Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-01-2012, n. 223 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.S. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo e memoria, avverso il decreto della Corte di appello di Venezia in data 18 giugno 2009 in materia di equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2, con il quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato condannato a corrispondere un indennizzo in favore del ricorrente di Euro 1.700,00, pari ad Euro 500,00 per ogni anno di durata non ragionevole determinata in complessivi tre anni e otto mesi, in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata, stabilito in tre anni, di un giudizio introdotto davanti alla Corte dei conti con ricorso del 4 agosto 2000 e deciso con sentenza del 20 aprile 2007.

Il Ministero intimato ha depositato atto di costituzione non notificato al ricorrente.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il ricorso, con i quali si lamenta la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore ai parametri fissati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di cassazione, è fondato, in quanto la liquidazione dell’indennizzo nella misura di Euro 500,00 per ogni anno di durata non ragionevole è irragionevolmente inferiore a quella applicata in casi simili da questa Corte, sulla scorta dei principi fissati dalla giurisprudenza della CEDU, per un ammontare di Euro 750,00 ad anno per i primi tre anni di durata non ragionevole e di Euro 1.000,00 per ogni ulteriore anno successivo.

Il decreto impugnato deve essere pertanto annullato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

Determinato in tre anni e otto mesi il periodo di durata non ragionevole del giudizio presupposto, secondo l’accertamento del giudice del merito non specificamente censurato dal ricorrente, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito in detto giudizio va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, "a condizione che le decisioni pertinenti" siano "coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato", e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086; 2010/819); nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di tre anni e otto mesi, l’indennizzo di Euro 2.750,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352), con distrazione delle spese del giudizio di merito in favore dei difensori del ricorrente, avv.ti Francesco e Gabriele De Paola, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 2.750,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito che si liquidano in Euro 873,00 di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione in favore dei procuratori del ricorrente, avv.ti Francesco e Gabriele De Paola, dichiaratisi antistatari, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 525,00 di cui Euro 425,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

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