Cass. pen., sez. III 09-10-2006 (15-06-2005), n. 33882 SANITÀ PUBBLICA – Gestione dei rifiuti – Residui da demolizione edilizia – Natura di materia prima secondaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Fatto e diritto

Il G.I.P. del Tribunale di Modena, con ordinanza del 20.4.2005, disponeva il sequestro preventivo di due aree – una relativa al cantiere di demolizione presso l’ex sala cinematografica di Prignano sulla Secchia e l’altra in località Volta di Saltino, sempre nel Comune di Prignano, ai margini della strada provinciale Val Rossenna – evidenziando che, in assenza delle prescritte autorizzazioni, il materiale ricavato dalla demolizione, considerato rientrante nella nozione di "rifiuto" posta dal D.Lgs. n. 22/1997, veniva trasportato nella seconda area ed ivi ammassato in cumuli.

La misura di cautela reale veniva adottata in relazione al reato di cui all’art. 51, 1° comma, del D.Lgs. n. 22/1997 [attività non autorizzata di gestione di rifiuti], ipotizzato nei confronti di Barbati Mario (proprietario dell’area di conferimento dei materiali derivati dalla demolizione), Barchi Luigi (legale rappresentante della società appaltatrice dei lavori di demolizione) e Paganelli Nino (legale rappresentante della società proprietaria dell’ immobile in demolizione).

Il Tribunale di Modena, con ordinanza del 24.5.2005, accoglieva l’istanza di riesame proposta nell’interesse degli indagati Barbati e Barchi e revocava il sequestro.

Rilevava il Tribunale che nella fattispecie in oggetto – con riferimento all’art. 14 del D.L. n. 138/2002. convertito nelle legge n. 178/2002 e tenuto conto delle previsioni contenute nella legge-delega per l’ambiente n. 308/2004 – ai materiali derivanti dalla demolizione, "in considerazione della destinazione che le parti interessate hanno previsto per tali beni", non poteva riconoscersi la qualificazione di "rifiuto".

Trattavasi, invero:

– nella maggior parte, "di sassi e/o pietre che vengono, senza alcun trattamento preventivo, riutilizzate per la costruzione di altri immobili nelle zone di montagna. Tali pietre, peraltro, siccome ricercate dalle imprese edili in quanto di non facile reperimento, hanno un valore di mercato significativo, in quanto conferiscono pregio estetico alle costruzioni di montagna e per tale motivo, negli accordi tra proprietario dell’immobile ed appaltatore, era stato previsto l’acquisto di tali beni alla cifra forfetaria di euro 16.000". Le pietre in questione, inoltre, dovevano ritenersi "momentaneamente stoccate, per ragioni logistiche in area appositamente individuata";

– in una parte marginale, di materiali ferrosi o di plastica, per i quali "la già predisposta attività di smaltimento (come da documentazione prodotta agli atti) elimina in radice pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze dannose dello stoccaggio".

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena, il quale – sotto il profilo della violazione di legge – ha eccepito che:

– il giudice del riesame ha omesso di valutare che: a) nel cantiere di demolizione era in atto un’attività di grossolana separazione dei vari rifiuti, distinti per categorie (pietre, plastica, materiali ferrosi etc.); b) trattasi di "rifiuti speciali" che venivano altresì trasportati dal luogo di produzione a quello di stoccaggio; c) nessuna autorizzazione a tali operazioni di recupero, trasporto e deposito era in possesso degli indagati;

– ai rifiuti di demolizione di un edificio non è applicabile l’art. 14 del D.L. n. 138/2002, trattandosi di una congerie di materiali di varia natura (pietre, macerie, plastica, acciaio, isolanti, ferro etc.) che necessitano, per ricavare materiali da riutilizzare, di un preventivo trattamento con connesso rischio per l’ambiente (cernita, separazione, rimozione di sostanze contaminanti, riciclo/recupero di metalli e composti metallici, riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche, smaltimento etc.). La previsione di un prezzo di vendita per i materiali riutilizzabili non fa venire meno la natura dei rifiuti da demolizioni oggetto di smaltimento/recupero/trasporto;

