Cons. Stato Sez. IV, Sent., 23-09-2011, n. 5350 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decisione n.663 del 1998, questa Sezione rigettava tutti i motivi dell’atto d’appello proposto dalla odierna ricorrente in revocazione, con i quali si chiedeva la riforma della sentenza del T.a.r. della Sardegna n.1233/1996 a sua volta contenente rigetto dei gravami di primo grado, ivi riuniti (n.288/1986; ric.1968/89 e successivi motivi aggiunti), relativi al procedimento di occupazione d’urgenza e di dichiarazione di pubblica utilità dell’espropriazione e dei lavori relativi alla realizzazione di un edificio scolastico di dieci aule e palestra.

Il progetto di tale opera pubblica, reiterando un vincolo espropriativo scaduto, introdotto con variante al P.d.F., è stato approvato con delibera consiliare n.2 del Comune di Monastir in data 7 gennaio 1989, e localizzato sull’area di proprietà della ricorrente distinta in catasto comunale al foglio 17 di mq 2750 (effettivi circa mq. 2800)

Al rigetto del gravame ha fatto seguito la condanna al pagamento delle spese del giudizio dell’appellante

Tra le censure proposte che questa Sezione, confermando la decisione del primo giudice, con la citata sentenza ha respinto vi è, in particolare, quella recata dall’ultimo dei motivi aggiunti al secondo ricorso (1968/89), concernente la violazione delle prescrizioni della tabella 2 allegata al decreto ministeriale 18 dicembre 1975, emanato in attuazione dell’art.9 della legge n.412/1975, concernente il rapporto fra la superficie minima dell’area interessata dall’edificio scolastico anzidetto e le classi da realizzare con esso, stabilito nell’ambito delle norme tecniche sui minimi di funzionalità didattica, edilizia, urbanistica, da osservarsi nell’esecuzione di opere di edilizia scolastica.

La citata sentenza di questa Sezione è giunta all’esito di rigetto dell’appello ed in particolare della censura innanzi sintetizzata sulla base dei seguenti documenti di causa;

a) dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera, costituita dalla deliberazione del Consiglio Comunale di Monastir n. 2 del 7 gennaio 1989 e dal progetto dell "ing. Corazza con essa approvato in particolare per quanto concerne la Tavola B ("Relazione sugli espropri”) e la Tavola 1 ("Planimetria catastale stralcio P.d.f "’), contenente l’elenco dei terreni da espropriare;

b) decreto di occupazione di urgenza del Sindaco del Comune di Monastir n. 6975 in data 29.11.1989 e relativi allegati che ne costituiscono parte integrante, in particolare per quanto concerne la Tavola 1 ("Planimetria catastale stralcio P.d.f. "’), ricavata dal progetto del! "ing. Corazza;

c) verbale in data 15.1.1990 della riunione del!a Commissione Comunale Tecnico – Didattico – Sanitaria nella parte in cui si " dà atto che la superficie dell "area, indicata in progetto in 3238 mq., è sufficiente per un edificio per scuola elementare di n. 7 aule ".

Tali descritti atti contengono l’attestazione concernente l’esistenza di un "area di proprietà del Comune di Monastir di mq. 488 contigua a quella di proprietà dell’ odierna ricorrente distinta in catasto al Foglio 18, mappale 7, di mq. 2.750 (effettivi mq. 2.800 circa), e, conseguentemente, l’ attestazione che l’area da occupare ed espropriare per la realizzazione dell "edificio scolastico avesse la superficie complessiva di "circa mq. 3238 di cui 488 già di proprietà comunale".

Di tali attestazioni, con conseguente ordine di cancellazione del menzionati documenti così rendendoli privi di effetto giuridico, è stata dichiarata la falsità ideologica con sentenza del Tribunale civile di Cagliari n.° 2018/2005, emessa a seguito della proposizione della querela di falso dall’odierna parte ricorrente.

Quest’ultima decisione è stata impugnata nella solo parte della condanna al risarcimento del danno del citato progettista e del Comune di Monastir; la Corte d’Appello accogliendo i relativi gravami con sentenza n.° 351/20009 del 5 giugno17 novembre 2009, ha dichiarato prescritta la relativa domanda risarcitoria, con conseguente riforma per questa sola parte della sentenza di primo grado.

