Corte Costituzionale sentenza n. 98 SENTENZA 21 – 24 marzo 2011 .

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 14 del 30-3-2011

Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
22 luglio 2009 (Doc. IV-ter, n. 11), relativa all’insindacabilita’,
ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle
opinioni espresse dal senatore Francesco Storace nei confronti del
dott. Henry John Woodcock, promosso dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale ordinario di Roma con ricorso notificato il
16 aprile 2010, depositato in cancelleria il 7 maggio 2010 ed
iscritto al n. 12 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2009,
fase di merito.
Visto l’atto di costituzione del Senato della Repubblica;
Udito nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2011 il Giudice
relatore Paolo Maddalena;
Udito l’avvocato Beniamino Caravita di Toritto per il Senato
della Repubblica.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso depositato il 24 novembre 2009, il Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma ha proposto
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del
Senato della Repubblica per sentir dichiarare, da questa Corte, che
non spetta al Senato medesimo affermare che i fatti per cui e’ in
corso procedimento penale, dinanzi ad esso GUP, a carico di Francesco
Storace, senatore all’epoca dei fatti, concernono opinioni espresse
nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo
comma, della Costituzione, e, conseguentemente, per vedere annullata
la relativa deliberazione adottata nella seduta del 22 luglio 2009
(Doc. IV-ter, n. 11).
Il ricorrente espone che il procedimento penale ha avuto origine
dalla querela sporta dal magistrato Henry John Woodcock, sostituto
procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, per il
reato di diffamazione a mezzo stampa, in riferimento ad una
intervista rilasciata da Francesco Storace e pubblicata sul
quotidiano La Repubblica in data 19 giugno 2006, dal titolo «Gossip e
vendetta contro di noi».
Tale intervista – si sostiene nel ricorso – «si inseriva nel
contesto del grande clamore suscitato dalla divulgazione delle
risultanze di una indagine penale», condotta dall’anzidetto
magistrato, «che aveva coinvolto Vittorio Emanuele di Savoia e che
aveva poi determinato la trasmissione degli atti alla Procura di Roma
per competenza in relazione alle indagini che interessavano a vario
titolo alcuni esponenti del partito di Alleanza Nazionale».
L’imputazione nei confronti dell’allora senatore Storace era del
delitto di diffamazione aggravata commessa con il mezzo della stampa
per aver offeso, con attribuzione di fatti determinati, la
reputazione dell’anzidetto magistrato, «mettendo in dubbio […] la
correttezza, l’imparzialita’ e la serenita’ di giudizio del
medesimo».
Il giudice confliggente evidenzia, ancora, che, a seguito di
eccezione avanzata dalla difesa dell’imputato ex art. 3 della legge
20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo
68 della Costituzione nonche’ in materia di processi penali nei
confronti delle alte cariche dello Stato), gli atti del procedimento
penale erano stati trasmessi al Senato della Repubblica.
Nella seduta del 22 luglio 2009, l’Assemblea del Senato,
approvando la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita’
parlamentari, deliberava l’insindacabilita’, ai sensi dell’art. 68,
primo comma, Cost., delle dichiarazioni rese da Francesco Storace,
senatore all’epoca dei fatti, nel corso della anzidetta intervista.
Il ricorrente pone in rilievo che la Giunta, nella sua relazione,
auspica un mutamento della giurisprudenza costituzionale in materia
di insindacabilita’ parlamentare, tale da valorizzare il "contesto
politico-parlamentare" in cui il fatto oggetto di incriminazione si
colloca e, nella specie, la circostanza che la «inchiesta cosiddetta
gossip investi’ pesantemente l’intero panorama politico italiano»; di
qui, secondo la medesima Giunta, la sussistenza del nesso funzionale
tra le dichiarazioni extra moenia rese dal senatore Storace «sul
fatto politico del giorno» e la sua funzione di parlamentare.
Ad avviso del ricorrente, non risulterebbe, invece, «che alcun
dibattito in sede parlamentare si sia svolto in relazione alla
indagine in questione, ne’ che siano state discusse mozioni o altre
iniziative parlamentari sempre con riferimento a tale vicenda», non
essendo sufficiente «il clamore suscitato dalla inchiesta
giudiziaria» a far assimilare le opinioni espresse da un parlamentare
sul "fatto politico del giorno" alle opinioni espresse
«nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali».
