Cons. Stato Sez. VI, Sent., 26-09-2011, n. 5365 Concorrenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 6 luglio 2009 n. 6456 che, in parziale accoglimento del ricorso di primo grado della società T. Italia srl, ha annullato il provvedimento sanzionatorio della medesima Autorità 30 ottobre 2008 n. 19051 nella parte in cui lo stesso ha ravvisato nel comportamento della odierna appellata, consistito essenzialmente nel sollecitare a T. Italia il pagamento di servizi di comunicazione a sovrapprezzo non richiesti consapevolmente dagli utenti, gli estremi della condotta aggressiva ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. 6 settembre 2005, n.206 ed ha irrogato la relativa sanzione pecuniaria. Nella prospettazione della Autorità appellante ed al contrario di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, anche nei confronti della appellata società, cessionaria dalla società K. di una numerazione speciale per la erogazione di servizi di comunicazione elettronica a sovrapprezzo, sarebbero da ravvisare, gli estremi della condotta aggressiva, e ciò pur in carenza di un rapporto diretto tra la stessa società ed i consumatori fruitori dei servizi a sovraprezzo nella fase di esazione dei pagamenti relativi ai servizi forniti; in particolare, l’Autorità appellante assume che la pratica aggressiva sarebbe da individuare nella insistente richiesta a T. Italia s.p.a. della appellata di fatturazione degli importi ad essa dovuti, nonostante la piena consapevolezza della esistenza del fenomeno dei dialers autoinstallanti nei sistemi operativi di ignari utenti di servizi internet, nonché nella omissione di ogni controllo sui picchi anomali nei consumi registrati da parte degli utenti.

Di qui la richiesta di riforma parziale della impugnata sentenza, con consequenziale integrale rigetto del ricorso di primo grado, con il ripristino consequenziale della efficacia del provvedimento impugnato nella sua integrità dispositiva.

2.La società appellata non si è costituita nel giudizio di appello.

3.All’udienza del 19 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. La causa ripropone la questione, già affrontata in altre controversie passate in decisione alla odierna udienza di discussione, afferente la responsabilità per pratica commerciale scorretta di tutti i soggetti della filiera relativa alla fornitura dei servizi di comunicazione a sovrapprezzo in ordine al fenomeno della fraudolenta installazione di dialers (e cioè di programmi capaci di generare chiamate e connessioni non richieste consapevolmente dagli utenti) durante la navigazione in internet degli utenti. E’ accaduto che a seguito di alcune denunce di utenti di servizi internet a pagamento, che si erano visti addebitare in bolletta importi per chiamate e connessioni non richieste, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un’istruttoria volta ad accertare le cause di tale fenomeno; il procedimento si è concluso con l’intervento sanzionatorio dell’Autorità per pratica commerciale scorretta (qualificata sia ingannevole che aggressiva) nei confronti di tutti soggetti della filiera attinente la fornitura dei servizi a sovrapprezzo nelle comunicazioni elettroniche (e quindi dell’operatore di accesso, del titolare della numerazione, del cessionario della stessa e del centro servizi) a prescindere da una loro diretta responsabilità nella applicazione surrettizia dei dialers nelle apparecchiature degli utenti.

4.1 Con distinte sentenze il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto i ricorsi degli operatori commerciali avverso il provvedimento sanzionatorio AGCM del 30 ottobre 2008, limitandosi ad accogliere i ricorsi (ad eccezione del ricorso T., che è stato respinto integralmente) in relazione ai profili di ritenuta sussistenza della aggressività della condotta posta in essere dalle originarie ricorrenti, ai sensi dell’art. 24 del Codice del consumo (a tenore di tale disposizione è considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso).

4.2 Più in particolare, nel caso in esame, con sentenza del 6 luglio 2009 n. 6456 il giudice di primo grado ha ritenuto che non fosse possibile addebitare alla società T. una pratica aggressiva, la stessa non potendosi ravvisare nel semplice fatto di aver richiesto a T. Italia s.p.a. "indiscriminatamente" (e cioè a tutti gli utenti indistintamente, senza alcun accorgimento volto a individuare eventuali picchi anomali di consumo a carico di taluni utenti) la fatturazione del traffico registrato, omettendo quindi di adottare gli accorgimenti necessari per tutelare i consumatori vittime inconsapevoli dei dialers autoinstallanti. E ciò in quanto, sempre secondo il giudice di primo grado, è soltanto l’operatore di accesso (e dunque T. Italia s.p.a.) ad avere un rapporto diretto di utenza con i destinatari finali dei servizi prestati attraverso le numerazioni assegnate ai diversi soggetti per conto dei quali T. gestisce i servizi di fatturazione e recupero dei crediti (oltre che quello principale di operatore d’accesso). In altri termini, nei fatti ascritti alla odierna società appellata, e già qualificati come pratica commerciale ingannevole, non è stato ravvisato l’ulteriore elemento della aggressività della condotta commerciale, in carenza di un diretto rapporto tra i soggetti (e cioè tra professionista e consumatore) ritenuto presupposto indispensabile per porre in essere quella indebita "pressione"psicologica che condiziona la libertà di scelta degli utenti e che è sanzionata dall’ordinamento a titolo di pratica aggressiva.

