Corte Suprema di Cassazione – Penale Sezione II Sentenza n. 34199 del 2006 deposito del 12 ottobre 2006

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 12.11.2001 il tribunale di Genova dichiarava B. G. colpevole del delitto di tentata truffa, aggravata ai sensi dell’art. 640 cpv. c.p., n. 1, art. 61 c.p., n. 7 e art. 11 c.p., per avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a procurarsi un ingiusto profitto con danno dell’AMIU (Azienza municipalizzata di igiene urbana) corrente in ?; in particolare si addebitava all’imputato di avere posto in essere artifici e raggiri consistiti nel richiedere alla predetta Azienda il pagamento di onorari per la progettazione di varianti alle opere relative alla discarica di ? – da essa commesse e nella cui esecuzione egli svolgeva il ruolo di direttore dei lavori – pur essendo state tali varianti progettate da professionisti diversi (gli ingegneri V. e C., dipendenti delle imprese assuntrici), nonchè nel depositare presso il competente Consiglio dell’ordine, ai fini della taratura, parcella inerente alla predetta attività di progettazione (per l’importo di L. 310 milioni circa) allegando ad essa elaborati progettuali interamente copiati da quelli precedentemente redatti dagli ingegneri V. e C. ovvero fotocopie degli stessi, alterati nella parte del cd. "cartiglio", mediante la cancellazione del nome del progettista ed, in sostituzione, l’annotazione del proprio, non riuscendo nell’intento fraudolento per cause indipendenti dalla sua volontà.

Reato commesso in ?, secondo l’imputazione, il ?.

All’affermazione di responsabilità faceva seguito la condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.

L’imputato interponeva gravame, che veniva tuttavia disatteso dalla Corte di appello di Bologna la quale confermava integralmente la decisione di primo grado; avverso tale statuizione ha quindi proposto a mezzo del difensore ricorso per cassazione con il quale denuncia: 1 – violazione degli artt. 56, 640 c.p.;

deduce il ricorrente che erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza nei fatti del tentativo di truffa, non potendosi qualificare nè idonei nè univocamente diretti a procurarsi un ingiusto profitto gli atti da lui posti in essere; ed invero la presentazione della "parcella" e dei falsi documenti all’Ordine degli ingegneri al fine di conseguire il ed, giudizio di congruità non può in alcun modo assumere tale natura, trattandosi esclusivamente della richiesta di un atto amministrativo costituente, al più, il semplice apprestamento o procacciamento di uno strumento con cui agire che non integra ancora gli estremi del tentativo punibile, sicchè la sentenza gravata risulta intrisa di mere illazioni prognostico-ipotetiche in ordine alle (future) intenzioni dell’agente senza nessuna effettiva giustificazione della conclusione che l’imputato avrebbe utilizzato la "taratura" nel confronti dell’Azienda municipalizzata, la quale, peraltro, ove anche ne avesse ricevuto la richiesta di pagamento, avrebbe inevitabilmente deliberato di non accoglierla; la truffa ad avviso del ricorrente, sarebbe esclusa altresì per essere stato l’inganno (cioè la presentazione come propri degli elaborati di terzi) operato verso soggetti non legittimati alla disposizione patrimoniale, sicchè è carente nella specie il rapporto causale tra artifici e raggiri realizzati dall’agente e la disposizione patrimoniale potenzialmente compiuta dal soggetto passivo indotto in errore, atteso che se mai fosse intervenuto il giudizio di congruità da parte dell’Ordine egli avrebbe al più potuto ottenere un decreto ingiuntivo da parte del giudice civile, ma mai L’AIMU avrebbe deliberato il pagamento di quanto richiesto e ritenuto non dovuto, nemmeno se assistito da "taratura"; difetterebbe, altresì, l’ingiustizia del profitto richiesta dall’art. 640 c.p., avendo il ricorrente effettuato prestazioni professionali ulteriori rispetto a quelle originariamente previste e rientranti nella direzione dei lavori, mentre le tavole incriminate non avevano altro scopo che quello di rappresentare l’area interessata ed il contesto del cantiere nel quale andavano ad insistere le innovazioni tecniche apportate dall’imputato ed assistite da elaborati progettuali frutto di sua esclusiva ed autonoma produzione, come provato dall’istruttoria dibattimentale:

progettazione non rientrante nei compiti del direttore dei lavori e dunque da retribuirsi da parte del committente, con la conseguenza che il reato deve essere escluso perchè il profitto, ancorchè ottenuto ovvero perseguito fraudolentemente risulta oggettivamente legittimo.

