Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 27-09-2011, n. 607 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. Palermo, n. 2300/1994, la sig.ra Ma.Pi. rappresentava che il Comune di Marsala, con l’ordinanza n. 55 del 15 febbraio 1994, le aveva negato la concessione edilizia in sanatoria per la casa di abitazione sita in Marsala, c.da (…) insistente sul terreno in catasto al foglio di mappa 324, p.lle 782, 785, 786 e 789, in quanto il manufatto ricadrebbe entro i 150 metri dalla battigia e i lavori sarebbero stati ultimati in epoca successiva al 31 dicembre 1976, per cui non sarebbe suscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 23 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37 e dell’art. 2, comma terzo, della L.R. n. 15 del 30 aprile 1991.

Avverso tale atto di diniego, la ricorrente articolava le seguenti censure:

1) nullità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei fatti;

2) violazione dell’art. 15 della L.R. 12 giugno 1976, n. 78, dell’art. 23 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37 e del D.P.R.S. 29 novembre 1977, n. 133/A; eccesso di potere per travisamento;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L.R. 30 aprile 1991, n. 15;

4) violazione delle LL.RR. 3 febbraio 1968, n. 1, 18 luglio 1968, n. 20, 30 luglio 1969, n. 28 e 27 dicembre 1978, n. 71;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della L.R. n. 37/1985.

Il Comune di Marsala, ritualmente intimato, non si costituiva in giudizio.

Replicava la Presidenza della Regione Siciliana per chiedere, preliminarmente, che venisse dichiarato il proprio difetto di legittimazione passiva e che, comunque, il ricorso venisse rigettato nel merito, perché infondato.

Con successivo ricorso al medesimo T.A.R., la ricorrente impugnava l’ordinanza n. 369 dell’8 luglio 1994, con la quale il Comune di Marsala le aveva ordinato di demolire le opere abusivamente realizzate, descritte nella premessa dell’ordinanza medesima e già oggetto del diniego di sanatoria impugnato con il suddetto ricorso n. 2300/1994, con l’avvertenza che in difetto si sarebbe provveduto d’ufficio all’acquisizione gratuita del bene e dell’area.

Avverso l’ordinanza di demolizione la ricorrente articolava le seguenti censure:

1) nullità del provvedimento impugnato per difetto di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei fatti;

2) violazione dell’art. 15 della L.R. 12 giugno 1976, n. 78, dell’art. 23 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37, e del D.P.R.S. 29 novembre 1977, n. 133/A; eccesso di potere per travisamento;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L.R. 30 aprile 1991, n. 15; illegittimità costituzionale della norma;

4) violazione delle ll. rr. 3 febbraio 1968, n. 1, 18 luglio 1968, n. 20, 30 luglio 1969, n. 28, e 27 dicembre 1978, n. 71;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della L.R. n. 37/1985.

Il Comune di Marsala, ritualmente intimato, non si costituiva in giudizio.

All’udienza del 14 gennaio 2010 entrambi i ricorsi venivano posti in decisione, su conforme richiesta dei difensori delle parti costituite, e rigettati con sentenza n. 4928/2010.

Avverso detta sentenza, ha proposto l’appello in epigrafe la sig.ra Ma.Pi., deducendo:

1) "eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di motivazione".

Dall’impugnata sentenza si evincerebbe che l’immobile in questione, nel 1978, allorché fu realizzato, sarebbe stato collocato entro la prescritta fascia dei 150 metri dalla battigia; tuttavia, atteso che detta distanza andrebbe calcolata, a parere della ricorrente, soltanto con riferimento a quella data, avrebbe errato il Giudice di prime cure nel ritenere sussistente il divieto di sanabilità, di cui all’art. 23, comma 10, L.R. n. 37/1985, soltanto perché l’immobile sarebbe risultato entro la predetta fascia nel 1986, anno in cui venne presentata istanza di sanatoria.

Essa sostiene, sulle base di perizie di parte, che, in ogni caso, alle date suddette, e cioè sia nel 1978, che nel 1986, l’opera in argomento sarebbe stata caratterizzata dal rispetto della prescritta fascia dei 150 metri dalla linea di battigia, per cui sussisterebbe il proprio diritto alla sanatoria richiesta.

