T.A.R. Puglia Bari Sez. I, Sent., 22-09-2011, n. 1375 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A. Con bando del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditorato Interregionale OO.PP. per la Puglia e la Basilicata, per conto del Ministero della Giustizia, in data 7 novembre 2008 veniva indetta una procedura aperta per l’affidamento dei lavori per l’adeguamento degli impianti tecnologici, ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, di straordinaria manutenzione degli impianti tecnologici, con sistemazione dei servizi igienici per i disabili e gli impianti elevatori, e per il ripristino di un ascensore, tutti relativi all’edificio sito in Bari a piazza de Nicola, sede degli uffici giudiziari.

L’importo a base d’appalto era fissato in Euro 3.740.000,00, comprensivo degli oneri di sicurezza e il criterio di applicazione era individuato nel prezzo più basso.

Valutate le offerte, con nota 22 dicembre 2008 prot. 6949 veniva richiesta la documentazione di rito alla costituenda associazione temporanea di imprese tra le ditte A. S.r.l. – A.E.T., A. S. S.r.l., F. S.r.l. e C. S.r.l. che aveva presentato la miglior offerta (come risulta dal verbale n. 2 del 15 dicembre 2008). Le imprese fornivano i chiarimenti con documentazione a corredo, in quest’occasione e successivamente, essendo pervenute altre analoghe richieste di delucidazioni, fino all’esibizione del libro matricola della C. S.r.l. avvenuta il 12 febbraio 2009.

In seguito l’Amministrazione è rimasta silente, sicché le imprese interessate si sono viste costrette a notificare il 17 giugno 2010 un atto di significazione e di diffida con il quale, premesse le circostanze in sintesi sopra riportate, richiamando la disciplina relativa all’aggiudicazione riveniente dagli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 e prospettando la responsabilità precontrattuale della parte pubblica, esse assegnavano il termine di 30 giorni per addivenire alla stipula del contratto, assumendo che fosse intervenuta l’aggiudicazione, sia provvisoria sia definitiva.

Nel medesimo atto veniva comunicato il conferimento del ramo d’azienda da parte della F. s.r.l., originaria mandante, alla M. s.r.l.

Le ditte venivano invece a conoscenza dell’autoannullamento della gara, prima attraverso la nota di comunicazione del 13 luglio 2010 e poi attraverso la visione integrale del decreto del Provveditore interregionale alle OO.PP. della Puglia e Basilicata n. 413 del 7 luglio 2010, a seguito di accesso in data 22 luglio 2011.

La A. S.r.l. – A.E.T., la A. S. S.r.l., la M. S.r.l. e la C. S.r.l. impugnano tale provvedimento con tutti gli atti presupposti, in epigrafe meglio specificati, deducendo le seguenti motivi:

1) violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (perché il provvedimento in autotutela non è stato preceduto dall’avviso di avvio del procedimento);

2) violazione per falsa applicazione dell’articolo 21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241; violazione per carente applicazione dell’articolo 21 sexies della legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere per sviamento della causa (il provvedimento, pur essendo formalmente qualificato come annullamento, si pone quale revoca, che però può essere disposta soltanto in base ad un ragionevole e dimostrato nuovo apprezzamento dell’interesse pubblico o per interesse pubblico sopravvenuto, con tutela del legittimo affidamento del destinatario, anche tramite indennizzo);

3) violazione degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163; eccesso di potere per malgoverno dei presupposti ed arbitrarietà (tenendo conto che l’aggiudicazione provvisoria deve ritenersi approvata per silentium; ciò comporta che la stipulazione del contratto debba avvenire entro 60 giorni, conclusione confortata dal fatto che il Provveditorato alle Opere pubbliche, che ha richiesto chiarimenti sia sull’offerta sia su specifici elementi aziendali, soprattutto relativi al personale, sembra aver con ciò promiscuamente applicato gli articoli 88 – riguardante la verifica di anomalia – e 12 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163; in sostanza si tratterebbe di un comportamento meramente dilatorio sfociante anche in un’autotutela non ammessa perché incidente su un vincolo negoziale già formatosi, che doveva soltanto riprodursi nel documento contrattuale);

