Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 27-09-2011, n. 606 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe indicata, il T.A.R. Catania rigettava il ricorso proposto da Ma. Matteo volto ad ottenere la corresponsione delle differenze economiche (incrementate degli accessori di legge) asseritamente maturate in proprio favore in ragione del continuativo svolgimento, dal 1 agosto 1984 al 30 settembre 1997, e pur "in mancanza di formale copertura del posto vacante in pianta organica da parte delle competenti autorità", delle mansioni (superiori alla qualifica formalmente posseduta) di Dirigente di Cancelleria, ovvero, in subordine, il pagamento di una somma ritenuta equa a titolo di indennizzo per ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c.

Con l’appello in epigrafe, l’odierno ricorrente ha chiesto la riforma della sentenza impugnata, deducendone l’erroneità ed ingiustizia per

– "errata interpretazione dei fatti ed erronea interpretazione ed applicazione della legge e dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale".

Poiché l’esercizio delle mansioni superiori si è protratto continuativamente e senza soluzioni di continuità per ben tredici anni, l’art. 20 del D.P.R. richiamato nella sentenza impugnata – secondo cui tra le funzioni proprie del direttore di cancelleria rientra "la funzione di reggenza in attesa della destinazione del dirigente titolare" – non potrebbe trovare applicazione essendo ispirato a criteri di eccezionalità e temporaneità che nella fattispecie difettano.

L’odierno ricorrente, pur riconoscendo che nell’ambito del pubblico impiego le norme che regolano la progressione in carriera sono ispirate a principi diversi da quelli del rapporto di lavoro privatistico, tuttavia ritiene che esse valgano soltanto ai fini dell’inquadramento professionale e non ai fini del trattamento economico.

Pertanto, avendo provato di avere svolto, sotto il profilo quantitativo, qualitativo e temporale, compiti propri di Dirigente, il Giudice di prime cure avrebbe dovuto riconoscere il suo diritto ad un’adeguata e proporzionale retribuzione, così come statuito dall’art. 36 della Costituzione;

– "erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 2041 c.c.

Il ricorrente sostiene, inoltre, che:

"l’ingiustificato vantaggio della P.A. deriverebbe, oltre che dal risparmio di spesa, da un’ingiusta utilizzazione di una prestazione lavorativa, attuata dai suoi organi rappresentativi e riconosciuta con atti formali.

Correlativamente, il depauperamento subito dal lavoratore corrisponderebbe, in ispecie, al mancato guadagno delle differenze retributive, che integra gli estremi del danno da lucro cessante, nonché al dispendio delle maggiori energie profuse nell’adempimento delle mansioni superiori, che integra gli estremi del danno emergente".

Conclusivamente, parte appellante ha chiesto che, in riforma dell’impugnata sentenza, venga dichiarato il proprio diritto al trattamento economico, incrementato degli accessori di legge, equivalente alle mansioni svolte di Dirigente di Cancelleria, superiori a quelle della qualifica di appartenenza, previa, occorrendo, la nomina di un CTU.

In subordine, ha chiesto che gli venga corrisposta quella diversa somma ritenuta equa, a titolo di indennizzo, con gli accessori di legge, per il depauperamento subito e nei limiti dell’ingiusto arricchimento della P.A., ai sensi dell’art. 2041 c.c., tenendo conto dell’art. 36 Cost., previa, occorrendo, la nomina di un CTU.

Ha replicato l’Avvocatura dello Stato, per l’Amministrazione appellata, chiedendo di rigettare integralmente, nel merito, le pretese del ricorrente nei termini riproposti, perché prive di fondamento giuridico e di qualsivoglia adeguato supporto probatorio e/o perché prescritte, con vittoria di competenze ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.

Alla pubblica udienza del 9 giugno 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato.

La pretesa avanzata in giudizio, proposta anche nella forma dell’azione d’indebito arricchimento di cui all’art. 2041 cod. civ., ha per oggetto la differenza tra la retribuzione propria della qualifica in cui risultava inquadrato l’appellante e quella della superiore qualifica, della quale esso assume lo svolgimento di fatto delle mansioni.

L’art. 36 Cost., che sancisce il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato, non può trovare incondizionata applicazione nel rapporto di pubblico impiego, concorrendo in detto ambito altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali quelli previsti dagli artt. 97 e 98 della Costituzione.

Infatti, l’esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita contrasta con il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità proprie dei funzionari (Cons. Stato Ad. Plen., 18 novembre 1999, n. 22).

Pertanto, l’esercizio di mansioni superiori da parte di personale dipendente dalla Pubblica Amministrazione, ancorché con attribuzione per atto formale, non comporta alcun diritto, neppure per differenze retributive, salvo espresse previsioni normative (Cons. Stato, Ad. Plen., 18 novembre 1999, n. 22, testé richiamata).

Non v’è ragione, pertanto, di discostarsi dal suddetto orientamento, ulteriormente ribadito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione 28 gennaio 2000 n. 10, nella quale è stato riaffermato il principio dell’irrilevanza giuridica ed economica dello svolgimento, in tutte le sue forme, di mansioni superiori nel pubblico impiego, al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge, essendo la qualifica e non le mansioni il parametro al quale la retribuzione è inderogabilmente riferita.

In tali ipotesi, configurandosi come attribuzione propria della qualifica rivestita, lo svolgimento di mansioni superiori non può dar luogo ad alcuna variazione del trattamento economico (Nella fattispecie, sono state riconosciute funzioni vicarie a un funzionario di ottavo livello che aveva svolto le funzioni di segretario generale di un T.A.R., sostituendo il titolare postosi in aspettativa in quanto nominato amministratore straordinario presso una Unità Sanitaria Locale; C.d.S., A.P., 4 settembre 1997 n. 20).

Anche con riferimento all’art. 2041 c.c., pure invocato dal ricorrente, la giurisprudenza è da tempo costante nel ritenere che l’espletamento di mansioni superiori alla qualifica rivestita non reca alcuna effettiva diminuzione patrimoniale in danno del dipendente; vale a dire che non comporta il cosiddetto depauperamento, che dell’azione d’indebito arricchimento è requisito essenziale (cfr. Cons. Stato, A.P. 23 febbraio 2000 n. 11; Sez. V, 28 febbraio 2001 n. 1092; id. 18 marzo 2002 n. 1552).

Si può affermare, pertanto, che la giurisprudenza del giudice amministrativo, sul punto assolutamente pacifica, ha escluso, per quel che riguarda la controversia in argomento, ogni applicabilità ai fini del riconoscimento delle mansioni superiori all’art. 36 Cost. ed all’art. 2041 del c.c. (A.P. n. 4.9.1997 n. 20 e A.P. n. 22/99 e n. 11/2000 cit.; V, 1.3.2000 n. 11).

Conclusivamente, per i motivi suddetti, l’appello va rigettato.

Il Collegio ritiene che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Sussistono, tuttavia, giuste ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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