Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ordinanza in data 11.11.2010 il Tribunale di sorveglianza di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza diretta ad ottenere l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale o della semilibertà avanzata da D.P.C..
Il predetto era detenuto dal 19.7.2010 – in espiazione della pena residua di anni 2 e mesi 4 di reclusione per i delitti di violenza sessuale, rapina, sequestro di persona e lesioni – avendo il Tribunale di Sorveglianza rigettato l’istanza diretta ad ottenere l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare.
In data 13.9.2010 D.P. aveva ripresentato istanza di affidamento in prova al servizio sociale e successivamente anche istanza volta ad ottenere la misura alternativa alla detenzione in carcere della semilibertà.
Il Tribunale di sorveglianza riteneva inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, in quanto non era ancora trascorso il periodo di osservazione di un anno previsto dall’art. 4- bis, comma 1-quater O.P. per i condannati per il delitto di violenza sessuale, e l’istanza della semilibertà, in quanto D.P. non aveva ancora scontato 2/3 della pena in espiazione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di D.P.C., sollevando questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis comma 1-quater dell’Ordinamento Penitenziario per violazione dell’art. 3 Cost. nella parte in cui prevede che "i benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli artt. 609-bis, 609- ter, 609-quater e 609-octies c.p. solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui all’art. 80, comma 4 della presente legge".
Con sentenza n. 265 del 7.7.2010 la Corte Costituzionale aveva ravvisato l’incostituzionalità dell’art. 275 c.p.p. nella parte in cui imponeva la misura cautelare della custodia in carcere anche per il delitto di violenza sessuale. Per le stesse ragioni doveva ritenersi, secondo il ricorrente, che vi fosse un’arbitraria disparità di trattamento dei condannati per il delitto di violenza sessuale rispetto a condannati per delitti di eguale pericolosità ed allarme sociale per i quali non era previsto il periodo di osservazione intra murario di un anno. Nei confronti del condannato per il reato di violenza sessuale, quindi, con la norma in questione veniva impedito al Tribunale di sorveglianza di valutare il comportamento tenuto dal condannato e l’evoluzione della sua personalità dopo la commissione del delitto suddetto. Tra l’altro, la suddetta norma appariva contraria allo spirito rieducativo del trattamento risocializzante che caratterizza la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale. La questione, secondo il ricorrente, appariva rilevante nel caso in specie poichè il Tribunale non aveva ritenuto di poter esaminare il merito delle istanze per il mancato decorso del periodo di osservazione previsto dalla legge.
Motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato poichè è stata sollevata la suddetta questione di costituzionalità senza fornire alcun elemento attestante la rilevanza della questione nel caso concreto.
La L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23 pone quale condizione per sollevare davanti alla Corte Costituzionale una questione di legittimità costituzionale, oltre alla non manifesta infondatezza della stessa, anche la necessità che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla questione medesima.
Il ricorrente ritiene incompatibile con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza della Costituzione il divieto per il suo assistito, condannato ad una pena inferiore a tre anni, di essere ammesso – come invece è possibile per condannati per delitti altrettanto gravi – alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, se prima non sia trascorso almeno un anno di osservazione nell’ambito inframurario.
L’ammissione a misure alternative alla detenzione in carcere non costituisce un diritto del condannato, essendo disposta dal Tribunale di sorveglianza solo dopo aver verificato tutti i presupposti previsti dalla legge per l’ammissione al beneficio richiesto.
Per il disposto dell’art. 47 O.P. l’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto dopo un periodo di osservazione della personalità in istituto di almeno un mese, nel caso in cui si possa ritenere che il provvedimento contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati, e senza neppure procedere all’osservazione in istituto, quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato un comportamento tale da consentire il predetto giudizio.
Nel ricorso nulla si dice sul comportamento del ricorrente dopo la commissione del delitto e neppure vi è traccia di dati di osservazione della personalità relativi al periodo trascorso in carcere dal 19.7.2010.
Pertanto, in difetto di qualsiasi elemento sulla rilevanza nel caso concreto della questione di costituzionalità sollevata, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
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