Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-01-2012, n. 389 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 22 settembre 2008 la Corte d’appello di Roma condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento della somma di Euro 1.800,00 in favore della signora I. C. e di ciascuno degli altri 23 ricorrenti indicati in epigrafe, a titolo di equa riparazione, ex art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, per la violazione del termine ragionevole del processo da essi promosso dinanzi al Tar del Lazio nei confronti del Ministero della Giustizia per ottenere la rivalutazione monetaria e gli interessi legali su compensi tardivamente percepiti a seguito dell’inquadramento definitivo nelle qualifiche professionali, L. n. 312 del 1980, ex artt. 3 e 4; con gli interessi legali dalla data del decreto e la rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.900,00, di cui Euro 2.800,00 per onorari ed Euro 1.600,00 per diritti, oltre gli accessori di legge, da distrarre in favore dei due difensori antistatari.

Avverso il provvedimento non notificato, i suddetti soggetti proponevano ricorso per cassazione, notificato il 4 novembre 2009, deducendo, in tre motivi:

1) la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e degli artt. 6, 13 41 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, oltre la carenza di motivazione nella liquidazione in Euro 600,00 dell’indennizzo dovuto per ciascun anno di ritardo, inferiore ai parametri consolidati della corte Europea;

2) l’erronea decorrenza degli interessi dalla data della decisione, anzichè della domanda;

3) la liquidazione troppo riduttiva delle spese processuali poste a carico del Ministero soccombente.

Quest’ultimo non si costituiva in giudizio.

All’udienza del 28 novembre 2011 il Procuratore generale ed il difensore precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

All’esito della deliberazione in camera di consiglio, il collegio disponeva la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato.

Al riguardo si osserva come la corte territoriale abbia accertato in anni due il ritardo irragionevole nel due gradi del processo presupposto. La successiva liquidazione complessiva di Euro 1800,00 per ciascuno dei ricorrenti, si basa implicitamente su un indennizzo annuo di Euro 900,00. Pertanto, la motivazione contiene un evidente errore materiale nella parte in cui fissa in Euro 600,00 detto indennizzo unitario, che moltiplica poi per tre, anzichè per due anni come precedentemente affermato.

Corretto l’errore materiale sul ritardo, ne consegue che la somma in concreto attribuita a titolo di equa riparazione rispecchia, nella sostanza, i canoni consolidati nella giurisprudenza di questa Corte.

E’ fondato invece il secondo motivo relativo alla decorrenza degli interessi che, come in tutti i giudizi di condanna al pagamento di una somma a titolo risarcitorio, va fissata a partire dalla domanda (cfr., e plurimis, Cass., sez. 1^, 11 Aprile 2005 n. 7389; Cass., sez. 1^, 27 Gennaio 2004, n. 1405).

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato in parte qua e in assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto vari formato nel merito con la condanna della presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della sorte capitale di Euro 1.800,00 per ciascuno dei ricorrenti, con gli interessi legali dalla domanda.

L’accoglimento del predetto motivo comporta l’assorbimento dell’ultima censura, riguardante il regolamento delle spese processuali ( art. 336 c.p.c., comma 1).

Le stesse vanno quindi liquidate, come in dispositivo, sulla base del valore della causa ritenuto in sentenza e della semplicità delle questioni trattate; e compensate per la metà, in ordine alla fase di legittimità, tenuto conto dell’accoglimento solo parziale del ricorso.

Al riguardo, occorre rilevare, in punto di di diritto, che nel proporre frazionatamente numerosi ricorsi aventi eguale oggetto e contenuto, fondati come sono sulla medesima violazione del termine ragionevole di un unico processo promosso dinanzi al Tar e proseguito poi in secondo grado dinanzi al Consiglio di Stato, le parti hanno commesso un evidente abuso del processo, dilatando, senza necessità alcuna, gli oneri processuali fino al provvedimento di riunione ex art. 74 cod. proc. civile (Cass. sez. unite, 15 Novembre 2007 n. 23.726). Pertanto sin dall’inizio si deve procedere alla liquidazione di un’unica voce di onorari, così come di diritti, come correttamente ritenuto già dalla Corte d’appello di Roma, sia pure con motivazione diversa.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato per quanto di ragione e, decidendo nel merito, dispone la decorrenza degli interessi legali sull’indennizzo liquidato dalla data della domanda;

condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.900,00, di cui Euro 1.900,00 per diritti, ed Euro 2.900,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, con distrazione in favore degli avv. Ferdinando Emilio Abbate e Giovambattista Ferriolo, nonchè della metà delle spese del giudizio di cassazione, frazione liquidata in complessivi Euro 450,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Ferdinando Abate, antistatario.

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