Pertanto, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale
ordinario di Roma sostiene che «le opinioni espresse dall’allora
senatore Storace attengano unicamente alla sua veste di uomo politico
e non anche all’esercizio delle sue funzioni di senatore,
inquadrandosi perfettamente nella linea di difesa del partito
politico di appartenenza, che si assume nello specifico ingiustamente
aggredito da una inchiesta giudiziaria asseritamente mossa da
finalita’ ed obiettivi politici, ma senza che rispetto a tali
opinioni esista la benche’ minima correlazione con l’esercizio delle
funzioni parlamentari».
Dunque, in assenza di atti tipici del parlamentare su cui poter
fondare, nella specie, l’esistenza di un collegamento tra le
dichiarazioni extra moenia e la funzione parlamentare, il ricorrente
denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione,
costituzionalmente garantita, in conseguenza dell’adozione, da parte
del Senato, della indicata deliberazione.
2. – Il conflitto e’ stato dichiarato ammissibile da questa Corte
con l’ordinanza n. 130 dell’8 aprile 2010.
A seguito di essa, il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Roma ha notificato il ricorso e l’ordinanza al Senato
della Repubblica in data 16 aprile 2010 ed il successivo 7 maggio
2010 ha depositato tali atti, con la prova dell’avvenuta
notificazione.
3. – Si e’ costituito in giudizio il Senato della Repubblica,
chiedendo che il conflitto venga dichiarato inammissibile e
infondato.
La difesa del Senato premette che il rapporto tra politica e
magistratura da lungo tempo costituisce un nodo irrisolto del nostro
sistema istituzionale. Questo fa si’ che esso appartenga, ormai
naturalmente, al dibattito politico e sia, dunque, centrale nel
libero svolgimento della competizione tra le varie forze politiche
rappresentative della societa’ civile.
Nel ripercorre la ratio sottesa all’istituto della
insindacabilita’ dei parlamentari, il Senato osserva che il diritto
del parlamentare a svolgere la sua funzione con la piu’ ampia
liberta’, diritto strettamente funzionale alla creazione e al
mantenimento del raccordo tra la societa’ e la decisione politica,
non puo’ trovare concreta attuazione senza la certezza che attorno al
parlamentare sia garantito un adeguato spazio di protezione che gli
consenta di respingere quegli attacchi che si pongono l’obiettivo
specifico di minare l’indipendenza e la funzionalita’ del Parlamento.
Secondo la difesa del Senato, dato l’inscindibile legame
funzionale tra esercizio del mandato parlamentare e funzionamento
complessivo del sistema politico, la tutela della piena liberta’
dell’attivita’ del parlamentare deve necessariamente riguardare un
ambito piu’ ampio della sola discussione parlamentare (essendo ormai
superata una limitazione di tipo spaziale).
Richiamate, in particolare, le sentenze di questa Corte n. 379
del 1996 e n. 417 del 1999, nella memoria si rileva che, poiche’
l’istituto dell’insindacabilita’ per le opinioni espresse e’
strettamente connesso al libero svolgimento della funzione
rappresentativa, lo stesso non puo’ non modellarsi attorno alle nuove
e mutevoli forme della rappresentanza politica, che non si svolge
piu’ solo nelle aule parlamentari, ma sempre piu’ al di fuori di
esse, soprattutto con l’ausilio dei mass-media. Pertanto, il
sindacato che la Corte e’ chiamata a compiere per valutare
l’esistenza di una ragionevole motivazione fornita alla deliberazione
di insindacabilita’ approvata dalla Camera di appartenenza del
parlamentare, non puo’ prescindere dalla considerazione del piu’
ampio e complesso quadro all’interno del quale, allo stato attuale,
si svolge l’esercizio del mandato parlamentare.
Ed infatti, un apprezzamento che si limitasse ad un mera verifica
della corrispondenza (o addirittura della identificazione) con gli
atti tipici e tipizzati della funzione parlamentare sarebbe
fortemente riduttivo e svilirebbe la funzione che deve essere assolta
dalla insindacabilita’ parlamentare nell’attuale assetto
costituzionale e politico. Esso, infatti, oltre a riproporre una
concezione ormai superata per la quale solo le opinioni puntualmente
riproduttive di quelle espresse in sede parlamentare sono
qualificabili come vera attivita’ parlamentare, finirebbe con
l’eludere del tutto il collegamento tra le prerogative costituzionali
del mandato parlamentare e la liberta’ del processo politico, che si
sviluppa attraverso dinamiche del principio rappresentativo sempre
piu’ articolate e dalle potenzialita’ non rigidamente definibili.
