Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2011) 09-09-2011, n. 33481 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ricorre T.B. avverso la sentenza indicata in epigrafe con cui gli è stata applicata la pena concordata con la parte pubblica per il delitto di cessione di due dosi di stupefacente per il prezzo di Euro 40 ed ordinata la confisca, oltre che dello stupefacente, anche del denaro in suo possesso.

Deduce difetto di motivazione in ordine alla confisca del denaro, che non costituiva prezzo del reato ma solo profitto dello stesso, come tale non soggetto alla misura e chiede l’annullamento del relativo provvedimento di confisca.

Motivi della decisione

1. Il ricorso, previa declaratoria di annullamento senza rinvio della pronuncia relativamente al capo b della rubrica, è da rigettare.

2. E’, in primo luogo, da rilevare – e ciò in base al disposto dell’art. 129 c.p.p. – che il reato ascritto al T. al capo b) e cioè la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. comma 3 è da ritenersi abrogato, come di recente affermato dalla pronuncia sezioni unite di questa Corte n. 16453 del 2011. E’ stato affermato, infatti, che il reato di inottemperanza all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o dell’attestazione della regolare presenza nel territorio dello Stato è configurabile soltanto nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, e non anche degli stranieri in posizione irregolare, a seguito della modifica del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, recata dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), che ha comportato una "abolitio criminis", ai sensi dell’art. 2 c.p., comma 2, della preesistente fattispecie per la parte relativa agli stranieri in posizione irregolare, quale appunto il T..

E’ appena il caso di rammentare, al riguardo, che l’istituto della revoca della sentenza di condanna per intervenuta abolitio criminis ( art. 673 c.p.p.) trova applicazione anche con riferimento alla sentenza di applicazione concordata della pena su richiesta delle parti ( art. 444 c.p.p.), in quanto il principio di diritto sostanziale nullum crimen sine lege, ha una portata di carattere generale a prescindere dal rito adottato e opera anche retroattivamente con conseguente cessazione delle sanzioni penali irrogate e dei loro effetti. Conseguentemente, questa Corte, in aderenza al disposto dell’art. 621 c.p.p., ritiene di procedere alla rideterminazione della pena finale, come da dispositivo previo rigetto del motivo di gravame concernente la confisca. L’impugnazione non è invero fondata.

In caso di pena patteggiata, per effetto della L. 12 giugno 2003, n. 134, la misura di sicurezza della confisca è estesa tutte le ipotesi previste dall’art. 240 c.p., come si desume già dalla lettura dell’art. 445 c.p.p., comma 1, e non più solo a quelle previste dal comma 2 di tale articolo come ipotesi di confisca obbligatoria; ciò comporta per il giudice l’onere di motivare sulle ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro ovvero, in subordine, su quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati (Sez. 6, 21 febbraio 2007 n. 10531, ric. Baffoè; Sez. 6, 21 febbraio 2007, n. 10540, ric. Riva).

Si deve, infatti, tener presente che la confisca facoltativa di cui all’art. 240 c.p., comma 1, è legittima quando sia dimostrata la relazione tra essa il reato, come, nel caso di specie, motivato dal giudice, sia pure sintenticamente, mediante la indicazione che la somma era da qualificare profitto proveniente dalla azione di spaccio.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, previa eliminzazione della pena relativa al detto capo b, pari a giorni venti di reclusine ed Euro 100 di multa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla L. n. 286 del 1993, art. 6, comma 3 perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la pena di giorni venti di reclusione ed Euro 100 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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