La sentenza del Tribunale civile di Cagliari n.2018/2005, per quanto documentato in atti, del cui contenuto s’è detto è poi passata in giudicato il giorno 1 giugno 2010.

In forza del ricordato esito del giudizio civile, parte ricorrente chiede ora che la sentenza di questa Sezione indicata in epigrafe, venga revocata sussistendo la condizione prevista dall’art.81 n.° 2) del Regolamento di procedura R.D. n.° 642 del 1907 e dall’art. 395 n.° 2 c.p.c., quest’ultimo, richiamato dall’art.46 delle legge sul C.d.S. R.D. n.1054 del 1924, (oggi sostituito dall’art.106 del c.p.a. d.lgs. 2 luglio 2010 n.104.

Si è opposto all’accoglimento del ricorso per revocazione il Comune di Monastir, deducendo sia profili di carattere preliminare che l’insussistenza delle condizioni sostanziali per ottenere la revocazione richiesta.

Parte ricorrente ha replicato con memoria.

La causa è stata chiamata ed introitata dal Collegio dopo la breve discussione dei difensori delle parti, all’udienza del 5 luglio 2011.

Il ricorso per revocazione è fondato e va accolto.

Al riguardo vanno invero anzitutto respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Comune di Monastir.

Con la prima di queste il Comune sostiene che parte ricorrente ha essa stessa dedotto nel pregresso giudizio amministrativo la falsità della documentazione relativa alla superficie dell’area su cui avrebbe dovuto essere realizzato l’edificio scolastico e quindi la sua insufficienza rispetto a quanto normativamente richiesto in base al tipo d’intervento, cosicchè è in tale sede di giurisdizione amministrativa che avrebbe dovuto coltivare e far accertare la dedotta falsità.

Conseguentemente, sarebbe "sostanzialmente irrilevante ai fini della revocatoria" la dichiarazione di falsità ideologica dei decisivi documenti di causa sopra descritti contenuta nella sentenza del Tribunale civile di Cagliari n.2018/2005.

La deduzione è assolutamente priva di fondamento essendo non dubitabile che i documenti predetti, proveniendo dalla Pubblica Amministrazione, erano assistiti da pubblica fede, che, com’è noto, è rimuovibile soltanto attraverso la querela di falso, la cui proposizione si effettua al giudice civile a norma dell’apposito processo disciplinato dell’art.221 e segg. c.p.c.

Alcuna rilevanza avrebbero potuto quindi avere, secondo l’errato argomento di parte resistente, sia un perizia di parte ricorrente da depositarsi nell’esitato giudizio amministrativo, sia la possibilità di chiedere adempimenti istruttori ovvero una verificazione sull’effettiva superficie interessata dalla procedura espropriativa promossa per la realizzazione dell’edifico scolastico in contestazione.

Non merita condivisione neppure l’argomento del Comune resistente con il quale si sostiene l’inammissibilità della revocazione proposta per carenza d’interesse, e ciò anche a volerne ipotizzare un esito positivo, posto che la stessa parte ricorrente con l’azione di restituzione dell’area di sua proprietà oggetto della procedura espropriativa, su cui peraltro non si è edificato alcunché né si è adottato il decreto di esproprio, nonché con la connessa domanda risarcitoria, già da tempo proposte al giudice civile, otterrebbe comunque, se accolte, gli stessi risultati sostanziali che le procurerebbe l’accoglimento del ricorso per revocazione.

L’assunto, come condivisibilmente rilevato da parte ricorrente, è privo di pregio, con esso venendo obliterato che la falsità della documentazione tecnica posta a supporto della dichiarazione di pubblica utilità contestata dinanzi a questo giudice determina l’illegittimità ab origine del potere espropriativo esercitato, con conseguente travolgimento per vizio caducante del successivo provvedimento d’occupazione d’urgenza, da cui discende sul piano risarcitorio un danno per occupazione sine titulo dell’area interessata la cui quantificazione in maggior misura deriva dall’accertata illegittimità dell’intero periodo durante il quale l’amministrazione ha illegittimamente avuto il possesso dell’area stessa.

Con il rigetto delle questioni preliminari sollevate dal Comune, può essere affrontato il ricorso per revocazione promosso da parte ricorrente ai sensi dell’art.395 n.2.

