T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 30-09-2011, n. 7636 Dirigenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento n.146687/2010 del 29.10.2010 (pubblicato in GURI n.88 del 5.11.2010, IV^ Serie Speciale) il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha bandito una selezioneconcorso per il reclutamento di 175 Dirigenti di seconda fascia, in attuazione ed ai sensi del DM (del Ministro dell’Economia e delle Finanze) 10.9.2010.

Con il concorso in esame l’Agenzia ha inteso applicare l’art.1, comma 530, della L. 27.12.2006 n.196, che prevede che il reclutamento di personale dell’Amministrazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, compreso quello delle Agenzie fiscali, può avvenire "con modalità speciali".

In particolare, avviando la procedura concorsuale per cui è causa – che riserva il 50% dei posti da coprire al personale interno – l’Agenzia ha inteso trovare una soluzione per "sanare" la posizione di una serie di suoi Funzionari che da svariati anni – per l’esattezza: 80 funzionari da più di nove anni; 200 da più di cinque e altri 60 da più di tre anni (che complessivamente costituiscono il 56% delle posizioni dirigenziali attive) – svolgono "egregiamente" (come specificato nella delibera n.55 del 22.12.2009 del Comitato di Gestione), "incarichi dirigenziali" pur non rivestendo la corrispondente qualifica dirigenziale.

Tale abnorme situazione si è determinata per effetto della sistematica e permanente applicazione dell’art.24 del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia che attribuiva temporaneamente (ma che è stato via via sempre prorogato con delibere del Comitato di Gestione, ultima delle quali la n.55 del 22.12.2009), la facoltà di coprire posti dirigenziali vacantimediante il conferimento di incarichi dirigenziali a funzionari privi della qualifica dirigenziale.

Poiché la Federazione ricorrente ritiene che la procedura selettiva in questione sia viziata da illegittimità sotto svariati profili, e che leda gli interessi degli iscritti dei quali tutela le posizioni sindacali, con il ricorso in esame ha impugnato gli atti ed i provvedimenti con i quali è stata indetta; e ne chiede l’annullamento per le conseguenti statuizioni.

Lamenta al riguardo:

violazione e falsa applicazione degli artt.97 e 113 della Costituzione, violazione e falsa applicazione dell’art.1 della L. 7.8.1990 n.241 e dei principii di pubblicità e trasparenza dell’attività amministrativa, deducendo che il DM 10.9.2010, che detta la disciplina della procedura concorsuale, non è stato allegato al bando (non ostante fosse richiamato dallo stesso) e con esso pubblicato in GURI, né altrimenti reso pubblico (primo motivo di gravame);

violazione e falsa applicazione dell’art.10, comma 1°, delle disposizioni preliminari al codice civile, violazione e falsa applicazione dell’art.17, commi 3° e 4° e 4° bis della L. 23.8.1988 n.400, deducendo che il DM 10.9.2010 non è stato pubblicato in GURI pur essendo un atto di natura (e ad efficacia) regolamentare (secondo motivo);

violazione e falsa applicazione degli artt. 97 e 100 della Costituzione, dell’art.17, commi 1° e 3° e 4° della L. 23.8.1988 n.400 e dell’art.17, comma 25°, lett. a, della L. 15.5.1997 n.127, deducendo che il DM 10.9.2010 è illegittimo in quanto è stato adottato senza la preventiva acquisizione del parere del Consiglio di Stato (terzo motivo);

violazione e falsa applicazione dell’art.95 della Costituzione, dell’art.17, commi 3° e 23° della L. 23.8.1988 n.400 e del DPR 19.7.1989 n.366, deducendo che il DM 10.9.2010 è illegittimo in quanto prima della sua emanazione non è stato trasmesso al Presidente del Consiglio dei Ministri (quarto motivo);

violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 71 del D.Lgs. 30.7.1999 n.300, 30.7.1999 n.296, dell’art.1 comma 530° della L.27.12.2006 n.296, dell’art.2, comma 2°, del DL 30.9.2005 n.203 conv. in L.20.12.2005 n.248, dell’art.17, comma 3°, della L. 23.8.1988 n.400, deducendo che il DM 10.9.2010 è illegittimo in quanto nello stabilire modalità speciali di reclutamento del personale dirigenziale dell’Agenzia delle Entrate, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ne ha violato l’autonomia regolamentare ed organizzativa (quinto motivo);

violazione e falsa applicazione dell’art.39, comma 1, della L. 27.12.1997 n.449, dell’art. 35, comma 4°, e 4° bis, del D.Lgs 30.3.2001 n.165, dell’art.1, comma 530 e 536, della L. 27.12.2006 n.296, dell’art.66, comma 10, del DL 25.6.2008 n.112, conv. In L. 6.8.2008 n.133, dell’art.9 del DL 31.5.2010 n.78, conv. in L. 30.7.2010 n.122, deducendo che l’intera procedura è illegittima in quanto "è stata bandita in carenza del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente l’autorizzazione di cui all’art.35, co 4 e 4bis, del D.Lgs. 30.3.2001 n.165", e comunque in violazione dei principii generali che regolano l’accesso alla dirigenza nel settore del pubblico impiego (sesto motivo);

