Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-04-2011) 05-09-2011, n. 33079 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 11 ottobre 2010, depositata il successivo 15 ottobre, il Tribunale di Palermo, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., in parziale accoglimento della richiesta di riesame avanzata da L.N.C., ha annullato il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Palermo, in data 16 settembre 2010, limitatamente alla ritenuta esistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 2, e alla circostanza aggravante prevista dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7, convertito in L. n. 203 del 1991, e ha, invece, confermato il medesimo provvedimento ritenendo sussistenti, a carico del L.N., i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari giustificanti l’applicazione della misura di massimo rigore con riguardo all’ulteriore reato di concorso nel traffico illecito di sostanze stupefacenti (181 kg di hashish), accettato in (OMISSIS).

A ragione del rigetto della preliminare eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche poste a fondamento dell’ipotesi accusatola, il Tribunale ha addotto la certificazione inoltrata dalla Procura della Repubblica di Palermo, in risposta a specifica richiesta dello stesso Tribunale determinata dall’eccezione difensiva di incertezza circa il luogo di esecuzione delle intercettazioni, posto che, solo in alcuni verbali attestanti le modalità delle operazioni captative, la Questura di Palermo aveva dato atto che la registrazione era avvenuta presso il server installato nei locali della Procura della Repubblica; mentre, in tutti gli altri verbali, aveva attestato che le operazioni erano iniziate presso i locali della Squadra mobile – sezione antidroga di Palermo.

Secondo il Tribunale, assumeva valore decisivo a favore della legittimità delle operazioni di intercettazione il contenuto della suddetta certificazione della Procura della Repubblica – Ufficio intercettazioni, a firma del funzionario responsabile e vistata dal Procuratore della Repubblica aggiunto, in data 9 ottobre 2010, nella quale, dopo la testuale precisazione "che, a far data dai settembre 2005, tutti i decreti di intercettazione sono esclusivamente registrati presso il server di questa Procura", erano stati riportati "in originale", con riferimento a tutti i decreti emessi nel procedimento de quo (n. 6235/06 R.g.n.r.), le date e gli orari di registrazione presso il server della medesima Procura.

La comparazione tra le date e gli orari certificati nella suddetta nota con le date e gli orari indicati nei verbali di "avvenuta intercettazione", redatti dalla Squadra mobile di Palermo, confermava che le operazioni di prima registrazione erano state eseguite, tutte, presso il server installato nella sala ascolto della Procura (e non, invece, presso quello in dotazione alla Questura di Palermo), giacchè gli orari in cui – per come attestato nei verbali di avvenuta intercettazione – erano iniziate le operazioni presso la sala ascolto della Squadra mobile di Palermo erano sempre successivi a quelli rilevati con riguardo alle medesime operazioni dal server della Procura.

Da qui la ritenuta infondatezza dell’eccezione difensiva e il suo rigetto.

2. Avverso la predetta ordinanza il L.N. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore, deducendo con un unico motivo la violazione di legge penale e di norma processuale prevista a pena di inutilizzabilità, in relazione all’art. 268 c.p.p., commi 1 e 3; art. 271 c.p.p., comma 1; artt. 273 e 299 c.p.p., nonchè mancanza e illogicità della motivazione sul punto.

Assume il ricorrente la rilevanza, al fine di accertare il luogo in cui furono eseguite le intercettazioni, dei soli verbali delle operazioni previsti dall’art. 268 c.p.p., comma 1, redatti dalla Squadra mobile-Sezione antidroga della Questura di Palermo, attestanti soltanto in tre casi che la registrazione era avvenuta presso la sala ascolto della Procura, mentre in tutti gli altri casi era stata indicata l’effettuazione della registrazione presso la sala ascolto della stessa Squadra mobile.

Ritiene, pertanto, il ricorrente irrilevanti in senso contrario sia la nota della Questura di Palermo in data 9 marzo 2010 nella quale si precisa, con riguardo a tutte le intercettazioni eseguite nel procedimento di interesse, che, per mero errore, era stato indicato nei verbali redatti ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 1, che esse erano state eseguite presso la sala ascolto dell’ufficio di polizia, mentre tutte le operazioni erano state effettuate, mediante l’utilizzo di apparecchiature MITO fornite dalla ditta R.C.S. di Milano, procedendo alla registrazione delle comunicazioni presso la sala ascolto della Procura della Repubblica di Palermo, con la sola remotizzazione dell’ascolto nei locali della Squadra Mobile di Palermo; sia la predetta certificazione della Procura della Repubblica di Palermo, in data 9 ottobre 2010, anch’essa successiva di alcuni anni ai decreti che avevano disposto le intercettazioni, nella quale il funzionario responsabile dell’ufficio intercettazioni, aveva attestato, in modo categorico, che a far data dal settembre 2005 tutte le operazioni di registrazione erano eseguite presso il server della medesima Procura, affermazione, quest’ultima, contraddetta da precedente certificazione in data 6 marzo 2006 della medesima Procura, relativa a diverso procedimento e allegata dal ricorrente, nella quale si certificava, invece, che presso la sala intercettazioni non erano disponibili postazioni per l’esecuzione di nuovi decreti di intercettazioni telefoniche ed ambientali.

In sintesi, secondo il ricorrente, sarebbe insuperata e insanabile la situazione almeno di incertezza circa il luogo in cui furono effettivamente eseguite le numerose intercettazioni telefoniche disposte nel presente procedimento e, conseguentemente, non potrebbero ritenersi esistenti, a carico del L.N., i gravi indizi di colpevolezza per il reato tuttora oggetto di titolo cautelare custodiate, desunti esclusivamente dalle predette intercettazioni illegittimamente eseguite.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

Esso postula che i verbali redatti dalla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 268 c.p.p., comma 1, e art. 89 disp. att. c.p.p., comma 1, nei quali, tra l’altro, devono essere descritte le modalità di registrazione con l’annotazione del giorno e dell’ora di inizio e di cessazione della intercettazione, siano inemendabili, ma non indica quale norma giuridica precluderebbe la correzione di essi, ove contenenti indicazioni erronee; nè precisa per quale ragione la certificazione proveniente dall’ufficio del pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione, a norma dell’art. 267 c.p.p., comma 3, e che è depositario dell’apposito registro riservato di cui al comma 5 del medesimo articolo, confermativa della rettificazione del verbale delle operazioni redatto dall’ufficiale di polizia giudiziaria che, su delega dello stesso pubblico ministero, abbia proceduto alle operazioni, sia inidonea a superare la situazione di incertezza circa il luogo di effettiva esecuzione delle operazioni per mezzo di impianti installati presso gli uffici della procura della Repubblica piuttosto che con impianti in dotazione alla polizia giudiziaria delegata.

Entrambe le tesi su cui il ricorrente costruisce la denunciata situazione di obiettiva ed insanabile incertezza sul luogo di esecuzione delle operazioni di registrazione sono prive di pregio.

Il verbale redatto da un pubblico ufficiale può contenere indicazioni erronee e può essere corretto dal suo stesso autore.

Nel caso in esame, inoltre, la correzione operata dal pubblico ufficiale delegato alle operazioni di intercettazione è coerente con la certificazione dell’ufficio delegante, comprendente i dati relativi a date e orari di registrazione presso il server della procura della Repubblica, specificamente inerenti ai decreti di intercettazione emessi nel procedimento penale di interesse, e trova riscontro nelle nuove tecnologie, già operative e concretamente applicate al tempo delle intercettazioni qui dedotte (c.f.r. il richiamo, in tutti i verbali redatti dalla questura ex art. 268 c.p.p., comma 1, e art. 89 disp. att. c.p.p., all’utilizzo delle apparecchiature cosiddette "Mito", fornite dall’impresa R.C.S. di Milano), le quali consentono che l’attività di registrazione (immissione dei dati captati in una memoria informatica centralizzata) avvenga nei locali della Procura della Repubblica mediante l’utilizzo degli impianti ivi esistenti, mentre solo le ulteriori attività di ascolto, verbalizzazione ed eventuale riproduzione dei dati così registrati sono decentrate presso gli uffici della polizia giudiziaria, secondo la tecnica cosiddetta di "remotizzazione", già ritenuta legittima da questa Corte (Sez. U, n. 36359 del 26/06/2008, dep. 23/09/2008, Carli, Rv. 240395).

Non sussiste, dunque, alcuna incertezza circa il luogo o, meglio, gli impianti utilizzati per le intercettazioni nel caso in esame, che furono quelli installati presso la procura della Repubblica di Palermo, come correttamente ritenuto dal Tribunale del riesame sulla base delle certificazione in data 9 ottobre 2010 del medesimo ufficio di procura; mentre il solo ascolto fu remotizzato presso gli uffici della squadra mobile della questura – sezione antidroga di Palermo, come pure coerentemente rilevato dal Tribunale sulla base della nota esplicativa della stessa questura in data 9 marzo 2010.

Nè la denunciata incertezza circa gli impianti utilizzati per la registrazione può essere dedotta dal fatto che, in un diverso procedimento penale, recante il n. 8785/04 R.g.n.r., l’ufficio intercettazioni della procura della Repubblica di Palermo abbia attestato, in data 6 marzo 2006, l’indisponibilità di postazioni per l’esecuzione di nuovi decreti di intercettazioni telefoniche ed ambientali (v. ali. n. 5 al ricorso proposto in questa sede).

Trattasi, invero, di elemento nuovo che non risulta già rappresentato al giudice del riesame ed è, pertanto, inammissibile in questa sede, oltre ad essere privo di alcuna influenza poichè pertinente a diverso procedimento.

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia del provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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