Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-01-2012, n. 465 Pensioni indirette o di reversibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 22.3.-23.4.07 la Corte d’appello di Trieste, in totale riforma della pronuncia 24.3-18.4.05 del Tribunale di Pordenone, condannava l’INPS a corrispondere a V.L. la pensione di reversibilità dal 1.1.2001.

Ritenevano i giudici del gravame, in contrario avviso rispetto a quello di prime cure, che pur essendo deceduto il marito della V. il 18.11.2000 (e quindi in epoca anteriore all’entrata in vigore della cit. L. n. 388 del 2000), l’istituto della c.d. totalizzazione introdotto dalla L. n. 388 del 2000, art. 71 (che permetteva di erogare la pensione nonostante che, da solo, nessuno dei periodi di contribuzione del marito presso due diverse gestioni – fondo lavoratori dipendenti e gestione per i collaboratori coordinati ex L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 – raggiungesse il minimo richiesto) fosse applicabile al caso di specie, acquistandosi il diritto alla pensione di reversibilità iure proprio e non iure hereditatis ed avendo la V. chiesto la decorrenza del trattamento pensionistico non dalla data del decesso del marito, ma dal 1.1.2001, vale a dire da quella di entrata in vigore dell’art. 71 cit..

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS affidandosi ad un unico articolato motivo.

Resiste con controricorso la V..

Motivi della decisione

1- Con l’unico motivo di ricorso l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi in relazione alla L. n. 388 del 2000, art. 71 e al D.Lgs.Lgt. n. 39 del 1945, art. 5 perchè, pur acquistandosi il diritto alla pensione di reversibilità iure proprio e non iure hereditatis, ciò nondimeno, ai sensi dell’art. 5 cit., tale trattamento pensionistico ai superstiti è liquidato, a domanda, a decorrere dalla data del primo giorno successivo al decesso dell’assicurato, sicchè il diritto si acquista in base non solo alla posizione assicurativa del de cuius al momento del decesso, ma anche alla normativa all’epoca in vigore, normativa che nel caso di specie ancora non prevedeva l’istituto della c.d. totalizzazione, introdotto solo con L. 23 dicembre 2000, n. 388, entrata in vigore il 1.1.2001;

la difforme conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata – lamenta l’istituto previdenziale – oltre a trascurare il cit. art. 5 determina un’applicazione retroattiva del summenzionato art. 71, con conseguente violazione dell’art. 11 preleggi: a tale riguardo, l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale – prosegue il ricorrente – consiste nel non aver considerato ormai esaurito, alla data di entrata in vigore dell’art. 71 cit., il fatto generatore dell’invocato diritto alla pensione, a tale riguardo adottando un’interpretazione estensiva della norma che provocherebbe la riapertura di innumerevoli posizioni simili, con irreparabili effetti sul sistema pensionistico.

2- Il motivo va disatteso, ex art. 384 c.p.c., u.c. correggendosi, nei sensi qui di seguito chiariti, la motivazione dell’impugnata sentenza.

Recita la L. n. 388 del 2000, art. 71, comma 1: "Al lavoratore, che non abbia maturato il diritto a pensione in alcuna delle forme pensionistiche a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, nonchè delle forme pensionistiche nè gestite dagli enti di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni, è data facoltà di utilizzare, cumulandoli per il perfezionamento dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dei trattamenti pensionistici per inabilità, i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso le predette gestioni, qualora tali periodi, separatamente considerati, non soddisfino i requisiti minimi stabiliti dagli ordinamenti delle singole gestioni. La predetta facoltà opera in favore dei superstiti di assicurato, ancorchè quest’ultimo sia deceduto prima del compimento dell’età pensionabile".

La norma è entrata in vigore il 1.1.2001 ed è stata poi abrogata dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42.

In tema di pensioni di reversibilità e indirette, poichè l’evento protetto è il presunto stato di bisogno che sorge al momento della morte del pensionato o del lavoratore, è alla legislazione applicabile a tale momento che bisogna riferirsi e non già a quella vigente all’epoca della successiva domanda amministrativa avanzata dall’avente causa; ed è pacifico che al momento della morte del coniuge dell’odierna controricorrente (18.11.2000) non era ancora stata emanata la L. n. 388 del 2000. Nè il relativo art. 71 può ritenersi retroattivo, mancando qualsivoglia indicazione a riguardo.