4) violazione dell’articolo 21 sexies della legge 7 agosto 1990 n. 241; illegittimità sostanziale; eccesso di potere per arbitrarietà e malgoverno dei presupposti (le ragioni poste a fondamento dell’autoannullamento – o meglio della revoca – sono inidonee alla luce della normativa procedimentale sotto il profilo dell’interesse pubblico valutato);

5) violazione dell’articolo 21 sexies della legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere per arbitrarietà, nonché per sviamento dalla causa e dall’interesse pubblico (l’interpretazione data dalla stazione appaltante alla clausola del disciplinare – che viene altresì impugnata -, per la quale "L’Amministrazione si riserva la facoltà di annullare la gara senza che i partecipanti possono avanzare richiesta per eventuali rimborsi, compensi o indennizzi a qualsiasi titolo" porterebbe a configurare l’autotutela come un potere libero, esercitabile in assenza dei presupposti specifici per l’autoannullamento o per la revoca e in contrasto con l’interesse, sotteso alla stessa indizione della gara, di mettere a norma il frequentato ufficio pubblico);

6) eccesso di potere per violazione dei principi di cui all’articolo 1337 del codice civile, nonché per arbitrarietà e ingiustizia sostanziale (l’interruzione delle "trattative" sarebbe priva di ogni ragionevole giustificazione, essendo il provvedimento impugnato – oltretutto tardivamente emanato, solo dopo la diffida – contrario rispetto all’avviso – favorevole – espresso in data 6 novembre 2009).

Le imprese perciò chiedono, in ordine graduato, che il Tribunale

a) annulli i provvedimenti impugnati;

b) prenda atto dell’intervenuta formazione tacita ex lege dell’aggiudicazione definitiva e, per conseguenza, dichiari l’obbligo della Stazione appaltante di stipulare il contratto;

c) in subordine, dichiari la responsabilità della Stazione appaltante (e, se del caso, delle Amministrazioni intimate) per violazione degli obblighi comportamentali cui è tenuta in forza di contatto qualificato e, per l’effetto, condanni al risarcimento del danno, allo stato quantificato – e salva miglior definizione nel corso del giudizio – nella misura del 15% del valore di aggiudicazione per mancato utile d’impresa, con rivalutazione ed interessi;

d) in estremo subordine e nell’ipotesi in cui non fosse ritenuta la formazione tacita dell’aggiudicazione definitiva, dichiarare la responsabilità precontrattuale della Stazione appaltante, ex articolo 1337 del codice civile, con rifusione delle spese sostenute e con risarcimento del danno subito in relazione alla circostanza che l’affidamento ingenerato nella A.T.I. ricorrente non le aveva consentito di accettare altri coevi appalti, avendo destinato le risorse d’impresa, sia materiali sia finanziarie all’appalto relativo al Tribunale di Bari.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero della Giustizia, eccependo la mancanza d’interesse alla conclusione della procedura di gara da parte della costituenda A.T.I., deducibile, secondo la tesi della parte resistente, da una serie di circostanze (parziale modifica soggettiva dell’associazione di imprese, non comunicata alla stazione appaltante; mancata manifestazione espressa d’interesse e mancata proroga della polizza fideiussoria), negando che si sia addivenuti all’aggiudicazione provvisoria e contestando nel merito le argomentazioni attoree.

L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 9 settembre 2010 n. 612, per le seguenti ragioni: "Considerato che le questioni dedotte in ricorso, incentrate sull’illegittimità del comportamento della stazione appaltante che ha annullato in autotutela la gara indetta per l’adeguamento degli impianti tecnologici ed altri servizi dell’edificio in Piazza De Nicola destinato a sede degli uffici giudiziari di Bari, della quale la ricorrente era risultata aggiudicataria provvisoria, richiedono di essere esaminate nella più consona sede di merito;

Ritenuto che il lungo tempo decorso dallo svolgimento della gara evidenzia di per sé la carenza di pregiudizio grave e irreparabile che giustifica la richiesta della misura cautelare".