I provvedimenti impugnati sarebbero altresì illegittimi perché l’affermazione della P.A., secondo cui l’immobile ricadrebbe nella fascia di inedificabilità assoluta dei 150 metri dalla linea di battigia, non sarebbe supportata da alcuna indagine tecnica e, d’altra parte, spettava al Comune evidenziare la sussistenza dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di condono; pertanto sarebbe fondato il dedotto vizio di difetto di motivazione per carenza di istruttoria;

2) "erronea e falsa applicazione dell’art. 23 della L.R. 37/1985".

La circostanza che l’immobile in argomento ricadrebbe in zona edificata in modo rilevante, specie nella fascia prossima alla battigia, condurrebbe a rilevare l’inapplicabilità del divieto di condono ex art. 23, comma 10, sopra richiamato. Detta disposizione, infatti, presuppone, ai fini del diniego di sanatoria, l’avvenuta violazione della prescrizione dell’art. 15, lett. a) della L.R. n. 78/1976, disposizione che non si applica né alle zone A, né a quelle B. Poiché, nel caso di specie, la zona in cui ricade il fabbricato sarebbe equiparabile alla zona B, il divieto di cui al predetto art. 15, sarebbe inapplicabile.

D’altra parte, l’eliminazione del fabbricato della ricorrente non consentirebbe di conseguire gli scopi perseguiti dal predetto art. 15, stante che tra la costruzione in argomento ed il mare vi sarebbe una ampia zona interamente edificata.

La ricorrente ha conclusivamente chiesto, previa sospensione della sentenza gravata e dell’ordinanza di demolizione, l’annullamento di tutti gli atti impugnati, con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.

Il Comune di Marsala, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Si è costituita l’Avvocatura dello Stato, per la Presidenza della Regione siciliana, senza spiegare difese scritte.

Con ordinanza n. 760/2010 di questo C.G.A., è stata rigettata la suddetta domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata.

La difesa erariale, con apposita memoria, ha nuovamente chiesto che venga dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Presidenza della Regione Siciliana nonché, nel merito, la reiezione del ricorso, perché infondato.

Con istanza istruttoria, l’odierna ricorrente ha chiesto, ai sensi dell’art. 67 del codice del processo amministrativo, che venisse disposta c.t.u. al fine di accertare la distanza dalla battigia del fabbricato de quo negli anni 1978 e 1986.

Il Collegio, ritenuto che ai fini del decidere fosse utile accogliere detta istanza, con ordinanza n. 128/11, affidava al Comandante della Capitaneria di Porto di Trapani l’incarico di effettuare gli accertamenti disposti con le modalità ivi indicate.

Questi riferiva con relazione prodotta in data 14 aprile 2011.

Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.

La vicenda ebbe inizio con il verbale, il n. 67/78, elevato dai VV.UU. di Marsala a carico dell’odierna ricorrente, con il quale venne accertato che essa aveva costruito abusivamente nel 1978, in c.da (…) un fabbricato per civile abitazione, ulteriormente ampliato con successive opere abusive realizzate nel 1980 e dopo il 1989.

La ricorrente presentò, per il primo abuso, istanza di condono l’11/6/1982 e, per quelle realizzate nel 1980, analoga istanza in data 23/10/1986.

Il Sindaco del Comune di Marsala, con l’ordinanza n. 55 in data 15/2/1994, negò la concessione edilizia in sanatoria con la motivazione che l’immobile non era condonabile, perché ricadente nella fascia dei 150 mt. dalla battigia e realizzato dopo il 31/12/1976. Da qui la vicenda contenziosa in argomento.

Nel merito, ai fini della decisione, risulta determinante accertare l’esatta ubicazione dell’immobile in questione e, più precisamente, la distanza dello stesso rispetto alla linea di battigia.

Va subito precisato che non sussistono contestazioni in ordine all’epoca in cui l’abuso principale fu commesso, individuato in un momento successivo al 31 dicembre 1976, per cui la ricorrente è consapevole di non poter usufruire della sanatoria di cui agli artt. 23 della L.R. n. 37/1985 e 2, comma terzo, della L.R. n. 1571991, prevista per le opere realizzate prima di quella data.

