Cass. civ., sez. II 28-09-2006, n. 21066 CONTRATTI IN GENERE – CLAUSOLA PENALE -Potere del giudice – Fondamento – Pattuizione espressa di irriducibilità – Rilievo ostativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto di citazione notificato il 19 dicembre 1994, F. M. conveniva la Tre Monti Residence Spa innanzi al Tribunale di Messina per sentirla dichiarare inadempiente all’obbligazione di consegna dell’unità immobiliare (un appartamento ed accessori) promessa in vendita ad esso F. con contratto preliminare in data 23 giugno 1992; e per sentirla quindi condannare alla restituzione della complessiva somma di lire 130.000.000 -ricevuta a titolo di acconto sul prezzo pattuito in lire 100.000.000 – con la rivalutazione monetaria e gli interessi di legge; nonché al pagamento della ulteriore somma di lire 51.000.000, comprensiva del doppio della caparra versata, dell’indennizzo per la ritardata consegna dell’immobile, e del risarcimento di ogni altro danno subito, da esso attore per tale inadempimento.

La società convenuta costituitasi, contestava il fondamento di ogni avversa domanda e ne chiedeva il rigetto, instando comunque per la riduzione della penale.

In via riconvenzionale, poi, chiedeva: in primo luogo, la pronuncia di sentenza costitutiva ex articolo 2932 Cc, che tenesse luogo del contratto definitivo di vendita non concluso: previo, pagamento della somma di lire 48.375.831, oltre le rate di mutuo a partire dal 31 dicembre 1993 e gli interessi;ed autorizzando, in difetto, l’iscrizione, dell’ipoteca legale; inoltre la condanna dell’attore al risarcimento del danno per il ritardato pagamento.

In corso di causa la convenuta mutava la domanda di adempimento del contratto preliminare in quella di risoluzione, per inadempimento del promissario acquirente, e chiedeva altresì la condanna del F. al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede.

Con sentenza 1580/01, l’adito Tribunale dichiarava risolto il contratto preliminare per inadempimento della convenuta società e condannava la stessa a restituire all’attore la somma di lire 130.000.000, nonché al pagamento della penale peraltro nella ridotta misura di lire 10.000.000: con gli interessi di legge sulle anzidette somme dal 9 dicembre 1993 al soddisfo;dichiarava non dovuta la rivalutazione monetaria.

Infine, rigettava la domanda riconvenzionale della Tre Monti Residence Spa.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la società, chiedendone la, integrale riforma:con la declaratoria che la promittente venditrice non era tenuta alla consegna dell’immobile, stante l’inadempimento del promissario acquirente all’obbligazione di pagamento del prezzo dell’immobile, pattuito in sede di preliminare.

l’appellante chiedeva inoltre, l’accoglimento della domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto preliminare e la condanna del F. al risarcimento dei danni, da liquidarsi separatamente; previa declaratoria del diritto di essa appellante a trattenere la somma di lire 77.000.000 – pari all’importo effettivamente versato dal F. – a compensazione dei danni patiti da essa società.

Costituitosi, l’appellato chiedeva dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione ed il conseguente rigetto della stessa; in via di appello incidentale, poi, la condanna della promittente venditrice al pagamento, a titolo di penale, della somma di lire 41.000.000, oltre rivalutazione ed interessi.

All’esito del giudizio, la Corte di appello di Messina, con sentenza 399/02, depositata il 23 luglio 2002, rigettava l’appello della Tre Monti Residence Spa-, inoltre, in parziale accoglimento dell’appello incidentale del F., condannava la predetta società al pagamento della penale nella misura contrattualmente prevista di lire 5 1.000.000, con gli interessi legali dal 9 dicembre 1993 al soddisfo; confermava, nel resto, l’impugnata sentenza.

3. Avverso tale sentenza, notificata il 4 dicembre 2002, ha proposto ricorso per cassazione la società Tre Monti Residence, con atto notificato il 28 gennaio 2003, sostenuto da sei mezzi di doglianza.

Resiste con controricorso l’intimato F..

Motivi della decisione

4. Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal controricorrente sotto due distinti profili, e cioè per la mancanza di un?autonoma esposizione dei fatti della causa, essendosi la società Tre Monti limitata a riprodurre il testo della sentenza impugnata; ed inoltre per la genericità dei motivi posti a base del ricorso stesso.

l’eccezione è priva di fondamento.

