Cass. civ., sez. Lavoro 02-11-2006, n. 23528 OBBLIGAZIONI IN GENERE – ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE – NOVAZIONE – OGGETTIVA – Mutamento del titolo della prestazione lavorativa – Unico elemento caratterizzante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Fatto

Con ricorso al Tribunale di Trieste, giudice del lavoro, del 20gennaio 1998 il Dott. P.F. esponeva di essere stato direttore dellatestata giornalistica televisiva Telequattro dall’11 gennaio 1988al 30 settembre 1993, senza percepire alcun compenso;

che era stato licenziato il 30 luglio 1993, senza percepire leindennità terminative; che aveva richiesto le sue spettanze, senzaottenere risposta. Chiedeva di condannare la s.r.l. Telequattro apagargli L. 394.428.054, come da conteggi allegati, redatti sullabase del c.c.n.l. giornalisti. Con sentenza 24 luglio 2001 n. 426il giudice adito rigettava il ricorso, non ritenendo provata lanatura subordinata del rapporto.

La Corte d’ Appello di Trieste, con sentenza 10 febbraio 2003 n. 238, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ritenuta lanatura subordinata del rapporto a partire dal 19 luglio 1993, hacondannato la s.r.l. Telequattro a pagare al P. la somma di Euro8.856,34, con interessi legali sulla somma di anno in annorivalutata a decorrere dal 30 settembre 1993 fino al saldo. Hacondannato il soccombente a pagare le spese processuali del grado.

La Corte ha diviso il periodo rivendicato in due sottoperiodi:Nel primo periodo, che va dall’inizio dell’incarico fino allalettera Rota del 19 luglio 1993, non vi sono gli elementi oggettivie soggettivi del rapporto di lavoro subordinato: Sotto il profilosoggettivo, egli era coinvolto personalmente e pienamente nellevicende societarie: proprietario di quote della Telequattro GTs.r.l. per il 48%, anche attraverso le società Tres s.r.l. e Edigi s.r.l.; amministratore delegato della stessa, nonchè direttore delletestate Telequattro, del settimanale Il Meridiano e del giornaleTrieste Oggi, che avevano sede nello stesso immobile dove operavaTelequattro, e operavano in sinergia tra loro, non pattuì alcuncompenso per l’opera prestata come direttore di Telequattro. ÿvero che con la lettera del 1990 chiedeva genericamente deicompensi, ma solo a seguito di quella del 1993, in cui proponeva diessere pagato come giornalista, si avvenne all’accordo 19 luglio1993 per inquadrarlo come giornalista dipendente, in concomitanzacon l’abbandono delle cariche sociali.

Sotto il profilo oggettivo, la testata aveva un propriocaporedattore ed i giornalisti prendevano disposizioni sia daquesti sia dal P.; non vi era distinzione in concreto tral’attività svolta come socio e quale amministratore delegato equella svolta come giornalista televisivo.

Il secondo periodo inizia con la lettera 19 luglio 1993 del Rota, attuale amministratore della società, del seguente tenore: "Presoatto delle sue dimissioni dell’ufficio di consigliere diamministrazione con delega al settore dell’informazione, con lapresente le conferiamo l’incarico di direttore responsabile dellatestata Telequattro. A far data da oggi tale incarico sarà assoltosulla base di contratto regolato dal c.c.n.l. dei giornalisti perquanto non espressamente previsto. Si precisa che detto rapportocontrattuale avrà in ogni caso durata indeterminata, ma comunquenon risolubile prima del 30 settembre 1993.

La Corte ha distinto nella lettera riportata due momenti negoziali:il primo è una mera dichiarazione ricognitiva sull’esistenza di unincarico di direttore del giornale televisivo, la seconda è unadichiarazione che, in accoglimento della richiesta del P., assumevalenza di contratto di lavoro subordinato, a valere da quelmomento in poi.

L’accordo aveva valore novativo, già contenuto nella propostaalternativa del P.; vi fu un mutamento, anche oggettivo, perchè ilP. cessava dalla carica di consigliere.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il P., consei motivi.

La società intimata si è costituita con controricorso, resistendo.

Diritto

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsaapplicazione degli artt. 1230, 1231, 1234, 1321, 1322, 1326, 1362cod. civ. (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnatanella parte in cui ha ritenuto la novazione del rapporto.

Rileva che, sul piano oggettivo, non c’è stata sostituzione di unaobbligazione ad un’altra originaria. Lamenta poi erroneainterpretazione della corrispondenza intercorsa tra le parti.

Il motivo non è fondato.

A norma dell’art. 1230 cod. civ., l’obbligazione si estingue quandole parti sostituiscono alla obbligazione originaria una nuovaobbligazione con oggetto o titolo diverso.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la novazione oggettivasi configura come un contratto estintivo e costitutivo diobbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un nuovorapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente connuove ed autonome situazioni giuridiche; di tale contratto sonoelementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l’animusnovandi, consistente nella inequivoca, comune intenzione dientrambe le parti di estinguere l’originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l’aliquid novi, inteso comemutamento sostanziale o dell’oggetto della prestazione o del titolodel rapporto, dovendosi escludere che la semplice regolazionepattizia delle modalità di, svolgimento della preesistenteprestazione produca novazione. L’esistenza di tali specificielementi deve essere in concreto verificata dal giudice del merito, con un accertamento di fatto che si sottrae al sindacato dilegittimità solamente se è conforme alle disposizioni contenutenell’art. 1230 c.c., commi 1 e 2, e art. 1231 cod. civ., e serisulta congruamente motivato (Cass. 17 agosto 2004 n. 16038).

La novazione quindi può consistere anche solo nel mutamento deltitolo per il quale la prestazione, che persiste, è erogata.

ÿ pertanto immune dal vizio di violazione di legge la valutazionedel giudice del merito secondo il quale le parti hanno sostituitoalla precedente obbligazione, di effettuare lavoro giornalistico inesecuzione e nell’interesse del vincolo sociale, l’obbligoderivante dalla stipulazione di un rapporto di lavoro subordinato, in concomitanza con la cessazione della precedente carica sociale.

ÿ infatti noto che ogni attività (compresa, quindi, quellagiornalistica) oggettivamente configurabile come prestazione dilavoro a favore di un terzo si presume effettuata a titolo oneroso, soprattutto in un settore disciplinato da un contratto collettivo;

pertanto, qualora sia stato richiesto il riconoscimentodell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, il giudice puòutilizzare gli elementi di fatto disponibili per la ricerca dellaeffettiva natura, onerosa o gratuita, della prestazione accertatae, in mancanza di prova, che grava sul datore di lavoro, di unaprestazione "affectionis vel benevolentiae causa", ovvero a merotitolo didattico o di esperienza del lavoratore, può ricorrereanche alla valutazione equitativa per la determinazionedell’eventuale compenso spettante ex plurimis Cass. 28 agosto 2003n. 12639).

Non è pertanto contraria a diritto la valutazione del giudice delmerito secondo il quale la compatibilità di un rapporto di lavorosubordinato con cariche sociali non comporta che la prestazionedebba formare necessariamente oggetto di un rapporto di lavorosubordinato.

Quanto, alla interpretazione della corrispondenza intercorsa tra leparti, non sono indicati i canoni ermeneutica che sarebbero stativiolati.

I successivi motivi, da 2 a 6, attengono alle valutazioni di meritodel giudice d’appello.

Con il secondo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsaapplicazione degli artt. 1321, 1322, 1325 e 2094 cod. civ.; omessae contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia(art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), censura la sentenza impugnata per unapresunta perplessità circa l’obbligo del compenso.

Con il terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazionedegli artt. 1321, 1322, 1325 e 2094 cod. civ., art. 116 c.p.c.; omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo dellacontroversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), censura la analisi degliindici rivelatori della subordinazione operata dalla sentenzaimpugnata. Riporta le deposizioni testimoniali.

Con il quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazionedegli artt. 1321, 1322, 1325, 1326, 1362 cod. civ.; artt. 6 e 7 c.c.n.l. applicabile (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), censura la sentenzaimpugnata per non avere rilevato che le mansioni svolte dal P., percome indicate dai testi, corrispondono a quelle che il c.c.n.l. indica per il direttore di testata.

Con il quinto motivo, deducendo violazione e falsa applicazionedegli artt. 116, 117, 421 c.p.c., lamenta che la sentenza impugnataabbia attribuito valore di parziale confessione alla circostanzadichiarata dal P. in sede di libero interrogatorio, e cioè di nonavere pattuito alcun compenso con l’ I. all’atto del conferimentodell’incarico.

Lamenta poi che il giudice d’appello non ha distinto tra mancatapattuizione del quantum e mancata pattuizione dell’an. Con il sestomotivo infine, deducendo violazione e falsa applicazione degliartt. 2700, 2719, 2721 cod. civ.; artt. 214, 215, 221 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata per laricostruzione delle questioni societarie.

I cinque motivi, da esaminare congiuntamente per la loroconnessione, non sono fondati.

Trattasi di censure di merito a valutazioni di fatto che hanno giàsuperato il vaglio del primo giudice e di quello d’appello, inammissibili come tali avanti questo giudice di legittimità.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate inEuro 24,00 oltre Euro duemilacinquecento per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese delpresente giudizio liquidate in Euro 24,00 oltre Euroduemilacinquecento per onorari di avvocato, oltre spese generali edaccessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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