Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-07-2011) 09-09-2011, n. 33466

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.M. ricorre in cassazione avverso l’ordinanza, in data 22.03.2011, del Tribunale – sezione riesame – di Venezia che ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale dello stesso capoluogo il 23.02.2011 di non accoglimento dell’istanza di revoca e/o sostituzione della misura cautelare in carcere.

Con un primo motivo si denunciano violazione di legge con riferimento all’art. 274 c.p.p. e art. 275 c.p.p., comma 3 e vizio di motivazione, in tema di sussistenza delle esigenze cautelari alla luce degli elementi sopravvenuti rispetto al precedente ricorso innanzi al Tribunale del riesame. Ed invero, precedentemente l’ A. aveva sempre negato la propria colpevolezza, in seguito ha reso ampia confessione dell’attività di spaccio di un quantitativo di gr. 400 di cocaina. Di certo, si evidenzia, la confessione di una condotta penalmente rilevante in maniera decisamente ampia integra un elemento di novità rilevabile ai sensi dell’art. 299 cod. proc. pen., comma 1.

Nel provvedimento impugnato si è replicato con le medesime identiche considerazioni già svolte nell’ordinanza del GIP, in merito alla non ricorrenza del fatto nuovo, tale da consentire un riesame della posizione, nonchè alla irrilevanza delle ammissioni, considerate riduttive della vera responsabilità ascrivibile all’indagato.

Si deduce che il Tribunale del riesame pone a riprova della inadeguatezza delle dichiarazioni confessorie rese dall’ A. proprio le due contestazioni di cui ai capi a) e b) della rubrica rispetto alle quali il predetto si era assunto integralmente senza riserva ogni e qualsivoglia responsabilità.

Inoltre, si argomenta che il Tribunale si è riportato, quanto alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, alla considerazione del GIP secondo cui l’esigenza cautelare de qua veniva desunta dal fatto che l’indagato fosse stato già in precedenza arrestato, fatto sta che l’ A. non è mai stato arrestato precedentemente al fatto per cui si procede nè soprattutto per fatti relativi allo spaccio o in qualche modo connessi alle sostanze stupefacenti.

Motivi della decisione

I motivi addotti sono manifestamente infondati sicchè il ricorso va dichiarato inammissibile.

In riferimento al dedotto fatto sopravvenuto costituito dalla asserita ampia confessione resa in ordine ai fatti contestati in un momento successivo ad altra valutazione del Tribunale di Venezia operata in sede di riesame dell’ordinanza cautelare, nel provvedimento impugnato, con motivazione del tutto congrua, si rileva l’assenza di elementi nuovi significativi al fine di verificare il venir meno ovvero l’affievolimento delle esigenze cautelari, con i conseguenti riflessi sulla misura.

Si argomenta che se pur è vero che l’ A. in un primo momento aveva respinto gli addebiti con spiegazioni di fantasia riguardo ai dati raccolti, è altrettanto vero che in questa fase il medesimo, vista la obiettiva inattendibilità delle sue precedenti dichiarazioni, ha ritenuto di procedere ad ammissioni parziali che di volta vengono ampliate.

Tuttavia, rileva il Tribunale, occorre considerare il quadro complessivo del commercio di droga, ben diverso dalle attuali ammissioni di acquisto di sostanza stupefacente per sè e per qualche amico. Si tratta, invece, continua il Tribunale, di un vero e proprio commercio, ben descritto nell’ordinanza genetica che ha avuto conferma dal Tribunale con il provvedimento richiamato e non impugnato, e per il quale si è formato il giudicato cautelare.

Dunque, stante il giudicato cautelare, la valutazione del giudice di appello è limitata ai fatti sopravvenuti di cui all’art. 299 cod. proc. pen., comma 1 ed è ciò che ha fatto il Tribunale del riesame di Venezia che, sulla specifica deduzione difensiva, ha tenuto conto e valutato la rilevanza della resa confessione in funzione di quanto prospettato dal richiamato art. 299 cod. proc. pen., e ritenuta ininfluente rispetto al giudizio di attenuazione delle esigenze cautelari.

Sul tema questa Corte ha affermato (V. Sez. 2, Sentenza n. 47398 del 09/10/2003 Cc. Rv. 227579) il principio secondo cui in tema di riesame di misura cautelare, è viziata da contraddittorietà la motivazione con cui il giudice – applicando la misura degli arresti domiciliari in sostituzione della custodia cautelare in carcere – affermi che, pur sussistendo pressanti esigenze di cautela sociale, deve aversi riguardo al comportamento collaborativo dell’indagato idoneo a contrastare la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, posto che le due contrastanti affermazioni non sono idonee a spiegare se la suddetta presunzione sia stata superata o meno, fermo restando che la mera confessione non è da sola sufficiente a garantire tale superamento.

Nel caso di specie la valutazione delle esigenze cautelari è rimasta inalterata, stante il giudicato cautelare cui si è fatto riferimento, e la confessione, per altro ritenuta obbligata dal Tribunale e neanche del tutto ampia, non può certo da sola far venir meno il pericolo di recidiva.

Quanto al secondo rilievo (quello relativo alla erronea annotazione di un precedente arresto dell’indagato) non v’è alcuna traccia nel provvedimento impugnato.

Attesa la congruità della motivazione del provvedimento impugnato che ha dato una risposta alle doglianze del ricorrente coerente al dettato normativo e logica in punto di argomentazione giuridica, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende. La Corte dispone inoltre che copia di presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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