disposto che il Comune si determinasse al riguardo, fissando peraltro il principio di diritto secondo cui "in sede di disamina di una specifica istanza di sanatoria ex articolo 36 del D.P.R. 380/01, l’Amministrazione è chiamata esclusivamente a valutare la sussistenza del requisito della doppia conformità (al momento della realizzazione e a quello della presentazione della domanda)".

Dato atto che l’opera fa parte del cambio di destinazione d’uso con opere da uffici a luogo di culto.

Atteso che, in relazione ai suddetti locali, è stata presentata domanda di permesso di costruire in sanatoria (PdC 34/09) "per cambio destinazione d’uso sede di associazione culturale".

Premesso che con nota del 24.3.2010 prot. 4963 tale domanda di sanatoria (PdC 34/09), ai sensi dell’articolo 10 bis, è stata considerata nuova e come tale suscettibile di applicazione delle misure di salvaguardia, di cui all’articolo 13 comma 12 della legge regionale 11.3.2005 n. 12, in relazione alla variante al PGT di cui alla deliberazione di C.C. n. 52 del 2.12.2009.

Ai sensi dell’articolo 10 bis della legge 241/1990, si preannunzia di sottoporre anche la domanda di quel presente atto, alle misure di salvaguardia applicate la domanda di permesso di costruire in sanatoria (PdC 34/09) e, pertanto, con la presente si invitano gli interessati a fornire entro 7 giorni dal ricevimento della presente, memorie scritte e documenti per le valutazioni del caso."

26. L’Associazione Dialogo e convivenza ha proposto motivi aggiunti per impugnare il provvedimento comunale dell’8.4.2010 (nonché il preavviso di diniego del 24.3.2010) ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/90 e di sospensione determinazioni".

27. Il ricorso originario è divenuto improcedibile per effetto della nuova determinazione del Comune di Cologne impugnata con motivi aggiunti.

28. I motivi aggiunti sono fondati in relazione a quanto rilevato al p. 21 in ordine alla sussistenza del requisito della doppia conformità al momento di presentazione della domanda.

Sotto altro profilo, va notato che – una volta che è stata presentata domanda di sanatoria del mutamento di destinazione d’uso del fabbricato e che la stessa aveva i requisiti della doppia conformità – la motivazione posta a sostegno del diniego di sanatoria per la bussola viene comunque ad essere travolta.

29. La domanda risarcitoria va rigettata.

Invero, anche in questo caso, come nel precedente ricorso cfr. p. 22), una volta accolta la domanda annullatoria, il Comune è tenuto al rilascio del permesso in sanatoria richiesto, sicché non sussistono danni ulteriori da risarcire, posto che le spese sostenute per presentare la domanda di sanatoria (cfr. la memoria depositata il 4.3.2011"in misura non inferiore alle spese, sostenute per Euro 3.000, per la presentazione della domanda di Pdc in sanatoria") non discende da un comportamento illegittimo del Comune, ma della ricorrente che aveva mutato la destinazione d’uso dello stabile senza previamente chiedere il necessario titolo edilizio (v. p. 9).

30. Con un quinto ricorso (n. 705/2010 RGR), l’Associazione Dialogo e Convivenza impugna in parte qua il provvedimento (la delibera del consiglio comunale n. 11 del 8.4.2011) di approvazione definitiva della variante al piano delle regole del PGT, con la quale sono state apportate n. 14 variazioni. L’impugnazione riguarda "modifica n. 1 art. 8 destinazione d’uso – modifica n. 3, art. 22 zona B, destinazione d’uso – Piano dei Servizi, norme tecniche di attuazione, art. 14 bis (cfr. ric. pag. 3).

Secondo la deducente, attraverso le suddette modificazione si è elusivamente perseguito lo scopo, frutto di sviamento di potere, di impedire l’utilizzo dello stabile sito in via Antonelli n. 38 come sede dell’Associazione stessa.

31. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento, rilevando che si è inteso colpire esclusivamente l’Associazione, mentre libero spazio è stato dato alle associazioni politiche, sportive e ricreative e ai centri oratoriani. Strettamente connessa alla prima è la seconda doglianza, con cui si prospetta "eccesso di potere per disparità di trattamento e carenza di istruttoria. eccesso di potere per sviamento", lamentando il differente trattamento riservato rispetto alle associazioni politiche, sportive e ricreative

32. Le due censure, che possono essere disaminate congiuntamente, non sono fondate.

La prima presenta profili di genericità ed indeterminatezza.

Invero, pur deducendo violazione di legge, non è stato indicato alcun parametro normativo che si lamenti violato.

Inoltre, è afferma in maniera apodittica la sussistenza di una finalità sviata in capo all’Amministrazione; ma – va ricordato – la censura di sviamento di potere deve essere supportata da precisi e concordanti elementi di prova, idonei a dar conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo a tal fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’organo amministrativo (cfr. T.A.R. Palermo, Sez. II, 24 giugno 2010 n. 7921, Cons. St., Sez. V, 11 marzo 2010 n. 1418; Cons. St., Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3376).

Con riguardo alla seconda doglianza, occorre rilevare che – come correttamente posto in luce dalla difesa del Comune – è la legge urbanistica regionale (n. 12/05) a valorizzare la specificità degli edifici di culto e delle attrezzatura destinate a servizi religiosi, prescrivendo – all’art. 72 "Rapporti con la pianificazione comunale" – che "1. Nel piano dei servizi e nelle relative varianti, le aree che accolgono attrezzature religiose, o che sono destinate alle attrezzature stesse, sono specificamente individuate, dimensionate e disciplinate sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all’articolo 70. Le attrezzature religiose sono computate nella loro misura effettiva nell’ambito della dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale di cui all’articolo 9, senza necessità di regolamentazione con atto di asservimento o regolamento d’uso".

Va ricordato che le prescrizioni urbanistiche impartite nell’esercizio della potestà pianificatoria delle Amministrazioni Comunali sono espressione dell’ampia discrezionalità che ad esse compete nella definizione delle tipologie di utilizzazioni delle singole parti del territorio, cosicché le scelte effettuate, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, non sono sindacabili, salvo che risultino incoerenti o manifestamente incompatibili con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio, o manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio, ovvero, ancora, affette da vizi macroscopici di illogicità e di irrazionalità, di incoerenza con le scelte di fondo del piano, di difettosa istruttoria e/o mancata considerazione degli interessi pubblici e privati coinvolti nell’assetto del territorio, riconducibili all’alveo dell’eccesso di potere.

Nella fattispecie, deve quindi ritenersi che l’Amministrazione abbia legittimamente differenziato – in relazione al grado di incidenza derivante dal numero di soggetti in concreto aggregati in loco – la posizione delle diverse associazioni.

33. Con il terzo motivo, la deducente contesta la legittimità della prescrizione, posta dal’art. 14 bis del Piano dei servizi che impone che i luoghi di culto siano localizzati su aree a servizi pubblici.

34. Il motivo va disatteso

Come rilevato dalla difesa del’Amministrazione, la norma contestata non va intesa nel senso proposto dalla ricorrente, ma deve essere letta in connessione con quanto indicato dall’art. 8 del medesimo piano dei servizi, il quale consente ai privati altresì di presentare proposte di realizzazione di luoghi di culto anche in relazione ad aree diverse da quelle pubbliche indicate nel piano dei servizi, purchè non si tratti di aree agricole, ambientali, di rispetto o di non trasformazione.

35. Le spese di giudizio, attesa la peculiarità della complessa vicenda e la parziale soccombenza reciproca, possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) preliminarmente riuniti i ricorsi in epigrafe: respinge i n. 957/09 e n. 705/10; dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il n. 1170/09; in parte dichiara improcedibili (rispetto al ricorso introduttivo) e in parte accoglie (rispetto ai motivi aggiunti) i ric. n. 158/10 e n. 159/10.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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