Essa, invece, per quel che concerne l’epoca cui debba farsi riferimento per l’accertamento della distanza dell’immobile abusivo dalla linea di battigia, sostiene, in contrapposizione all’orientamento espresso al riguardo dal primo Giudice, che tale momento debba coincidere solamente con quello in cui l’abuso fu commesso.

Il Collegio, di contro, ritiene di condividere, sulla base delle motivazioni espresse al riguardo dal Giudice di prime cure, il principio della "doppia conformità", secondo cui "la concessione edilizia in sanatoria presuppone la conformità del manufatto abusivo agli strumenti urbanistici vigenti sia al tempo della sua realizzazione, sia al momento in cui si chiede il rilascio del provvedimento di condono".

Nel caso di specie, quindi, l’accertamento in questione va effettuato con riferimento sia al 1978, epoca in cui fu realizzato il primo abuso, che al 1986, anno in cui la sig.ra Ma. presentò al Comune di Marsala la seconda istanza di sanatoria.

Per quel che concerne il criterio da adottare ai fini della corretta misurazione della distanza intercorrente tra il punto della battigia più vicino all’edificio, oggetto di istanza di rilascio di concessione edilizia in sanatoria, e l’edificio stesso, il Collegio ritiene, sulla base di costante giurisprudenza, anche di questo C.G.A., che per "linea di battigia" debba intendersi la linea di contatto tra mare e terraferma e che la misurazione debba essere eseguita in orizzontale (cfr. decisione n. 617/2001).

La distanza va quindi misurata tenendo conto dell’unica linea retta che congiunge l’immobile (od anche soltanto lo spigolo dello stesso) al punto più vicino in cui la terraferma entra in contatto con il mare.

La ricorrente, a corredo dell’appello in epigrafe indicato ed a sostegno del proprio assunto, secondo cui l’immobile in questione, alle date di interesse, ricadeva al di fuori della prescritta fascia di mt. 150 dalla linea di battigia, ha prodotto un’ulteriore perizia, in aggiunta a quelle presentate nel corso del giudizio di primo grado, redatta in data 23 luglio 2010 dal prof. Arch. Gi.Ga.

Questi, avvalendosi di una nuova perizia della S.A.S., datata 21/6/2010, redatta ad integrazione e rettifica di quella prodotta dalla medesima società e depositata in primo grado dalla ricorrente, ha affermato che: "il fabbricato abitativo di proprietà della sig.ra Ma. risulta ubicato al di fuori della fascia dei 150 metri dalla battigia, sia al momento in cui è stato realizzato l’abuso (quello principale nel 1978 e quello aggiuntivo nel 1980), sia al momento in cui sono state presentate le richieste di sanatoria (la prima nel 1982 e la seconda nel 1986)".

Tuttavia, risultano di diverso avviso le conclusioni cui è pervenuto il C.T.U., il quale, dopo aver richiamato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale si considera costruzione anche la cinta muraria di delimitazione del fabbricato, per cui la distanza in argomento si misura a partire dal punto di perimetrazione del lotto più vicino alla battigia, conclude la sua relazione affermando che, in relazione a tale punto fisso, il computo dallo stesso condotto porta a ritenere che il superamento della distanza massima dalla battigia sia avvenuto, per almeno due punti, in relazione alle rappresentazioni S.A.S. ’78 e ’87, e per almeno 3 punti per quella riferita all’anno ’83.

Invero, le conclusioni del C.T.U. coincidono con quelle che si ricavano dalle perizie prodotte dalla stessa ricorrente nel corso del giudizio di primo grado.

Infatti:

– l’ing. Gi.Ma., docente di costruzioni marittime all’Università di Palermo, con relazione redatta in data 30 novembre 1985, ha attestato, nelle "premesse", che la distanza fra la battigia e l’estremo più avanzato dei lembi di terreno acquistati dalla ricorrente nel 1977 risulta, dalla cartografia fornita dalla medesima sig.ra Ma., pari a 135 metri circa;

– dalla perizia giurata, datata 20 ottobre 1994, dell’ing. Sa.Ca. si evince, conclusivamente, che: "si può certamente dire che alla data odierna il fabbricato di proprietà della signora Ma.Pi. è ad una distanza di poco inferiore ai 150 metri dalla battigia ma che al momento in cui l’abuso è stato commesso il fabbricato, probabilmente, era ad una distanza superiore ai 150 metri previsti dalla legge".