– il Barchi aveva presentato (in data 27.4.2005 e 23.5.2005) un "piano di recupero dei rifiuti" presenti nell’area di accumulo, nel quale veniva previsto che:

– per taluni rifiuti (ferro e acciaio, plastica e materiali isolanti) il trasporto e lo smaltimento sarebbero stati effettuati da apposita società;

– le macerie presenti sul terreno sarebbero state sottoposte a vagliatura manuale per il recupero dei sassi e dei mattoni vecchi da riutilizzare in opere edilizie;

– le macerie restanti sarebbero state utilizzate presso atti cantieri di proprietà della società rappresentata dallo stesso Barchi.

Tutto ciò confermava la circostanza che i materiali pietrosi riutilizzabili costituivano l prodotto di un’attività di smaltimento e recupero di cui agli allegati B) e C) del D.Lgs. n. 22/1997;

– il piano di recupero dianzi citato, in quanto presentato successivamente all’applicazione della misura reale di cautela, non incide sulla legittimità genetica ed originaria del provvedimento di sequestro, ma avrebbe potuto giustificare soltanto una richiesta di revoca ex art. 321, 3° comma, c.p.p.

II ricorso del P.M. è fondato e merita di essere accolto.

1. Determinazione ed evoluzione della nozione di "rifiuto"

1.1 Le caratteristiche principali della nozione di "rifiuto", in ambito europeo, sono individuate dall’art. 1 della direttiva del Consiglio 15.7.1975, n. 75/442/CEE (sui rifiuti in generale), modificata dalla direttiva 18.3.1991, n. 91/156/CEE [sostituita, nelle more della redazione della presente sentenza, dalla direttiva del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea 5.4.2006, n. 2006/12/CE] e dall’art. 1 della direttiva del Consiglio 20.3.1978, n. 78/319/CEE (sui rifiuti tossici e pericolosi), modificata dalla direttiva 12.12.1991, n. 91/689/CEE.

Secondo tali direttive "per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto [che attualmente rientri nelle categorie riportate nell’Allegato I alla direttiva n. 2006/12/CE] di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi".

La nozione medesima è stata altresì recepita dall’art. 2, lett. a), del Regolamento del Consiglio CEE 1 febbraio 1993, n. 259/93, relativo ai trasporti transfrontalieri di rifiuti (immediatamente e direttamente applicabile in Italia secondo Corte Cost. n. 170/1984).

1.2 Nel nostro Paese le caratteristiche che, in ambito comunitario, individuano la nozione di "rifiuto", sono state riprodotte nell’art. 6, comma 1 – lett. a), del D.Lgs. n. 22/1997 [ed attualmente nell’art. 183, lett. a), del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152, pubblicato nella G. U. n. 96/L del 14.4.2006] secondo cui "è rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’Allegato A (attualmente alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi".

Tale normativa – attraverso il rinvio all’Allegato A), che riproduce l’Allegato I della direttiva n. 75/442/CEE e della direttiva n. 2006/12/CE – riporta l’elenco delle 16 categorie di rifiuti individuate in sede comunitaria.

II primo elemento essenziale della nozione di "rifiuto", nel nostro ordinamento, è costituito, pertanto, dall’appartenenza ad una delle categorie di materiali e sostanze individuate nel citato Allegato A), ma l’elenco delle 16 categorie di rifiuti in esso contenuto non è esaustivo ed ha un valore puramente indicativo, poiché lo stesso Allegato "A) comprende due voci residuali capaci di includere qualsiasi sostanza od oggetto, da qualunque attività prodotti:

– la voce Q1, che riguarda "i residui di produzione o di consumo in appresso non specificati";

– la voce Q16, che riguarda "qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate".

E’ necessario tenere essenzialmente conto, pertanto, delle ulteriori condizioni imposte dalla legge, e verificare cioè, anche e soprattutto, che il detentore della sostanza o del materiale:

– se ne disfi;

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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