Cass. civ. Sez. II, Sent., 16-01-2012, n. 516 Azioni per il rispetto delle distanze

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte d’appello di L’Aquila il 7 ottobre 2008 respingeva l’appello proposto dai sigg. N.S. e R. avverso la sentenza resa il 2-12-2004 dal tribunale di Chieti, con la quale l’appellata D.G.A. e gli altri odierni intimati erano stati condannati all’eliminazione di un muro di recinzione realizzato in violazione della normativa sulle distanze. La Corte negava che vi fosse contraddittorietà tra dispositivo e motivazione della sentenza di prima grado; rilevava che il tribunale si era coerentemente riferito al solo muro di cui aveva ordinato la demolizione e in relazione al quale aveva accertato i danni arrecati dalla costruzione.

I N. hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 29 ottobre 2009, resistito dalla sola D.G. con controricorso illustrato da memoria.

Il Collegio ha disposto che la sentenza sia redatta in forma semplificata.

Il primo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, è inammissibile.

Il primo motivo, che denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. espone il seguente quesito di diritto: "Vero o non che l’omessa pronuncia su una domanda di merito riproposta con l’atto di appello, in cui sono indicate, seppure in forma succinta o anche implicitamente, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, alla stregua delle risultanze istruttorie, costituisce violazione della norma di cui all’art. 112 c.p.c con conseguente nullità della sentenza".

Trattasi di quesito apparente, che tautologicamente ripropone il concetto di omessa pronuncia e che non può che concludersi con risposta obbligata, senza formulare alcuna alternativa. Per contro il quesito deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione (Cass. 9477/09; Su 7433/09). Ne consegue che deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito di diritto si risolva in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura così come illustrata, poichè la citata disposizione è finalizzata a porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice, riassumendo concretamente i termini della questione.

Il secondo motivo denuncia "vizio di motivazione" e si conclude con il seguente periodo: "In relazione al disposto dell’art. 366 bis c.p.c. si precisa che: la sentenza impugnata individua come unico motivo di appello la contraddittorietà del dispositivo della pronuncia di primo grado rispetto alla parte motiva della stessa (fatto controverso), attraverso una interpretazione priva di motivazione e illogica".

Anche in questo caso risulta violato il disposto dell’art. 366 bis c.p.c., con la conseguente sanzione dell’inammissibilità. La "chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione della sentenza impugnata la rende inidonea a giustificare la decisione" – deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenere rispettato il precetto normativo allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione.

Nella sintesi proposta non si arguisce in alcun modo quale sia il fatto controverso su cui la Corte di appello avrebbe dovuto portare la propria attenzione e/o avrebbe dovuto diversamente pronunciarsi, poichè si dice soltanto, apoditticamente, che la Corte ha illogicamente individuato quale unico motivo di censura la contraddittorietà del dispositivo della pronuncia di primo grado rispetto alla parte motiva della stessa, senza nulla aggiungere.

Sarebbe stato invece indispensabile far comprendere in cosa consista e dove si annidi l’errore di valutazione rimproverato, verosimilmente riconducibile a un’omessa pronuncia e dunque a doglianza che è stata avanzata con il primo motivo, in forma come si è visto, inammissibile.

Peraltro opportunamente il controricorso, oltre a rilevare specificamente le carenze di cui sopra, ha evidenziato la genericità delle enunciazioni contenute in ricorso e l’assenza di un costrutto critico idoneo a inficiare la congruità della motivazione.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 2000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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