All’udienza del 22 giugno 2011 la causa è stata riservata per decisione.

B.1. Occorre preliminarmente esaminare i rilievi delle Amministrazioni convenute.

B.1.a. Innanzitutto, le stesse sostengono che la costituenda A.T.I. non ha mostrato interesse alla conclusione della procedura di gara: infatti, oltre a non adoperarsi esplicitamente in tal senso, non avrebbe immediatamente (ma solo con la diffida notificata il 17 giugno 2010) comunicato la parziale modifica soggettiva dell’associazione di imprese, conseguente alla cessione di un ramo d’azienda della mandante società a responsabilità limitata F. alla M. (avvenuta con atto pubblico del 18 dicembre 2009), né avrebbe prorogato la polizza fideiussoria, la cui validità era limitata a 180 giorni.

Gli argomenti non convincono alla luce dello svolgersi degli avvenimenti.

Invero, alla seduta del 15 dicembre 2008, in cui l’offerta dell’associazione di imprese ricorrenti è stata individuata come la più conveniente, sono seguiti uno scambio di corrispondenza e alcuni incontri tra le parti specificamente finalizzati alla conclusione della procedura. Essi, secondo la ricostruzione attorea (non smentita dall’Amministrazione dei Lavori pubblici e anzi confermata nella relazione del Provveditorato interregionale del 25 agosto 2010, pagina 2), si sono conclusi (il 12 febbraio 2009) con una dichiarazione del Responsabile unico del procedimento, architetto Vincenzo Torrente, per la quale la verifica relativa all’eventuale anomalia dell’offerta doveva ritenersi terminata e non sarebbe pervenuta alcun’ulteriore richiesta istruttoria. In seguito è proprio il Provveditorato ai lavori pubblici che è rimasto inattivo e silente, pur essendo tenuto a definire la selezione, finché, a distanza di quasi cinque mesi, non ha provveduto al contestato autoannullamento, ma solo dopo un nuovo atto di impulso, costituito dalla diffida notificata dall’associazione temporanea d’impresa il 17 giugno 2010.

Di conseguenza non è dato arguirsi in generale dalle suddette circostanze un atteggiamento di disinteresse e trascuratezza da parte della A.T.I.

A tale conclusione non è possibile giungere nemmeno nello specifico.

Per un verso, a norma dell’articolo 51 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, la modifica soggettiva nella compagine non comportava alcun effetto automaticamente espulsivo, ma solo l’obbligo della verifica dei requisiti in capo all’affittuario, verifica che non è stata compiuta perché l’Amministrazione ha autoritativamente posto nel nulla l’intera procedura, con il provvedimento gravato.

Per l’altro verso, la mancata proroga della polizza fideiussoria non esplica in concreto alcun effetto. In base all’articolo 75, quinto comma, del codice dei contratti pubblici, infatti, "La garanzia deve avere validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta. Il bando o l’invito possono richiedere una garanzia con termine di validità maggiore o minore, in relazione alla durata presumibile del procedimento, e possono altresì prescrivere che l’offerta sia corredata dall’impegno del garante a rinnovare la garanzia, per la durata indicata nel bando, nel caso in cui al momento della sua scadenza non sia ancora intervenuta l’aggiudicazione, su richiesta della stazione appaltante nel corso della procedura". Nel caso di specie, il disciplinare di gara (v. pagine 67, "BUSTA A – DOCUMENTAZIONE’, n. 1) non conteneva una precisazione di tal fatta, né tanto meno è stata formulata dall’Amministrazione la richiesta di rinnovo.

