Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 13-09-2011, n. 33823 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con provvedimento del 14.8.2010 il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 9 giugno 2010 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, a carico di B. P., in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p., quale promotore dell’associazione a delinquere di tipo mafioso, ‘ndrangheta, denominata cosca Zito-Bertuca unitasi a quella degli Buda-Imerti, operante nei comuni di (OMISSIS) e territori vicini, in provincia di Reggio Calabria, con riferimento al periodo compreso tra il (OMISSIS) (capo D); nonchè, al reato di cui agli artt. 56, 81, 110 e 629 c.p., aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, per avere nella veste di capo cosca, in concorso con altri non identificati, ponendo in essere diverse condotte intimidatorie tra le quali l’incendio di una pala meccanica utilizzata per lo sbancamento nel cantiere per la realizzazione di villette dell’imprenditore G.G., compiuto atti idonei diretti a costringere il predetto G. a versare una tangente di Euro 150.000, fatti commessi in epoca successiva ad (OMISSIS) e prossima a (OMISSIS) (capo L).

A sostegno della decisione, dopo un’ampia premessa sull’accettata esistenza del sodalizio criminale emergente da sentenze irrevocabili, il tribunale ha addotto, innanzitutto, l’attuale operatività della cosca degli Imerti-Buda nel nuovo assetto all’esito della pax mafiosa con i sodalizi ex nemici, desunta da una serie di intercettazioni ambientali di conversazioni, in cui principale interlocutore era Bu.Pa., dalle quali ha tratto il ruolo degli stessi germani Bu. e la loro rivendicazione di una posizione eminente all’interno della consorteria nei riguardi del reggente, I. A. (classe (OMISSIS)), cugino dell’omonimo indiscusso capo, Im.An. (classe (OMISSIS)), soprannominato "(OMISSIS)", detenuto in espiazione di condanna all’ergastolo.

Il B., considerato figura di spicco della criminalità di (OMISSIS), era originariamente inserito nel gruppo Zito-De Stefano-Tegano e nell’87 e 88 era stato vittima di due tentati omicidi da parte del gruppo allora opposto Imerti-Condello; era, quindi, stato condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. alla pena di anni otto di reclusione ed era stato scarcerato il 6.2.2007.

Dalle conversazioni intercettate emergevano, ad avviso del tribunale, circostanze di fatto univoche in ordine alle contestazioni mosse al B..

Gli indizi a carico del B. in ordine alla tentata estorsione aggravata in danno dell’imprenditore G.G. venivano tratti essenzialmente dalla conversazione del 18.5.2007, tra Bu.

P. e lo zio, C.A., accomunati dalla preoccupazione per la recente scarcerazione del B. che rivendicava il proprio ruolo nella gestione delle estorsioni in danno degli imprenditori operanti sul territorio di sua competenza. Ad avviso del tribunale ulteriore conferma di quanto emerso dalla conversazione intercettata in ordine alla vicenda estorsiva poteva trarsi dalle dichiarazioni rese dal G. che aveva riferito di aver trovato, nei primi mesi del 2007, il disegno di una mano nera su un cartello all’ingresso del cantiere; che non aveva denunciato, mentre aveva denunciato il danneggiamento di una pala meccanica che si trovava all’interno del cantiere alla quale era stato dato fuoco nell'(OMISSIS) poco tempo dopo l’inizio dei lavori.

Ulteriori indizi univoci in ordine alla partecipazione del B. al sodalizio criminale venivano tratti dal contenuto di altre conversazioni: quella del 6.2.2007, tra Bu.Pa. e P.D.; quella dell’8.3.2007 in cui Al.Co., capo dell’omonima cosca di Sinopoli, indicava al suo interlocutore la cosca territorialmente competente cui rivolgersi per la costruzione di un capannone in (OMISSIS); quella dell’11.3.2007, tra Bu.

P., C.A. e tale Gi. nella quale si fa riferimento agli equilibri tra il gruppo di I. e quello del B..

Ancora, vengono richiamate le conversazioni del 13.3.2007 e del 9.6.2007 in cui parla Ba.Do., imprenditore ritenuto al servizio della cosca Buda-Imerti, nelle quali veniva fatto riferimento alle conseguenze della scarcerazione del B. negli assetti criminali.

2. Avverso la predetta ordinanza il B., tramite i difensori di fiducia, ha proposto ricorso con due distinti atti nei quali si denuncia quanto segue.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi degli artt. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 273 c.p.p., avuto riguardo al reato di tentata estorsione aggravata.