Invero, per quanto attiene al requisito di cui all’articolo 366 comma 1 n. 3 c.p.c., questa Corte (Cassazione, Su, 2602/03) ha definitivamente chiarito che la necessità della esposizione sommaria dei fatti di causa risponde non ad un esigenza di mero formalismo, essendo invece preordinata a garantire la conoscenza dei fatti di causa al fine di intendere, senza il ricorso ad altre fonti, il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato; sicché, la relativa prescrizione deve ritenersi osservata quando nel ricorso sia riportata l’esposizione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata, allorché tale esposizione fornisca gli elementi per la precisa ricostruzione delle vicende processuali.

Orbene, poiché nella specie dal ricorso – seppure attraverso la riproduzione della sentenza impugnata – è dato ricavare, con dovizia di particolari, lo svolgersi di tali vicende, deve conseguentemente ritenersi osservato il disposto del menzionato articolo 366 n. 3 c.p.c..

Del pari, risulta osservato il requisito di cui all’articolo 366 comma 1 n. 4 c.p.c., posto che ciascuno dei sei motivi del ricorso in esame non si risolve in generici rilievi circa l’erroneità della sentenza impugnata per cessazione, ma esplicita specifiche censure alla sentenza stessa, con puntuale indicazione anche delle norme di legge asseritamente violate così da consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata individuazione delle questioni da risolvere.

5. Ciò posto devono essere esaminati i motivi del ricorso.

5.1 Con un primo motivo la ricorrente società deduce violazione degli articoli 1218, 1362, 1453 e 1455 Cc nonché dell’articolo 132 c.p.c., e correlato difetto di motivazione.

I Giudici di appello non avrebbero valutato comparativamente, ai fini della pronuncia di risoluzione del preliminare, anche il comportamento inadempiente del Fucili.

In particolare non avrebbero tenuto conto che dalla documentazione prodotta dalla società Tre Monti Residence in primo grado emergeva in modo inequivoco che soltanto il promissario acquirente si era reso inadempiente alle proprie obbligazioni regolate convenzionalmente da termini perentori; non certo la promittente venditrice che aveva fatto ripetutamente offerta della propria prestazione, afferente la consegna dell’immobile promesso in vendita.

5.2 Con un secondo motivo la ricorrente deduce violazione degli articoli 1184, 1362, 1457 Cc; 132 c.p.c. nonché carenza di motivazione.

I Giudici di appello, quanto all’addebito alla Tre Monti Residence Spa del ritardo nella messa a disposizione dell’immobile, non avrebbero considerato che la società non era affatto vincolata al rispetto di un termine essenziale;e che, comunque, la società aveva fatto – ripetutamente – offerta di consegna dell’immobile, mentre il F. non solo non aveva provveduto a regolare l’aspetto economico del rapporto contrattuale, benché più volte sollecitato al rispetto dei termini pattiziamente previsti, al riguardo, con carattere di essenzialità; ed anzi aveva rifiutato espressamente, con lettera dell’1 dicembre 1994, di dare esecuzione al preliminare stesso.

In ogni caso, la Corte territoriale non avrebbe svolto alcuna indagine, invece necessaria, sulla gravità dell’inadempimento della società in relazione alla mancanza di interesse del F. all’adempimento, resa manifesta dal carteggio intercorso fra le parti ed acquisito in causa.

5.3 Con un terzo motivo la ricorrente deduce violazione degli articoli 1218, 1362, 1453, 1460 Cc e 132 c.p.c., per avere i Giudici di appello omesso di esaminare la domanda di risoluzione contrattuale e quella connessa, di condanna generica al risarcimento dei danni, proposte dalla Tre Monti Residence Spa e fondate sul comportamento inadempiente del F., che non aveva pagato l’intero prezzo convenuto e neppure mai aderito ai ripetuti inviti alla presa in consegna dell’immobile.

5.4 Con un quarto motivo la ricorrente deduce violazione degli articoli 2697 Cc e 115,13 2 c.p.c. nonché difetto assoluto di motivazione.

La Corte di merito avrebbe omesso di rilevare che la condanna della società alla restituzione dell’importo di lire 130.000.000 non aveva fondamento, in quanto l’effettivo acconti sul prezzo, versato alla società, era pari alla minor somma di lire 77.000.000, come documentalmente dimostrato dalla società stessa: la quale, del resto, fin dal Patto di costituzione in giudizio aveva dedotto che il F. era debitore della residua somma di lire 123.000.000 – a fronte del prezzo dell’immobile, determinato in complessive lire 200.000.000.