4.3 Nell’atto di appello l’Autorità assume che nel Codice del consumo non vi sia alcun appiglio testuale per sostenere la necessità che tra i soggetti interessati debba necessariamente sussistere un rapporto diretto al fine di ravvisare gli estremi della pratica aggressiva e che anzi, a fronte della riscontrata gravità del fenomeno dei dialers autoinstallanti, non vi sia spazio sul piano giuridico per operare una distinzione tra il condizionamento indebito esercitato sugli utenti dall’operatore di accesso rispetto a quello compiuto dagli assegnatari delle numerazioni speciali che hanno insistentemente richiesto a T. Italia s.p.a. la fatturazione dei servizi. Di tal che,sempre secondo l’Autorità appellante, correttamente sarebbe stata sanzionata, anche per i profili della aggressività, la condotta degli assegnatari e dei cessionari delle numerazioni speciali per aver, sia pur per il tramite di T. Italia s.p.a., condizionato la libertà di scelta degli utenti.

4.4 La censura non appare meritevole di favorevole scrutinio.

Non è dubbio anzitutto, in linea di principio, che, in determinate situazioni concrete, un "professionista" (come definito dall’art. 18 del Codice del consumo alla stregua di qualsiasi persona fisica o giuridica che agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista) possa esercitare anche in via indiretta forme di pressione tanto incisive da condizionare la libertà di scelta di un "consumatore" (in modo da fargli assumere decisioni che altrimenti non avrebbe preso) e quindi essere assoggettato alla potestà sanzionatoria dell’Autorità per pratica commerciale aggressiva ai sensi del richiamato art. 24 del d.lgs. 6 settembre 2005, n.206.

Nondimeno nel caso in esame correttamente il giudice di primo grado, in parziale accoglimento dei ricorsi degli operatori commerciali diversi da T. Italias.p.a., ha ritenuto che i profili della aggressività della condotta non potessero ravvisarsi nei comportamenti tenuti dagli assegnatari delle numerazioni speciali e dei centriservizio.

Ferma restando la responsabilità di tali soggetti sul piano della ingannevolezza del comportamento (sul quale ci si soffermerà più oltre in sede di esame dell’appello incidentale), non appare tuttavia predicabile una loro responsabilità aggiuntiva per pratica aggressiva. L’art.24 cit infatti descrive tale condotta sanzionabile utilizzando espressioni fin troppo significative riguardo al grado della forza condizionante che deve scaturire dalla pratica commerciale qualificabile come "aggressiva", per tale dovendosi in particolare intendere quella che "nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio…".

Ritiene il Collegio che tali elementi tipizzanti la pratica aggressiva correttamente non sono stati ritenuti sussistenti, nella fattispecie concreta, in sede di esame del comportamento ascritto alla odierna società appellata. La semplice richiesta a T. Italias.p.a. di fatturazione dei servizi, per quanto insistente, non può assumere i tratti della aggressività per la ragione assorbente per cui, essendo rivolta ad un operatore che si trova in posizione dominante sul mercato della telefonia in Italia, non ha potuto generare in capo a quest’ultimo alcuna coartazione di ordine morale o materiale nell’adempimento dei servizi di fatturazione e recupero crediti in confronto degli utenti finali. La "pressione" indebita sulla libertà di costoro deve pertanto ritenersi ascrivibile all’autonomo comportamento di T. Italia s.p.a. (che, come ritenuto da questo Consiglio di Stato nella decisione sul ricorso RG n. 9735/09, a giusto titolo è stata sanzionata anche per pratica commerciale aggressiva), dato che quest’ultima società ha utilizzato – secondo la prassi normalmente seguita nei confronti degli utenti morosi – la minaccia del distacco del servizio di fornitura alla rete (ciò che è nella sua esclusiva disponibilità) per ottenere dai consumatori il pagamento indiscriminato delle prestazioni dei servizi a sovrapprezzo (ivi compresi, pertanto, quelli generati da chiamate o connessioni non richieste).Nessuna rilevanza autonoma può riconnettersi pertanto, sul piano della qualificazione della condotta in termini di aggressività, al comportamento della odierna società appellata, la cui attività sollecitatoria (anche a predicarne in concreto la ricorrenza) non ha assunto per quanto detto funzione di causa efficiente della pratica aggressiva imputabile a T. Italia s.p.a.; né d’altra parte in contrario avviso potrebbe indurre il tenore letterale dell’art. 26 del Codice del consumo, nella parte in cui prevede quale tipica ipotesi di condotta aggressiva l’esigere il pagamento immediato di prodotti che il professionista ha fornito ma che il consumatore non ha richiesto. Si tratta infatti di previsione che suppone in ogni caso la possibilità per il professionista di utilizzare nella esazione del pagamento quegli strumenti di "pressione" che l’art. 24 dello stesso Codice considera sintomatici di indebita coartazione nella quale si compendia la pratica aggressiva e che nel caso in esame non possono dirsi sussistenti in ragione della ricordata funzione di intermediazione operata da T. Italia nell’adempimento dei servizi di fatturazione ed esazione dei crediti.

Alla luce di quanto detto erroneamente l’Autorità ha ritenuto di ascrivere alla società appellata di aver posto in essere una pratica commerciale "aggressiva", in difetto dei presupposti voluti dalla legge per ritenere sussistente tal genere di condotta.

5.In definitiva, deve essere respinto il ricorso principale e deve essere confermata la impugnata sentenza.

6. Non vi è spazio per provvedere alla liquidazione delle spese di lite di questo grado di appello, in difetto di costituzione della società appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n. 10410/09), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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