Cons. Stato Sez. VI, Sent., 26-09-2011, n. 5363 Concorrenza sleale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società C. s.p.a., assegnataria di numerazioni speciali per la erogazione di servizi di comunicazione elettronica, impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 6 luglio 2009 n. 6455 che, in accoglimento soltanto parziale del ricorso di primo grado della stessa società, ha annullato il provvedimento sanzionatorio della medesima Autorità 30 ottobre 2008 n. 19051 nella parte in cui lo stesso: a) ha ravvisato nel comportamento della odierna appellante, consistito essenzialmente nel sollecitare a Telecom il pagamento dei servizi di comunicazione offerti sulle numerazioni speciali non richiesti consapevolmente dagli utenti, gli estremi della condotta aggressiva ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. 6 settembre 2005, n.206; b) ha quantificato la relativa sanzione pecuniaria nella misura (ritenuta eccessiva) di euro 255.000 ed ne ha imposto il pagamento. Il ricorso di primo grado è stato invece respinto laddove lo stesso censurava la illegittimità del medesimo provvedimento sanzionatorio, nella parte in cui aveva accertato (e conseguentemente sanzionato) in confronto dell’odierna appellante una pratica commerciale ingannevole consistita nel non aver posto in essere, quale assegnataria di numerazioni speciali, alcun accorgimento volto ad arginare il fenomeno dei "dialers autoinstallanti" nei sistemi operativi di ignari utenti dei servizi (e cioè di programmi capaci di generare chiamate e connessioni non volute dall’utente),nonostante la piena consapevolezza della esistenza di tale fenomeno fraudolento. Di qui la richiesta di riforma, per questa parte, della impugnata sentenza, con consequenziale integrale accoglimento del ricorso di primo grado, non risultando esigibile in confronto della odierna appellante, quale cedente ad altro soggetto (Plus production) l’uso delle numerazioni speciali in sua titolarità, un diverso comportamento improntato a maggior diligenza nella disciplina e gestione del descritto fenomeno.

2. Si è costituita nel giudizio di appello la Autorità intimata per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

3.All’udienza del 19 luglio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. La causa ripropone la questione, già affrontata in altre controversie passate in decisione alla odierna udienza di discussione, afferente la responsabilità per pratica commerciale scorretta di tutti i soggetti della filiera relativa alla fornitura dei servizi di comunicazione a sovrapprezzo (o comunque di servizi di comunicazione su numerazioni speciali, quali quelle in titolarità della odierna appellante) in ordine al fenomeno della fraudolenta installazione di dialers (cioè di programmi capaci di generare chiamate e connessioni non richieste consapevolmente dagli utenti) in occasione della fruizione di servizi di comunicazione da parte della utenza. E’ accaduto che a seguito di alcune denunce di utenti di servizi internet a pagamento, che si erano visti addebitare in bolletta importi per chiamate e connessioni non richieste, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato un’istruttoria volta ad accertare le cause di tale fenomeno; il procedimento si è concluso con l’intervento sanzionatorio dell’Autorità per pratica commerciale scorretta (qualificata sia ingannevole che aggressiva) nei confronti di tutti soggetti della filiera attinente la fornitura dei servizi a sovrapprezzo nelle comunicazioni elettroniche (e quindi dell’operatore di accesso, del titolare della numerazione, del cessionario della stessa e del centro servizi) a prescindere da una loro diretta responsabilità nella applicazione surrettizia dei dialers nelle apparecchiature degli utenti.

4.1 Con distinte sentenze il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto i ricorsi degli operatori commerciali avverso il provvedimento sanzionatorio AGCM del 30 ottobre 2008, limitandosi ad accogliere i ricorsi (ad eccezione del ricorso Telecom, che è stato respinto integralmente) in relazione ai profili di ritenuta sussistenza della aggressività della condotta posta in essere dalle originarie ricorrenti, ai sensi dell’art. 24 del Codice del consumo (a tenor di tale disposizione è considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso).

4.2 Più in particolare, nel caso in esame, con la impugnata sentenza il giudice di primo grado ha ritenuto che fosse possibile addebitare alla società C. una pratica ingannevole ed ha per questa parte respinto l’originario ricorso. Con l’appello all’esame, Cnsinfo s.p.a. sostanzialmente lamenta il suo coinvolgimento nel procedimento sanzionatorio conclusosi con l’impugnato provvedimento, nonostante essa avesse ceduto ad altri (Plus production) l’uso delle numerazioni a sovrapprezzo di cui risulta assegnataria (con cifre iniziali 178 e 199), in relazione alle quali peraltro non sarebbe propriamente configurabile la erogazione di "servizi a sovraprezzo"e quindi non sarebbe neppure applicabile il d.m. 145 del 2006 che detti servizi disciplina nonchè gli oneri di diligenza discendenti a carico degli operatori di settore da tale normativa regolamentare.

La censura non appare meritevole di favorevole scrutinio.

5.1 L’appellante sostanzialmente contesta la stessa sussistenza degli obblighi di protezione previsti a carico del "professionista"dall’art.18 del Codice del consumo in ragione della sua posizione defilata e cioè di partner commerciale non diretto del fruitore del servizio di comunicazione. In particolare, l’appellante assume che avendo ceduto alla società Plus production i diritti d’uso sulle numerazioni speciali in sua titolarità, sarebbe al più quest’ultima società cessionaria a dover rispondere nei confronti dei consumatori di eventuali utilizzazioni scorrette delle numerazioni speciali. Inoltre, sempre nella prospettazione dell’appellante non sarebbe congruo il richiamo normativo operato dall’Autorità al d.m.145 del 2006 relativo alla disciplina dei servizi di comunicazione a sovrapprezzo, dato che le numerazioni speciali in titolarità dell’appellante ed oggetto di cessione in uso al centro servizi Plus production non consentono la erogazione di servizi a sovrapprezzo ma soltanto servizi di gestione speciale delle chiamate.

La censura non appare convincente.

L’art. 18 del Codice del consumo stabilisce che per professionista si deve intendere qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della specifica disciplina, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Ciò che la disposizione richiede ai fini dell’assunzione della qualificazione soggettiva di che trattasi è dunque che la pratica commerciale sia posta in essere dal soggetto quale manifestazione della sua ordinaria attività di lavoro, a tale dato oggettivo soltanto essendo correlati gli accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera al contrario (il consumatore) al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale (ed è per tal ragione in posizione di tendenziale debolezza contrattuale). Alla luce di tale precisazione non par dubbio pertanto che la società appellante abbia operato nello specifico quale "professionista" che, in quanto titolare di numerazioni speciali a sovrapprezzo (ancorché non utilizzabili per la fornitura di servizi a sovrapprezzo), svolge attività commerciale traendo dall’utilizzazione di tali numerazioni un profitto economico, a nulla rilevando la circostanza che sia stato ritenuto più conveniente cedere a terzi (dietro corrispettivo) l’uso delle numerazioni speciali in titolarità; ciò che si ascrive alla società appellante è infatti di aver sfruttato commercialmente (non importa in quale forma) numerazioni speciali di cui risulta assegnataria (e quindi di aver agito quale "professionista") senza mettere sull’avviso i consumatori dei rischi connessi alla utilizzazione di tali numerazioni (in relazione al più volte ricordato fenomeno dei dialers). Non par dubbio pertanto che la società appellata non possa ritenersi soggetto estraneo alla sfera di applicazione del Codice del consumo, il quale di per sé integra una sufficiente base giuridica al fine di sorreggere le contestazioni mosse alla società appellante in relazione al riferito fenomeno dei dialers autoinstallanti, a prescindere dalla applicazione in suo confronto della disciplina regolamentare relativa ai servizi a sovrapprezzo ( d.m. 145 del 2006).