In questa prospettiva, le dichiarazioni rilasciate a mezzo stampa
dal senatore Storace non sarebbero altro che attivita’ di denuncia
pubblica delle particolari modalita’ – ritenute non conformi alla
imparzialita’ e all’indipendenza della magistratura – di esercizio
della funzione inquirente da parte di un pubblico ministero. Per di
piu’, come riconosce lo stesso ricorso introduttivo del presente
giudizio, l’intervista avrebbe ad oggetto "il fatto politico del
giorno", su cui si era aperto, ed andava avanti da mesi, un vivace
confronto non solo a livello politico, ma anche nella societa’
civile.
Al riguardo, la difesa del Senato richiama: l’articolo pubblicato
su Il Giornale del 19 giugno 2006, dal titolo «Fini contro Woodcock:
deve cambiare mestiere», in cui l’allora leader di AN denunciava la
fantasia investigativa di Woodcock; la nota riservata della Procura
generale presso la Cassazione datata 9 maggio 2006, che annuncia al
CSM l’istruttoria disciplinare nei confronti di Woodcock, di cui si
da’ conto in un articolo del Giornale del 27 giugno 2006;
l’interrogazione presentata in data 27 giugno 2006 (atto n. 2-00014)
dal senatore Francesco Cossiga all’allora Ministro della giustizia,
nella quale si chiede se fosse vero che la Sezione disciplinare del
CSM, investita proprio del procedimento riguardante il pubblico
ministero Woodcock, per istruzioni ricevute dai dirigenti
dell’Associazione nazionale Magistrati avrebbe deciso di sospenderne
l’esame «per non indebolire la Magistratura nel confronto con la
classe politica»; la richiesta avanzata al CSM da parte del Capo
dello Stato, in veste di Presidente, di ottenere un quadro completo
delle pratiche riguardanti il pubblico ministero Woodcock (v. Il
Giornale del 20 giugno 2006, "Il Quirinale vuole ‘indagare’ su
Woodcock", e La Repubblica del 21 giugno 2006, "Il CSM invia a
Napolitano il fascicolo su Woodcock"); ancora, la segnalazione di
violazione formale inviata al CSM in data 20 giugno dal Procuratore
capo di Potenza per alcune presunte irregolarita’ compiute dal
sostituto Woodcock di cui si da’ conto su Il Corriere della Sera e su
La Repubblica del 26 giugno 2006.
L’intervista rilasciata dal senatore Storace su La Repubblica il
19 giugno 2006 si inserirebbe perfettamente nel contesto della
discussione politica del momento, che non poteva certo privarsi delle
opinioni – anche espresse con forme particolari – di quegli esponenti
politici che, per il ruolo ricoperto, assolvevano la funzione
fondamentale di creazione del consenso. La denuncia del senatore
Storace sarebbe dunque piena manifestazione della funzione
parlamentare, cioe’ espressione di rappresentativita’ e volta al
consolidamento del processo di decisione politica. Ragion per cui
essa, a prescindere dal raccordo diretto e immediato con attivita’
parlamentari tipiche, non potrebbe essere sottratta all’operativita’
dell’art. 68, primo comma, Cost.
La funzione del parlamentare – osserva la difesa del Senato – ben
puo’ consistere in una pubblica denuncia, senza che questa debba
assumere particolari forme per rientrare nell’area
dell’insindacabilita’: e’ sufficiente che rimanga nei limiti del
controllo che il rappresentante del popolo puo’ esercitare,
specialmente attraverso la pubblica denuncia dei fatti,
sull’attivita’ degli altri poteri dello Stato. Se si negasse la
legittimita’ di queste critiche, verrebbe meno uno degli aspetti piu’
significativi del mandato politico, che esprime rappresentanti
interposti tra la comunita’ e gli apparati, con una funzione di
cerniera, tale da assicurare la continuita’ del collegamento,
indispensabile per dare reali contenuti alle istituzioni
democratiche. Se il parlamentare non potesse denunciare all’opinione
pubblica, con le forme e le modalita’ che ritiene piu’ consone al
raggiungimento del consenso, che l’iniziativa e il modus operandi di
alcuni pubblici ministeri risultano – a suo giudizio – orientati in
una certa direzione, verrebbe meno una garanzia essenziale per il
reale svolgimento del suo mandato rappresentativo e politico.
