Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-12-2011, n. 30138 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.P. ricorre per cassazione, sulla base di sei motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 25 marzo 2009, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato detto Ministero al pagamento in suo favore della somma di Euro 3.540,00, pari ad Euro 720,00 per ogni anno di ritardo, per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio da lui promosso davanti al Tar Campania con ricorso del 15 giugno 1999 e ancora non definito alla data di presentazione del ricorso per equa riparazione (7 marzo 2008). Il Ministero intimato ha resistito con controricorso. Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

Parte ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo sei motivi di ricorso, con i quali lamenta:

– l’inosservanza dei parametri europei ai fini della quantificazione dell’equo indennizzo (motivi uno e due);

– la illegittima compensazione delle spese processuali disposta dal giudice di merito (motivi da tre a sei).

I primi due motivi sono fondati. Infatti la determinazione dell’indennizzo nella misura di Euro 700,00 per anno di ritardo è irragionevolmente inferiore a quella calcolata in base ai parametri stabiliti dalla CEDU, come interpretati e recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte (Euro 750,000 per i primi tre anni di durata non ragionevole ed Euro 1.000,00 per ogni anno successivo;

cfr, Cass. 2010/17922).

Restano assorbite le doglianze sulla disposta compensazione delle spese processuali, dovendosi comunque provvedere, in conseguenza dell’accoglimento dei primi due motivi, ad una nuova liquidazione di dette spese in sede di decisione di merito.

Il ricorso merita pertanto accoglimento nei termini sopra precisati e il decreto impugnato deve essere annullato in ordine alla censura accolta. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Determinata in cinque anni e nove mesi la durata non ragionevole del giudizio svoltosi davanti al Tar Campania – secondo l’accertamento compiuto dalla Corte di appello e non censurato dal ricorrente -, il parametro per indennizzare il ricorrente del danno non patrimoniale subito va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009.

Secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata.

Tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086;

2010/819; 2010/17922). Nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di cinque anni e nove mesi, l’indennizzo di Euro 4.900,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore del difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 4.900,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito che si liquidano in Euro 873,00 di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 525,00 di cui Euro 425,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

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