5.3 Quanto al merito della censura, con la quale si è contestata la sussistenza di un comportamento poco diligente predicabile a carico di essa società appellante, nel provvedimento dell’Autorità è stato condivisibilmente evidenziato come il nuovo sistema di tutela del consumatore dettato dal Codice del consumo sia orientato a colmare il deficit informativo esistente presso i consumatori, soprattutto in settori di attività caratterizzati da una particolare complessità dovuta alla continua evoluzione tecnologica. Al riguardo, AGCM ha osservato che, nel contesto dell’offerta di nuovi e diversificati servizi, i consumatori possano non conoscerne in dettaglio modalità e caratteristiche tecniche di funzionamento, e che quindi non siano in genere dotati delle competenze specifiche necessarie per rilevare, e dunque fronteggiare, l’esistenza dei "pericoli" connessi alla loro fruizione. Ora, il procedimento in esame si inserisce giustappunto in tale nuovo quadro di tutela del consumatore offerto dal Codice del consumo, che viene ad integrare gli ordinari strumenti di tutela contrattuale nonché quelli derivanti dall’esistenza di specifiche discipline (cfr. art. 19 del Codice del consumo) in settori particolari (come nel caso, appunto, delle numerazioni a sovrapprezzo nelle comunicazioni elettroniche). Come correttamente osservato dal primo giudice, le norme in materia di contrasto alle pratiche commerciali sleali richiedono ai "professionisti" l’adozione di modelli di comportamento in parte desumibili da siffatte norme, ove esistenti, in parte dall’esperienza propria del settore di attività, nonché dalla finalità di tutela perseguita dal Codice, purché, ovviamente, siffatte condotte siano loro concretamente esigibili in un quadro di bilanciamento, secondo il principio di proporzionalità, tra l’esigenza di libera circolazione delle merci e il diritto del consumatore a determinarsi consapevolmente in un mercato concorrenziale. Correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha ritenuto che gli obblighi di vigilanza e controllo sul corretto uso delle numerazioni speciali in sua titolarità la cui violazione è stata contestata alla odierna appellante trovino il loro fondamento nel canone di diligenza professionale stabilito dal Codice del consumo, definito alla stregua del normale grado di specifica competenza ed attenzione i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e buona fede nel settore di attività del professionista. Ed è proprio in questo quadro normativo (cui è estranea la disciplina dei servizi a sovrapprezzo) che è stata correttamente ravvisata dall’Autorità la responsabilità di Cnsifo nella gestione delle numerazioni in titolarità, consistita nell’aver omesso di vigilare in ordine a possibili utilizzazioni fraudolente delle stesse (dalle quali la medesima società trae non irrilevanti profitti) in danno dei consumatori.

Peraltro, l’Autorità ha accertato che le società assegnatarie delle numerazioni speciali erano da tempo a conoscenza del fenomeno dei dialers autoinstallanti, essendosi dotate al loro interno di sistemi di monitoraggio volti ad evidenziare anomalie di traffico che potevano far presumere il rischio di utilizzo fraudolento delle numerazioni ad esse assegnate, e cionondimeno hanno omesso di adottare misure atte a evitare o quantomeno contenere la diffusione di tali fenomeni fraudolenti.

L’Autorità d’altra parte non ha preteso dalla odierna appellante l’adozione di accorgimenti volti ad impedire direttamente la realizzazione delle frodi informatiche in esame, né che la stessa vigilasse in ordine alle modalità con cui avveniva in concreto la erogazione dei servizi sulle numerazioni a ciò deputate. La responsabilità dei titolari delle numerazioni speciali è stata piuttosto correttamente individuata nell’omesso controllo sul corretto uso di tali numerazioni, anche in relazione al divieto (ritenuto violato in confronto di taluni assegnatari principali) di subcessione a ulteriori soggetti terzi (diversi dai centri servizio) dell’uso di dette numerazioni speciali. La proliferazione dei soggetti utilizzatori rende infatti più difficile l’osservanza dei precetti informativi e deontologici da parte dei titolari delle numerazioni e dei loro cessionari, e rende quindi ancor più cogente l’impegno dei titolari delle numerazioni a favorirne un uso corretto anche da parte dei propri aventi causa.

6. Da tanto si evince che la odierna società appellante non potrebbe ritenersi esente da responsabilità in ordine al riferito fenomeno della surrettizia installazione dei dialers nei sistemi informatici di ignari utenti, di cui aveva piena e ben anteriore conoscenza, non avendo adottato misure volte a contenere i rischi di chiamate ripetute ed automaticamente generate da programmi autoinstallati, e quindi in sostanza per aver violato l’art. 22 del Codice del consumo (secondo cui è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso).

7. Nemmeno in senso favorevole alla tesi difensiva dell’appellante rileva la circostanza secondo cui al procedimento sanzionatorio sarebbe rimasta estranea (peraltro per difficoltà tecniche di individuare in Italia il legale rappresentante) la società Plus production, cessionaria dei diritti d’uso sulle numerazioni speciali assegnate a Cnsifo. E’ evidente, infatti, che il mancato coinvolgimento dell’operatore commerciale che ha utilizzato in concreto nei confronti dell’utenza le numerazioni speciali, per quanto integri un’evenienza non auspicabile, lascia tuttavia impregiudicata l’autonoma responsabilità del titolare di quelle numerazioni, cui non viene addebitato alcun comportamento attivo nella predisposizione dei dialers autoinstallanti, quanto piuttosto di aver violato nei confronti del pubblico dei consumatori dei servizi di comunicazione elettronica il più generale dovere di protezione ritraibile (nei termini già indicati) dal Codice del consumo.

In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

8.Le spese di lite seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n. 10289/09), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante alla rifusione, in favore della appellata Autorità, delle spese e competenze del presente giudizio di appello, che liquida in complessivi euro 15.000,00 (quindicimila/00), oltre IVA e CAP come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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