Il contenuto della conversazione che interviene tra terzi dalla quale vengono tratti i gravi indizi, neppure riferibile con certezza all’indagato, è assolutamente generico ed ipotetico, quindi inidoneo, in mancanza di ulteriori elementi a ritenere sussistenti gli indizi connotati della necessaria gravità a carico del B..

Inoltre, il tribunale ha valutato in maniera errata gli elementi che contraddicono il preteso contenuto della conversazione: a) la persona offesa dell’estorsione ha addirittura negato di aver ricevuto la richiesta della somma di danaro e, tuttavia, il tribunale ha ritenuto, con argomentazione illogica e contraddittoria, di poter fondare su dette dichiarazioni una conferma della tesi accusatoria;

nessuna conferma della riferibilità al B. delle azioni intimidatorie può trarsi dal disegno della mano nera trovato sul cartello del cantiere, non potendo tale segno essere in alcun modo riconducibile all’indagato posto che, anzi, le dichiarazioni rese sul punto dal collaboratore Fi.An. riferiscono detto segno specificamente a D.S.O. e certamente non è sufficiente affermare che B. in passato era federato ai D.S.; b) lo stato di detenzione del B. si è protratto sino al 7 febbraio 2007, mentre la contestazione si riferisce a fatti commessi sin dall’aprile 2006, quando l’indagato era detenuto già da quattro anni e si trovava ristretto nel carcere di Secondigliano, come attestato dalla documentazione prodotta dalla difesa; anche su questo punto, ad avviso del ricorrente, la motivazione del tribunale è carente ed illogica, atteso che non spiega le ragioni per le quali una condotta iniziata nel 2006, certamente non riferibile all’indagato, possa essere stata proseguita nel 2007 dal B..

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p., con riferimento all’art. 416 bis c.p..

Ad avviso del ricorrente, esclusa la gravità indiziaria in ordine alla tentata estorsione, viene meno qualsivoglia elemento di fatto idoneo ad affermare la attuale partecipazione dell’indagato al sodalizio criminoso.

Infatti, il contenuto delle conversazioni tra terzi indicate nell’ordinanza impugnata non consente di individuare alcuna condotta concreta ed attuale riferibile al B., tale da configurare a carico dello stesso in relazione al periodo in contestazione un idoneo compendio indiziario con riferimento al reato di cui all’art. 416 bis c.p..

In sostanza, denuncia il ricorrente, viene ritenuta la gravità indiziaria sulla base della passata accertata partecipazione al sodalizio e non con riferimento ad una condotta attuale. Nelle conversazioni anche di mesi successive alla scarcerazione del B. – per alcune delle quali (13.3.2007) si contesta anche la riferibilità all’indagato – gli Interlocutori fanno ipotesi generiche su ciò che potrà accadere e tanto dimostra che l’indagato non aveva posto in essere alcuna condotta. Nè successivamente alle richiamate conversazioni era emerso alcun elemento ulteriore, pur essendo stato l’indagato sottoposto ad intercettazione dal maggio all’agosto 2007.

Del tutto ultroneo è il richiamo fatto dal Tribunale al contenuto della conversazione del febbraio 2002, trattandosi di epoca esclusa dalla contestazione.

Motivi della decisione

1. Il vaglio di legittimità demandato a questa Corte non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art. 273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.

Va ribadito, altresì, che "gli indizi raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano: a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi". (Sez. 4, n. 22391, del 02/04/2003, Quehalliu Luan, rv. 224962). All’evidenza, detto principio vale a maggior ragione con riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di cui all’art. 273 c.p.p. per i quali non è richiesta la gravità, precisione e concordanza necessarie al fine di ritenere la c.d. prova indiziaria. Tanto vale anche nel caso di conversazioni tra terzi cui non partecipa l’indagato dalle quali ben possono trarsi elementi dal quali desumere un idoneo compendio indiziario senza la necessità di riscontri esterni. Di tal che, le circostanze riferite dai dialoganti nelle conversazioni intercettate devono essere valutate esclusivamente sulla base delle regole e dei criteri generali per lo scrutinio dei presupposti di gravità Indiziaria di cui all’art. 273 c.p.p..

2.1. Tanto premesso, infondate si rivelano le censure mosse all’ordinanza impugnata con riferimento alla ritenuta gravità indiziaria in ordine alla tentata estorsione aggravata in danno dell’imprenditore G.G. tratta essenzialmente dalla conversazione del 18.5.2007 tra Bu.Pa. e lo zio, C. A., accomunati dalla preoccupazione per la recente scarcerazione del B. che rivendicava il proprio ruolo nella gestione delle estorsioni in danno degli imprenditori operanti sul territorio di sua competenza. Viene fatto riferimento espresso ad una richiesta di Euro 150.000 avanzata all’imprenditore G., che costruiva sul terreno di tale Ar., preceduta da alcune attività intimidatorie, in particolare alcune scritte lasciate sui cartelloni del cantiere.

Quanto emerso dalla conversazione intercettata veniva ulteriormente supportato dalle circostanze riferite dal G. che aveva dichiarato di aver trovato, nei primi mesi del 2007, il disegno di una mano nera su un cartello all’ingresso del cantiere che però non aveva denunciato, mentre aveva denunciato il danneggiamento di una pala meccanica che si trovava all’interno del cantiere alla quale era stato dato fuoco nell'(OMISSIS) poco tempo dopo l’inizio dei lavori.

All’evidenza, gli elementi di fatto significativi sono stati valutati nel contesto complessivo delle emergenze investigative sintetizzato nel provvedimento impugnato, richiamando, altresì, l’ordinanza del Gip con la quale è stata applicata la misura cautelare al ricorrente ed altri soggetti.

Il tribunale, quindi, ha contraddetto specificamente (pagg. 13-16), con argomenti logici e coerenti, ancorati alle emergenze del procedimento, le prospettazioni difensive sulle quali era stata fondata l’impugnazione – ribadite nel ricorso – volte a scardinare la valenza del contenuto della conversazione di natura etero accusatoria (epoca della scarcerazione dell’indagato, riferimenti soltanto ipotetici agli autori dell’estorsione, rilevanza delle dichiarazioni del G. che non aveva confermato la richiesta della somma di Euro 150.000). Le censure del ricorrente, quindi, sono volte ad una rilettura delle risultanze processuali mentre lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine. Può solo aggiungersi che la contestazione parla altresì da condotte in "prescrizione", successive alla scarcerazione del ricorrente.

2.2. Manifestamente infondate sono le doglianze, per vero genetiche, relative alla contestazione del reato di cui all’art. 416 bis c.p..

Diversamente da quanto afferma il ricorrente, il compendio indiziario posto a fondamento della ritenuta partecipazione al sodalizio, con ruolo apicale, è costituito da una pluralità di circostanze che emergono in maniera chiara ed univoca dalle conversazioni nelle quali viene fatto reiteratamente specifico riferimento all’indagato da parte di soggetti diversi, tutti intranei al medesimo sodalizio e, quindi, a diretta conoscenza dei fatti riferiti.

Significative sotto tale profilo sono le conversazioni indicate:

quella del 6.2.2007, tra Bu.Pa. e P.D. dalla quale emergeva il generale contesto criminale attestatosi nella provincia occidentale di Reggio Calabria, nella seconda metà della prima decade degli anni 2000, caratterizzato da un faticoso impegno per la pacifica convivenza delle varie cosche; in tale contesto i due interlocutori discutevano delle conseguenze della attesa scarcerazione del B. che, infatti, fu scarcerato proprio il 6.2.2007, circostanza che ad avviso del Tribunale non contraddice affatto la riferibilità di della conversazione all’indagato; quella dell’8.3.2007 in cui Al.Co., capo dell’omonima cosca di Sinopoli, indicava al suo interlocutore la cosca territorialmente competente cui rivolgersi per la costruzione di un capannone in (OMISSIS) e questi chiedeva se fosse necessario rivolgersi anche al B.; quella dell’11.3.2007, tra Bu.Pa., C.A. e tale Gi. nella quale si fa riferimento agli equilibri tra il gruppo di I. e quello del B., che voleva una certa autonomia sul territorio di (OMISSIS), ed in specie ad un recente incontro tra i due.

Ancora, vengono richiamate ulteriori conversazioni nelle quali viene fatto riferimento alle conseguenze della scarcerazione del B. negli assetti criminali e dalle quali emergeva in maniera univoca la caratura ed il ruolo di spicco che lo stesso rivestiva: quelle del (OMISSIS) in cui parla Ba.Do., imprenditore ritenuto al servizio della cosca Buda-Imerti.

Il tribunale ha sottolineato, altresì, a contraddire le censure difensive, che risultava verificato che l’unico soggetto di nome P. scarcerato nel periodo di riferimento delle conversazioni in esame era il Be..

Nell’ordinanza impugnata, quindi, è stata fatta corretta applicazione dei principi e dei criteri innanzi richiamati, traendo gli indizi da univoci passaggi di conversazioni intercettate ed operando una valutazione chiara della verosimiglianza delle circostanze riferite dai conversanti, anch’essi inseriti nel contesto criminale.

Il ricorrente, quindi, sollecita una mera rilettura del significato delle conversazioni intercettate, limitandosi a riproporre le medesime censure poste a fondamento del riesame sulle quali il tribunale ha argomentato in maniera compiuta e logica.

3. In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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