Sul punto si è altresì pronunciato il Consiglio di Stato, sesta Sezione, con la decisione 8 giugno 2010 n. 4019, secondo la quale "la circostanza che il concorrente non abbia dichiarato, allo scadere dei 180 giorni, di voler mantenere l’offerta, non significa che fosse decaduto dall’offerta medesima".

B.1.b. La parte resistente nega poi che la A.T.I. abbia ottenuto l’aggiudicazione provvisoria. Tale premessa dev’essere sviluppata al fine di verificarne l’approdo logico.

L’assenza di un’aggiudicazione (anche) provvisoria importerebbe il rigetto delle censure rubricate sub 4, priverebbe del loro fondamento le contestazioni che si basano sull’affidamento delle ditte sul favorevole esito della procedura e, in radice, porterebbero a dubitare della stessa posizione qualificata e differenziata delle ricorrenti rispetto ai concorrenti alla gara.

Il ragionamento però non tiene conto in concreto della lex specialis e dello svolgersi della vicenda.

Il disciplinare di gara, nel regolare le operazioni (pagina 5), prevede:

"In sede di gara, il Presidente procede a:

(….) – ad aprire le buste contenenti le offerte economiche e procedere alla individuazione della soglia di anomalia;

– trasmettere alla stazione appaltante le risultanze delle sedute di gara unitamente ai plichi contenenti le giustificazioni dei prezzi offerti ancora sigillati;

– riaprire la gara per proclamare l’aggiudicatario, a seguito di quanto comunicato dalla stazione appaltante circa le giustificazioni relative alle offerte presentate.

(…) Data, luogo ed ora di riapertura della gara per la proclamazione dell’aggiudicatario, a seguito di quanto comunicato dalla stazione appaltante circa le giustificazioni relative alle offerte presentate, sarà comunicata a mezzo fax a tutti i concorrenti ammessi.

La aggiudicazione definitiva avverrà, in ogni caso a seguito di dimostrazione del possesso dei requisiti dichiarati in sede di offerta. Nel caso in cui tale dimostrazione non sia fornita troveranno applicazione le disposizioni di cui all’art. 48 commi 1) e 2) del D.lg. 163/2006".

In realtà, l’istruttoria relativa al controllo volto ad escludere eventuali offerte anomale si era concluso e, come ammesso dallo stesso Provveditorato interregionale nella relazione del 25 agosto 2010 (pagina 2), "Concluse le operazioni di verifica circa l’anomalia dell’offerta presentata dall’odierno ricorrente, a seguito di quanto rappresentato dalla Commissione di Manutenzione, le operazioni di gara sono state sospese e quindi non si è proceduto alla riapertura della stessa in seduta pubblica per la proclamazione dell’aggiudicazione provvisoria".

È evidente il significato di tali circostanze nella fattispecie concreta: in sostanza, la finalità, per la quale erano previste nel disciplinare di gara la trasmissione alla stazione appaltante delle risultanze delle sedute di gara unitamente ai plichi contenenti le giustificazioni dei prezzi offerti ancora sigillati e la successiva comunicazione in ordine all’esito dell’esame delle giustificazioni relative alle offerte presentate, era stata conseguita e la verifica si era conclusa senza rilievi nei confronti delle ditte. In definitiva, le condizioni ed i presupposti per addivenire all’aggiudicazione provvisoria si erano verificati, ma la seduta all’uopo destinata non si era tenuta perché sui lavori si era espressa negativamente la Commissione di manutenzione e perciò l’aggiudicatario provvisorio non era stato formalmente e pubblicamente proclamato.

Quanto osservato consente perciò di confermare l’esistenza dell’interesse e della legittimazione delle ricorrenti e delle loro non irragionevoli aspettative in una proficua conclusione della procedura di selezione.

