Cons. Stato Sez. IV, Sent., 29-09-2011, n. 5414 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Il sig. A. N., nella qualità di proprietario di area non edificata nel Comune di Locorotondo, alla via Stazione, chiedeva nel 2003 che gli venisse rilasciato permesso di costruire (di seguito, per brevità: pdc) per un fabbricato per civile abitazione su tale area, segnalando che per altra area, sempre di sua proprietà ed avente analoga destinazione urbanistica, era già stato rilasciata tempo addietro concessione edilizia.

Con un primo provvedimento n. 12130 del 16 ottobre 2003 l’Amministrazione negava il richiesto pdc, affermando che l’area, per effetto di apposita delibera adottata dalla Giunta Comunale (n. 107 del 2003), approvata dal Consiglio Comunale con atto del 30 settembre 2003, era stata definitivamente destinata a verde attrezzato, con conseguente tipizzazione S2B, escludente ogni possibilità di nuova costruzione.

2. – Il sig. N. adiva il TAR territoriale con ricorso con il quale chiedeva l’annullamento di tale diniego sul presupposto che lo stesso fosse stato adottato in violazione dell’art. 12 del T.U. edilizia n. 380 del 2001 e del vigente strumento urbanistico, nonché deduceva che le delibere indicate come tipizzatrici della destinazione dell’area sarebbero stata adottate in violazione delle norme sulla formazione degli strumenti urbanistici.

Con ordinanza n. 95 del 2004 il TAR accoglieva l’istanza cautelare del ricorrente disponendo che il Comune di Locorotondo riesaminasse alla luce dei motivi di ricorso l’istanza di pdc del ricorrente.

In esecuzione di detta ordinanza il responsabile del competente Ufficio comunale respingeva nuovamente l’istanza con provvedimento n. 6030 del 11 maggio 2004, sul presupposto che l’area interessata fosse priva di pianificazione, così applicandosi la norma dell’art. 9 del TU edilizia che non consente, in tali condizioni, nuove edificazioni quale quella progettata dal ricorrente.

Con due atti di motivi aggiunti il sig. N. contestava la legittimità anche di detto nuovo diniego per difetto di motivazione, non essendo ricavabile dalla scarna clausola inserita nel provvedimento quale fosse l’iter logico seguito, nonché per avere qualificato l’immobile "area in assenza di pianificazione", senza tener conto della delibera del consiglio comunale n. 25 del 2002, in base alla quale, nelle zone S2B, come quella del ricorrente, è prevista la possibilità di edificare con indice 1,5 su metà della superficie disponibile e con cessione della restante metà per parcheggio pubblico.

3. – Con la sentenza impugnata, n. 783 del 2 marzo 2005 il primo Giudice emanava le seguenti statuizioni:

– improcedibilità del ricorso introduttivo in quanto il provvedimento con esso impugnato è stato "…sostituito dal successivo atto prot. 6030 del 11 maggio 2004, recante ulteriore diniego di permesso di costruire sulla base di diversi motivi…", anch’esso impugnato "…con motivi aggiunti da parte del ricorrente…";

– infondatezza di entrambi gli atti di motivi aggiunti proposti contro il citato secondo diniego di pdc, perché la motivazione allegata "…è sicuramente sufficiente a sostenere il diniego…", in quanto chiarisce, in esecuzione dell’ordine cautelare emesso dal Tribunale, "…che l’area interessata dall’intervento richiesto non è coperta da strumenti urbanistici comunali allo stato vigenti…"; perché la delibera consiliare n. 45 del 2002, invocata dal ricorrente a sostegno della edificabilità dell’area, ancorché tipizzata S2Bverde attrezzato, "…non è mai divenuta efficace per non essere stata seguita dall’approvazione della Regione…"; perché non v’è alcuna contraddittorietà tra il diniego impugnato e precedente concessione edilizia rilasciata per altra area dello stesso ricorrente avente analoga destinazione urbanistica, tenuto conto che "…o tale concessione è stata rilasciata illegittimamente dal Comune su di un suolo privo di disciplina urbanistica, oppure la disciplina del suolo interessato è diversa da quella oggetto del ricorso…".

4. – Con l’appello in epigrafe il sig. A. N. ha chiesto la riforma di detta sentenza articolando un unico motivo di impugnazione così rubricato "…Violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed erronea applicazione dell’art. 9 dello stesso decreto presidenziale, nonché vizio della motivazione…".

Più in particolare, l’appellante ha lamentato:

i)- sotto un primo profilo, che sarebbe impossibile ricavare dalla scarna motivazione allegata al provvedimento impugnato l’iter logico seguito per denegare il richiesto pdc, con conseguente difetto di quella "…circostanziata motivazione…" invece ritenuta necessaria dalla giurisprudenza, importando "…il diniego di assenso a costruire una contrazione dello jus aedificandi del proprietario…";

ii)- sotto un secondo profilo, che tale difetto di motivazione si renderebbe ulteriormente evidente, tenuto conto, per un verso, che "..per area in assenza di pianificazione possono intendersi varie e distinte ipotesi: da quella di area sita in un Comune del tutto sprovvisto di pianificazione, a quella di area con vincolo urbanistico scaduto, ovvero di area con destinazione urbanistica in itinere…", così che, "…in relazione a ciascuna di tali fattispecie, va applicata una particolare disciplina edilizia con le specifiche conseguenze…"; per altro verso, che, nella specie, occorreva una "…motivazione specifica ed adeguata, tenuto conto che lo stesso Comune è dotato di PRG sin dal 1980 e, quindi, non è certamente privo di pianificazione…";

iii)- sotto un terzo profilo, che il TAR avrebbe sostanzialmente integrato la motivazione del provvedimento impugnato, peraltro in maniera anche insufficiente, "…sia perché non chiarisce che cosa intende per strumenti urbanistici non vigenti, sia perché non tiene conto che, come risulta dagli atti di causa, nel Comune è vigente un PRG…";

iv)- sotto un quarto profilo, che sarebbe illegittimo il richiamo operato nel diniego impugnato all’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2002, attesa la già indicata vigenza dal 1980 di apposito PRG;

v)- sotto un quinto profilo, che l’area dell’appellante, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, sarebbe "…oggi disciplinata proprio dalla variante al PRG adottata con delibera del Consiglio n. 45 del 7 novembre 2002 che destina la stessa a zona S2B in cui sono consentite costruzioni con l’indice di fabbricabilità di 1,5 mc/mq, conforme a quello indicato nel progetto presentato…" e, quindi, "…anche nelle more dell’approvazione della variante, l’intervento del ricorrente doveva essere assentito, non superando i limiti di edificazione stabiliti dalla norma applicabile…";

vi)- sotto un sesto profilo, infine, che non rilievo sarebbe rilevante il fatto che detta variante non sia mai divenuta efficace per non essere stata seguita dall’approvazione della Regione, in quanto "…l’adozione della variante in parola (che riguarda anche l’area del ricorrente) comporta l’applicazione del richiamato art. 4, comma 1, della legge n. 291 del 1971 (che contiene rinvio materiale all’art. 41quinques della L.U. n. 1150 del 1942) e, quindi, l’edificabilità dell’area nei limiti di progetto…".

Con memoria depositata in previsione della discussione dell’appello il sig. N. ha ulteriormente illustrato le proprie tesi, ribadendo la richiesta di annullamento dell’impugnata sentenza.

5. – Il Comune di Locorotondo, pur evocato nel presente grado di giudizio, non si è costituito.

6. – Alla pubblica udienza del 21 giugno 2011 l’appello è stato introitato per la decisione.

7. – Preliminarmente, deve rilevare il Collegio che dei due capi di decisione della sentenza impugnata è stato appellato soltanto il secondo, per cui si può dare atto della prestata acquiescenza del sig. N. alla declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo di primo grado.

8. – Ciò precisato, può darsi ingresso all’esame dei profili impugnazione dedotti dall’appellante per la riforma del capo di sentenza che ha respinto le tesi sviluppate nei due atti di motivi aggiunti presentati contro il secondo diniego di permesso di costruire.

8.1 – Quanto al primo di essi, concernente l’asserito difetto di motivazione che inficerebbe anche il secondo provvedimento comunale di diniego, in disparte ogni valutazione sull’ammissibilità delle deduzioni all’uopo proposte – siccome ripetitive di quelle svolte in prime cure e, quindi, prive di ogni contenuto critico della decisione sul punto assunta dal primo Giudice – va comunque rilevato che esso è privo di pregio, essendo del tutto chiare le ragioni esternate dall’Autorità amministrativa per disattendere la richiesta di pdc del sig. N. e cioè che, essendo l’area carente di pianificazione da data certa (30 giugno 2003), trova applicazione l’art. 9 del T.U. edilizia che esclude la nuova edificazione.

8.2 – Né può essere condiviso il secondo dei profili di impugnazione proposti, in quanto la mera indicazione da parte dell’appellante dell’esistenza di un PRG che sarebbe in vigore dal 1980 non rende apprezzabile la connessa deduzione di insussistenza del presupposto per l’applicabilità dell’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001, difettando non solo ogni prova del fatto che, in base a tale strumento urbanistico, sarebbe consentita l’edificazione, ma anche ogni indicazione della o delle disposizioni (dello stesso strumento) che imporrebbero al Comune di rilasciare il pdc richiesto; eppure parte appellante ben poteva munirsi, in proposito, di certificazione urbanistica che desse contezza, anche sotto il profilo storico, della destinazione dell’area e della sua attuale condizione giuridica.

Inoltre, va da sé che, in tali condizioni, non può essere condiviso neppure l’ulteriore rilievo secondo il quale il Comune avrebbe dovuto indicare, tra quelli ritenuti possibili, quale fosse il presupposto specifico che nella specie esclude l’edificabilità dell’area, sia perché, ai fini che qui rilevano, può ritenersi sufficiente ed esaustivo dell’obbligo di motivazione l’aver indicato il Comune da quale data l’area in questione era da considerarsi inedificabile, sia perché ogni diversa prova sul punto competeva alla parte richiedente non soltanto in sede processuale.

8.3 – Stessa sorte negativa non può, poi, non essere riservata anche ai restanti profili di impugnazione, rubricati sub iii), iv), v) e vi), come riportati nel precedente paragrafo n. 4 che precede, avuto presente:

– che la motivazione rassegnata dal primo Giudice non comporta alcuna illegittima integrazione della motivazione del provvedimento impugnato, avendo questi correttamente rilevato come il provvedimento impugnato fosse in linea con il riesame disposto con l’ordinanza cautelare emessa in prime cure e come indicasse, in maniera sufficiente, la ragione di diritto (vigenza art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001) ostativa al rilascio del richiesto pdc;

– che, essendosi limitato detto Giudice a prendere atto dell’effettiva condizione urbanistica dell’area interessata dalla progettata costruzione ed in carenza di ogni diversa dimostrazione da parte istante, non può ritenersi errato che il Comune abbia fatto applicazione nel caso in esame dell’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001, non essendo comunque sufficiente a sorreggere le argomentazioni al riguardo svolte dall’appellante il mero richiamo di uno strumento urbanistico asseritamente vigente;

– che difetta il presupposto legale sul quale parte appellante poggia la propria rivendicazione di edificabilità dell’area per le ragioni che seguono: per un verso, non è neppure controverso tra le parti (come deducibile dalle stesse argomentazioni svolte con i due ultimi profili di contestazione delle sentenza impugnata) che la variante urbanistica adottata con la delibera consiliare n. 45 del 7 novembre 2002, che ha attribuitola destinazione di zona S2B all’area in questione, non è mai divenuta definitiva per non essere stata approvata dalla Regione; per altro verso, il Collegio non può condividere la tesi che anche la semplice adozione dello strumento urbanistico possa comportare l’applicazione della norma di cui all’invocato comma 1 dell’art. 4 della legge n. 291 del 1971, avuto presente il principio giurisprudenziale secondo il quale, finché lo strumento urbanistico non abbia favorevolmente superato non soltanto la fase costitutiva, ma anche quella integrativa dell’efficacia, l’area interessata deve ritenersi sprovvista di una disciplina di pianificazione, con l’ovvia conseguenza che, nel frattempo, devono osservarsi le limitazioni all’edificabilità dettate dalla disposizione qui rilevante dell’art. 9 del d.P.R. n. 380 del 2001.

8.4 – In conclusione, l’appello non merita di essere accolto, non essendo fondata alcuna delle deduzioni con esso svolte.

9- Quanto, infine alle spese di giudizio, nulla deve disporre il Collegio non essendosi costituito il Comune appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5574 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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