Le opinioni espresse dal senatore Storace gia’ andrebbero
scriminate in quanto rientranti pienamente tra quelle di critica che
qualunque cittadino puo’ liberamente manifestare. In aggiunta a cio’,
esse presenterebbero quelle caratteristiche tipiche delle garanzie
dovute ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. a favore dei
parlamentari: si tratta, infatti, di dichiarazioni fatte
nell’esercizio del diritto, tipico di ciascun parlamentare, di
criticare le disfunzioni di qualsiasi istituzione, concorrendo a
determinare la formazione della volonta’ da parte dell’opinione
pubblica e quindi del corpo elettorale.
La difesa del Senato sollecita un nuovo approccio rispetto al
sindacato costituzionale sulle opinioni dai parlamentari, che superi
lo stretto ancoraggio all’individuazione del nesso funzionale della
pregressa attivita’ parlamentare. Nel caso di specie, tra l’altro,
l’assenza di precedente attivita’ parlamentare tipica troverebbe la
sua giustificazione, per un verso, nel fatto che la legislatura in
cui Storace e’ stato eletto senatore della Repubblica (la XV) e’
iniziata il 28 aprile 2006, quindi appena un mese e mezzo prima
dell’intervista incriminata; per l’altro, nella circostanza che,
nella legislatura precedente, il predetto non esercitava il mandato
parlamentare.
La soluzione del conflitti tra poteri dello Stato, come quello
qui in esame, dovrebbe avvenire sulla scorta della valutazione
effettiva e concreta, che non escluda anche un giudizio sulla reale
lesivita’ delle opinioni contestate al parlamentare delle
dichiarazioni espresse dal medesimo rispetto alla reale portata della
funzione parlamentare all’interno del quadro costituzionale.
Secondo la difesa del Senato, ove si richieda una corrispondenza
delle dichiarazioni incriminate rispetto alla precedente attivita’
parlamentare dell’allora senatore Storace, essa non potrebbe che
riscontrarsi rispetto all’attivita’ svolta dal gruppo parlamentare di
appartenenza (gruppo di Alleanza Nazionale) – quale principale
modalita’ di organizzazione delle forze politiche in seno al
Parlamento (Corte cost., sentenza n. 298 del 2004) – anche con
riferimento alla legislatura precedente. E – sotto questo profilo –
nella memoria si ricorda che l’attivita’ inquirente posta in essere
dal sostituto procuratore di Potenza, dott. Woodcock, e’ stata
ampiamente trattata quale oggetto di sindacato ispettivo da parte dei
deputati e senatori di Alleanza Nazionale.
4. – In prossimita’ dell’udienza, la difesa del Senato della
Repubblica ha depositato una memoria illustrativa, nella quale
ribadisce che le dichiarazioni in questione rientrerebbero a pieno
titolo nell’ambito di operativita’ dell’art. 68, primo comma, Cost.
per due ordini di ragioni: perche’ sono piena espressione del libero
mandato parlamentare; perche’ riproducono posizioni espresse in piu’
riprese da atti parlamentari tipici, seppur non direttamente
riconducibili al senatore Storace, bensi’ al gruppo parlamentare di
appartenenza.

Considerato in diritto

1. – Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario
di Roma contesta che spettasse al Senato della Repubblica deliberare,
nella seduta del 22 luglio 2009 (doc. IV-ter, n. 11), che i fatti per
i quali e’ in corso il procedimento penale nei confronti di Francesco
Storace, senatore all’epoca dei fatti, imputato del reato di
diffamazione aggravata a mezzo stampa in danno del magistrato Henry
John Woodcock, riguardavano opinioni espresse da un membro del
Parlamento nell’esercizio delle funzioni parlamentari ed erano
pertanto insindacabili ai sensi del primo comma dell’art. 68 della
Costituzione.
2. – Deve, preliminarmente, essere ribadita l’ammissibilita’ del
conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia’ ritenuto da questa Corte con l’ordinanza n. 130 del 2010.