Peraltro, l’insieme delle circostanze sopra riportate importa altresì che il richiamato motivo di doglianza rubricato sub 3 debba ritenersi infondato e che conseguentemente possa essere sin d’ora respinta la domanda rivolta all’accertamento dell’intervenuta formazione tacita ex lege dell’aggiudicazione definitiva e, per l’effetto, alla dichiarazione dell’obbligo della Stazione appaltante di stipulare il contratto. Infatti, poiché all’aggiudicazione definitiva può giungersi a seguito del positivo controllo della documentazione relativa ai requisiti dichiarati, la circostanza che, nella composizione della A.T.I., alla F. s.r.l., originaria mandante, sia subentrata nelle more la M. s.r.l., affittuaria del ramo d’azienda da parte, e che tale fatto sia stato comunicato il 17 giugno 2010 preclude ogni astratta possibilità d’ipotizzare che, alla data del provvedimento di autoannullamento, si fosse perfezionata per silentium l’aggiudicazione definitiva.

Alla stregua delle stesse ragioni risulta inconferente il riferimento all’articolo 21 sexies della legge 7 agosto 1990 n. 241 ("Recesso dai contratti").

B.2. Le contestazioni sollevate nei confronti del decreto del Provveditore interregionale alle OO.PP. della Puglia e Basilicata n. 413 del 7 luglio 2010 sono peraltro fondate.

Non assumono in effetti un preciso ruolo nella controversia né i denunciati vizi procedimentali e neppure l’esatta qualificazione dell’affidamento delle ditte, dovendosi osservare al proposito solo che nessun rilievo è stato mosso all’offerta, in sede di verifica dell’anomalia, sicché, in mancanza di qualsivoglia ulteriore attività istruttoria e di specifiche contestazioni sulle società partecipanti, deve riconoscersi che le stesse avevano un’alta probabilità di vedersi affidare l’appalto.

L’osservazione che precede scaturisce dalla considerazione che, nell’ipotesi concreta, l’illegittimità del decreto impugnato discende non solo e non tanto dalla mancata considerazione delle aspettative delle ditte (la cui consistenza dev’essere valutata nel contesto di un comportamento dilatorio e irrispettoso dei termini previsti per gli appalti, per i quali è stata prestata, sia a livello comunitario sia a livello nazionale, una specifica disciplina ispirata all’esigenza della celerità e della certezza, che si riflette sia sul piano sostanziale sia sul piano processuale), ma anche e soprattutto per l’inconsistenza delle ragioni d’interesse pubblico poste a base dell’atto di ritiro.

Occorre al proposito ricordare che la necessità dei lavori al Tribunale di Bari è da lungo tempo avvertita, tant’è che un primo progetto fu approntato già nel 1995 ma non realizzato per mancanza di fondi.

In estrema sintesi i vari impianti, soprattutto quello elettrico, non sono adeguati alla normativa, sì da non poter ottenere il rilascio del certificato di prevenzione incendi, gli ascensori sono da ritenersi obsoleti e devono essere predisposte le opere per l’abbattimento delle barriere architettoniche (relazione tecnica del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche del 30 ottobre 2008).

Redatto un nuovo progetto esecutivo del valore globale di circa Euro 5 milioni e reperiti i fondi, veniva indetta la gara per l’affidamento dei lavori con bando del Provveditorato Interregionale OO.PP. per la Puglia e la Basilicata, per conto del Ministero della Giustizia, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 133 del 14 ottobre 2008. L’importo a base d’appalto era fissato in Euro 3.740.000,00 (di cui Euro 198.860,01 per oneri di sicurezza).

La procedura di selezione del contraente, come già riferito, era giunta all’individuazione dell’offerta del prezzo più basso e – si deve presumere – alla verifica della non anomalia.

Sul progetto la Commissione di manutenzione aveva già espresso parere favorevole, nella riunione del 7 novembre 2008, invitando il Provveditorato "a porre in essere tutti gli accorgimenti atti a limitare, per quanto possibile, i disagi che l’esecuzione dei lavori comporterà e a concordare, in tempo utile, con i Responsabili degli Uffici – che presteranno la loro collaborazione acché i lavori possono procedere speditamente – gli interventi da effettuare e le iniziative da assumere". Dell’indizione della gara veniva data notizia alla Presidenza della Corte d’appello il 14 novembre 2008.

Occorre a questo punto esaminare, come, a fronte di queste pressanti esigenze derivanti dall’inadeguatezza infrastrutturale del Palazzo di Giustizia, l’Amministrazione giustifica la cancellazione della gara.

Sostanzialmente nel provvedimento di ritiro il Provveditorato alle Opere pubbliche richiama la relazione del Responsabile unico del procedimento in data 29 giugno 2010 dalla quale risulta:

a) "il progetto, a seguito del parere favorevole dei VV.FF. rilasciato alla Corte d’Appello, è stato posto da quest’ultima nuovamente all’esame della Commissione di manutenzione, nell’adunanza del 24.02.2009, 4.06.2009 e, da ultimo nell’adunanza del 6.11.2009 a seguito della quale la Commissione rilevava che i lavori in oggetto avrebbero interferito sul regolare svolgimento dell’attività giudiziaria, "in particolare quella dibattimentale ed, in primis, quella presso l’aula della Corte d’Assise", pertanto, esprimeva parere di limitare i lavori a quelli ritenuti meno invasivi, riguardanti in particolare, l’adeguamento dell’autorimessa, degli archivi e depositi di piano interrato, degli impianti elevatori, il rifacimento dei servizi igienici ai piani e la dipintura dei locali, nonché altri da individuare";

b) "il Ministero della Giustizia, con nota n. 20.798 del 4.03.2010,… si è uniformato al parere reso dalla Commissione di manutenzione";

c) "Le limitazioni indicate dalla commissione di manutenzione non consentivano di rendere cantierabile circa il 50% dei lavori previsti in progetto, ed inoltre si richiedevano nuovi e diversi lavori, purché compatibili con l’attività dell’Amministrazione Giudiziaria…".

Su questi presupposti, il decreto, considerato che la procedura è "rimasta sospesa alla fase di verifica dell’anomalia" e non è "pervenuta alla fase di aggiudicazione provvisoria, in considerazione delle sopravvenute imprevedibili necessità dell’organo usuario di limitare le lavorazioni previste in progetto originario a quelle strettamente compatibili con le attuali attività istituzionali e di integrarle con altre ugualmente non invasive, circostanze che determinano una sostanziale modifica al progetto originario posto a base di gara e che risulta, pertanto, non più eseguibile" e che il bando di gara prevedeva la facoltà di annullamento, senza indennizzo, ha decretato che "La procedura aperta per l’affidamento dei… lavori… è annullata".

Si deve al proposito chiarire che il problema della compatibilità dell’intervento con il regolare svolgimento del servizio giudiziario era stata specificamente affrontata nel progetto esecutivo e nei relativi allegati ed era stato risolto attraverso la predisposizione di una programmazione dei lavori mediante la flessibile successione di microcantieri, che sarebbe stato oggetto di un apposito tavolo di lavoro da costituire prima degli inizi del lavori (come ricordato nelle note del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche 23 febbraio 2009 n. 2170 e 29 giugno 2009 n. 8594, dirette alla Presidenza della Corte d’appello di Bari). È d’aggiungere che in definitiva le modifiche progettuali richieste dalla commissione di manutenzione, con "il relativo ridimensionamento dei lavori previsti, nel progetto esecutivo originario, non consente l’ottenimento del certificato di prevenzione incentivi dell’intero immobile demaniale ma, al più, solo quello riferito ad alcune attività specifiche soggette a prevenzione, quali gli archivi dell’autorimessa posti a piano seminterrato" (nota del Provveditorato interregionale alle Opere pubbliche 7 maggio 2010 n. 6082).

La lettura degli atti quindi consente innanzi tutto di osservare

– che il provvedimento non può qualificarsi come "autoannullamento", ai sensi dell’articolo 21 nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241 (non essendo stato evidenziato alcun vizio di legittimità che infici la gara), bensì deve ricondursi alla figura della "revoca";

– che il medesimo pertanto è soggetto alle regole stabilite dall’articolo 21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241, il quale, a sua volta, recepisce i principi giurisprudenziali elaborati in materia di autotutela;

– che pertanto (trattandosi di revoca e non di autoannullamento) è estranea alla fattispecie concreta la clausola, contenuta nel disciplinare (pagina 5), per la quale "L’Amministrazione si riserva la facoltà di annullare la gara senza che le partecipanti possano avanzare richiesta per eventuali rimborsi, compensi o indennizzi a qualsiasi titolo"; essa dunque non preclude alle ricorrenti di azionare nelle opportune sedi le proprie pretese.

La correttezza del decreto del Provveditore interregionale dev’essere allora verificata, tenendo presente, quale parametro, il disposto dell’articolo 21 quinquies della legge 7 agosto 1990 n. 241, il quale, al primo comma, prevede: "Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo".

In concreto, non è riscontrabile nella vicenda il sopravvenire di nuovi motivi d’interesse pubblico (essendo da considerare sempre i medesimi elementi, cioè l’esigenza di adeguare gli impianti del palazzo di giustizia e l’interferenza dei lavori con la normale attività degli uffici giudiziari), la situazione di fatto non si è modificata e non si rinviene nel decreto una nuova effettiva valutazione dell’interesse pubblico originario (ma al più una mera negazione di quanto in precedenza espresso). Sotto tale ultimo profilo è da ricordare che in definitiva il progetto esecutivo che doveva realizzarsi attraverso la gara d’appalto che viene messo in discussione e accantonato (in forza del provvedimento impugnato) è il medesimo sul quale, stanti le stesse condizioni, la commissione di manutenzione si era espressa positivamente nella riunione del 7 novembre 2008.

È quindi in realtà dubbia proprio la consistenza e la dignità dell’interesse pubblico che s’invoca a sostegno della revoca. Seguendo il ragionamento dell’Amministrazione (non certo ispirato a canoni di logica e di proporzionalità), alla messa a norma del Palazzo di Giustizia si dovrebbe in definitiva rinunciare ovvero, in altri termini, l’obbligo di salvaguardare l’incolumità degli uffici pubblici e di assicurare la sicurezza dei luoghi di lavoro (per il cui assolvimento è stato redatto un progetto esecutivo, approvato dalla stessa commissione di manutenzione, ed è stata avviata la procedura d’appalto, che ormai era praticamente in dirittura d’arrivo) dovrebbe recedere di fronte a ragioni di puro disagio, fastidi e difficoltà queste che dovrebbero invece essere affrontate attraverso attente e articolate misure organizzative nell’ambito del Palazzo di Giustizia, una volta che la Stazione appaltante ha già elaborato, in sede di progetto, le misure e le cautele adeguate a rendere, per quanto possibile, compatibile il procedere dei lavori con la normale attività degli uffici.

In conclusione, il ricorso, nella sua parte demolitoria, è d’accogliere e, per l’effetto, va annullato il decreto del Provveditore interregionale alle OO.PP. della Puglia e Basilicata n. 413 del 7 luglio 2010.

A tale esito non consegue però, come già affermato al punto B.1.b., il richiesto accertamento dell’intervenuta formazione tacita ex lege dell’aggiudicazione definitiva e la correlativa dichiarazione dell’obbligo della Stazione appaltante di stipulare il contratto e neppure la condanna delle Amministrazioni intimate al ristoro dei danni lamentati dalle ditte, né a titolo di responsabilità extracontrattuale né precontrattuale. Invero, le istanti, nel ricorso e nella memoria del 519 maggio del 2011, non offrono alcun elemento per la determinazione del nocumento, chiedendo solamente che esso venga commisurato al 15% del valore di aggiudicazione (per quanto riguarda la responsabilità extracontrattuale); per il danno ex articolo 1337 del codice civile le medesime fanno riferimento al mancato utile che la A. S.r.l. avrebbe ottenuto dall’appalto della Autostrade del Brennero S.p.A., al quale ha rinunciato proprio per aver impegnato le proprie risorse materiali e finanziarie nella prospettiva dei lavori del Tribunale.

Premesso che l’inedita quota del 15% richiesta non ha base normativa, la giurisprudenza ritiene, anche per la quantificazione del lucro cessante in applicazione del criterio del 10% del prezzo base d’asta, ai sensi dell’articolo 345, della legge n. 2248 del 1865, All. F (e successivamente dell’articolo 134 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), che quel criterio, seppure in grado di fondare una presunzione su quello che normalmente è l’utile ritraibile dall’esecuzione di un appalto, tuttavia non possa essere oggetto di un’applicazione automatica e indifferenziata. Invero deve seguirsi il principio sancito dall’articolo 2697 del codice civile, secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, principio poi confermato a livello legislativo, nella specifica materia, dall’espressa previsione contenuta nell’articolo 124 del codice del processo amministrativo, secondo il quale "se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente subito", a condizione tuttavia che lo stesso sia "provato". Con la conseguenza che la valutazione equitativa del danno (in base al combinato disposto degli articoli 1226 e 2056 del codice civile) è confinata all’ipotesi d’impossibilità o di grave difficoltà di assolvere all’onere probatorio (Consiglio di Stato, Sezione sesta, 20 luglio 2010 n. 4660; T.A.R. Puglia, Bari, Sezione prima, 12 gennaio 2011 n. 21), venendo a costituire un apprezzamento il quale serve a colmare le lacune probatorie nella determinazione del preciso ammontare del danno (Consiglio di Stato, Sezione quinta, 16 febbraio 2009 n. 842), che in questo caso avrebbe dovuto riguardare specificamente l’utile d’impresa.

Elementi utili (neanche ai fini della determinazione dell’an e del quantum del danno da responsabilità precontrattuale, rispetto al quale peraltro le ditte non accennano in alcun modo ai costi sostenuti in sede di presentazione dell’offerta) non possono neppure rinvenirsi nella documentazione versata in data 6 maggio 2011.

La AET s.r.l. infatti produce una nota della società per azioni Autostrada del Brennero, datata 6 luglio 2009, con la quale si comunica l’aggiudicazione in proprio favore del servizio quinquennale di manutenzione della rete ottica di trasporto dati stradali in tecnologia SDH, d’importo a base d’asta di euro 1.000.000,00, con invito a presentare la documentazione, comprensiva della cauzione definitiva. Al proposito la società interessata dichiara, in data 3 maggio 2011, di avere a suo tempo rinunciato a tale appalto "nella presupposizione in buona fede di poter conseguire la consegna dei lavori a Bari, avendo deciso di preferire un lavoro in sede rispetto a un lavoro a grande distanza".

In realtà la successione temporale dei fatti e degli atti e lo stesso tenore della dichiarazione inducono a ritenere che la rinuncia trovi ragioni in valutazioni di convenienza economica autonomamente effettuate dalla AET s.r.l. più che nella necessità di mantenere a disposizione uomini e mezzi a Bari per avviare l’esecuzione dei lavori presso il Tribunale. La società infatti il 16 luglio 2010 veniva a conoscenza dell’intervenuto annullamento della gara (attraverso la nota del Provveditorato interregionale alle OO.PP. della Puglia e Basilicata 13 luglio 2010, prot. 8940) e il 22 luglio 2010, a seguito di accesso, del testo integrale del decreto 7 luglio 2010 n. 413, ovvero in tempo utile per presentare la documentazione di rito alla società Autostrada del Brennero ed avviare quindi il servizio.

Le spese seguono alla soccombenza, come da liquidazione equitativa in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Condanna, con vincolo solidale, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore delle ricorrenti, delle spese di giudizio liquidate nella complessiva somma di euro 15.000,00 (da ripartirsi in ragione della metà tra le Amministrazioni statali costituite), più CU, CPI e IVA, come per legge.

Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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