2 – Violazione degli artt. 59 e 43 c.p.;

rileva il ricorrente come il reato di truffa debba essere escluso, altresì, ove il profitto non sia oggettivamente legittimo ma il soggetto agente lo creda tale, cadendo in errore che esclude la colpevolezza; ciò che è avvenuto nel caso di specie in cui l’imputato ritenendo di avere diritto ad essere comunque ulteriormente remunerato per ciò che aveva progettato, versava in assoluta buona fede circa la legittimità delle richieste rivolte all’AMIU. 3 – Mancanza della motivazione in ordine alla richiesta di perizia volta a stabilire l’entità delle opere progettate ed ideate dall’imputato in eccedenza rispetto a quelle oggetto di incarico di direttore dei lavori;

lamenta il ricorrente che la Corte di appello abbia omesso la motivazione sulla richiesta di perizia, già formulata ex art. 495 c.p.p., disattesa dal tribunale e reiterata con i motivi di gravame e volta ad accertare natura, entità e "paternità" delle maggiori opere realizzate per l’ideazione e l’esecuzione delle varianti;

osserva, altresì, che trattandosi della richiesta di acquisizione decisiva per il giudizio, la perizia – ancorchè mezzo di prova e non vera e propria prova – avrebbe dovuto avere ingresso ed a tal fine eccepisce la legittimità dell’art. 606 c.p.p., lett. d) per contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. nella parte in cui consente il ricorso per cassazione solo nel caso di omessa assunzione di una prova decisiva e non anche di un mezzo di prova che sia del pari decisivo per la sorte del processo. 4 – violazione dell’art. 521 c.p.p. in quanto "il fatto ritenuto in sentenza risulta diverso da quello contestato, sia sotto il profilo temporale che per la sua qualificazione giuridica".

Osserva il ricorrente come il pubblico ministero nel giudizio di primo grado avesse dedotto che il reato doveva reputarsi consumato il ?, diversamente da quanto contestato nel decreto di rinvio a giudizio ed in conformità a quanto indicato nell’avviso di conclusione delle indagini; e che la corte di appello, altresì, ha mutato il fatto anche rispetto alla prima pronuncia, affermando che nella fattispecie si sarebbe verificato un duplice illecito, uno nei confronti dell’Ordine degli ingegneri ed il secondo nei confronti dell’AIMU, sicchè i giudici di merito avrebbero dovuto trasmettere gli atti al titolare dell’azione penale perchè procedesse nelle forme ordinarie in ordine al fatto diverso. Con motivi nuovi prodotti ai sensi della L. n. 46 del 2006, art. 10, comma 5, il ricorrente denuncia la contraddittorietà tra la motivazione e gli atti del processo per il travisamento, da parte della Corte di appello, delle informazioni probatorie raccolte durante l’istruttoria dibattimentale, con riferimento all’attività professionale oggetto della parcella presentata al Consiglio dell’ordine, ed in particolare alle dichiarazioni, specificamente indicate, rese dal teste V.; alla deposizione del teste ing. S. ed alle sue dichiarazioni circa il controllo effettuato sulle carte depositate presso l’Ordine degli ingegneri; alla deposizione del teste ing. R. circa l’incarico di progettazione di varianti conferito all’imputato.

Il primo motivo è fondato ed assorbente. Rileva il collegio che sulla base degli elementi fattuali offerti dalle sentenze di merito emerga come l’imputato avesse formulato all’Azienda committente, con missiva del ?, una sintetica richiesta di pagamento, contenente il "riferimento alla delibera di incarico", il "richiamo generico alle numerose modifiche notoriamente resesi necessarie nel corso dei lavori ed all’attività di progettazione delle varianti da parte del direttore dei lavori", senza peraltro "quantificare la richiesta di liquidazione"; che avesse "in conclusione proposto un incontro preliminare al fine di definire i termini della questione";

e che avesse quindi inoltrato nel ?, non avendo avuto alcuna formale riscontro alla domanda, una "missiva dì sollecito", il cui contenuto non è dato conoscere perchè non riportato in motivazione ma che si deve presumere – non essendo stata oggetto di specifico esame dai giudicanti – di analogo, generico tenore della prima (sent. 1^ grado, f. 7) e dunque privo di qualsiasi valenza e funzione ingannatrice tanto che – a quanto sembra di poter dedurre dal testo dei provvedimenti di merito -il pubblico ministero dell’udienza di primo grado aveva ritenuto di collocare la consumazione del reato in epoca precedente a detto inoltro, evidentemente non considerandolo condotta diretta alla commissione della truffa.

