T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 30-09-2011, n. 7638

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto (n. 5/2009) il sig. S.D.L. ha adito questo Tribunale per l’annullamento del provvedimento, in epigrafe indicato, con il quale la Commissione centrale per la definizione e l’applicazione delle misure cautelari di protezione in favore di collaboratori di giustizia ex art. 10 della legge n. 82/1991, ha dichiarato la cessazione del programma provvisorio di protezione al quale era stato ammesso in data 24.4.2008, su proposta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Direzione Distrettuale Antimafia.

2. Espone di essere stato oggetto di due attentati in data 8.2.2008 e 22.2.2008 a seguito dei quali ha riportato numerose ferite d’arma da fuoco e di essere stato sottoposto a misure urgenti di protezione sin dal febbraio 2008, avendo deciso di collaborare con l’Autorità giudiziaria in relazione ad accadimenti delittuosi della criminalità organizzata di stampo camorrista.

3. Riferisce, a tale riguardo, di essere stato condotto in località protetta assieme ai suoi figli, di essere ancora allo stato in pericolo di vita e che, nonostante ciò, la Commissione centrale, ex art. 10, ha adottato il provvedimento, oggetto di impugnativa, con il quale è stata dichiarata la cessazione del programma provvisorio di protezione per sé ed il suo nucleo familiare, in ragione della proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Napoli che ha giudicato le dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente di contenuto tale da non giustificare la sua sottoposizione al programma speciale di protezione.

4. Avverso tale provvedimento il sig. D.L. ha dedotto le seguenti censure:

a) Violazione dell’art. 5, comma 6 del D.M. 24.11.1994, n. 697; eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento e difetto di motivazione, atteso che la cessazione degli effetti del programma provvisorio di protezione sarebbe stata adottata in costanza di un attuale e grave pericolo di vita del ricorrente e dei suoi familiari, comprovato dal coinvolgimento del primo nei predetti attentati dell’8.2.2008 e del 22.2.2008.

Lamenta per altro di essere stato privato delle previste risorse economiche necessarie al suo sostentamento, nonché intimazione a rilasciare l’appartamento in cui vive nella località protetta.

Si duole, infine, del fatto che l’Amministrazione intimata non gli avrebbe offerto alcuna somma all’atto della fuorisciuta dal programma di protezione e che la cessazione del programma provvisorio sarebbe stata adottata con esclusivo riferimento allo scarso interesse delle dichiarazioni dal medesimo rilasciate, senza alcuna valutazione da parte dell’organo procedente della sussistenza di un attuale e concreto pericolo di vita per sé ed i suoi familiari.

5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. Con il presente gravame il sig. D.L. censura, secondo quanto appena evidenziato, il provvedimento adottato dalla Commissione centrale ex art. 10 della legge n. 82 del 1991 con il quale sono stati dichiarati cessati gli effetti del programma speciale provvisorio di protezione al quale lo stesso ed il suo nucleo familiare sono stati sottoposti fin dal febbraio 2008, a seguito di due attentati di cui l’esponente è stato oggetto nello stesso periodo temporale.

1.1 Giova premettere che con decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82 sono state introdotte disposizioni in materia di protezione di pentiti e di collaboratori di giustizia.

Ai sensi dell’art. 9 della citata legge n. 82 del 1991, sono state previste speciali misure di protezione in favore di soggetti che collaborano con la giustizia, idonee ad assicurarne la loro incolumità ed in alcuni casi la loro assistenza.

Tali misure devono applicarsi allorquando emerga l’inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza, e nei casi in cui i soggetti nei cui confronti esse sono proposte versino in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione.

Sul punto specifico del peso e della qualità della collaborazione resa, ai fini dell’ammissione al programma di protezione, occorre rammentare che il comma 3 del succitato art. 9 della legge n. 82 del 1991, prevede che "assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristicoeversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni".

Anche ai sensi del D.M. n. 161 del 2004, recante "Regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni" (art. 3) già la stessa proposta di adozione delle misure speciali di protezione deve contenere l’indicazione degli elementi da cui si desume che le dichiarazioni hanno carattere di intrinseca attendibilità, nonché, con riferimento specifico ai collaboratori della giustizia, di novità o di completezza.

Il successivo articolo 11 della succitata legge n. 82/1991 dispone che la definizione e l’applicazione delle speciali misure di protezione è affidata ad una apposita Commissione centrale presso il Ministero dell’interno che definisce, a norma dell’art. 13 (comma 4) il contenuto delle anzidette misure che può essere rappresentato, in particolare, oltre che dalla predisposizione di misure di tutela da eseguire a cura degli organi di polizia territorialmente competenti, dalla predisposizione di accorgimenti tecnici di sicurezza, dall’adozione delle misure necessarie per i trasferimenti in comuni diversi da quelli di residenza, dalla previsione di interventi contingenti finalizzati ad agevolare il reinserimento sociale nonché dal ricorso, nel rispetto delle norme dell’ordinamento penitenziario, a modalità particolari di custodia in istituti ovvero di esecuzione di traduzioni e piantonamenti.

Secondo il prospettato quadro normativo, l’ammissione alle speciali misure di protezione, i contenuti e la relativa durata sono deliberati, dunque, dalla succitata Commissione centrale su proposta formulata dal procuratore della Repubblica il cui ufficio procede e ha proceduto su fatti indicati nelle dichiarazioni rese dalla persona che si assume sottoposta a grave pericolo (art. 11).

Sempre a norma dell’art. 13, commi 1 e 4, in casi di particolare gravità, la Commissione centrale ex art. 10 delibera, anche senza particolari formalità ed entro la prima seduta successiva alla richiesta, un piano provvisorio di protezione, il cui provvedimento cessa di avere effetto se decorsi centottanta giorni, l’autorità legittimata a formulare la proposta di cui all’art. 11, ossia di ammissione alle speciali misure di protezione, non abbia provveduto a trasmetterla e la commissione non abbia deliberato sulle speciali misure di protezione.

Giova, altresì, rilevare, ex artt. 9, comma 4 e 13, comma 5, che ove le speciali misure di protezione di cui al medesimo art. 13, comma 4 non risultino adeguate alla gravità ed all’attualità del pericolo, le stesse possono essere applicate mediante la definizione di uno speciale programma di protezione che in alcune condizioni può comportare anche il trasferimento delle persone non detenute in luoghi protetti, speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni al servizio informatico, misure di assistenza personale ed economica, cambiamento delle generalità.

1.2 Stante il riferito quadro normativo, ai fini del decidere occorre rilevare che il provvedimento odiernamente impugnato risulta essere stato adottato sulle presupposte valutazioni espresse dalla Procura della Repubblica di Napoli nella nota del 25 agosto 2008, attinenti al carattere delle dichiarazioni rese dal ricorrente nel corso della sua attività di collaborazione con l’Autorità giudiziaria.

Ciò posto, il Collegio ritiene che il percorso argomentativo seguito dalla Commissione centrale deve ritenersi scevro dai paventati vizi di legittimità soprattutto con riferimento al prospettato difetto di motivazione ed alla lamentata carenza dei presupposti, atteso che dalla succitata nota della Procura della Repubblica di Napoli, richiamata per relationem nelle premesse del provvedimento impugnato, emerge l’insussistenza dei presupposti prescritti ex lege ai fini dell’adozione, in favore del sig. D.L., del programma di protezione, soprattutto per quel che concerne i requisiti attinenti alle dichiarazioni rese in sede di collaborazione.

Nel caso di specie, tali dichiarazioni sono state ritenute dalla stessa Procura della Repubblica che avena inizialmente ammesso al programma provvisorio di protezione il ricorrente, non caratterizzate da genuinità, da rilevanza, nonché, parzialmente, anche dal carattere della novità, soprattutto con specifico riguardo sia ad uno degli attentati subiti dal sig. D.L., sia ad ulteriori fatti delittuosi nei quali lo stesso era stato coinvolto, nonché, infine, per la genericità ed irrilevanza delle dichiarazioni medesima per quel che concerne il traffico di stupefacenti in Secondigliano.

Ne consegue, pertanto, che il prospettato profilo di illegittimità deve ritenersi privo di pregio.

Osserva, peraltro, il Collegio, che il meccanismo descritto dalla legge n. 82 all’art. 13, comma 4 prevede la cessazione del provvedimento con cui è stato deliberato il piano provvisorio di protezione, nel caso di specie assentito in data 24.4.2008, qualora l’autorità legittimata a formulare la proposta, ai sensi dell’art. 11 della citata legge, non abbia provveduto, entro centottanta giorni dall’adozione del piano provvisorio medesimo, a trasmetterla alla Commissione e quest’ultima non abbia deliberato sull’applicazione delle speciali misure di protezione.

Orbene, emerge per tabulas, che alla scadenza del predetto termine non risulta essere stato adottato in favore del ricorrente e dei suoi familiari alcun programma di protezione ad opera della Commissione ex art. 10, e che pertanto, nei riguardi del sig. D.L. gli effetti e le misure connessi alla deliberazione del piano provvisorio di protezione devono ritenersi automaticamente cessati, ex lege.

Pertanto, alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, tuttavia, giustificate ragioni per disporre, fra le parti in causa, l’integrale compensazione delle spese e degli onorari di giudizio, tenuto conto della peculiarità della fattispecie in esame.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Le spese e gli onorari di giudizio possono essere integralmente compensati fra le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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