In ogni caso, i Giudici di appello non avrebbero tenuto conto che, in base alla documentazione versata in atti dal F., non risultava alcuna prova certa dell’avvenuto versamento di acconti in misura superiore a quella lire 77.000.000 – effettivamente percepita dalla società.

5.5 Con un quinto motivo si deduce violazione degli articoli 1384, 1453 e 1460 Cc.

La Corte territoriale erroneamente avrebbe riconosciuto al promissario acquirente il diritto alla penale contrattuale, nonostante che lo stesso fosse inadempiente al contratto preliminare – in particolare all’obbligo di pagare l’intero prezzo pattuito per la vendita – ed il contratto non fosse comunque risolvibile per colpa della società, adempiente o comunque non responsabile di alcun inadempimento grave.

6. Le doglianze formulate con i primi cinque motivi del ricorso – che investono la sentenza pur sotto diversi profili, sul punto della affermata risoluzione del contratto preliminare per (solo) fatto e colpa della promittente venditrice ed al conseguente riconoscimento a favore del F. del diritto al pagamento della penale contrattuale – debbono essere congiuntamente esaminate, stante la loro stretta connessione.

Ritiene la Corte che esse siano prive di fondamento, avendo la Corte territoriale offerto del raggiunto convincimento circa l’esclusiva addebitabilità alla società Tre Monti Residence dell’inadempimento al preliminare de quo ampia articolata e non contraddittoria motivazione, senza altresì incorrere in errori di diritto.

I Giudici di appello hanno accertato, in primo luogo, che il termine per la consegna dell’immobile finito, fissato nel preliminare al 28 febbraio 1993, non fu rispettato dalla società la quale del resto neppure effettuò la consegna nell’ulteriore termine di mesi sei da tale data; ed hanno argomentato che a tale ulteriore termine doveva riconoscersi natura perentoria nonostante ogni formale contraria previsione contrattuale, essendo stato riconosciuto – con lo stesso preliminare – al promissario acquirente il diritto di ritenere risolto il contratto e di ottenere il rimborso di quanto versato nonché la corresponsione della penale di lire 51.000.000, appunto in caso di mancata consegna dell’immobile finito entro sei mesi dalla data iniziale .

Gli stessi Giudici hanno altresì accertato – richiamandosi sul punto anche alla motivazione della sentenza di primo grado (riprodotta a pagg 10 ed 11 della sentenza ora in esame: ndr) – che la società Tre Monti non aveva dato prova che, alla data del 28 agosto 1993, l’immobile era in effetti del tutto terminato ed abitabile (onde non assumeva rilievo che la soc. Tre Monti avesse comunicato al F., in data 5 aprile 1993, che i lavori erano quasi ultimati) ; con la conseguenza che nessun inadempimento – circa il versamento del residuo prezzo – poteva essere addebitato al promissario acquirente, facultato a ritenere risolto il contratto.

La Corte territoriale ha poi accertato con puntuali riferimenti alle risultanze documentali di causa (pagg. 24-25 sentenza impugnata), che il F. ebbe a versare, a titolo di acconto sul prezzo non la somma di lire 77.000.000 – come assunto dalla società ricorrente – bensì la maggior somma di lire 130.000.000: ritenendo, di conseguenza che di tale somma correttamente il F. aveva chiesto il rimborso.

Infine, la Corte di appello di Messina ha ritenuto dovuta la penale in considerazione dell’accertato (esclusivo) inadempimento della società promittente venditrice alle sue obbligazioni.

Orbene, si tratta di accertamento in fatto, incensurabile (salvo ciò che si dirà oltre, a § 7, circa la misura della penale, che la Corte di merito ha ritenuto dovuta nella misura contrattualmente prevista) in questa sede, in quanto basato sull’apprezzamento delle risultanze processuali, che, come del tutto pacifico, è demandato in via esclusiva al Giudice del merito: il quale nel caso in esame ha dato – come si è in precedenza rilevato – adeguata e non illogica spiegazione del convincimento circa il carattere assorbente dell’inadempimento della società valutato di entità tale (e perciò stesso di non scarsa importanza, ai sensi dell’articolo 1455 Cc) da giustificare la risoluzione del contratto per fatto e colpa della società medesima.

d’altro canto, a questa Corte non è consentito un nuovo esame delle risultanze processuali sulla base della diversa interpretazione e valutazione che la parte interessata ne proponga ma soltanto di verificare l’adeguatezza e la coerenza delle ragioni che sostengono la decisione, oltre che, ovviamente, di accertare che la decisione stessa sia conforme a diritto.

