Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 07-06-2011) 12-09-2011, n. 33771

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto 5/11/10 la Corte di Appello di L’Aquila confermava il decreto 24/2/09 del Tribunale di Pescara che irrogava a S. F. la sorveglianza speciale della PS, con obbligo di soggiorno nel comune di (OMISSIS), per la durata di anni tre.

La Corte condivideva le ragioni che avevano indotto il primo giudice alla misura di prevenzione, ricordando un precedente analogo provvedimento che aveva attinto lo S., la sua persistenza a delinquere anche negli anni successivi, le numerose pendenze penali per delitti contro il patrimonio e violazioni della normativa sugli stupefacenti, i procedimenti definiti con condanne a pene detentive, la mancanza di una valida attività lavorativa (quella documentata dalla difesa si risolveva in rapporti con persone legate al prevenuto da stretti vincoli familiari).

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo violazione di legge: la Corte aveva valorizzato precedenti penali remoti nel tempo e pendenze giudiziarie che, proprio in assenza di una sentenza definitiva, avrebbero dovuto costituire oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice della prevenzione; anche sullo stato occupazionale del prevenuto la Corte si era espressa negativamente sulla base di semplici illazioni. Chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C., sottolineando tra l’altro l’incongruenza della documentazione prodotta dalla difesa sull’attività lavorativa del prevenuto (che da un lato risultava dipendente della figlia, sia pure con atto privo di data certa, e dall’altro, per lo stesso anno, dichiarava redditi da attività di commercio), chiedeva il rigetto del ricorso.

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile. Premesso che in materia di misure di prevenzione il ricorso in cassazione è ammesso solo per violazione di legge ( L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11), quello in esame, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censure di tal tipo, tende a provocare una nuova, non consentita disamina delle circostanze di merito, come tali insindacabili in sede di giudizio di legittimità, sovrapponendo le proprie valutazioni a quelle del giudicante. Il provvedimento impugnato, peraltro, ha correttamente e congruamente valutato le ragioni che hanno determinato il rigetto dell’istanza.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una congrua sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

visti l’art. 606 c.p.p., comma 3 e art. 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *