Cass. civ. Sez. III, Sent., 10-01-2012, n. 72

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Va rilevato in fatto:

1.1. che la Corte di appello di Perugia, adita in sede di riassunzione ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen. in relazione alle serie lesioni patite dal diciassettenne R.L. a seguito dell’uso di un petardo vendutogli da P.D. in violazione del divieto di legge, con sentenza n. 455 del 20.10.06 dichiarò inammissibile la domanda dei genitori del minore ( G. R. e C.D.) ed accolse la domanda di quest’ultimo, ormai divenuto maggiorenne, di condanna del P. al risarcimento dei danni, quantificandoli in Euro 253.108,29, oltre interessi e rivalutazione; e, condannato il P. anche alle spese in favore del R.L., le compensò invece nei rapporti tra il primo e gli altri due attori in riassunzione;

1.2. che per la cassazione di tale sentenza ricorre, affidandosi a tre motivi, il P., mentre gli intimati resistono con controricorso: sicchè, all’esito della pubblica udienza del 24.11.11, il Collegio ha deciso, raccomandando una motivazione semplificata.

2. Va considerato in diritto:

2.1. che il ricorrente sviluppa tre motivi:

2.1.1. con un primo – rubricato "violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per mancato accertamento della responsabilità del convenuto" – egli prospetta, in fine, il seguente quesito di diritto: si pronunci l’Ecc.ma Corte adita sulla violazione, nel caso di specie, dell’art. 112 c.p.c. stante il mancato accertamento della condotta del ricorrente (vendita dei prodotti pirici da parte dello stesso), quale presupposto necessario per qualsiasi successiva dichiarazione di responsabilità;

2.1.2. con un secondo – rubricato "motivazione contraddittoria/insufficiente per la mancata ammissione di un mezzo di prova in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5" – egli, senza formulare alcun momento di riepilogo o di sintesi nè alcun quesito di diritto, si duole della mancata ammissione di una prova testimoniale e della contraddittorietà nella valutazione del testimoniale ammesso;

2.1.3. con un terzo – rubricato "violazione del principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per mancata condanna alle spese di giudizio degli appellanti R.G. e C.D." – egli prospetta, in fine, il seguente quesito di diritto: si chiede di dichiarare, nel caso di specie, la violazione del principio della soccombenza per quanto riguarda gli attori la cui domanda è stata respinta perchè inammissibile ed a ciò non è seguita la condanna alla refusione delle spese di giustizia in favore del convenuto;

2.2. che i controricorrenti contestano non solo la fondatezza del ricorso, ma anche ed in via preliminare la sua ammissibilità: quanto al primo motivo, per l’erroneità della censura ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. nel caso, come quello in esame, la domanda sia stata comunque esaminata e soltanto decisa in modo difforme da quello auspicato; adducendo l’intangibilità del giudicato formatosi in sede penale sui fatti; negando l’idoneità di una generica doglianza sulla non ammissione delle prove;

2.3. che, trattandosi di sentenza pubblicata il 20.10.06 e quindi nel periodo tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ. (norma introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, applicabile – in virtù dell’art. 27, medesimo decreto, comma 2 – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58, comma 5, della medesima legge);

2.4. che, al riguardo:

2.4.1. i quesiti previsti dal primo comma di tale norma devono compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti, v.:

Cass. Sez. Un., ord. 5 febbraio 2008, n. 2658; Cass., ord. 17 luglio 2008, n. 19769, Cass. 25 marzo 2009, n. 7197; Cass., ord. 8 novembre 2010, n. 22704); con la conseguenza che la mancanza di uno solo di tali elementi (o il carattere tautologico od astratto del quesito stesso:

Cass. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. Sez. Un., 8 maggio 2008, n. 11210) ne comportano l’inammissibilità;

2.4.2. per le doglianze di vizio di motivazione (Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002; Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), occorre la formulazione di un momento di sintesi o di riepilogo (come puntualizza già Cass. 18 luglio 2007, ord. n. 16002, con indirizzo ormai consolidato, a partire da Cass. Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603: v., tra le ultime, Cass. 30 dicembre 2009, ord. n. 27680), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo, chiaramente il fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (da ultimo, v. Cass., ord. n. 27680 del 2009): e tanto mediante la formulazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico e separato passaggio espositivo del ricorso, nel quale si indichi non solo il fatto controverso riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, ma anche – se non soprattutto – quali siano le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., ord. 18 luglio 2007, n. 16002); e tale requisito non potendo ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di un’interpretazione svolta dal lettore, anzichè su indicazione della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (Cass., ord. 16 luglio 2007, n. 16002);

2.5. che, nella fattispecie:

2.5.1. il primo motivo è corredato da un quesito inammissibile, sia perchè privo dei requisiti di cui al precedente punto 2.4.1., sia perchè non pertinente alla fattispecie, atteso che la corte territoriale ha proceduto all’accertamento della responsabilità del ricorrente (sia pure fondandolo su ragioni non condivise, ma di cui non si fa cenno nel quesito);

2.5.2. il secondo motivo è del tutto privo di qualunque momento di sintesi o di riepilogo ed a maggior ragione di qualsiasi quesito di diritto;

2.5.3. il terzo motivo è del pari corredato da un quesito inammissibile, sia perchè privo dei requisiti di cui al precedente punto 2.4.1., sia perchè non pertinente al caso di specie, avendo la corte territoriale in concreto motivato sulle ragioni della disposta compensazione.

3. Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese seguono in solido la soccombenza nei rapporti tra ricorrente e controricorrenti, tra loro in solido.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna P. D. al pagamento, in favore di R.L., R. G. e C.D., tra loro in solido, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

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