Invoca, in particolare, parte ricorrente l’ipotesi di revocazione straordinaria che ricorre quando " si è giudicato in base a prove riconosciute false o dichiarate false dopo la sentenza" impugnata.

Come già rilevato, dal Tribunale civile di Cagliari con la sentenza n.2018/2005, passata in giudicato, è stata accertata la falsità ideologica dell’attestazione concernente l’esistenza di un "area di proprietà del Comune di Monastir di mq. 488 contigua a quella di proprietà degli odierni ricorrenti distinta in catasto al Foglio 18, mappale 7, di mq. 2.750 (effettivi mq. 2.800 circa), e, conseguentemente l’ attestazione che l’area da occupare ed espropriare per la realizzazione dell’edificio scolastico avesse la superficie complessiva di "circa mq. 3238 di cui 488 già di proprietà comunale".

Tale esito certamente incide sulla decisione di questa Sezione riportata in epigrafe, essendosi con essa respinto il motivo (punto III.4.3.) riguardante la violazione della prescrizione contenuta nella tabella n.2 del decreto ministeriale 18 dicembre 1975 recante " norme tecniche relative all’edilizia scolastica", ravvisandosi erroneamente un corretto rapporto, in forza di tale tabella, tra la superficie minima dell’area e le classi da realizzare nel progettato edificio scolastico, essendosi ritenuto che la sentenza di primo grado correttamente "indica in sette le classi realizzate, che richiedono una superficie minima di 3.215 mq" " in relazione alla quale la superficie dell’area espropriata, pari a 3238 risulta del tutto sufficiente"

Senonchè da quest’ultima superficie, in forza dell’accertata falsità dei documenti del procedimento espropriativo ed in particolare del progetto dell’opera pubblica posto a base di esso, vanno esclusi gli inesistenti 488 mq di superficie di proprietà del Comune.

Ciò porta ad affermare che nella fattispecie ricorrono conseguentemente le condizioni per l’ammissibilità della revocazione straordinaria di cui all’art.395 n.2 c.p.c., vale a dire:

a) la falsità del documento attestante una superficie di 488 mq di proprietà comunale;

b) l’essersi giudicato in base a tale documento dichiarato falso.

Occorre di conseguenza procedere all’esame (cd. fase rescissoria) dell’ultima censura proposta da parte ricorrente con l’atto d’appello e relativa alla violazione della tabella 2 allegata al citata decreto ministeriale.

A tal riguardo non è dubbio in causa che per realizzare le sette classi dell’edificio scolastico in base alla detta tabella occorresse la superfici minima di 3.215 mq., e non quella di 2700 mq, alla quale si è riferito il Comune appellante in base all’irrilevante indice di copertura (un terzo dell’area per i 900 mc complessivi dell’ edificio) previsto ad altri fini dal citato decreto ministeriale.

E’ altrettanto indubbio che tale condizione fosse insussistente dovendosi detrarre dai 3.238 mq espropriati gli inesistenti 488 mq di superficie di proprietà del Comune; detrazione da cui residua la superficie di 2.750 mq, interamente di proprietà di parte appellante, insufficiente a realizzare le progettate sette classi.

L’edifico scolastico non avrebbe quindi potuto essere realizzato per carenza delle superficie minima ricavabile dalla tabella 2 allegata al citato d.m.

Di qui l’accoglimento della censura esaminata con conseguente illegittimità della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera, approvata con deliberazione del consiglio comunali di Monastir n.2 del 7 gennaio 1989 e di tutti gli atti ad essa collegati, che vengono travolti da illegittimità per vizio caducante ed in particolare, il decreto di occupazione d’urgenza n.6975 in data 29 novembre 1989 nonché il verbale in data 15 gennaio 1990 della riunione della Commissione Comunale TecnicoDidatticoSanitaria dove si " dà atto che la superficie dell’area, indicata in progetto in 3238 mq, è sufficiente per un edificio per scuola elementare di n. 7 aule".

L’appello in conclusione va accolto, con conseguente riforma della sentenza di primo grado.

La parte soccombente va condannata alle spese del giudizio nella misura indicata nel dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo accoglie

e, per l’effetto, riforma la sentenza del T.A.R. della Sardegna n. 1233 del 20 settembre 1996.

Condanna il Comune di Monastir al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano nella misura complessiva di euro 5.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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