violazione e falsa applicazione degli artt.3, 51, 70,97, 100 della Costituzione, dell’art.2, comma 2°, del DL 30.9.2005 n.203 conv. In L.2.12.2005 n.248, dell’art.1, comma 530, della L. 27.12.2006 n.296 (settimo motivo), nonché dell’art.28 del D.Lgs. 30.3.2001 n.165 e del DPR 24.9.2004 n.272 (ottavo motivo), deducendo che la normativa in esame non può essere interpretata nel senso di consentire la deroga del principio secondo cui alla qualifica dirigenziale si accede mediante concorso per esami.

Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito il difetto di legittimazione (per carenza del titolo a rappresentare interessi diffusi o categoriali) della ricorrente Federazione, e la conseguente inammissibilità del ricorso; e comunque la sua infondatezza del merito, chiedendone il rigetto con qualsiasi statuizione e con vittoria di spese.

Nel corso del giudizio le parti hanno insistito, con successivi atti defensionali, nelle rispettive richieste ed eccezioni.

Con ordinanza n.676 del 23.2.2011 questo TAR ha respinto la domanda cautelare, avendo ritenuto che il pregiudizio paventato non fosse attuale.

Infine, all’udienza del 25.5.2011, udite le conclusioni dei Difensori, la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

1.1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione ad agire della Federazione ricorrente – eccezione sollevata in via preliminare dall’Amministrazione resistente – non merita accoglimento.

La questione è stata già affrontata e risolta con la sentenza parziale n.260 del 13.1.2011, dalle cui statuizioni il Collegio non ritiene di discostarsi (la sentenza in questione, non definitoria, risulta appellata e non sospesa, con giudizio allo stato pendente)..

La tesi difensiva dell’Amministrazione secondo cui nel giudizio introdotto dal ricorso in esame la Federazione tutelerebbe posizioni soggettive imputabili esclusivamente ad una parte dei propri iscritti (il che rende la domanda inammissibile per carenza di una "sufficiente diffusione" dell’interesse), non appare condivisibile.

Nulla impedisce di ritenere, infatti, che vi sia un interesse generale degli iscritti a veder rispettata la disciplina dell’accesso alla dirigenza, al fine di evitare sperequazioni e trattamenti differenziati occasionali (atti a generare fratture insanabili all’interno della categoria).

E poiché l’onere della prova (in ordine alla effettiva sussistenza di interessi contrapposti all’interno della Federazione, ed alla emergenza di una conflittualità tale da romperne il fronte unitario) gravava sull’Amministrazione, la quale non la ha fornita, l’adozione di una pronuncia dichiarativa del difetto d’interesse costituirebbe – ad avviso del Collegio – una ingiustificata interferenza (o ingerenza) su fatti associativi interni, e si risolverebbe in una altrettanto ingiustificata compressione del diritto di agire per la salvaguardia di interessi diffusi..

1.2. Nel merito il ricorso merita accoglimento sotto gli assorbenti profili di doglianza di cui al sesto, settimo ed ottavo motivi di gravame, con i quali (e nella parte in cui) la ricorrente lamenta la violazione dei principi di cui agli artt. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.

Al riguardo la Sezione si è già espressa con la sentenza n. 6884 del 25.5.2011 (dep. 1.8.2011), nella quale è stato osservato:

che l’art. 24, co. 2, del regolamento di amministrazione, nel testo risultante dalla delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22/12/2009 oggetto di impugnazione, stabilisce che "per inderogabili esigenze di funzionamento dell’Agenzia, le eventuali vacanze sopravvenute possono essere provvisoriamente coperte, previo interpello e salva l’urgenza, con le stesse modalità di cui al comma 1 (cioè mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, con l’attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti) fino all’attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al 31 dicembre 2010";

che in asserita, ma non corretta, applicazione della predetta normativa, la delibera del Comitato di gestione n. 55 del 22.12.2009, come già analoghe delibere adottate fin dal 2006, ha perpetuato fino al 31.12.2010 la prassi del conferimento di incarichi dirigenziali, in provvisoria reggenza, a copertura di posizioni dirigenziali vacanti;

che "detti incarichi, conferiti senza l’espressa indicazione di un termine di durata, e sostanzialmente prorogati di anno in anno, risultano espletati da funzionari non dirigenti, senza che l’Agenzia delle Entrate abbia contemporaneamente provveduto a bandire le procedure concorsuali per l’accesso alla qualifica dirigenziale, e implicano indiscutibilmente l’espletamento di mansioni superiori dirigenziali da personale privo della relativa qualifica";

che "costituisce infatti circostanza di fatto pacifica, perché peraltro non smentita in giudizio neanche dalla Difesa erariale, che le mansioni oggetto degli incarichi de quibus corrispondono a quelle tipiche della qualifica dirigenziale, implicando conseguentemente l’attribuzione del relativo trattamento economico";

che però "l’espletamento di mansioni superiori da parte di dipendenti pubblici contrattualizzati, al di fuori di ipotesi tassativamente previste, è vietato dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, all’ art. 56, nel testo sostituito dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 25, e successivamente modificato prima dal D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, art. 15 e poi dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52,con conseguente nullità dell’atto di conferimento illegittimo.