Dal testo delle conformi decisioni di condanna emerge, altresì, che l’imputato depositò, al fine della cd. "taratura" della parcella, gli elaborati progettuali contraffatti nel "cartiglio" al proprio ordine professionale ed esclusivamente al proprio ordine professionale, presso il quale solo per una circostanza non chiarita ma certamente non a lui riferibile essi vennero esaminati dal responsabile tecnico dell’Azienda municipalizzata, che li riconobbe come falsificati. Dato indiscusso, dunque, quello che l’imputato non avesse presentato alla committente alcun falso documento per sostenere la propria richiesta di onorari, formulata nell’ambito della "vertenza" (sent. 2^ grado, f. 6) che lo contrapponeva ai dirigenti AIMU in quanto "essi erano convinti – come hanno unanimemente dichiarato – che nessuna pretesa potesse avanzare il direttore dei lavori" (sent. 1^ grado, f. 7); alcuna attività decettiva rivolta direttamente verso la persona offesa risulta pertanto accertata, descritta e valorizzata dai giudici di merito.

Ciò posto, occorre dunque verificare se la condotta dell’imputato consistita nella produzione di falsa documentazione al Consiglio dell’Ordine degli ingegneri ai fini della "taratura" della parcella possieda quella adeguatezza causale e quella reale attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice (indipendentemente dall’insuccesso determinato da fattori estranei) che integrano l’elemento essenziale del reato tentato sostanziantesi nella "idoneità" dell’atto.

La risposta non può che essere negativa, per l’esclusiva inerenza della richiesta "taratura" al quantum e non certo all’an della pretesa dell’imputato; ed invero il reale oggetto della "vertenza" tra l’ingegnere direttore dei lavori e l’Azienda committente era il riconoscimento dello svolgimento, da parte del primo, di attività di progettazione nuove e ulteriori rispetto a quelle previste dal contratto, dunque da retribuirsi separatamente, e non l’ammontare della parcella per lo svolgimento delle stesse: ma solo su quest’ultimo aspetto avrebbe potuto avere incidenza la liquidazione effettuata dal Consiglio dell’Ordine viziata dall’errore indotto dall’inganno dell’imputato, non anche sulla effettiva spettanza della retribuzione in relazione alla quale la decisione dell’organismo di categoria, avente oggetto e finalità diversi, non poteva esercitare alcuna capacità condizionante. In altre parole sarebbe stato configurabile nella specie un tentativo idoneo solo qualora l’attività decettiva dell’imputato avesse potuto incidere sulla volontà dell’Ente in ordine alla preliminare e fondamentale questione della spettanza dell’onorario, non del suo ammontare; questione preliminare (la cui decisione avrebbe richiesto, secondo quanto accertato in sentenza, un’apposita delibera) in ordine alla risoluzione della quale la ed.

"taratura" non avrebbe potuto avere alcun effetto non solo giuridico ma anche pratico, e meno che mai quello di indurre la committente al pagamento per evitare un decreto ingiuntivo: evenienza, questa, richiamata dai giudici di merito ma che, a fronte della (più volte rimarcata in sentenza) ferma consapevolezza da parte degli amministratori dell’Azienda circa l’infondatezza della pretesa del professionista, si palesa illazione priva di fondamento concreto.

L’inganno teso dall’imputato al Consiglio dell’ordine non si sarebbe dunque mai potuto trasformare, per quanto appena detto, in un efficace inganno verso l’AMIU circa la doverosità della disposizione patrimoniale richiesta dal professionista, atteso che, nonostante la taratura della parcella, la questione della spettanza dell’onorario sarebbe comunque rimasta del tutto impregiudicata.

Non sussiste pertanto nella specie alcun atto idoneo a indurre in errore il terzo ed a determinarne un’indebita prestazione patrimoniale.

La sentenza impugnata deve per questo essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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