Dunque, risulta erronea la motivazione adottata dall’impugnata pronuncia.

Tuttavia, deve osservarsi che in tema di trattamento pensionistico di reversibilità la sentenza n. 61/99 della Corte cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della L. n. 45 del 1990 (concernente la ricongiunzione dei periodi assicurativi a fini previdenziali per i liberi professionisti) nella parte in cui non prevedono – in favore dell’assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni nelle quali è, o è stato, iscritto – un’alternativa alla ricongiunzione, alternativa che la stessa sentenza ha indicato nel metodo della c.d. totalizzazione dei periodi assicurativi (quale rimedio idoneo all’omissione legislativa), sia pure ferma restando la potestà del legislatore di individuare, in relazione ai diversi profili professionali e in base a valutazioni di compatibilità finanziaria, i concreti meccanismi di attuazione tra le soluzioni astrattamente ipotizzabili (il legislatore ha poi emanato la cit. L. n. 388 del 2000, art. 71, come si è detto).

In altre parole, la cit. sentenza n. 61/99 della Corte Cost. ha giudicato incostituzionale la disciplina del sistema della ricongiunzione per i liberi professionisti (che in quella occasione formava oggetto di scrutinio), più che per il contenuto, per l’assenza di alternative in caso di eccessiva onerosità, quando l’assicurato non abbia maturato il diritto alla pensione in una delle gestioni previdenziali alle quali ha contribuito, alternativa che il giudice delle leggi ha indicato nella totalizzazione dei periodi assicurativi, affinchè l’eccessiva onerosità della ricongiunzione non esponga l’assicurato (o, per lui, gli eredi) al rischio di veder sterilizzata la contribuzione frammentariamente versata a più gestioni per un numero di anni che era pur tale da raggiungere, nel complesso, l’anzianità contributiva richiesta.

Ha osservato, ancora, la Corte cost. che nell’ambito del modello rappresentato dalla totalizzazione dei periodi assicurativi si presenta al legislatore una vasta gamma di soluzioni astrattamente ipotizzabili, idonee – in armonia con i principi costituzionali – a realizzare, per l’assicurato che in nessuna gestione previdenziale abbia maturato il diritto alla prestazione, un’alternativa alla ricongiunzione onerosa prevista dalle disposizioni denunciate.

A questo punto deve valutarsi se la suddetta sentenza n. 61/99 della Corte cost. sia autoapplicativa, ossia se il giudice sia autorizzato, in assenza dell’intervento del legislatore (che nel caso in esame è stato posteriore al decesso del de cuius dell’odierna controricorrente, come s’è detto), a reperire la regola del caso concreto utilizzando – ex art. 12 preleggi in via analogica o mediante ricorso ai principi generali dell’ordinamento in esse rinvenibili – disposizioni già esistenti per situazioni simili.

A tale interrogativo questa S.C. ha di recente fornito risposta affermativa con sentenza 11.7.2011 n. 15161.

In motivazione questa S.C. ha ricordato che, in linea di principio, la stessa Corte cost., con sentenza 26.6.91 n. 295, ha precisato che "La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una omissione legislativa – com’è quella ravvisata nell’ipotesi di mancata previsione, da parte della norma di legge regolatrice di un diritto costituzionalmente garantito, di un meccanismo idoneo ad assicurare l’effettività di questo – mentre lascia al legislatore, riconoscendone l’innegabile competenza, di introdurre e di disciplinare anche retroattivamente tale meccanismo in via di normazione astratta, somministra essa stessa un principio cui il giudice comune è abilitato a fare riferimento per porre frattanto rimedio all’omissione in via di individuazione della regola del caso concreto".

Nello specifico la questione è già stata esaminata dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (ancorchè le conclusioni a cui è pervenuta non abbiano trovato applicazione nel caso esaminato, non essendo stato ivi dedotto che il de cuius fosse un libero professionista e che la vicenda coinvolgesse la L. n. 45 del 1990), con il rilievo che la stessa Corte cost., con ordinanza 19.6.2000 n. 244, emessa prima che il legislatore decidesse di intervenire con la L. n. 388 del 2000, art. 71, superando le considerazioni espresse nella motivazione della sentenza n. 61/99 circa la pluralità delle soluzioni normative ipotizzabili e il conseguente carattere necessario ed infungibile dell’intervento del legislatore ha ammesso l’immediata applicazione della cit. sentenza n. 61/99 (cfr. Cass. n. 11003/2008, in motivazione).