3. – Nel merito, il ricorso e’ fondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per
l’esistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra
moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni di
membro del Parlamento – al quale e’ subordinata la prerogativa
dell’insindacabilita’ di cui all’art. 68, primo comma, Cost. – e’
necessario che tali dichiarazioni possano essere identificate come
espressione dell’esercizio di attivita’ parlamentare (tra le molte,
sentenze n. 301 del 2010, n. 420, n. 410, n. 134 e n. 171 del 2008,
n. 11 e n. 10 del 2000).
Nella specie, la relazione della Giunta delle elezioni e delle
immunita’ parlamentari non indica atti parlamentari tipici anteriori
o contestuali alle dichiarazioni in esame, compiuti dallo stesso
senatore, ai quali, per il loro contenuto, possano essere riferite le
opinioni oggetto di conflitto.
La difesa del Senato sostiene che l’esercizio del mandato
parlamentare non potrebbe ritenersi limitato alle attivita’
parlamentari tipiche o a quelle meramente riproduttive di queste
ultime, dovendo al contrario ricomprendere quelle attivita’ politiche
(svolte all’interno dei partiti, verso gli elettori ed a contatto con
la societa’ civile) che sono piena espressione della funzione
rappresentativa. L’insindacabilita’ dovrebbe quindi coprire l’insieme
delle opinioni che il parlamentare esprime nel momento in cui
rappresenta e diffonde all’interno della societa’ civile le idee e i
programmi del partito politico cui appartiene.
Al riguardo, e’ sufficiente rilevare che, ai fini della garanzia
di insindacabilita’ di cui al primo comma dell’art. 68 Cost., non
basta una generica identita’ di argomento o di contesto politico, ma
e’ necessario un legame specifico tra l’atto parlamentare e la
dichiarazione esterna, volta a renderlo noto ai cittadini. In altri
termini, non deve mancare una sostanziale corrispondenza tra le
dichiarazioni rese extra moenia e quelle rese intra moenia (sentenze
n. 171 del 2008 e n. 193 del 2005), perche’ l’art. 68, primo comma,
Cost. non copre la mera attivita’ politica del parlamentare. Il
riferimento all’attivita’ parlamentare o comunque l’inerenza a temi
di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le
dichiarazioni si possano collocare, non vale in se’ a connotarle
quali espressive della funzione. Esse infatti, non costituendo la
sostanziale riproduzione di specifiche opinioni manifestate dal
parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, sono non gia’
il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun
senatore apportano alla vita parlamentare mediante le proprie
opinioni e i propri voti (come tale coperto dall’insindacabilita’, a
garanzia delle prerogative delle Camere e non di un «privilegio
personale […] conseguente alla mera "qualita’" di parlamentare»:
sentenza n. 120 del 2004), bensi’ un’ulteriore e diversa
articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla
pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del
pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 Cost. (sentenze n. 301 del
2010, n. 330 e n. 135 del 2008, n. 302, n. 166 e n. 152 del 2007).
La difesa del Senato sostiene che le dichiarazioni in questione
ricadrebbero nell’ambito di efficacia dell’art. 68, primo comma,
Cost. perche’ riproducono posizioni espresse in piu’ riprese da atti
funzionali a firma di altri parlamentari del medesimo gruppo cui
apparteneva il senatore Francesco Storace.
Questa Corte ribadisce che tali atti sono irrilevanti ai fini
della sussistenza della prerogativa costituzionale prevista dall’art.
68, primo comma, della Costituzione (sentenze n. 97 del 2008, n. 151
e n. 97 del 2007). La verifica del nesso funzionale deve infatti
essere effettuata con riferimento alla stessa persona, non potendosi
configurare una sorta di insindacabilita’ di gruppo.
Conclusivamente, la delibera del Senato della Repubblica ha
violato l’art. 68, primo comma, Cost., ledendo le attribuzioni
dell’autorita’ giudiziaria ricorrente, e deve essere annullata.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara che non spettava al Senato della Repubblica affermare
che le dichiarazioni rese da Francesco Storace, senatore all’epoca
dei fatti, per le quali pende un procedimento penale dinanzi al
Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma, di
cui al ricorso in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un
membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi
dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
Annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilita’ adottata
dal Senato della Repubblica nella seduta del 22 luglio 2009 (doc.
IV-ter, n. 11).
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011.

Il Presidente: De Siervo

Il redattore: Maddalena

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria il 24 marzo 2011.

Il cancelliere: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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