Come già osservato nella richiamata pronunzia, "configurandosi il conferimento di un incarico dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente alla stregua dell’assegnazione di mansioni superiori al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, il relativo atto di conferimento deve considerarsi radicalmente nullo ai sensi dell’art. 52 co. 5 del D.Lgs. n. 165/2001".

Ed in effetti tale norma stabilisce espressamente che "al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore".

Né potrebbe sostenersi che si sia trattato di incarichi di "temporanea reggenza".

Al riguardo nella predetta sentenza la Sezione ha già chiarito che l’art. 24 del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate non contempla – in realtà – ipotesi di conferimento di incarichi di temporanea reggenza, ma di veri e propri incarichi dirigenziali, com’è dimostrato dal fatto che è stata prevista la stipula di contratti individuali di lavoro a tempo determinato con l’attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti.

Ed invero nel caso della reggenza non è configurabile la predeterminazione di precisi limiti temporali nè la stipulazione di contratti individuali di lavoro, costituendo la "reggenza" un istituto di carattere eccezionale che risponde all’esigenza occasionale e transitoria di assicurare la continuità dell’azione amministrativa, del quale può essere fatto uso esclusivamente nei casi in cui il venir meno della titolarità di un organo per cause imprevedibili imponga l’urgente individuazione di un nuovo soggetto temporaneamente preposto all’organo a salvaguardia degli interessi pubblici perseguiti.

Inoltre, come ha avuto modo di notare ripetutamente la giurisprudenza, la reggenza dell’ufficio è consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura (Cass. civ., Sez. Unite, 22 febbraio 2010, n. 4063).

Più in particolare, e per quanto in questa sede interessa, va aggiunto che lo svolgimento temporaneo di incarichi dirigenziali (nel senso propriamente implicato dalla reggenza) è stato ricondotto tra i contenuti professionali di base propri della terza area funzionale, così come definiti dall’Allegato "A" del C.C.N.L. del comparto Agenzie fiscali, sottoscritto il 28 maggio 2004, per cui l’assegnazione dei predetti incarichi non dovrebbe comportare il diritto al trattamento economico dirigenziale, mentre in applicazione della delibera oggi impugnata il conferimento di incarichi dirigenziali ad interim con contratto individuale di lavoro implica anche l’attribuzione del trattamento economico del dirigente..

Alla luce delle superiori considerazioni ritiene il Collegio che le fattispecie disciplinate dall’art. 24 del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate non siano riconducibili nell’ambito degli incarichi di temporanea reggenza, implicando piuttosto il conferimento di veri e propri incarichi dirigenziali a soggetti privi della relativa qualifica, così collocandosi in rotta di collisione con i principi di cui agli arti. 19 e 52 del D.Lgs. n. 165/2001.

Nelle memorie difensive presentate in vista dell’udienza di discussione del ricorso, l’Avvocatura dello Stato evidenzia in maniera analitica le ragioni per le quali, nel tempo, l’Agenzia delle Entrate non è stata in grado di provvedere alla copertura di un numero così rilevante di posizioni dirigenziali mediante l’indizione di pubblici concorsi, essendo quindi costretta a ricorrere all’impiego di funzionari non dirigenti.

Ma – come già affermato nella richiamata sentenza – "rimane il dato indiscutibile del contrasto della scelta organizzativa del conferimento di incarichi dirigenziali, senza concorso, a funzionari privi della qualifica dirigenziale, con la puntuale disciplina di cui agli artt. 19 e 52 del d. lgs. n. 165/2001".

Sicchè – in accordo con l’orientamento già assunto – non resta che confermare quanto già osservato nel precedente più volte richiamato; e cioè che "una deroga così ampia sul piano quantitativo e temporale al principio del reclutamento del personale dirigenziale mediante il sistema concorsuale per la copertura delle posizioni dirigenziali è valsa ad introdurre e consolidare nel tempo una situazione complessiva di grave violazione di principi fondamentali di regolamentazione del rapporto di pubblico impiego e delle garanzie relative all’accesso alle qualifiche, alla selezione del personale e allo svolgimento del rapporto".

2. In considerazione delle superiori osservazioni il ricorso, assorbita ogni altra cansura di ordine procedimentale, va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 2000,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso; e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali con le modalità e nella misura indicate in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *