T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 28-09-2011, n. 1327

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente società P.E.A. spa ha partecipato alla gara indetta dal Ministero dell’Interno con bando pubblicato sulla GUUE il 27 maggio 2010 per l’affidamento del servizio di pulizia presso diversi Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco, tra cui quello di Brescia, relativamente al triennio 20112013. Il presente ricorso riguarda appunto l’affidamento del servizio presso il Comando Provinciale di Brescia (sede centrale e alcuni distaccamenti).

2. Nella dichiarazione sostitutiva resa il 23 giugno 2010 la ricorrente ha evidenziato, in relazione al requisito della moralità professionale di cui all’art. 38 comma 1 lett. c) del Dlgs. 12 aprile 2006 n. 163, che il proprio legale rappresentante e presidente del consiglio di amministrazione Enrico Consoli era stato condannato in via definitiva ex art. 444 cpp per il reato di aggiotaggio di cui all’art. 2637 c.c. con il vincolo della continuazione (GIP Milano 23 maggio 2008). La condotta penalmente rilevante si inserisce nella vicenda della scalata alla Banca A.. La pena irrogata è di 5 mesi e 20 giorni di reclusione convertiti in Euro 12.920 di multa ai sensi dell’art. 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689. In seguito la predetta sanzione è stata parzialmente estinta (nella misura di Euro 10.000) in applicazione dell’indulto, peraltro con mantenimento delle pene accessorie e degli effetti penali della condanna (GIP Milano 24 settembre 2009).

3. La dichiarazione riguardante la condanna penale non ha prodotto nell’immediato alcuna conseguenza negativa. La ricorrente è stata infatti invitata alla fase successiva della procedura ristretta ed è risultata aggiudicataria definitiva del servizio. Il 18 dicembre 2010 è stato anche sottoscritto il contratto per un corrispettivo pari a Euro 185.223,15 (IVA esclusa). Peraltro l’art. 26 di tale contratto esplicita la riserva di approvazione, in base alla quale, mentre la parte privata è immediatamente obbligata, il contratto risulta vincolante per l’amministrazione solo una volta intervenuta l’approvazione a cura degli organi competenti e dopo la registrazione del decreto di approvazione.

4. A questo punto l’amministrazione ha ritenuto che la condanna penale del legale rappresentante, unita alla mancanza di qualsiasi forma di dissociazione da parte della società, costituisse impedimento alla partecipazione alla gara, e ha quindi negato l’approvazione del contratto travolgendone gli effetti.

5. Più in dettaglio, il Ministero dell’Interno con note della Direzione Centrale Risorse Logistiche e Strumentali del 27 gennaio 2011 e del 10 febbraio 2011 ha invitato i Comandi Provinciali coinvolti nella gara ad annullare gli atti di aggiudicazione a favore della ricorrente nonché gli eventuali contratti già stipulati, ai quali è stata comunque rifiutata l’approvazione. La posizione del Ministero si basa sulle indicazioni fornite dall’Avvocatura Generale dello Stato in un parere del 19 gennaio 2011, che può essere così sintetizzato: (a) l’aggiotaggio ex art. 2637 c.c., alterando la circolazione degli strumenti finanziari, colpisce non soltanto gli interessi dei singoli operatori economici ma anche l’interesse pubblico al normale funzionamento del mercato; (b) il disvalore associato a questo tipo di condotta, caratterizzata da frode, è particolarmente elevato, come dimostra anche la severità della pena edittale; (c) il fatto storico della scalata alla Banca A. è uno degli avvenimenti più gravi che abbiano toccato il settore bancario negli ultimi anni; (d) la partecipazione del legale rappresentante della ricorrente alla suddetta scalata è quindi una circostanza che fa venire meno la fiducia del Ministero nella controparte contrattuale; (e) se si instaurasse comunque un rapporto contrattuale potrebbero derivarne problemi di immagine all’amministrazione.

6. In applicazione delle direttive ministeriali il Comando Provinciale di Brescia con provvedimento del vicedirigente vicario del 10 marzo 2011 ha annullato l’aggiudicazione dell’appalto, determinando la caducazione del contratto.

7. Contro i suddetti provvedimenti e contro l’eventuale aggiudicazione alla ditta seconda classificata la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 24 marzo 2011 e depositato il 25 marzo 2011. In subordine rispetto all’annullamento dei provvedimenti impugnati è stato chiesto il risarcimento del danno. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) incompetenza e violazione del principio del contrarius actus e delle garanzie procedimentali, in quanto la decisione sull’annullamento dell’aggiudicazione avrebbe dovuto essere assunta dalla commissione di gara, e comunque avrebbe dovuto essere preceduta da un contraddittorio effettivo; (ii) violazione dell’art. 38 comma 1 lett. c) del Dlgs. 163/2006 e travisamento dei fatti, in quanto l’episodio sanzionato penalmente non avrebbe alcuna attinenza con l’attività professionale della ricorrente e comunque sarebbe ormai lontano nel tempo; (iii) violazione dell’art. 21nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241, non essendo stato fatto un corretto bilanciamento tra l’interesse pubblico e l’affidamento della ricorrente.

8. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

9. Sulle questioni sollevate nella controversia in esame si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) l’annullamento dell’aggiudicazione non è propriamente intervenuto in autotutela, ovvero dopo che la situazione della ricorrente si era ormai consolidata, in quanto la clausola di approvazione inserita nel contratto ha chiarito che l’amministrazione intendeva effettuare un’ultima verifica circa la regolarità della procedura ai sensi dell’art. 11 comma 11 del Dlgs. 163/2006. L’utilità conseguita dalla ricorrente nella gara e trasfusa nel contratto era quindi sottoposta alla condizione sospensiva dell’esito positivo dell’approvazione ministeriale;

(b) la verifica finalizzata all’approvazione può riguardare (e normalmente riguarda) anche elementi già presi in considerazione dalla commissione di gara. Vi è pertanto una divaricazione tra i soggetti che intervengono nelle diverse fasi della procedura: la commissione di gara decide inizialmente sull’ammissione o sull’invito dei concorrenti, l’ufficio ministeriale che alla fine esercita il potere di approvazione effettua una verifica autonoma sulla regolarità degli atti di gara. Non è necessario che nella fase di approvazione sia coinvolta la commissione di gara, né deve essere riconosciuta a quest’ultima la competenza relativamente a un ipotetico contrarius actus. La mancata approvazione è sufficiente a travolgere la procedura, e se poi la stazione appaltante, sulla base della mancata approvazione, emette un formale provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione e di caducazione del contratto, questo avviene per ragioni pratiche, ossia per definire i rapporti in corso con l’aggiudicatario, ma la fonte giuridica della perdita dell’appalto deve essere individuata nella decisione dell’ufficio che ha negato l’approvazione;

(c) vista l’importanza della decisione negativa assunta in sede di approvazione è corretta l’affermazione secondo cui il coinvolgimento della ricorrente doveva essere anticipato a un momento anteriore alle note ministeriali del 27 gennaio 2011 e del 10 febbraio 2011, essendo il provvedimento del Comando Provinciale la mera attuazione di un indirizzo già assunto e chiaramente contrario alle aspettative della ricorrente. Vi è stata quindi lesione delle garanzie procedimentali, in quanto la comunicazione di avvio trasmessa dal Comando Provinciale dopo che erano state emesse le note ministeriali non poteva ragionevolmente sortire effetti utili per la ricorrente;

(d) tuttavia la censura formale di violazione delle garanzie procedurali non può da sola condurre all’annullamento del provvedimento finale, perché è sempre necessario, per il principio ora codificato dall’art. 21octies comma 2 secondo periodo della legge 241/1990, effettuare la prova di resistenza esaminando se a causa di tale violazione l’amministrazione sia stata privata di elementi istruttori in grado di far ipotizzare una decisione diversa. Non sarebbe infatti né utile né economico annullare un provvedimento che può essere adottato di nuovo con lo stesso contenuto;

(e) tutto questo ci porta ai problemi sollevati nei motivi di ricorso che si concentrano sul merito della decisione ministeriale;

(f) per quanto riguarda la corretta applicazione dell’art. 38 comma 1 lett. c) del Dlgs. 163/2006, occorre precisare subito che i gravi reati in danno dello Stato o dell’Unione Europea che incidono sulla moralità professionale e determinano l’esclusione dalle gare non sono soltanto quelli collegabili all’oggetto dell’appalto. Il concetto di moralità professionale, ripreso direttamente dall’art. 45 par. 2 lett. c) della Dir. 31 marzo 2004 n. 2004/18/CE, coinvolge un ambito che va oltre la stretta attività professionale del concorrente. I gravi errori commessi nell’esercizio dell’attività professionale (e quindi a maggior ragione i reati che riguardano direttamente l’attività professionale) sono già presi in considerazione come causa autonoma di esclusione dalla lett. f) dell’art. 38 comma 1 del Dlgs. 163/2006. La moralità professionale riguarda invece l’affidabilità complessiva del concorrente sotto il profilo etico: l’amministrazione ha interesse a coltivare rapporti contrattuali esclusivamente con soggetti economici che (oltre a osservare i principi giuridici dell’ordinamento) rispettano le regole del mercato e della concorrenza;

(g) l’aggiotaggio ex art. 2637 c.c. (anche nella versione in vigore all’epoca dei fatti) è un reato che richiede condotte concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari. La fattispecie penale presuppone un disegno diretto a manipolare il normale funzionamento del mercato per ottenere dei vantaggi a detrimento degli altri operatori economici e della platea degli investitori. È dunque intrinseca a questo reato una componente di slealtà in ambito economico che non consente il contestuale riconoscimento del requisito della moralità professionale;

(h) in questa ricostruzione il valore dell’utilità conseguita attraverso l’aggiotaggio non ha un peso decisivo, in quanto la slealtà nei rapporti economici non è diversa se praticata in vicende modeste o su ampia scala. Tuttavia anche volendo introdurre un filtro quantitativo il risultato nel caso in esame non sarebbe diverso, tenendo conto che il legale rappresentante della ricorrente è stato coinvolto nella scalata alla Banca A.. Tale operazione, come evidenziato dall’Avvocatura Generale dello Stato nel parere del 19 gennaio 2011 (v. sopra al punto 5), costituisce uno degli episodi più gravi che abbiano interessato di recente il settore bancario. Dunque, anche se svolta in posizione marginale, la partecipazione a un’iniziativa eccezionale per mezzi utilizzati e importanza dell’obiettivo deve essere senz’altro qualificata come rilevante nella storia professionale di un soggetto economico;

(i) da tutto questo consegue che la condanna per aggiotaggio impedisce la partecipazione alle gare pubbliche. Il punto diventa allora la durata dell’effetto interdittivo;

(j) in proposito si può osservare che l’art. 38 comma 1 lett. c) del Dlgs. 163/2006, nell’estendere la disciplina dell’esclusione anche alle condanne degli amministratori cessati dalla carica nel triennio anteriore alla pubblicazione del bando di gara, indica in via alternativa due condizioni che escludono l’effetto interdittivo: (1) se l’impresa dimostri di aver adottato misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata; (2) se sia intervenuta la riabilitazione (art. 178 cp) o l’estinzione del reato in caso di patteggiamento (art. 445 comma 2 cpp);

(k) occorre verificare la possibilità della trasposizione di queste norme alla fattispecie degli amministratori in carica. L’analogia non sembra sussistere per l’ipotesi della dissociazione, in quanto il primo passo in questa direzione da parte dell’impresa sarebbe proprio la sostituzione dell’amministratore condannato. Appare invece ammissibile l’estensione della norma sulla riabilitazione e sull’estinzione del reato. La riabilitazione garantisce attraverso una completa valutazione della condotta post factum l’effettivo approdo rieducativo del reo (v. Cass. pen. Sez. I 18 giugno 2009 n. 31089; Cass. pen. Sez. I 29 settembre 2009 n. 40018) e dunque per i soggetti economici costituisce anche la dimostrazione del recupero di una condotta professionale eticamente adeguata. L’estinzione del reato ex art. 445 comma 2 cpp, essendo automatica, non offre le medesime garanzie, ma può essere presa in considerazione dalla stazione appaltante quale ragionevole termine finale del periodo di esclusione dalle gare. Mancando però una verifica giudiziale della buona condotta (che è propria della sola riabilitazione) la stazione appaltante conserva il potere di contestare l’insufficiente recupero della moralità professionale qualora ravvisi elementi di continuità con la situazione pregressa;

(l) nel caso in esame non risultano conseguite né la riabilitazione né l’estinzione del reato ex art. 445 comma 2 cpp. L’indulto ha semplicemente cancellato una parte della sanzione pecuniaria sostitutiva senza incidere sugli effetti penali della condanna (v. sopra al punto 2);

(m) per quanto riguarda infine il problema del bilanciamento tra l’interesse pubblico e l’affidamento della ricorrente (ipotesi di violazione dell’art. 21nonies della legge 241/1990), la censura non appare condivisibile. Si è già visto che il caso in esame non è qualificabile come vero e proprio intervento in autotutela, in quanto la stazione appaltante aveva fatto espresso uso della riserva di approvazione ex art. 11 comma 11 del Dlgs. 163/2006 (e dunque gli effetti dell’aggiudicazione e del contratto non erano ancora consolidati). D’altra parte, se anche si ritenesse applicabile alla fase dell’approvazione la disciplina dell’autotutela, si dovrebbe comunque prendere atto che è stato evidenziato da parte dell’amministrazione un interesse pubblico prevalente. In effetti l’esposizione mediatica (nazionale e internazionale) della scalata alla Banca A. ha dato alla vicenda un particolare risalto che dura nel tempo: un’amministrazione che stabilisse rapporti contrattuali con i soggetti economici coinvolti potrebbe avere problemi di immagine in assenza di oggettivi elementi di schermo quali la riabilitazione o l’estinzione del reato.

10. In conclusione il ricorso deve essere respinto sia nella parte impugnatoria sia relativamente alla richiesta di risarcimento. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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