Cass. civ. Sez. III, Sent., 10-01-2012, n. 83 Bilancio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato a mezzo del servizio postale in data 17 gennaio 1994, la Lloyd Nazionale s.p.a. in Liquidazione coatta amministrativa conveniva in giudizio la (allora denominata) Arthur Andersen & e. s.a.s. avanti il Tribunale di Roma per sentir riconoscere e dichiarare la responsabilità della convenuta per la violazione degli obblighi su di essa gravanti quale revisore del bilancio della società posta in liquidazione coatta amministrativa per l’effetto condannarla al risarcimento in favore della società attrice nella misura di L. 174.606.707.462 ovvero in quella somma di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria, spese di lite e clausola di provvisoria esecuzione (trattandosi di causa di vecchio rito).

Costituitasi la convenuta e svoltasi attività istruttoria mediante espletamento di complessa ed articolata Consulenza tecnica d’Ufficio, la causa veniva rimessa all’udienza Collegiale il 10.10.2001 e con successiva sentenza in data 27.3.2002 il Tribunale di Roma respingeva la domanda. A seguito dell’appello della società assicuratrice, costituitasi la società intimata, la Corte d’Appello di Roma, con la decisione in esame depositata in data 19.1.2006 confermava quanto statuito in primo grado.

Affermava in particolare la Corte di merito che "non può considerarsi un comportamento negligente della Arthur Andersen & Co la circostanza che la società di revisione non abbia comunque richiesto conferma dell’esistenza fisica dei titoli azionari delle società immobiliari, direttamente alla Edirel, che tali titoli aveva ceduti al Lloyd Nazionale, sia perchè, in base al principio contabile richiamato in precedenza, tale accertamento andava adottato solo nella diversa ipotesi in cui ì titoli risultassero in giacenza presso terzi, sia anche perchè una siffatta verifica, non necessaria, risultava comunque di scarsissima utilità, essendo improbabile ed inverosimile che la società venditrice, che si assume avrebbe agito di concerto con Lloyd Nazionale al solo scopo di occultare l’entità delle perdite della compagnia, avrebbe confessato alla società di revisione della società acquirente, di non avere la disponibilità dei titoli, contrariamente a quanto dichiarato nell’atto di cessione. Nè infine, contrariamente a quanto genericamente affermato da parte appellante, dalla relazione dei consulenti del Pm che ha indagato su ipotesi di reato contestati ad amministratori e sindaci del Lloyd Nazionale, possono ricavarsi elementi decisivi per affermare una responsabilità civile della società di revisione disattesi dal primo giudice, posto che tutte le vicende societarie rilevanti hanno comunque formato oggetto, nel presente giudizio, duna approfondita ed esauriente disamina anche sul piano tecnico-contabile". Ricorre per cassazione la Lloyd Nazionale in liquidazione; resiste con controricorso la D.t.i. s.p.a..

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce difetto di motivazione;

parte ricorrente, dopo aver precisato che la controversia ha ad oggetto il bilancio della Lloyd Nazionale per l’esercizio chiuso al 31.12.90 e la relativa certificazione, eseguita dalla società di revisione Andersen, deduce erronea valutazione delle risultanze di causa in relazione al negligente operato di quest’ultima in quanto, tra l’altro, "appare la palese incongruenza della sentenza gravata che ha integralmente omesso di considerare le irregolarità contabili in questione".

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1294, 2043, 2426, 2447 e 2448 c.c.; si deduce che la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione dei principi giuridici che regolano la corresponsabilità solidale dei soggetti tenuti, sulla base di diversi titoli (contrattuale ed extracontrattuale) al risarcimento dei danni in tema di valutazione di bilanci.

Con il terzo motivo si deduce ancora difetto di motivazione; si deduce che "la Corte d’Appello ha omesso di esaminare in modo completo ed approfondito anche le complesse, decisive ed inoppugnabili contestazioni mosse alla pronuncia di primo grado in relazione alla complessiva conduzione della fase istruttoria e segnatamente della valutazione che è stata compiuta sulla base delle risultanze della assai discutibile perizia resa in prime cure".

Nel controricorso si eccepisce l’inammissibilità del ricorso, in via preliminare per difetto di legitimatio ad processum in capo al commissario liquidatore della Lloyd Nazionale nonchè per mancanza di specificità e completezza e violazione del principio di autosufficienza nonchè ancora per omessa censura delle rationes decidendi dell’impugnata decisione. Deve preliminarmente rilevarsi che infondata è l’eccezione di cui in ricorso relativa alla mancanza di legitimatio ad processum del commissario liquidatore: in proposito deve confermarsi quanto già statuito da questa Corte (n. 24908/2008) secondo cui in tema di poteri in materia giudiziale del commissario liquidatore nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, non si applica, neppure in via analogica, la L. Fall., art. 31, comma 2, che impone l’autorizzazione del giudice delegato perchè il curatore fallimentare possa stare in giudizio, atteso che il legislatore, mentre ha attribuito al detto commissario gli stessi poteri che competono al curatore ( L. Fall., art. 201), ha regolato l’esercizio dei poteri del primo non con un rinvio generalizzato alla disciplina dell’esercizio dei poteri da parte del secondo, ma con un rinvio specifico da ritenersi perciò esaustivo ( L. Fall., art. 206);

ne consegue che i predetti poteri vanno integrati dall’autorizzazione dell’autorità amministrativa di vigilanza solo se si tratta di promuovere l’azione di responsabilità di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c. e di compiere gli atti di cui alla L. Fall., art. 35, nonchè quelli necessari per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, e non anche nel caso di proposizione di impugnazioni, come nella vicenda in esame.

Il ricorso è comunque privo di fondamento in relazione a tutte le suesposte denunce.

Le censure sopra riportate, nel loro insieme, si sviluppano sulla base di due profili argomentativi: da un lato il difetto di motivazione, stante la pluralità di circostanze e dati documentali non correttamente presi in considerazione dalla Corte di merito e dall’altra la violazione di norme con riferimento però alla specifica doglianza della mancata considerazione della responsabilità solidale nella materia in esame.

Fermo restando che, in relazione a quanto già esposto con motivazione logica e sufficiente da parte della Corte di merito sulla ritenuta insussistenza di responsabilità della Arthur Andersen & Co., il ricorso, come eccepito da parte resistente, da un lato tende a un non consentito riesame di elementi fattuali e dall’altro pecca di genericità ed autosufficienza in quanto non consente l’individuazione, al di là di generiche affermazioni, degli elementi decisivi che, ove correttamente individuati, avrebbero comportato una pronuncia di tipo diverso.

In particolare, con specifico riferimento alle censure di difetto di motivazione, deve confermarsi quanto già statuito da questa Corte (tra le altre, Cass. n. 5274/2007) secondo cui il ricorso per cassazione con il quale si facciano valere vizi della motivazione della sentenza deve contenere la precisa indicazione di carenze o di lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato ovvero la specificazione di illogicità, consistente nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Con detto motivo non può invece essere fatto valere il contrasto della ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito con il convincimento e con le tesi della parte, poichè, se si opinasse diversamente, il motivo di ricorso per cassazione di cui all’art. 360 c.p.c. n. 5 finirebbe per risolversi in una richiesta di sindacato del giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito.

Infine non è dato comprendere in particolare la portata della censura di cui al secondo motivo in ordine alla omessa considerazione di una responsabilità solidale, nel senso che non si specifica, anche in tal caso al di là di generici enunciati e altrettanto generiche enunciazioni di norme, quali "passaggi" dell’ impugnata decisione abbiano comportato la violazione di queste ultime.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 5.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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