Orbene nella specie, le conclusioni raggiunte, oltre che indiscutibili sul piano della adeguatezza e coerenza motivazionale, neppure evidenziano errori di diritto: posto che la Corte territoriale una volta accertato e valutato come di non scarsa importanza l’inadempimento della società ad un termine di accertata natura essenziale, correttamente (arg. ex articolo 1460 Cc) ha ritenuto giustificato il rifiuto del promissario acquirente di versare il residuo prezzo ed ha conseguentemente pronunciato la risoluzione del contratto preliminare de quo per esclusiva colpa della promittente venditrice.

7. Con un sesto motivo la ricorrente deduce violazione dell’articolo 1384 Cc e degli articoli 342 e 343 c.p.c. nonché vizio di motivazione.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto tempestivo l’appello incidentale del F. nonostante fosse stato proposto in epoca (23.11.2001) successiva a quella (31.7.2001) di effettiva prima udienza di trattazione dalla causa, nella quale il F. si era costituito con comparsa, svolgendo anche difese nel merito.

Inoltre, del pari erroneamente avrebbe ritenuto dovuta la penale nella misura contrattualmente fissata senza considerare che l’ammontare della stessa poteva essere in ogni caso ridotta dal Giudice, nonostante la contraria pattuizione delle parti.

La doglianza, laddove investe la sentenza sotto il profilo dell’error in procedendo non è fondata;

entre è da condividere in relazione al potere del Giudice di ridurre la misura della penale.

In proposito va rilevato quanto segue.

Vero è per un verso, che – ai fini dell’ammissibilità dell’appello incidentale per prima udienza deve ritenersi, secondo il previgente testo dell’articolo 343 comma 1 c.p.c. (applicabile nella specie, in quanto ai sensi dell’articolo 90 legge 353/90 per giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 devono intendersi quelli iniziati in primo grado prima della suddetta data:Cassazione 13147/03), quell’udienza in cui vi sia stato lo svolgimento di attività processuale ai sensi dell’articolo 350 c.p.c..

Senonché, nella specie, l’udienza del 31 luglio 2001 risulta essere stata tenuta, su istanza di parte, al fine di decidere, ex articolo 351 c.p.c., sulla sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza appellata: sicché ogni attività processuale ed ogni difesa svolta in tale udienza non può essere presa in considerazione ad altri fini.

La proposizione dell’appello incidentale deve ritenersi pertanto essere tempestivamente avvenuta all’udienza del 23 novembre 2001, la prima effettivamente tenuta ai sensi degli articoli 343 e 350 c.p.c..

In ordine poi alla questione della penale contrattuale, va osservato quanto segue.

Dalla impugnata sentenza risulta che nel contratto preliminare, alla clausola n. 8, le parti inserirono una penale, a carico della società, per tutti i casi di risoluzione del preliminare per fatto e colpa alla stessa addebitabile, di lire 51.000.000, "irriducibile, anche in deroga all’articolo 13 84 Cc".

I Giudici di appello – in diverso avviso dal Tribunale di Messina – hanno ritenuto irriducibile tale penale, stante la espressa previsione delle parti in tal senso.

Ritiene la Corte che tale soluzione non sia condivisibile.

Invero, occorre tenere conto che il potere di riduzione della penale ad equità è stato riconosciuto al Giudice dall’articolo 1384 Cc a tutela dell’interesse generale dell’ordinamento (Cassazione, Su 18128/05), sicché trattandosi di un c.d. potere-dovere, lo stesso può essere esercitato anche d’ufficio, al fine di ricondurre l’autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare effettivamente meritevole di tutela.

In tale quadro interpretativo – che il Collegio pienamente condivide – è evidente la non correttezza giuridica della conclusione cui è giunta sul punto la Corte di merito, ritenendo che la previsione contrattuale della irriducibilità non consentisse perciò stesso la riduzione della penale:in tal modo essendosi riconosciuto all’autonomia privata di paralizzare l’esercizio di un potere invece riconosciuto al Giudice nel superiore interesse dell’ordinamento.

6. Conclusivamente, i primi cinque motivi debbono essere rigettati; va invece accolto, per quanto di ragione, il sesto.

La sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto: con rinvio – occorrendo ai fini del decidere ulteriori accertamenti di fatto, e comunque essendo l’eventuale riduzione della penale, correlata all’esercizio di poteri tipicamente discrezionali (Cassazione 6380/01;Cassazione 7528/02) non attribuiti al Giudice di legittimità – alla Corte di appello di Reggio Calabria, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione, il sesto motivo del ricorso;rigetta i restanti;cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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