Se ne deduce, quindi, che la distanza del fabbricato dalla battigia, al 20 ottobre 1994 (data della perizia), era certamente inferiore ai 150 metri, mentre, soltanto probabilmente, nel 1978 (anno dell’abuso), essa era superiore ai predetti 150 metri;

– dalla perizia redatta dalla S.A.S. (Società Aerofotogrammetrica Siciliana s.r.l.) in data 20 luglio 2009, poi rettificata da quella successivamente prodotta in questa sede dalla ricorrente e sopra richiamata, si rileva l’affermazione che: "nella parte centrale sulla costa il fabbricato esce dal limite dei 150 m. dalla linea di costa di appena 10 m".

Si legge, inoltre, che: "Il sistema per ottenere questa distanza dei 150 ml (…) è quello aerofotogrammetrico che consente attraverso la visione stereoscopica di una coppia di diapositive aeree di definire in maniera scientifica la fascia (e non la linea) che deve intendersi come battigia, fascia che comprende tutte le piccole rocce affioranti più o meno coperte di acqua marina così come il fondo marino vicino la costa che varia con il variare delle maree".

Infine, nelle conclusioni, il dott. Aldo Cacopardi, A.U. della S.A.S. s.r.l., richiamando il "sistema" suddetto, ritiene che: "si può senz’altro affermare oltre ogni ragionevole dubbio che la costruzione osserva perfettamente i limiti dei 150 ml dalla linea di battigia".

Orbene, dette conclusioni appaiono viziate dal concetto espresso in premessa, laddove si afferma che per fascia (e non linea) di battigia si intende quella che comprende tutte le piccole rocce affioranti più o meno coperte di acqua marina così come il fondo marino vicino la costa che varia con il variare delle maree.

Tale criterio consente, infatti, di allontanare nel mare la linea di battigia, che rappresenta uno dei due punti estremi della retta, pari ai prescritti 150 metri, che deve intercorrere tra detta linea e l’immobile in questione.

Da rilevare, inoltre, la contraddittorietà che caratterizza la superiore relazione, laddove, dopo aver preso a base del ragionamento la "fascia della battigia", richiama nella parte conclusiva il concetto di "linea di battigia" per affermare che la costruzione in argomento osserva perfettamente il limite prescritto.

In relazione a quanto fin qui rappresentato, il Collegio ritiene che non possa sussistere il difetto di motivazione dell’impugnato provvedimento di diniego della concessione edilizia in sanatoria, dedotto dalla ricorrente, stante che il diniego è stato motivato con specifico riferimento sia alla accertata ubicazione dell’immobile da condonare entro i 150 metri dalla linea di battigia e sia all’epoca in cui esso è stato realizzato, collocabile dopo il 31/12/1976.

Neppure può condividersi l’eccezione di parte ricorrente, secondo cui, nel caso di specie, la zona in cui ricade il fabbricato, in quanto edificata in modo rilevante, specie nella fascia prossima alla battigia, sarebbe equiparabile alla zona B, per cui il divieto di cui al predetto art. 15, sarebbe inapplicabile.

Invero, la presenza nella fascia di rispetto in argomento di altre costruzioni non può comunque costituire motivo per cui si debba tollerare un ulteriore aggravio del degrado esistente.

Il Collegio ritiene che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Per i motivi fin qui esposti l’appello va respinto, perché infondato.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio tra le parti costituite.

Parte appellante, tuttavia, viene condannata a corrispondere al C.T.U. l’ulteriore somma di Euro 1.000,00, a titolo di saldo del compenso di Euro 2.000,00 allo stesso complessivamente spettante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Parte appellante viene condannata a corrispondere al C.T.U. l’ulteriore somma di Euro 1.000,00, a titolo di saldo del compenso di Euro 2.000,00 allo stesso complessivamente spettante.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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