Deve, infatti, condividersi l’osservazione che, a fronte delle censure di illegittimità sollevate con riferimento ala L. n. 45 del 1990, artt. 1 e 2, per molti versi analoghe a quelle già evidenziate dalle ordinanze di remissione sulle quali si era pronunciata con la sentenza n. 61/1999, la Corte cost. aveva disposto la restituzione degli atti al giudice remittente "per un nuovo esame della questione, nel quadro complessivo della sopravvenuta giurisprudenza della Corte", con ciò affermando che la predetta sentenza n. 61/1999 aveva realizzato un’innovazione nell’ordinamento, tale da giustificare la restituzione degli atti per una nuova valutazione della posizione soggettiva del libero professionista che aveva promosso la causa.

Il principio al quale il giudice, per il periodo anteriore all’intervento del legislatore, è abilitato a fare riferimento per ovviare alla rilevata incostituzionalità da omissione legislativa è, nella specie, indicato nella totalizzazione ("… già noto alla normativa previdenziale sia interna sia comunitaria") proprio dalla stessa sentenza n. 61/99, laddove specifica che "L’introduzione del diritto alla totalizzazione dei periodi assicurativi – meno vantaggiosa per l’assicurato, ma per lui priva di oneri – consente di porre rimedio alla situazione denunciata dalle ordinanze di rimessione senza alterare il sistema discrezionalmente delineato dal legislatore previdenziale, tendente a diversificare la disciplina della ricongiunzione delle posizioni previdenziali in relazione ai diversi profili professionali e sulla base di valutazioni delle compatibilità finanziarie interne alle diverse gestioni, non sostituibili in questa sede da valutazioni diverse del giudice della costituzionalità delle leggi. La ricongiunzione così come disciplinata dalle disposizioni censurate può rimanere nell’ordinamento senza vulnerare i princìpi costituzionali invocati dai rimettenti solo se ridotta a mera opzione – più vantaggiosa, ma anche più costosa per l’assicurato – alternativa alla totalizzazione dei periodi assicurativi, il ricorso alla quale il legislatore deve rendere sempre possibile fino a quando in una delle gestioni dove è iscritto l’interessato non abbia maturato i requisiti di età e di anzianità contributiva, e dal momento che l’onere di ricongiunzione potrebbe risultare talmente elevato da precludere l’esercizio del diritto di cui alla L. n. 45 del 1990, artt. 1 e 2".

Ora, nel caso odierno – cui non è direttamente applicabile la cit.

L. n. 388 del 2000, art. 71 e che non riguarda propriamente la L. n. 45 del 1990 – si verifica una lacuna normativa, ovvero un’omissione legislativa rispetto alla doverosa tutela del valore costituzionale ( art. 38 Cost., comma 2) di cui alla sentenza n. 61/99.

A sua volta la lacuna normativa giustifica ex art. 12 preleggi, se non l’estensione analogica delle disposizioni oggetto della sentenza n. 61/99 così come modificate dall’intervento additivo della Corte cost., quanto meno il ricorso al principio generale dell’ordinamento rinvenibile nella c.d. totalizzazione quando la ricongiunzione non sia, per un verso per altro, concretamente possibile (come nell’ipotesi per cui oggi è causa).

Per l’effetto, deve concludersi che, ove la morte del lavoratore sia intervenuta anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 388 del 2000, ma dopo la cit. pronuncia della Corte cost. (come – appunto – avvenuto nel caso di specie), merita accoglimento l’istanza del coniuge superstite di vedersi attribuire il trattamento pensionistico indiretto in totalizzazione, senza che rilevi la posteriorità dell’intervento normativo (così come statuito in una vicenda similare dalla cit. sentenza n. 15161/2011 di questa S.C., secondo indirizzo cui va data continuità).

3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 per onorari, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA, spese da distrarsi in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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