Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-07-2011) 08-09-2011, n. 33341 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 05.05.2007, ha assolto Co. e C. dal reato di esercizio abusivo di attività finanziaria, confermando la condanna per usura aggravata, continuata e rideterminando la pena in anni uno e mesi cinque d reclusione ed Euro 4600,00 di multa, ricorrono le difese dei due imputati chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:

1.1 Ci.Lu.:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 192 c.p.p. per erroneità e contraddittorietà e difetto di motivazione. La motivazione della sentenza fonda esclusivamente sulle dichiarazioni della parte lesa, alle quali mancano riscontri documentali ed elementi di prove di qualsiasi altra natura. Le indagini bancarie non hanno consentito di individuare gli assegni da Euro 400,00, sicchè non vi è un riscontro oggettivo all’ammontare degli interessi ritenuti usurari.

Il ricorrente lamenta,pertanto, la violazione dell’art. 192 c.p.p..

La persona offesa, come rilevato in sentenza, non è stata precisa nei ricordi e pertanto le sue sole dichiarazioni non possono costituire la prova dei fatti.

1.2 C.G.:

a) vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità circa la sussistenza del dolo di usura perchè il giudice d’appello, pur adottando una motivazione diversa da quella di prime cure non fornisce elementi esaustivi in ordine alla conoscenza della condotta di usura da parte del Co. e del conseguente dolo concorsuale. b) Vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) mancanza dell’elemento del dolo come può desumersi dalle dichiarazioni di B.G. e del coimputato C. L.: In motivazione non si da atto e non si traggono spunti di riflessione e deduzioni dalla circostanza di fatto che nè la persona offesa nè il Co. affermano che il C. fosse a conoscenza del rapporto usuraio. B. – i afferma infatti di aver conosciuto il C. dopo aver ricevuto la somma in prestito e Co. ha affermato di aver spiegato al C. che la somma serviva a lui per pagare una cooperativa assegnataria di case. c) Vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) mancanza di motivazione in relazione a tutti gli elementi necessari ad individuare l’elemento del dolo. d) Assoluta carenza di motivazione in ordine alla conoscenza, da parte dell’imputato, della qualità soggettiva di imprenditore della persona offesa, aggravante quest’ultima dell’usura.

Motivi della decisione

Co.:

2. Il ricorso di Co. è manifestamente infondato.

2.1 L’unica doglianza avanzata riguarda l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa B.G., che costituisce anche l’unica fonte di prova, e che secondo il ricorrente, non sarebbe riscontrata da altri elementi.

2.2 Va allora richiamato, il principio giurisprudenziale postante, di questa Corte secondo il quale, in tema di valutazione della prova testimoniale, le dichiarazioni rese dalla persona offesa, sottoposte ad un attento controllo di credibilità, possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell’imputato, senza che sia indispensabile applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni. Il controllo di attendibilità deve essere più rigoroso, fino a valutare l’opportunità di procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (tra le tante rv . 229755), solo se la persona offesa si sia anche costituita parte civile e sia, perciò, portatrice di pretese economiche (cosa che non è nel caso in esame).

2.3 Quanto poi alle pretese incongruenze della testimonianza, di cui pure si lamenta il ricorrente, va ricordato l’insegnamento costante di questa Corte, secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. C), alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso (Sez. 4, n. 5191 del 3.5.2000, rv. 216473, Barone). In particolare, il requisito della specificità implica, per la parte impugnante, l’onere non solo di indicare con esattezza i punti oggetto di gravame, ma di spiegare anche le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la decisione, all’uopo evidenziando, in modo preciso e completo, anche se succintamente, gli elementi che si pongono a fondamento delle censure.

2.4 In sentenza si legge che: "…il teste B. ha ricostruito,con sufficiente precisione,l’intera vicenda, con limitate incertezze dovute al lasso di tempo trascorso e colmate a seguito delle contestazioni del P.M. che gli ricordava quanto dichiarato nella fase delle indagini; in particolare è stato in grado di ricordare l’entità delle somme ricevute e gli importi che fu costretto a versare. La credibilità del teste è fuori discussione perchè ben quattro degli assegni da lui menzionati furono rinvenuti nella disponibilità degli imputati; la mancanza di intento accusatorio nei confronti dei prevenuti si desume del resto dalla circostanza che la persona offesa non si recò per decisione personale dalle forze dell’ordine a denunciare i fatti. ma fu convocato…" E’ di tutta evidenza che tale motivazione, relativa alla credibilità del teste, allineandosi perfettamente ai parametri di valutazione indicati da questa Corte, è congrua ed esaustiva.

2.5 Rileva tuttavia, la totale mancanza,nel ricorso, della specifica indicazione degli elementi di cui all’art. 581 c.p.p., lett. a) e c), che non può certo dirsi sanata dalla ovvia constatazione che, trattandosi di processo di usura, quasi naturalmente fondato sulle dichiarazioni delle vittime, lo scopo del ricorso è quello di rimetterne totalmente in discussione la credibilità.

Il ricorso deve,pertanto, essere dichiarato inammissibile.

C..

3. Il ricorso è manifestamente infondato perchè sotto la pretestuosa denuncia di una carenza di motivazione,in ordine al dolo del reato ed alle circostanze soggettive relative alla vittima, cerca di accreditare una diversa lettura degli elementi emersi dal processo. L’atto di impugnazione,infatti, si sostanzia nel prospettare una ricostruzione dei fatti del tutto diversa ed antagonista a quella effettuata dai giudici del merito senza che ciò comporti l’individuazione di vizi della motivazione, sotto profili di contraddittorietà o di incongruità logica del provvedimento impugnato, così come tipizzati dall’art. 606 c.p.p..

3.1 Va, invece, rilevato che la motivazione della sentenza di appello non merita censure perchè, anche se in termini sintetici, riconduce il dolo non solo alle pressioni effettuate dal C., con le medesime modalità, su entrambi le parti offese del procedimento, B. e G., affinchè ritrattassero le deposizioni ma anche al fatto che il C. fu trovato in possesso di assegni insoluti di B., la cui qualifica di imprenditore era nota al Co..

Pertanto, il ricorso che si limita a dedurre una erronea valutazione del materiale probatorio, che riprende in esame, proponendone una diversa – e a suo avviso più corretta – interpretazione si limita ad auspicare un nuovo giudizio sul fatto; e tale giudizio, per costante giurisprudenza di questa Corte, è sottratto, come tutte le valutazioni di merito, al sindacato di legittimità della Cassazione.

3.3 Il ricorso è pertanto inammissibile.

4. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi, e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali od al pagamento di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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